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Tommaso Naccari
Cosa significa per Luciano Spalletti una stretta di mano
16 gen 2023
16 gen 2023
Per l'allenatore del Napoli è un gesto fondamentale.
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Tommaso Naccari
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Oltre al duello impari tra Bremer e Osimhen e al risultato schiacciante, dello scontro al vertice tra Napoli e Juventus ricorderemo negli anni la stretta di mano al fischio finale tra Luciano Spalletti e Massimiliano Allegri, un momento surreale - tra il teatrale e il cringe - che ha evidenziato non solo i non buoni rapporti tra i due, ma anche la fissa dell'allenatore del Napoli per le strette di mano come simbolo universale delle proprie emozioni.

Ma cosa è successo? Dopo il fischio finale Allegri imbocca con decisione la strada per il tunnel degli spogliatoi scordandosi il bon ton che prevede il saluto all'allenatore avversario, tuttavia Spalletti non vuole certo togliersi la soddisfazione di stringere la mano al nemico finalmente sconfitto, distrutto, così, con la postura del corpo protesa esageratamente in avanti e il braccio teso, marcia in direzione di Allegri, fino a farsi notare, ricevere allora una stretta di mano, l’inizio di un abbraccio e un buffetto sulla guancia. A quel punto Spalletti può allontanarsi soddisfatto, ricomporsi, e tornare a festeggiare con i suoi ragazzi.Quella per la stretta di mano, per Luciano Spalletti, sembra una vera e propria ossessione. Negli ultimi anni è stato protagonista di altri siparietti legati al saluto finale tra allenatori, ma in generale sembra essere un gesto al quale l’allenatore di Certaldo dà un’importanza significativa. Le prime parole da allenatore dell’Inter, appena atterrato a Milano, furono legate alla signorilità sua e dei dirigenti dell’Inter: «La firma sul contratto? È tutto a posto perché ci siamo dati la mano: siamo quelli all'antica che fanno le cose con una stretta di mano. Sono felice di essere il nuovo allenatore dell'Inter».Ma quali sono i significati che Luciano Spalletti dà alla stretta di mano?Riverenza

Questa è una delle prime prove fotografiche di Luciano Spalletti che stringe la mano a un collega. È il 4 aprile 2007, la Roma batterà all’andata dei quarti di finale di Champions il Manchester United. Prima dell’inizio della partita Luciano Spalletti cerca Sir Alex Ferguson, sono le prime esperienze nell’Europa a eliminazione diretta sia per lui che per la squadra che allena. La Roma ha appena superato il Lione in un doppio confronto esaltante, ancora non sa cosa l'aspetta al ritorno, una delle peggiori sconfitte della sua storia. Luciano Spalletti vuole così compiere al meglio il suo ingresso nel mondo dei grandi, tributando con la giusta reverenza chi quel mondo ha contribuito a crearlo. La prossemica tradisce un gesto ovviamente teatrale, esagerato, che spinge Ferguson a un sorriso tra il divertito e l’imbarazzato. Questo è il significato più puro che Spalletti dà alla stretta di mano, il più conciliativo, una forma di rispetto definitiva. Intimidazione

Se esistesse un corso universitario su Spalletti, come quello Murray Siskind tiene sulla fascinazione degli incidenti nel cinema USA in Rumore Bianco, sicuramente questo sarebbe il video di apertura. L’Inter ha appena perso in casa del Torino di Mazzarri per 1 a 0, grazie al più classico del gol degli ex di Adem Ljajic, che all’Inter non aveva reso al meglio, anche con lo stesso Spalletti. Le telecamere, come sapessero, beccano a 360 gradi l'allenatore mentre va a stringere la mano a un Mazzarri a dir poco infastidito. Spalletti, non è facile capire il perché, si presenta dal rivale con stampato in faccia un sorriso diabolico, un espressività che starebbe bene al Joker di Heath Ledger, non ad un allenatore di Serie A. In questa stretta di mano c’è una chiara componente di sofferenza per come sono andate le cose, nel linguaggio di tutti i giorni diremmo che una parte di Luciano Spalletti sta “rosicando”. Quando, però, gli viene chiesto il motivo di questa reazione, l’allenatore toscano vende il suo comportamento come il tentativo di dare una lezione di vita a Walter Mazzarri: «Mazzarri? Ha sempre timore anche quando vince, non c’è da aver timore, la partita è finita, l’hai vinta. Mi dà la manina con la puntina». Maturità

Quattro anni dopo abbiamo la fortuna di avere una prova fotografica di un altro allenatore che ha provato a dare a Spalletti quella che lo stesso ha chiamato “mano a puntina”. Spalletti ha appena vinto 4 a 1 in casa, in una partita che è stata una delle prime avvisaglie della grande stagione che avrebbe aspettato il Napoli in questo 2022/2023. Jurgen Klopp, probabilmente, è un fan di Luciano Spalletti, sicuramente possiede anche lui quel tratto di teatralità un po' pazza che ne evidenzia l'esuberanza. L'allenatore tedesco però si avvicina a Spalletti con un atteggiamento forzato, non ha digerito la lezione. La visiera che gli copre gli occhi lo fa passare per il villain perfetto, quello che quando vince il mondo è un posto meraviglioso, ma quando si perde gli altri scompaiono. Un tempo, forse, Spalletti avrebbe fatto una delle sue scenate, ma in questi anni è cresciuto non solo nella proposta tattica. L'allenatore del Napoli accetta la poca partecipazione dell'avversario e il suo sorriso falso e lo lascia andare rapidamente per gustarsi la vittoria. Rispetto

Il Napoli ha appena perso per 2 a 1 contro i padroni di casa dello Spartak Mosca facendosi agganciare in testa al girone. Rui Vitoria allenatore dello Spartak si avvicina a Spalletti per il rituale scambio di saluti ma quello alza le mani, esprime un netto rifiuto. Questo video è molto bello perché quasi in un piano sequenza ci porta senza soluzione di continuità dalla fine della partita alla scenetta tra i due allenatori. Il portoghese è tronfio mentre si avvicina a Spalletti, il gesto di rifiuto dell'allenatore del Napoli plateale. Spalletti indossa una delle sue mise più iconiche: pantalone della tuta aderente, smanicato e capello di lana con la parte terminante che ricade sulla nuca. L'operatore gira intorno a Rui Vitoria mentre con la testa fa un gesto chiaro, come a dire "ah beh, se è quello che vuoi. Bravo, bravo...". Perché Luciano Spalletti, così amante della stretta di mano, l'ha rifiutata questa volta? Mia madre mi ha sempre detto che a ogni azione corrisponde una conseguenza. Probabilmente Luciano Spalletti ha ricevuto un’educazione simile: «Lui non è venuto a salutarmi all'inizio. Si saluta all'inizio, non alla fine perché hai vinto. Lui dice che all'inizio non c'ero. Dopo un minuto sono arrivato, siamo a dieci metri e può venire a darmi la mano. Troppo facile salutare alla fine perché hai vinto la partita, si saluta all'inizio dando il benvenuto». Questa mancata stretta di mano però ha un passato. È praticamente una serie TV, colma di misteri e colpi di scena. Poco prima dell’inizio della partita che porterà il Napoli a perdere 2 a 1, infatti, lo Spartak Mosca aveva postato su Twitter un video dell’andata (anche quella persa dal Napoli di misura, per 2 a 3), in cui Luciano Spalletti non riconosceva Rui Vitoria, cercandolo - platealmente ça va sans dire - prima dell’inizio del match.

È stato quel “non dimenticherai Rui Vitoria tanto facilmente” a far imbestialire Luciano Spalletti? A spingere l'allenatore a un gesto così definitivo per lui? Se, fin qui, la stretta di mano per Spalletti ha assunto una dimensione - con varie sfumature - del rispetto, in questa assenza del gesto possiamo capire meglio il valore che il tecnico di Certaldo gli dà. Sincerità

Quello tra Maicon e Luciano Spalletti è stato un rapporto senz’altro particolare, ma prima di tutto sincero. In una conferenza stampa sul finire della prima stagione, Luciano Spalletti ammette che Maicon «ce l’ha con lui». Quella che inizia con le premesse di un attacco frontale, però, finisce con l’essere un grande elogio alla sincerità, al dirsi le cose in faccia, all’avere rabbia per non giocare ma riconoscere la grandezza dei propri compagni. Questa foto è tratta dal primo giorno di allenamento a Trigoria di Luciano Spalletti. È probabilmente la prima stretta di mano tra lui e Maicon, ma l’intensità degli sguardi e la forza che è presente in quella stretta di mano, fa capire che Luciano e Maicon si troveranno, che il toscano pensa del terzino che sia un uomo vero. E alla fine è solo una stretta di mano a poterlo giudicare.

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