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Sognando una finale italiana
07 mag 2015
07 mag 2015
Quello che dovranno fare Fiorentina e Napoli per incontrarsi in finale.
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A distanza di 8 anni dall’ultima semifinale di Europa League (quando ancora si chiamava Coppa Uefa), persa ai rigori contro i Rangers, la Fiorentina ha di nuovo la possibilità di arrivare in finale, in una competizione che ha riscosso finalmente maggior entusiasmo tra le squadre italiane. Il Siviglia di Emery è campione in carica, e per questo inevitabilmente favorito: ma il cammino della Fiorentina per arrivare fino a questo punto è impressionante (Tottenham, Roma, Dinamo Kiev), e la rende una candidata più che credibile alla vittoria finale.

 

Il problema è che la Fiorentina non ha fatto altrettanto bene in campionato: la serie di 4 sconfitte consecutive (due casalinghe contro Verona e Cagliari) ha mostrato tutte le debolezze dei viola, oltre che a spingerla nel grande calderone di chi lotta per una qualificazione europea. La squadra di Montella ha abbandonato inconsciamente il campionato per concentrarsi sull’Europa League, oppure semplicemente non riesce a reggere la tensione (anche nervosa) di un doppio impegno così importante? Il rischio, in ogni caso, è di ritrovarsi a dover vincere per forza l’Europa League per non saltare un giro, arrivando però alle semifinali con un livello competitivo non sufficiente. L’ultima vittoria contro il Cesena fa ben sperare: i viola sono sembrati in palla, hanno ripreso il loro gioco fatto di dominio del pallone fino alla trequarti e combinazioni rapide in zone pericolose. Proprio questa può essere una chiave per vincere la sfida contro l’avversario europeo, il Siviglia, quinto nella Liga, ma capace di giocarsela alla pari con Real e Barcellona.

 

Infatti, nonostante affronti un avversario molto compatto e solido a livello difensivo, la Fiorentina deve puntare sulle combinazioni veloci dalla trequarti: il difensore guida della linea a 4, Nico Pareja, in Russia si è infortunato (lesione dei legamenti, stagione finita), e i suoi potenziali sostituti (Kolodziejczak e Arribas) lasciano molto a desiderare sia per concentrazione che per velocità. Si potrebbe ipotizzare un Salah molto più vicino a Gomez, pronto ad attaccare in rapidità i centrali avversari, come fece nel secondo tempo del White Hart Lane.

 

https://www.youtube.com/watch?v=RfShdWBuI1g

La grande capacità di Salah di attaccare in velocità anche difese schierate.



 

Nel 4-3-3 della Fiorentina sarà però ancor più decisivo il ruolo degli esterni d’attacco: il Siviglia coinvolge molto i terzini, e spesso quello destro, Coke, si fa attaccare alle spalle. Per questo serve il miglior Joaquin, capace di puntare sempre l’uomo per poi rientrare al tiro sul piede migliore; ma sarà importante anche il ruolo dei terzini, per la loro capacità di inserirsi quando le ali tagliano dentro il campo.

 

Tra i vari punti deboli dei sivigliani c’è la strana incertezza sul primo portiere: il titolare, Beto, è tornato in campo nella sfida di San Pietroburgo contro lo Zenit, dopo circa due mesi di assenza per un infortunio alla spalla; ma nel frattempo, la sua riserva, Sergio Rico, stava facendo molto bene. Risultato: due disattenzioni di Beto stavano regalando la qualificazione ai russi, e adesso Emery non sa bene come gestire la situazione.

 

La squadra di Montella dovrà agire con calma: il Siviglia è una squadra a cui piace lasciare il controllo del pallone all’avversario, e la Fiorentina dovrà puntare su un possesso veloce ma non frenetico. In una sfida ad andata e ritorno il tempo si dilata ed ha un valore maggiore del solito.

 

Gli strumenti per vincere la Fiorentina li ha già usati contro il Tottenham: rimanere sempre compatti nella zona della palla, se possibile cercare di recuperare il pallone il più in avanti possibile, e creare fastidio tra le linee.

 

Il Siviglia è una squadra compatta e ostinata, che sembra non mollare mai, neppure nelle situazioni peggiori: ma è un rivale che ha già sofferto molto contro Borussia Mönchengladbach e Zenit, e la Fiorentina versione europea non ha nulla da invidiare ai suoi avversari.

 
 



L’allenatore del Siviglia Unai Emery rischia di essere un vero osso duro per Montella. La sua squadra, oltre ad essere campione in carica, ha perso una sola volta in casa campionato e mai in Europa League; il tecnico Emery ha inciso in modo evidente nei risultati positivi che lo hanno portato in semifinale, soprattutto nella capacità di attingere alle tante variabili tattiche a disposizione in panchina per correggere in corsa il piano iniziale. Contro lo Zenit nei quarti, sia all’andata che al ritorno, il giocatore che ha inserito dalla panchina ha segnato (all’andata addirittura entrambi i subentrati sono andati a segno per ribaltare lo 0-1).

 

https://youtu.be/rah8u7iYtfA?t=21s

Occhio anche alla gestualità di Emery. «Metti la cera, togli la cera».



 

Il vero problema per Montella è che alcuni dei punti di forza di questo Siviglia sembrano fatti apposta per dare rogne alla squadra viola. La squadra che Emery ha sviluppato durante l’anno pratica una manovra verticale sfruttando l’ampiezza del campo, procedendo ad un ritmo sostenuto e dimostrandosi capace di controllare le squadre che vogliono il controllo della palla come i viola.

 

Non ricerca il possesso del pallone per attivare un’azione molto elaborata, preferisce creare un ampio volume di occasioni offensive, grazie a verticalizzazioni veloci e palla a terra, e nell’esecuzione di movimenti offensivi studiati minuziosamente e che variano a seconda dell’avversario (occhio ad esempio ai movimenti senza palla verso sinistra della punta Bacca, che devono essere letti prima dalla difesa per evitare di ritrovarselo successivamente alle spalle). Questa ricerca del cambio di ritmo va sì a scapito della precisione (per verticalizzare il Siviglia gioca molti palloni filtranti con una minore probabilità di andare a segno), ma consente una pressione costante sulla squadra avversaria, anche a livello mentale: durante la fase offensiva non bisogna perdere palla per non esporsi all’attacco perentorio di tutti gli offensivi andalusi.

 

La Fiorentina verrà quindi invitata a prendere il possesso della palla, ma sarà costretta a restare attenta nel momento in cui la palla verrà recuperata e giocata dall’avversario.

 

Il Siviglia utilizza un meccanismo di recupero del pallone che pone l’accento sugli esterni del proprio 4-2-3-1 (cosa che dovrebbe impedire a Montella l’opzione del 3-5-2 se non vuole cedere totalmente le fasce ad Emery) e che lascia ai restanti giocatori il compito di difendere posizionalmente. Va detto che il meccanismo di recupero del pallone è interessante in ottica Fiorentina e merita un piccolo approfondimento: il Siviglia blocca i due centrocampisti centrali (dovrebbero giocare le due statue di marmo e basanto Krychowiak e M’Bia) e il trequartista in fase di non possesso, chiedendogli di mantenere la posizione per formare un blocco davanti alla difesa e di concentrarsi esclusivamente sulle linee di passaggio.

 

Con la densità in zona centrale, la Fiorentina, abituata ad un alto volume di gioco tra i centrocampisti centrali, non trovando sbocchi potrebbe essere costretta a giocare palla ai lati, dove però i quattro esterni del Siviglia (i due alti Vitolo e Aleix Vidal e i due bassi Trémoulinas e Coke) si fiondano in pressione, raddoppiando appoggiandosi anche alla linea laterale come terzo elemento di disturbo. La squadra di Montella non deve quindi giocare la palla sugli esterni se non con la difesa schierata bene, è lì che il Siviglia vuole recuperarla dopo averti frustrato al centro.

 

https://youtu.be/8YG7r99ljKc?t=40s

Carlos Bacca è già a 25 reti stagionali.



 

In fase offensiva ci sono due punti da sottolineare: l’ottimo lavoro nelle palle inattive (dove il Siviglia ha segnato al momento 12 gol, quasi il 20% del totale) e il ballottaggio Banega-Iborra nel ruolo di trequartista. Come detto, Emery ha tante opzioni per cambiare tatticamente la gara (ad esempio se vuole controllo può scegliere Reyes mentre se vuole creatività può schierare Denis Suarez) ma la Fiorentina dovrà fare attenzione soprattutto alla scelta del trequartista, perché in grado di rivelare la strategia offensiva del Siviglia. L’argentino Banega è votato al controllo e alla circolazione; Iborra è invece un ex mediano avanzato da Emery, una torre di 195 cm che vince ogni contrasto aereo (6 duelli aerei vinti a partita) e irrompe in area a rimorchio. I due teoricamente possono anche giocare insieme, con Iborra nell’ex ruolo naturale e Banega sulla trequarti, ma in genere tenerne uno in panchina da utilizzare a partita in corso per cambiare le carte in tavola piace molto ad Emery.

 
 



Sulla carta, tra Napoli e Dnipro non c'è storia: basta guardare i numeri. Con 25 goal e una media di 2,08 reti a partita, il Napoli è la squadra più prolifica di questa stagione di Europa League. D’altra parte, pur essendo la rivelazione del torneo, con 210 falli e 43 cartellini gialli, più che quello dei goal (0,90 a partita) il Dnipro detiene il primato di quelle che, per esigenza di sintesi, potremmo definire le “mazzate”.

 

Nonostante gli ucraini là dietro, in difesa, siano più chiusi di un ufficio del catasto a Ferragosto, il Napoli non dovrebbe avere difficoltà a creare problemi offensivi. In attacco, alle spalle del possibile capocannoniere di coppa Higuain, dovrebbero essere schierati i centrocampisti offensivi azzurri che si sono dimostrati più in forma dell’ultimo periodo: Hamsik, Insigne e, soprattutto, Gabbiadini, apparso brillante nell’ultima gara in casa contro il Milan. A centrocampo, ad affiancare l’ormai inamovibile David Lopez, si giocano il posto un interditore di mazzate e contropiedi come Gargano e il più “statico” (…) Inler.

 

Insomma, la difficoltà maggiore, per il Napoli, dovrebbe restare quella fonetica: come giustamente ha twittato subito dopo il sorteggio a Nyon il quotidiano spagnolo

, «per imparare l'esatta pronuncia di Dnipro Dnipropetrovsk i napoletani hanno solo una settimana di tempo».

 

E tuttavia, anche in meno di una settimana, complice l'identità blucromatica tra gli uomini di Sarri e quelli di Markevych, è bastata la sconfitta inaspettata ad Empoli per trasformare la prima reazione dei napoletani al sorteggio: «Uà che mazz' abbiamo acchiappato il Dnipro!» in un decisamente più prudente: «Maronna mia mo' viene il Dnipro». Il primo round con gli ucraini si terrà infatti a Fuorigrotta e dopo lo stop con l'Empoli, nonostante anche la larga vittoria contro il Milan, tutti i fantasmi sembrano essere tornati.

 

Quello di Mazzarri, innanzitutto (che in verità torna ad ogni pareggio, sconfitta o silenzio stampa di Benitez), che nel 2012 proprio il Dnipro batté in un'epica partita di ritorno scandita dai quattro goal dell'ei fu azzurro matador Cavani.

 

https://www.youtube.com/watch?v=qyTGnCX2BI8

Il periodo in cui Cavani camminava sulle acque.



 

Quello di Cavani, appunto, capace spesso di far da solo quello che non sempre Higuain ha forza e voglia di fare anche assieme agli altri, e cioè essere leader e caricarsi la squadra sulle spalle.

 

Quello del Napoli di Maradona, che prima dell'arrivo di Benitez è stato l'ultimo a giocarsi (nel 1989 con il Bayern) una semifinale di Europa League ma che allora si chiamava Coppa Uefa e faceva decisamente più impressione.

 

https://www.youtube.com/watch?v=cGTYTTdb3T4

Maradona, Careca, Carnevale, il San Paolo pieno oltre ogni norma di sicurezza.



 

Questi fantasmi, dunque: battere il Dnipro per sbarazzarsene una volta e per tutte e voltare pagina. Gli strumenti ci sono, non da ultimo la spia che venne dall'Est: Ivan Strinic, il terzino sinistro arrivato a Napoli a gennaio dal Dnipro. Non potrà giocare, ok, ma sicuramente potrà spifferare a Rafa e compagni tutti i segreti utili per continuare a sognare una coppa oggi e, attraverso l'accesso diretto, "quell'altra" domani.

 
 



Non si arriva fino alle semifinali di Europa League per caso: il Dnipro ha le qualità per far male al Napoli, soprattutto nella partita che giocheranno in trasferta, quella di giovedì prossimo. Il miglior attacco è la difesa per la squadra guidata da Myron Markevych, gli ucraini infatti costruiscono la propria pericolosità offensiva proprio a partire da una fase difensiva organizzata e aggressiva.

 

Il pressing sul portatore è sistematico e intenso, nel tentativo di riconquistare palla quanto più vicino possibile alla porta, e i quattro davanti nel 4-2-3-1 ucraino si ritrovano spesso in linea nel tentativo di chiudere le linee di passaggio agli avversari. La difesa del Dnipro cerca sempre di restare molto alta, in modo da comprimere gli spazi in mezzo al campo e tenere le linee tra loro molto vicine. Con la densità che si viene a creare, la squadra di Markevych protegge bene il centro del campo e lascia scoperte le fasce: se il Napoli riuscirà col palleggio a far saltare il pressing e a girare palla sugli esterni potrà creare molti pericoli, anche perché l’applicazione del fuorigioco da parte del Dnipro non è sempre impeccabile e Higuain potrebbe approfittarne; se, al contrario, il Napoli dovesse cedere il possesso della palla, sarebbero guai veri. Soprattutto perché i terzini azzurri si alzano molto e lo spazio alle loro spalle potrebbe essere attaccato facilmente da due esterni veloci come Konoplyanka e Zozulya, che metterebbero in ambasce Albiol, Britos o Koulibaly nelle uscite verso l’esterno.

 

https://www.youtube.com/watch?v=nGAHZAXlvQ4

Un solista puro, tremendamente temibile nell’uno contro uno.



 

Quando il dispositivo del primo pressing viene eluso, gli ucraini si abbassano molto e si ricompattano, con nove uomini sotto la linea della palla e il solo centravanti isolato in attacco. Questo non deve ingannare circa la pericolosità del Dnipro, che ha un’uscita del pallone estremamente efficace che gli permette di risalire il campo con pochi passaggi. La transizione difesa-attacco è la vera arma letale della squadra ucraina, soprattutto perché le ali preferiscono restare piuttosto alte. Un arma letale e a doppio taglio, perché la maggior parte dei pericoli che subisce il Dnipro provengono dalle fasce e dai loro terzini messi in inferiorità numerica. Il Napoli dovrà anche mettere un’attenzione supplementare in tutte le situazioni da calcio piazzato: il Dnipro ha molti schemi e cinque calciatori del loro undici base superano il metro e ottantacinque.

 

Nel bene e nel male, il gioco del Dnipro non varia di molto anche quando gioca in casa: un possesso palla medio inferiore al 50% e una precisione dei passaggi inferiore al 75% sono indicativi di una squadra che ama serrare le fila e ricercare la verticalità; anche lo schema tipico di inizio azione per gli ucraini è il rilancio lungo del portiere a cercare la testa dell’ariete croato Nikola Kalinic. Quand’è costretto a fare la partita, il Dnipro sviluppa il proprio gioco preferibilmente sulle fasce, lì dove stazionano i suoi giocatori più tecnici e la sua stella indiscussa: Yevhen Konoplyanka è un’ala veloce, completamente ambidestro, che può scegliere in ogni momento di andare per il cross o per il tiro. Lui e Zozulya, sulla fascia opposta, sono i playmaker offensivi della squadra.

 

Il busillis tattico con cui ha a che fare Rafa Benitez non è di semplice soluzione. Un solo gol di scarto potrebbe non bastare, ma sbilanciarsi in avanti potrebbe voler dire rischiare troppo. Per i motivi elencati, penso che i primi novanta minuti, quelli da giocare al San Paolo, saranno decisivi.

 
 

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