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Le migliori polemiche del 2021
31 dic 2021
31 dic 2021
Con uno speciale sulle polemiche Inghilterra vs Italia.
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TIZIANA FABI/AFP via Getty Images
(foto) TIZIANA FABI/AFP via Getty Images
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Se il 2020 era stato l’anno del cambiamento, delle chiusure, della resistenza, il 2021 è stato l’anno della convivenza, dell’accettazione, del vediamo che succede. Ma è stato anche l’anno delle vittorie, per noi, l’estate che ricorderemo per sempre. Lo sport è tornato a fare capolino tra i momenti felici degli italiani proprio quando ce n’era più bisogno: siamo stati tutti azzurri, che si trattasse di parare un rigore a Bakayo Saka, di fare i cento metri in 9’80 o di schiacciare a terra quel pallone oltre il muro sloveno.

Eppure anche in anno sportivamente gagliardo non ci siamo fatti mancare la discussione. Spesso il concetto di polemica viene sminuito, trattato alla stregua di un boxino morboso della colonna di destra dei giornali, quando invece il dibattito sarebbe parte integrante della democrazia, lo strumento con cui l’opinione pubblica cerca risposte a temi complessi. Solo restando allo sport questo è stato l’anno del botta e risposta tra Ibrahimovic e LeBron su cosa possono o non possono dire gli atleti, l’anno del coming out di Josh Cavallo, della discussione sullo ius soli in Italia grazie alle vittorie di Marcell Jacobs e di Fausto Desalu, della SUPERLEGA.

Il problema della polemica è che tutto può essere polemica. Ci sono quindi le polemiche sacrosante e quelle che chiamerei affettuosamente “polemiche sceme”, polemiche in cui il punto è così distante dal reale da essere surreale. Sono queste le polemiche che meglio attecchiscono nel calcio italiano, perché quando parli di uno stesso argomento per così tanto tempo ci sta che la mano possa scappare, perdere il punto. Anche quest’anno, come abbiamo fatto già in anni passati, si può fare un sunto, scegliere le migliori polemiche nostrane tra quelle che non dovrebbero essere state polemiche (per non essere ripetitivo, ho eliminato anche tutte le polemiche sugli arbitraggi, di cui abbiamo parlato qui e che avrebbero occupato libri, anche quelle sceme, e quelle sul Covid).

Zlatan Ibrahimovic a Sanremo

Chissà come sarà andata, il momento in cui Zlatan Ibrahimovic, mentre trattava il rinnovo, ha comunicato al Milan che la prima settimana di marzo, oltre che il calciatore, avrebbe fatto il presentatore a Sanremo. Lo sapevano tutti, eppure ci sta che abbiano storto un po’ il naso quando è arrivato il momento, con il Milan a giocarsi lo Scudetto con l’Inter. Un infortunio ha frenato quella polemica, una polemica di campo, ma non tutte le altre. La partecipazione di Zlatan al picco del nazionalpopolare è stato praticamente un’unica scia di piccole discussioni infinita: per i soldi (devoluti), per la capacità di gestirsi in un contesto diverso, per l’italiano, perché non sa cantare, per la sciatta difesa contro le accuse di razzismo. Insomma, calciatore divisivo+festival canoro, cosa potevamo aspettarci?


Claudio Marchisio sindaco di Torino

Marzo è appena iniziato e Nicola Zingaretti si sta barcamenando con difficoltà alla testa del PD, tra correnti interne ed esterne e la scelta dei candidati sindaci alle elezioni di ottobre. In un momento di grande sfasamento - o inaspettata lucidità, valutate voi - per la corsa alla poltrona di Torino propone Claudio Marchisio. Passato brillantemente dal centro del campo alla vita dopo, il Principino si è fatto conoscere per le sue dichiarazioni equilibrate e mai timorose anche su temi politici. La scelta sarebbe quindi a metà strada tra il populismo - è comunque un calciatore che non ha mai avuto cariche politiche - e l’esatto contrario, visto la sua estrazione elitaria e le sue dichiarazioni spesso in antitesi al populismo.

La voce, se doveva essere soltanto una voce, entra subito nell’agenda. Calciatore, bello e juventino che entra nel PD per fare il sindaco di una grande città: il numero di categorie triggerate da questa notizia è praticamente infinito. Insorgono i tifosi del Torino (no, scherzo: in realtà loro si sono mostrati i più tranquilli), i tifosi della politica come sangue e merda, i conservatori, i marxisti e, credo, quelli che gli preferivano Sturaro (pochi questi).

Per fortuna ci ha pensato subito lo stesso Marchisio a metterci una pezza con un tweet: “Quello che trovo incredibile è che debba anche rispondere a queste assurdità. La politica è una cosa seria. Allora per favore facciamo i seri”.




Il caso "Bella ciao"

Appena arrivato alla Lazio, Hysaj deve passare quel rituale poco nonnista e molto social di salire su una sedia e cantare una canzone. Il terzino albanese, pretoriano di Sarri, non si sottrae: mentre un telefono lo inquadra stretto parte in una versione non intonata ma appassionata di Bella ciao.

Mai scelta fu più sbagliata. Il video arriva rapidamente ai tifosi, anche a quella parte degli ultras che si dichiara fascista, che addirittura si presenta direttamente al locale in cui è riunita la Lazio per chiedere spiegazioni. Nei giorni successivi la storia si allarga: non basta cancellare i video - figurati, non siamo mica nel 1999 - né le parole di Hysaj, che fa dire di aver imparato quella canzone guardando la serie tv La casa di carta, dove è cantata qui e lì tra una rapina e persone molto belle che fanno cose.

A questo punto si poteva aprire una discussione interessante, sulla possibilità o meno di un prodotto di consumo globale di cancellare la carica politica di una canzone antifascista. Cercando su Instagram #bellaciao si ottengono 595.769 risultati, il 99% riferiti alla serie, che colpe ne ha Hysaj? Ma questo è calcio e perché dovremmo interessarci di analisi dei media? Un manipolo di tifosi, quelli fascisti della Lazio, fa uno striscione con scritto "Hysaj verme, la Lazio è fascista"; la società fa un comunicato per appoggiare Hysaj facendo uno slalom tra le parole per non scontentare nessuno. Il mancato arrivo di terzini sinistri decenti spegne la polemica: meglio un terzino comunista che un centrocampista adattato a terzino.




La trattativa Stato-Bonucci

La vittoria dell’Europeo è stata così bella che ci siamo scordati le polemiche. La prima, quella sull’inginocchiarsi o meno al fischio d’inizio è stata coperta dalla successiva vittoria e ce la siamo dimenticata, ma è stata gestita così male che forse non rientra nella categoria "polemiche sceme" (solo per ricordare brevemente: nell'ultima partita del girone, contro il Galles, una parte dei giocatori italiani decise di non inginocchiarsi; alle successive polemiche, l'Italia annunciò che non si sarebbe unita al gesto simbolico nelle partite successive; infine, di fronte a ulteriori polemiche, corresse il tiro dichiarando che si sarebbe inginocchiata solo se l'avesse fatto prima l'avversario; in questo pezzo di Daniele Manusia c'è un'interessante riflessione a riguardo).

In ogni caso, più curiosa è la polemica sulle celebrazioni una volta vinto l'Europeo: tornati a Roma senza un piano preciso per festeggiare la vittoria - dopotutto chi l’avrebbe detto - i nostri prodi si sono mossi con l’istinto. Dopo aver visitato il Quirinale è spuntato fuori un pullman scoperto, con il quale gli azzurri hanno girato per il centro di Roma.

Con la minaccia Covid sempre latente, le immagini dei tifosi accalcati e senza mascherina sono state un pugno in un occhio, su cui però sarebbe stato facile sorvolare (anche perché scene simili erano arrivate la notte prima, dopo la vittoria di Wembley). Due giorni dopo però, in un’intervista al Corriere della Sera, il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, ha dichiarato che il giro a bordo del pullman scoperto non era stato autorizzato. A seguire un articolo del Fatto Quotidiano dal titolo “Tutta la trattativa Stato-Bonucci minuto per minuto” ha raccontato addirittura che il difensore della Juventus avrebbe fatto da portavoce con le istituzioni, arrivando a minacciare la diserzione dell’incontro con Draghi se non gli avessero concesso il giro d’onore sul pullman scoperto. In pratica una specie di ricatto alle istituzioni.

La FIGC ha respinto le accuse, sostenendo di essere «responsabile, ma soprattutto rispettosa delle istituzioni e dei tifosi italiani», parlando di decisione condivisa. Bonucci, tirato in mezzo anche dalle immagini, ha raccontato come la richiesta della squadra era stata autorizzata dalle autorità competenti. «A ognuno il suo compito e il suo ruolo, è davvero semplicistico e molto italiano scaricare le colpe» ha concluso, in una maniera molto italiana di finire le polemiche.




Bonus: polemiche Inghilterra-Italia

Questo però è stato anche l’anno in cui l’Inghilterra ha recitato la parte di chi rosica e noi quella di chi vince.

Partita da ripetere

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Il giorno dopo la partita di Wembley, qualcuno ha lanciato una petizione su Change.org per far ripetere la Finale con un arbitro “non di parte”, visto che l’iconica trattenuta di Chiellini a Saka sarebbe stata meritevole di cartellino rosso. Poteva sembrare una boutade, una di quelle cose di internet che è impossibile distinguere se sia ironica oppure seria, e invece negli stessi giorni alla nostra ambasciata a Londra è arrivata una lettera piena di insulti in cui ci si accusava - a tutti - di non saper giocare secondo le regole. E se sappiamo una cosa, è che le minacce via lettera vanno sempre prese sul serio.

Medaglia sì, medaglia no

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Mentre i calciatori dell’Italia parlavano di pasta asciutta, si lanciavano le stampelle di Spinazzola ubriachi di felicità, gli inglesi si sottoponevano alla sfilata della vergogna, ritirando la loro medaglia d’argento in uno stadio che andava svuotandosi di persone e sogni. Praticamente tutti i giocatori, appena ricevuta la medaglia, se la sono tolta come se fosse incandescente, un gesto magari non proprio decubertiano ma dovuto anche alla delusione del momento e all’essere in casa propria, all’apice della retorica del “It’s coming home”. In Italia, dove è facile sedere dalla parte dei giusti, ci siamo accalorati, abbiamo dato lezioni pedanti. Ma occhio ad accusare gli inglesi di scarsa sportività, che da questo punto di vista si ritengono il popolo eletto. Quelli ci hanno risposto, in sintesi, “ah, proprio voi parlate?” e noi, intenti a prenderci altre vittorie, abbiamo evitato di rispondere.

Da dove sbuca Marcell Jacobs?

https://twitter.com/Lawton_Times/status/1421817861169950721

Gli osservatori più attenti avevano parlato della gara dei 100 metri come del regno di nessuno. La sfida regina aveva perso i suoi dominatori e si presentava aperta a chi, in quei pochi giorni di gare, sarebbe stato in grado di correre come il vento. E a farlo, ve lo ricordate, è stato il nostro Marcell Jacobs. La cosa non è andata giù più di tutti agli inglesi, a cui poi avremmo anche sfilato l’oro della 4x100 quando già era sul petto. Da subito hanno iniziato a trattarlo come un signor nessuno - seppure negli ultimi mesi fosse stato uno dei migliori velocisti al mondo - accusandolo senza nessun giro di parole di aver migliorato le sue prestazioni con aiuti esterni. Tutte accuse fatte senza uno straccio di prove, come questa di Matt Lawton del Times o quelle del giornalista del New York Times Tariq Panja (in breve diventato bersaglio dei tifosi italiani), in cui si sente distintamente il rumore di unghie sul vetro. Risultato: Jacobs a farsi le foto da tamarro con la bandiera italiana e la corona in testa, mentre Chijindu Ujah velocista britannico della staffetta squalificato per doping.

Is it gonna be gold for Great Britain?? No, It’s Italy

Non è neanche una vera e propria rosicata, è solo l’esatto momento in cui una vittoria inglese si trasforma in una vittoria italiana dentro la voce del telecronista e a noi va bene così.




Raccattamaglia

Vi ricordate quando c’era Cristiano Ronaldo in Serie A? Sembra passato un secolo. L’11 aprile la Juventus vince 3-1 in casa col Genoa, ma il portoghese non segna. In campo si vede che è scontento: sbuffa con i compagni, li rimprovera, fino al gesto di stizza finale raccolto dalle telecamere. Ronaldo si toglie la maglia e la getta a terra come fosse uno straccio. Qualcuno gli fa notare che, almeno la maglia, insomma, andrebbe trattata meglio. Subito però si scopre cosa c’era appena oltre la telecamera: un raccattapalle. Ronaldo in maniera sgraziata - forse perché da protocollo Covid non possono avvicinarsi a nessuno - stava lanciando la maglia a una precisa richiesta del giovincello. Salvato il portoghese, il crocifisso è il ragazzino dell’U13: da regolamento i raccattapalle non possono chiedere niente ai calciatori. Si è parlato anche di una possibile multa, chissà eventualmente a chi saranno andati i soldi.




Scambio Cassano-Totti

Cassano unchained alla Bobo TV: «[Totti] Non è eterno come Messi o Maradona, tra 20 anni sarà dimenticato». Risposta di Zeman (?): «Francesco sarà ricordato, sto dalla sua parte. Ci si ricorderà di Cassano tra vent'anni? A Bari, forse». Risposta dei social: 80%: “Ah Cassano, ma che stai a dì”; 20%: “Non ha tutti i torti”. Risposta di Totti: «Io è da mo che me so' scordato». Sipario.




Duce o non duce?

Il secondo cognome di Romano Floriani, terzino della Primavera della Lazio diventa un caso all’improvviso nell’ottobre del 2021. La sua convocazione in prima squadra per la sfida con il Verona diventa un caso, ci costringe a fare i conti con la nostra storia. Perché Romano Floriani, come indicato su Transfermarkt, è in realtà Romano Floriani Mussolini (come indicato sul sito della Lazio e su Wikipedia), figlio di Alessandra Mussolini, già nipote di Benito Mussolini, politica trasversale (6 partiti girati) e terza classificata a Ballando sotto le Stelle. Più che di polemica - nessuno pensa che un parente diretto del Duce non possa fare il terzino, magari avremmo avuto da ridire se fosse stato un trequartista - il dibattito è passato dalle battute più o meno di cattivo gusto alla discussione intorno alla capacità censoria degli algoritmi.

https://twitter.com/fratotolo2/status/1452274661140615174

Nel tabellino di riepilogo della partita su Google, infatti, inizialmente resta solo il 44, il numero di maglia. Come è possibile? Se Luis Alberto Romero Alconchel (anche lui in panchina) viene riportato per intero, non può essere un problema di spazio. Poco dopo il nome torna, ma nella sua versione senza secondo cognome. Per i più integralisti è censura da Mountain View: cosa c’è di sbagliato nel cognome Mussolini? Il ragazzo, dopo la partita di Verona, se n’è tornato in Primavera, dove indossa la 6 e una M dopo il cognome Floriani. Sarà di nuovo polemica nel 2022? Vedremo, sarà pure il centenario della marcia su Roma, magari si può rifare sulla fascia destra dell’Olimpico.




La maglia sbagliata

Il 17 dicembre l’Atalanta annuncia che nella partita contro la Roma i calciatori avrebbero indossato una speciale maglia natalizia che poi sarebbe andata all’asta per beneficenza. Apriti cielo: i più attenti notano che lo skyline disegnato sulla parte bassa delle maglie, lì dove sfumano le strisce nere, assomiglia a quello della città di Torino. Al posto delle Mura venete e di Città Alta ci sarebbe la Mole Antonelliana, sostengono.

https://twitter.com/Atalanta_BC/status/1471199145369251844

Lo sponsor Joma nega tutto. È Bergamo e nessun'altra città dicono: “Si tratta di una stilizzazione. Abbiamo voluto rappresentare un punto di vista specifico di Città Alta”. Ai tifosi però non basta: nella notte davanti ai cancelli di Zingonia compare uno striscione con la scritta “La maglia è sbagliata, per rispetto non va indossata”. Una presa di posizione così netta che convince la società a fare dietrofront. In un comunicato si legge la rinuncia alla maglia speciale “al fine di evitare ogni ulteriore strumentalizzazione, vista l'importanza della partita, la Società ha deciso che oggi la squadra scenderà in campo indossando la prima maglia gara ufficiale”. L’Atalanta poi perderà in casa per 1-4.

Le maglie, quelle normali, sono andate comunque all’asta. Al momento l’offerta più alta è quella per Zapata (1300 €) e in totale sono stati raccolti oltre 11 mila euro.




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