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Le spalle larghe di Paolo Banchero
28 giu 2022
28 giu 2022
Il cestista italiano ha il talento per legittimare la scelta di Orlando.
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11 min
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La scelta di Paolo Banchero alla numero 1 del Draft non rimarrà storica solamente per il nostro Paese, visto che un giocatore che ha scelto la nazionale italiana è stato selezionato con la prima scelta assoluta (era successo solo con Andrea Bargnani nel 2006). Ma anche per il modo in cui quella scelta è diventata realtà, visto che fino a un’ora prima dell’inizio del Draft erano tutti concordi nel prevedere Jabari Smith alla numero 1. Tutti convinti all’interno dei circoli NBA, ma quello che è accaduto nel mondo delle scommesse sportive raccontava un’altra storia — una storia che si è poi rivelata corretta.

Tra la domenica e il lunedì precedenti al Draft, una serie di scommesse pesanti sul nome di Banchero hanno portato le sue quote — secondo quanto scritto da Matt Moore di Action Network — da +1600 a +300, o da 16 a 3 per usare i termini a noi più consueti da questa parte dell’oceano. Le quote sono poi tornate a favorire Jabari Smith nei due giorni successivi, ma di nuovo a 24 ore dall’inizio del Draft c’è stata una nuova impennata delle quotazioni di Banchero, facendolo diventare il favorito assoluto per la numero 1, costringendo tutte le sportsbook più famose a una precipitosa modifica delle loro quote per evitare di perdere ulteriore denaro.

Nel mattino del Draft, il celeberrimo reporter Adrian Wojnarowski di ESPN ha però dato un’ulteriore botta alle quote, twittando che “Le scelte 1-2-3 del Draft sono sempre più fissate: Jabari Smith a Orlando, Chet Holmgren a Oklahoma City e Paolo Banchero a Houston”. Una presa di posizione che ha riportato Smith in vetta alle quotazioni (e Banchero di nuovo a +1000) e che rifletteva quelle che erano le previsioni di tutte le testate giornalistiche che seguono il Draft: da ESPN a The Athletic, da Sports Illustrated a The Ringer fino a USA Today, Yahoo o CBS, tutti avevano quell’ordine di scelta nelle prime tre scelte. E il fatto che tutti quei reporter che hanno contatti continui con dirigenze e agenti siano stati sbugiardati dalla scelta dei Magic è in qualche modo sorprendente: di solito se si sente anche solo uno spiffero che potrebbe andare in direzione diversa, uno ci prova a dare una versione alternativa del proprio Mock Draft — anche solo per differenziarsi dalla concorrenza e provare lo scoop. Invece si è arrivati al massimo a dire “Non è così sicuro che i Magic siano decisi al 100% su Smith”, ma nessuno ha avuto il coraggio di seguire le indicazioni di Vegas e di andare sul nome di Banchero. Tutti hanno finito per sbagliarsi.

A poche ore dal Draft, le quote di Banchero sono poi tornate a vederlo come favorito dopo ulteriori scommesse pesanti arrivate sul suo nome, fino a quando anche Wojnarowski a pochi minuti dalla scelta ha confermato che i Magic lo avrebbero preso.

Un buon riassunto di come si sono mosse le quote di Smith e Banchero negli ultimi giorni: prendendo in prestito le parole diSam Vecenie di The Athletic, “Un giorno ci faranno un 30 for 30 su questa storia”.

In un’intervista con The Athletic dopo il Draft, Paolo Banchero ha ammesso di aver osservato anche lui i movimenti delle quote e di essere rimasto sorpreso, e sicuramente anche a suo padre Mario non sono sfuggite, tanto da pubblicare due storie su Instagram con due canzoni intitolate “Number One Spot” e “I Got 5 on It” alla vigilia del Draft. Il prodotto di Duke ha però detto che fino a pochi minuti prima dell’annuncio di Adam Silver non aveva idea che i Magic lo avessero scelto, ricevendo la conferma da parte del suo agente Mike Miller solo a pochi istanti dalla chiamata. L’emozione sul suo volto al momento di alzarsi in piedi racconta bene il turbinio di emozioni che lo hanno accompagnato in una delle selezioni più sorprendenti degli ultimi dieci anni.

Il vestito viola (in onore dell’università di Washington dove si sono conosciuti i suoi genitori) con gioielli incastonati rimane già uno dei più iconici visti negli ultimi anni al Draft, e ce ne sono stati parecchi.

Come Orlando è arrivata a scegliere Banchero

L’unico precedente di prima scelta assoluta così imprevedibile è probabilmente quella di Anthony Bennett nel 2013 da parte dei Cleveland Cavaliers, ma con presupposti completamente diversi. I Cavs scelsero Bennett dopo aver provato incessantemente a cedere quella prima scelta assoluta in un Draft davvero povero di talento nella Lottery (poi al di fuori sono stati scelti Giannis Antetokounmpo alla 15 e Rudy Gobert alla 27, ma se il Draft fosse una scelta esatta non sarebbe così divertente). I Magic invece hanno nascosto le loro intenzioni in una maniera che non si pensava possibile nel 2022: solo dopo il Draft si è scoperto che Orlando non ha fatto nessun provino con Banchero (così come non ne aveva fatti con Jalen Suggs lo scorso anno, ma perché non pensava che sarebbe arrivato fino alla 5) ma lo ha solo tenuto a colloquio durante la Combine di Chicago e si è tenuta in contatto con lui e con il suo agente tramite diverse chiamate Zoom nelle ultime settimane, più di quanto fatto da altre squadre con Banchero.

Di sicuro il percorso che ha portato i Magic a sceglierlo è stato inusuale, non fosse altro per gli smokescreen che hanno piazzato in giro: quando è stato chiesto a Jeff Weltman, capo della dirigenza di Orlando, se Banchero fosse stato portato in città per un provino la sua risposta è stata a dir poco circostanziale, usando un lungo giro di parole sull’importanza di non far trapelare informazioni in pubblico sulle proprie strategie. Peccato che poco prima avesse ammesso senza grossi problemi di aver avuto sia Jabari Smith che Chet Holmgren al proprio campo d’allenamento, quindi quelle parole — specialmente rilette ora col senno di poi — assumono tutt’altro significato.

Forse gli scommettitori hanno letto queste parole meglio dei reporter?

Legittimare la prima scelta assoluta

La scelta di Banchero è incredibilmente diversa rispetto a quella di Bennett perché, banalmente, il futuro azzurro è sempre stato in lizza per la scelta numero 1, tanto è vero che diversi siti lo indicavano come il miglior prospetto del Draft nelle loro Big Board e nessuno dopo la scelta dei Magic ha davvero sostenuto che avessero sbagliato. Per tutto il percorso di questa stagione le distanze tra lui, Smith e Holmgren sono state minime: dei tre Banchero è quello fisicamente più pronto all’impatto con la NBA, è il miglior creatore di tiri e il miglior passatore, anche se non arriva alla purezza del tiro di Smith (né alla sua rapidità di piedi) e non ha la presenza difensiva di Holmgren o le sue misure irraggiungibili.

Ma rispetto agli altri due, Banchero è quello con lo skillset che maggiormente fa pensare a lui in prospettiva come il miglior giocatore di una squadra che vuole giocarsi il titolo. Questo nasce soprattutto dalla sua capacità di crearsi un tiro in ogni situazione di gioco: non è difficile immaginarsi un futuro neanche troppo lontano in cui Orlando gli metta la palla in mano nei quarti quarti delle partite e lui sia in grado di produrre abbastanza attacco per tenere in piedi una squadra che aveva estremamente bisogno di un fulcro di gioco, non solo per sé ma soprattutto per gli altri. Banchero unisce sia la capacità di segnare in proprio — con un lavoro di piedi eccezionale fatto di finte e controfinte, con uso del piede perno e degli svitamenti sia in avvicinamento che in allontanamento a canestro unito a un ottimo tocco dalla media distanza e nei pressi del ferro — alle doti di passaggio che ha messo in mostra soprattutto nella seconda parte di stagione con Duke, portandola fino alle Final Four del torneo NCAA.

A differenza di Smith e Holmgren, Banchero ha la possibilità di diventare un hub attraverso cui far convogliare tutto l’attacco dei Magic sin dal primo giorno. Questo aiuterà a scaricare un po’ di responsabilità di playmaking dalle spalle dei vari Markelle Fultz, Jalen Suggs e Cole Anthony, nessuno dei quali sembra avere abbastanza consistenza palla in mano per poter sostenere sulle proprie spalle il peso di uno Usage molto alto, permettendo a Banchero e a Franz Wagner di gestire più palloni. Il fit con Wendell Carter Jr. è già più sospetto, visto che sia lui che Banchero non fanno della rapidità di piedi in difesa il proprio punto di forza e in attacco tendono ad agire un po’ nelle stesse zone. Ma quando scegli alla numero uno di un Draft, se sei convinto di un prospetto, non è certo la presenza o meno di un lungo come WCJ a farti cambiare idea.

Uno degli aspetti di cui si parla di meno di Banchero, o quantomeno non gli si dà il peso che meriterebbe, sono le sue dimensioni: a 208 centimetri di altezza per 113 chili di peso, il prodotto di Duke ha le misure di un Blake Griffin o di un Bam Adebayo, per non andare a scomodare freak come LeBron James o Ben Simmons che atleticamente sono a un livello inarrivabile. Cambiare contro di lui mettendoci una guardia equivale a stendergli un tappeto rosso verso il ferro, visto che è estremamente bravo a usare quei chili e quei centimetri per sovrastare il diretto avversario e portarselo di forza sotto canestro, dove ha una pazienza invidiabile e un controllo del corpo celestiale a fronte di una esplosività non di primissimo livello. A Banchero piace tantissimo segnare i canestri sporchi, con un drop step spalle a canestro imparato direttamente da mamma Rhonda (leggenda dell’università di Washington), ma allo stesso tempo riesce a essere talmente veloce da risultare indigesto alla maggior parte dei lunghi tradizionali. Per marcarlo le squadre avversarie dovranno utilizzare i loro migliori giocatori nelle posizioni del frontcourt, e non è detto che basti.

I breakdown di Adam Spinella sui prospetti del Draft sono tra i migliori in circolazione, e quello di Banchero non fa eccezione.

Gli aspetti sotto cui Banchero deve migliorare

Al netto di quello che riesce a fare in attacco già adesso, non dobbiamo dimenticarci comunque che c’è ancora del potenziale inesplorato nel suo gioco offensivo. L’idea che Banchero sia un prodotto già finito così è un po’ limitante per quelle che sono le sue possibilità, specialmente se riuscisse ad allargare il suo raggio di tiro in maniera consistente oltre la linea dei tre punti. Nel suo anno a Duke ha tirato con il 33.8% dall’arco con una linea più vicina rispetto a quella che troverà in NBA e la percentuale ai liberi del 73% (che è una buona indicazione di quanto si può lavorare sul range di tiro dal college alla NBA) è solida ma non eccezionale. Dovesse sbloccare un livello superiore della sua consistenza al tiro, il suo ceiling si innalzerebbe automaticamente. Allo stesso modo, a Duke giocava prettamente uno stile di gioco a metà campo, limitando molto le sue possibilità in transizione: con quei mezzi fisici a disposizione potrebbe fare bene anche lì, anche se la condizione fisica deve essere a livello NBA (sperando che i problemi di crampi di cui ha sofferto a inizio anno siano definitivamente alle spalle).

I dubbi maggiori riguardano inevitabilmente la metà campo difensiva, dove Banchero pur non essendo disastroso non sembra poter diventare molto di più di un difensore nella media del suo ruolo. Il suo impegno in difesa, che già non faceva strabuzzare gli occhi al liceo, non è migliorato nel suo anno del college, con diversi momenti in cui ha perso il suo uomo, non ha fatto tagliafuori sul suo uomo o non è arrivato coi tempi giusti in rotazione. Ha i mezzi fisici per poter dare il suo contributo, ma non ha la mobilità laterale per poter reggere senza che sia sempre concentrato e connesso mentalmente sulla partita. A livello di posizionamento di gambe poi bisogna lavorarci molto, per evitare di diventare un punto debole difensivo che le altre squadre attaccano ad ogni possesso. Data la sua importanza nella metà campo offensiva, è possibile che le squadre avversarie arrivino alla conclusione di puntarlo in difesa anche solo per averlo stanco dall’altra parte: sta a lui dimostrare di non essere attaccabile nella propria metà campo.

C’è poi un discorso da fare sul ruolo che ricopre Banchero, visto che è un 4 fatto e finito con poche possibilità di scalare da 3 o da 5 in difesa a meno di un accoppiamento estremamente favorevole. L’apertura di braccia limitata e la sua inconsistenza difensiva non depone a favore della possibilità di farlo giocare da centro tattico in un quintetto piccolo, quantomeno a questo punto del suo sviluppo. E non è facile costruire una squadra nella NBA di oggi attorno a un 4 fatto e finito con delle vibes un po’ anni ’90: scorrendo i convocati all’All-Star Game dello scorso anno tra i giocatori che giocano stabilmente come 4 ci sono mammasantissima come Kevin Durant, Giannis Antetokounmpo e LeBron James, che però sono talmente superiori da trascendere la posizione in cui possono essere inquadrati. Banchero, semplicemente, non è e non può essere quel tipo di giocatore, ma è stato avvicinato a giocatori di svariati tier inferiori come Blake Griffin (nella versione più di Detroit che di quella di inizio carriera), Julius Randle o Chris Webber: ottimi giocatori offensivi, anche da Hall of Fame, che però non fanno la differenza in difesa.

Al netto dei dubbi che è legittimo avere, però, Banchero rimane uno che ha assolutamente diritto di cittadinanza come prima scelta assoluta in un Draft in cui mancava un “blue chipper” di primo livello come poteva essere lo Zion Williamson del 2019 o Cade Cunningham lo scorso anno. Tutto sta nel tenere bene a mente che questo è solo l’inizio del suo percorso: fino a questo momento nella sua carriera ha sempre mantenuto le aspettative che c’erano su di lui, ma dal prossimo anno si ritroverà a fare i conti con la pressione aggiuntiva di essere la prima scelta assoluta. Dalla maturità con cui affronterà tutte le attenzioni che inevitabilmente gli cadranno addosso (sia dentro che soprattutto fuori dal campo) e dalla voglia che avrà di lavorare sui difetti del suo gioco passeranno le sue fortune per il futuro. Banchero ha le spalle larghe, ma il lavoro comincia ora.

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