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Emanuele Mongiardo
Il rapporto speciale tra il Siviglia e l'Europa League
11 mag 2023
11 mag 2023
Come arriva questo Siviglia alla semifinale europea.
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Emanuele Mongiardo
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Foto di Francisco Medina
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Il 19 marzo, al termine della partita col Getafe, i tifosi del Siviglia avevano iniziato a vedere i fantasmi. Alla ventiseiesima giornata, dopo aver perso 2-0, la classifica si stava trasformando in un incubo: ventotto punti erano solo due in più dalla zona retrocessione, in una stagione che stava già mietendo un’altra vittima eccellente come il Valencia. Di fronte ad una situazione tanto disperata, l’esonero di Jorge Sampaoli è diventato la soluzione più ovvia. L’argentino, al suo secondo mandato come tecnico degli andalusi, aveva sostituito Lopetegui a stagione in corso, ma non aveva saputo raddrizzare la situazione. Il Siviglia era confuso, lento e impacciato. Sintomatico del caos intorno alla squadra, l’episodio nel corso della gara con l’Osasuna di fine febbraio: sotto 2-1 nel secondo tempo, Sampaoli aveva scritto delle indicazioni su un foglio che Gudelj avrebbe dovuto consegnare a Óliver Torres; Acuña, stizzito per il risultato, glielo aveva strappato dalle mani e lo aveva accartocciato e buttato via, esautorando difatti il suo allenatore.Un mese dopo la sconfitta col Getafe e l’esonero di Sampaoli, il fermento intorno al Siviglia era quello delle grandi occasioni. Sulla strada verso il Sánchez-Pizjuán, prima del quarto di finale di Europa League contro il Manchester United, orde di tifosi avevano assaltato il pullman per far capire ai giocatori che quella notte non avrebbe potuto esserci altro risultato che la vittoria. La gente del Siviglia aveva accolto l’appello dei Biris Norte, cuore caldo del tifo andaluso, a presentarsi in tinta unita, e gli spalti si erano trasformati in una grande marea bianca. Il pubblico non ha smesso di cantare per un minuto durante la partita e alla fine il Siviglia ne è uscito con un 3-0 autoritario, dove il Manchester United, prima ancora che inferiore sul campo, è sembrato una squadra dal lignaggio infinitamente più piccolo nella seconda competizione continentale. Il tempo sembra sospendersi in Europa League per il Siviglia. Cambiano gli allenatori, la posizione in campionato, gli avversari, ma non la mistica dei nervionesi il giovedì sera.

L’uomo immagine della resurrezione è José Luis Mendilibar, basco, sessantadue anni, alla prima esperienza in una coppa europea. Mendilibar non solo è riuscito ad allontanare la squadra dalle secche della lotta salvezza, ma ha fatto tornare nell’ambiente la convinzione di essere i padroni assoluti dell’Europa League, anche al cospetto di avversari più forti come il Manchester United. Chi è José Luis MendilibarMendilibar fa parte della filiera di allenatori dei Paesi Baschi, una regione che per l’abbondanza e il livello dei suoi tecnici, potremmo paragonare alla Toscana in Italia. I nomi più illustri sono Unai Emery, Ernesto Valverde, Mikel Arteta e Julen Lopetegui. Seguono poi Xabi Alonso e Andoni Iraola, due degli allenatori più promettenti di tutto il panorama europeo, e volti noti della Liga come Mendilibar stesso, Imanol Alguacil, proiettato verso la Champions con la Real Sociedad, e Jagoba Arrasate, capace di raggiungere la finale di Copa del Rey con l’Osasuna. Difficile spiegare il successo dei Paesi Baschi in panchina. Secondo Mendilibar, che nei mesi lontano dai campi aveva scritto pezzi di opinione per Relevo, è merito del carattere industriale della regione e dello spirito operaio dei suoi abitanti, da cui deriverebbe la cura degli allenatori baschi per il lavoro quotidiano. Al di là della provenienza, non esiste un chiaro denominatore comune tra i nomi citati, ognuno di loro ha il proprio stile. Mendilibar si distingue per il suo calcio diretto, verticale, dove i protagonisti sono i giocatori di fascia ma, soprattutto, il pressing alto. In Spagna, quasi nessuno come lui ha trasformato l’aggressività senza palla in un marchio di fabbrica. Attraverso pressing e ritmi alti, lungo la sua carriera Mendilibar ha saputo nascondere le lacune tecniche delle rose che ha allenato fino ad oggi. Il suo capolavoro, in questo senso, è l’Eibar, squadra di una cittadina di 30.000 abitanti della provincia di Gipuzkoa. Se il pressing è l’architrave del calcio di Mendilibar, l’Eibar era la squadra perfetta in cui impiantarlo. Il suo stadio, Ipurua, conta appena settemila posti e offre degli scorci davvero suggestivi, circondato da vallate lungo tutte le tribune. Soprattutto, però, le dimensioni del terreno di gioco di Ipurua erano ben al di sotto della norma rispetto agli altri campi della Liga. Su una superficie tanto angusta, l’efficacia del pressing dell’Eibar si moltiplicava. Gli armeros – come vengono chiamati per via delle industrie armiere tanto radicate in città – giocavano con la difesa alta contro qualunque avversario, anche Barcellona e Real Madrid. Il loro piano non era negoziabile: 4-4-2, linee strette, recupero alto del pallone, transizioni e una gran mole di cross. Grazie al suo stile, per anni l’Eibar si è distinto come una delle squadre più peculiari della Liga. L’incantesimo tra Ipurua e Mendilibar è durato per sei stagioni, dal 2015/16 al 2020/21, annata in cui i baschi sono retrocessi in Segunda Division. L’anno dopo, per il tecnico era arrivata la chiamata a campionato in corso da parte dell’Alaves; una parentesi deludente, culminata con un esonero dopo appena tre mesi. Mendilibar non sedeva su una panchina da aprile 2022. A quell’età e a quel punto della sua carriera, sembrava lontana ormai la prospettiva di allenare una grande del calcio spagnolo. La crisi del Siviglia, però, ha rimescolato le carte. Gli andalusi non solo si sono assicurati uno specialista della zona medio-bassa della classifica, ma hanno anche trovato un allenatore coerente con la storia della squadra negli ultimi anni.Mendilibar e la tradizione del SivigliaI discorsi sull’identità di un club e sulla sua mistica in una determinata competizione, come quella del Siviglia in Europa League, sono sempre spinosi. Quanto è reale discutere del rapporto quasi ultraterreno di una squadra con una coppa e quanto invece è pensiero magico? Rimandare a un piano intangibile l’analisi dei trionfi di squadre come Siviglia o Real Madrid delle volte è una posizione di comodo, altre volte invece può essere un punto di partenza per provare a capire il perché di tanta grandezza nelle notti europee. Il Siviglia, come club, tratta ormai da tempo con occhio di riguardo la vecchia Coppa UEFA (e l’abitudine a vincere eliminatorie ha fruttato agli andalusi anche due Coppe del Re) e di sicuro la società influenza allenatori e rosa nel dare priorità alle partite del giovedì. Il modo di costruire l’organico e le idee di gioco, però, sembrano particolarmente adatti ad affrontare un torneo pieno di eliminatorie e di sliding doors. Ci sono alcune costanti nel Siviglia che vanno oltre i tecnici e i calciatori: quelle variabili costituiscono la sua identità. Oggi, con Mendilibar, gli andalusi hanno ritrovato la loro essenza. Una squadra che vanta giocatori tecnici, ma che si regge sulla coesione senza palla, sull’intensità, sulla capacità di soffrire. In tutti i suoi cicli vincenti, il Siviglia è stato innanzitutto una squadra solida, capace di non cedere mai nei momenti avversi e di fronte ad avversari manifestamente superiori, favorita dall’avere, oltre a elementi estrosi, un nucleo di giocatori dal grande impatto atletico, perfetti per qualsiasi evenienza di un’eliminatoria. Un filo conduttore che parte da Pareja, M’Bia, Krychowiak, N'Zonzi, passa per Fernando, Diego Carlos e Koundé e arriva oggi a Gudelj, lo stesso Fernando e Acuna. Per non parlare di Jesus Navas, cimelio in carne e ossa della gloriosa storia del Siviglia in Europa, dai tempi della Coppa UEFA. Gente dalla pelle dura, su cui ogni allenatore ha potuto impiantare le proprie idee.Prima era la difesa posizionale di Emery, che metteva due terzini sulla stessa fascia nei momenti di sofferenza, raffreddava le partite con la tecnica di Banega e utilizzava N’Zonzi come torre in attacco. Poi è stato il turno di Lopetegui, col possesso che rimaneva tra i piedi dei giocatori del Siviglia, ma sempre con attenzione a non perderlo in zone sensibili: per questo si passava continuamente dalle fasce, per poi avvalersi del gioco aereo di Luuk de Jong. E adesso questa nuova versione di Mendilibar, aggressiva senza palla, che infervora il Sánchez-Pizjuán a ogni recupero alto e a sua volta si nutre del suo calore, convertendolo nell’energia con cui affronta tutte le fasi della partita. Come gioca il SivigliaCon un retaggio simile e in preda a difficoltà che avevano fagocitato anche Lopetegui, la crisi di rigetto nei confronti di Sampaoli era prevedibile. Il Siviglia giocava in maniera affettata, i calciatori spostati in posizioni insolite. Il possesso era ridondante e la macchinosa fase di costruzione aveva portato spesso a errori grossolani in difesa. «Il gioco di Sampaoli aveva finito per annoiare i giocatori», ha detto il patron Pepe Castro.Mendilibar, invece, ha saputo da subito assecondare la natura dei suoi uomini: «Abbiamo giocatori che colpiscono bene il pallone, abbiamo giocatori molto grossi, molto alti. Per quale motivo dobbiamo fare una giocata meravigliosa di quattro tocchi se poi non gli facciamo arrivare il pallone? Che ognuno vada nella posizione giusta per colpire, punto e basta. Alla fine, sarà un mio giocatore contro uno di loro. Se il mio è alto un metro e novanta, ha delle possibilità di tirare», ha detto dopo la vittoria per 2-1 sul Villarreal.Il tecnico basco non aveva mai allenato una squadra con la qualità del Siviglia. Nonostante il tasso tecnico elevato, però, alcuni dei migliori giocatori in rosa sembrano adatti alle sue idee. A facilitare il suo insediamento, poi, c’era la presenza di alcuni suoi pretoriani dell’Eibar: Dmitrovic, portiere serbo dai lanci di lunghissima gittata, Joan Jordan, che con lui era diventato uno dei migliori centrocampisti della Liga, e Bryan Gil, che a Ipurua aveva sbalordito tutti alla sua prima stagione da titolare. Rispetto alla sua esperienza con gli armeros, Mendilibar ha messo da parte il 4-4-2 e si è affidato al 4-2-3-1. Non esiste un undici titolare, anche perché gli uomini ruotano molto tra campionato e coppa. In porta, ad esempio, il titolare in Liga è Dmitrovic, mentre in Europa League è Bono. Contro il Manchester United si è infortunato il centrale Marcao e al suo posto è stato dirottato in difesa il mediano Gudelj. A catena, Rakitic da mezzapunta è arretrato a centrocampo per giocare al fianco di Fernando. Sulla trequarti, mentre Gil gioca soprattutto in campionato, i titolari di coppa dovrebbero essere Lamela, Suso e Ocampos (in maniera impronosticabile, Suso ha giocato spesso da trequartista centrale: secondo Mendilibar, per tornare sulla sua amata mattonella di destra dovrebbe correre di più e concludere meglio le giocate che tenta). Il centravanti, invece, è Youssef En-Nesyri, reduce da uno splendido mondiale col Marocco.Lamela, Ocampos ed En-Nesyri rappresentano alla perfezione il compromesso tra talento e atletismo con cui Mendilibar ha plasmato la sua nuova squadra. La prima mossa del basco, è stata tagliare in maniera drastica il numero di passaggi in prima costruzione. Se gli avversari pressano alto, il Siviglia cerca subito il lancio lungo. Sia Bono che Dmitrovic hanno un ottimo calcio e, soprattutto, difficilmente i loro lanci sono casuali. Lamela e Ocampos, per esempio, di solito giocano rispettivamente larghi a sinistra e a destra. Sono ben più alti rispetto alla media di ali e trequartisti: 1,84 il Coco, 1,87 l’ex Marsiglia. Nella maggior parte dei casi, sono anche più alti dei terzini che li marcano, oltre a saper sfruttare benissimo il contatto spalle alla porta. Così, indirizzare su di loro il pallone significa spesso vincere il duello e iniziare a sviluppare l’azione offensiva direttamente nell’ultimo terzo di campo. Anche En-Nesyri ha caratteristiche simili. Lungo e secco, con l’avambraccio bendato che lo trasforma in un pugile di strada, il marocchino non solo è alto un metro e novanta, ma ha anche un’eccellente elevazione. En-Nesyri è una macchina da seconde palle: se i trequartisti e i centrocampisti si radunano per tempo intorno a lui, il Siviglia ha grandi possibilità di far proprio il rimbalzo. Per favorire la conquista del pallone dopo il duello aereo, il trio di mezzepunte stringe verso il lato palla e alle loro spalle si aggiunge uno dei mediani, oltre al terzino del lato.Nel caso in cui il rimbalzo finisca agli avversari, la densità in zona palla favorisce il gegenpressing, che, come vedremo, insieme al pressing è un’importante arma offensiva per gli andalusi. Una volta ripulito il possesso, il Siviglia può sviluppare sulla catena di fascia per poi crossare. Mendilibar riassume così il suo gioco: «Passare dall’esterno, far uscire il pallone in maniera rapida verso l’ala o il terzino e crossare velocemente senza aspettare di raggiungere la linea di fondo». Per sua stessa ammissione, il suo è un calcio quantitativo, dove prima o poi dai numerosi cross si riesce a ricavare qualcosa: a favorirlo, la stazza dei suoi giocatori, il fatto di attaccare l’area in massa, con punta, trequartista e ala opposta, e di accorciare sul limite con i centrocampisti per raccogliere la ribattuta della difesa e tirare o dar vita a un nuovo attacco. [gallery columns="9" ids="91426,91422,91424,91425,91423,91421,91420,91418,91419"] Se invece gli avversari aspettano più in basso, come è probabile che faccia la Juve, di solito uno dei terzini si alza e fa spazio a uno dei mediani che si posiziona al fianco del centrale per impostare. Anche qui, il primo pensiero dei centrocampisti deve essere di allargare il gioco. Rakitic e Joan Jordan, in questo senso, sono due specialisti delle aperture, perfetti per spostare subito il gioco sulla fascia in zone profonde come piace a Mendilibar. Una volta che la palla arriva sull’esterno, l’attacco progredisce con le combinazioni tra ala e terzino. Sia Lamela che Ocampos sono abilissimi nel dribbling e a dialogare nello stretto. Tra i due, però, Ocampos aggiunge una gran varietà di movimenti senza palla. L’ex Genoa sa muoversi alle spalle del terzino avversario come un vero attaccante, sia per tagliare verso il fondo sia per andare dentro l’area. Quando è al meglio, è lui l’uomo più pericoloso del Siviglia, il primo compagno a cui si rivolgono le sventagliate dei centrocampisti. Di solito gioca a destra, proprio perché Mendilibar preferisce che le sue ali crossino e non che rientrino – detto che Ocampos ha tecnica in abbondanza per convergere pur mantenendo la palla sul piede forte, così come Lamela sul lato opposto. Se non possono sfondare, sia Ocampos che Lamela sanno attirare gli avversari senza perdere palla per liberare spazio alle corse verso il fondo dei terzini, Acuna a sinistra e l’immortale Jesus Navas a destra.Da sottolineare, poi, il contributo da calcio piazzato. Da quando è arrivato Mendilibar, cinque dei diciassette gol segnati sono arrivati da calcio d’angolo. L’unica partita senza reti da palla ferma è la gara d’andata col Manchester United. I pericoli principali sui corner sono En-Nesyri e il centrale Badé. Gli spagnoli sono pericolosi sul primo palo ed escono spesso vincitori dalle mischie. Dettagli non da poco visto il carattere episodico delle eliminatorie.Il pressing di MendilibarAl di là di cross e calci piazzati, però, la principale arma offensiva del Siviglia è il recupero alto del pallone. Maguire e De Gea sono stati sbeffeggiati per il gol concesso al Sánchez-Pizjuán, ma non c’è niente di casuale nel loro equivoco. Le squadre di Mendilibar da sempre cercano di provocare quel tipo di errore, i giocatori che si lanciano in pressing sono addestrati a fiutare l’odore del sangue e a capire dove scalare per recuperare palla. In quel caso, lo United aveva recuperato una seconda palla e stava tornando indietro per assestare il possesso. I giocatori del Siviglia, che si erano spostati sulla fascia per raccogliere il lancio, si ritrovano in posizioni insolite ma capiscono subito come devono scalare per aggredire gli avversari. Ocampos, in posizione di punta, si lancia in pressione sul portiere. Maguire si sposta dal cono d’ombra dell’argentino per dettare il passaggio a De Gea. Su Maguire, centrale, dovrebbe stringere En Nesyri, alle sue spalle in posizione di trequartista. Con palla al portiere, l’ala sinistra Lamela resta a metà tra Maguire e Wan Bissaka, il terzino su cui dovrebbe scivolare se la palla andasse verso l’esterno.

Lamela, però, ha l’intuizione di non lasciare la pressione su Maguire al solo En-Nesyri: quando De Gea raggiunge il centrale, Lamela stringe su Maguire aiutando En-Nesyri in raddoppio; con la corsa, l’argentino copre il passaggio verso Wan Bissaka. Maguire prova lo stesso ad aprire per il terzino inglese, ma Lamela intercetta. En-Nesyri si impossessa del pallone e così va in porta.

La lettura del Coco è stata decisiva per arrivare al gol. Da un momento all’altro ha capito di dover cambiare riferimento, e ha potuto farlo grazie alle distanze corte con cui il Siviglia porta il pressing. Senza palla, per Mendilibar non esistono riferimenti fissi. La squadra deve rimanere compatta sia in orizzontale che in verticale, per scivolare come un unico blocco. Quando gli avversari impostano, la punta si posiziona a metà tra i centrali, così da negare il passaggio da un difensore all’altro o dal difensore verso il portiere. Gli avversari sono costretti per forza a spostare il pallone lateralmente, così gli andalusi possono scivolare come un unico blocco. I giocatori, a seconda della posizione della palla e del modo in cui sono schierati gli avversari, devono scegliere l’uomo da aggredire.Nel 4-2-3-1 del Siviglia i trequartisti esterni rimangono stretti, a metà tra il centrale e il terzino avversario, così da negare verticalizzazioni nei mezzi spazi. Il trequartista centrale, invece, parte più vicino al regista. Se i metodisti avversari sono due, di solito uno dei due mediani (Rakitic se la coppia è Rakitic-Fernando, Fernando se la coppia è Fernando-Gudelj) si alza nella zona del metodista che rimane libero. In generale, i giocatori del Siviglia occupano il centro e cercano di rimanere a metà tra un avversario e l’altro, in modo da poter cambiare riferimento dopo che si scivola: così, ad esempio, il trequartista centrale può lasciare il regista per alzarsi in pressione sul difensore centrale. Oppure, il trequartista esterno può decidere se scivolare sul terzino – se il Siviglia prova a indirizzare il possesso sulla fascia – o se stringere sul centrale – se il Siviglia prova a indirizzare il possesso al centro: in quel caso, a salire sul terzino ci pensa il terzino del Siviglia stesso. [gallery columns="9" ids="91434,91432,91433,91431,91429,91430"] Se gli avversari riescono a far circolare il pallone, le distanze corte permettono a chi si era lanciato in pressing di tornare sui propri passi e aggredire l’uomo che ci si era lasciati alle spalle: un modo di affrontare la fase di non possesso che richiede capacità interpretativa da parte dei giocatori, ma anche qualità atletiche nel cambiare i riferimenti da pressare. Le ricadute delle distanze corte, comunque, sono anche offensive. Se la squadra porta il pressing con i giocatori vicini l’un l’altro, dopo aver rubato il possesso ci saranno tanti uomini intorno alla palla e sarà più facile orchestrare una transizione corta. A Mendilibar non piace accumulare alte percentuali di possesso palla, ma il fine del suo calcio è comunque passare più tempo possibile nella metà campo offensiva: per questo l’aggressività senza palla è la chiave.Come tutti gli strumenti tattici, però, anche il pressing di Mendilibar ha delle controindicazioni, intraviste in una partita dominata come quella contro il Manchester United. Si è detto di come, contro un doble pivote, uno dei due mediani del Siviglia si alzi sulla linea dei trequartisti. Così, rimane un solo uomo a centrocampo, con tanto spazio sui fianchi. Lo United, a volte, è riuscito a ricevere in quelle zone con Eriksen e Martial, ma lo spirito di sacrifico e la compattezza hanno permesso al Siviglia di ripiegare. La Juve sviluppa poco il gioco in zone interne e non ha una fase di possesso sofisticata come quella della squadra di Ten Hag, ma lo spazio sui lati del mediano che rimane basso potrebbero rappresentare un vulnus della fase difensiva del Siviglia. [gallery columns="6" ids="91437,91435,91436"] Così come il fatto di mantenere il 4-2-3-1 anche quando il blocco si abbassa a centrocampo. In quel caso la squadra di Mendilibar non si riassesta con il 4-4-2 o il 4-4-1-1 (come fa, invece, vicino la propria area). Così, lo spazio tra le linee non è più solo quello tra difesa e centrocampo, ma anche quello tra mediani e trequartisti. Martial, ricevendo alle spalle delle mezzepunte e potendo condurre fronte alla porta, aveva creato dei grattacapi al Siviglia nella partita d’andata.Insomma, delle crepe ci sono. Oltretutto, l’infortunio di Marcao dovrebbe costringere il tecnico basco a spostare Gudelj in difesa: lui e Fernando costituivano una cerniera di centrocampo difficile da superare. Con la loro altezza, erano determinanti anche nei duelli aerei in mediana. Adesso Fernando si ritroverà accanto un centrocampista meno difensivo e avrà ancora più responsabilità senza palla. Al di là del pressing alto, come ogni anno O Polvo è la pietra angolare della fase di non possesso del Siviglia e a trentasei anni resta sbalorditiva la sua capacità di offrire copertura ai compagni.A Torino, come nel 2014Mendilibar e Massimiliano Allegri non potrebbero avere una visione del calcio più differente. Mentre al livornese interessa rallentare il gioco e soffocare tutte le variabili della partita, l’ex tecnico dell’Eibar vuole imporre ritmi alti, moltiplicare il numero degli eventi all’interno della gara: «Mi piace un calcio aggressivo, dove si cerca di attaccare sempre e che si giochi nella metà campo avversaria», ha detto. Juve-Siviglia sarà anche uno scontro di stili, tra due interpretazioni agli antipodi della fase di non possesso. Un’eliminatoria a ritmi bassi avvantaggerebbe i bianconeri, due partite a velocità sostenuta, invece, porterebbero lo scontro sul terreno degli andalusi.Mendilibar ha riesumato alcune delle peculiarità che hanno reso grande il Siviglia. I successi del 2005/06 e del 2006/07 hanno proiettato il club in un’altra dimensione, ma la percezione dei nervionesi è cambiata in maniera definitiva dopo la vittoria del 2013/14. Da lì, è nata nel pubblico l’intima convinzione che ci fosse qualcosa di speciale tra il Siviglia e l’Europa League. I primi a convincersene sono stati i tifosi stessi. Passa da loro e dalla società la trasmissione di tutta la dimensione sacra che definisce l’identità del club nelle notti del giovedì. Se poi vogliamo alimentare ulteriormente il discorso della mistica, la vittoria del 2014 era arrivata proprio a Torino. L’Allianz Stadium è uno dei luoghi sacri del sevillismo: lì è iniziato il ciclo di Unai Emery, dopo una notte di sofferenza contro il Benfica di Jorge Jesus, pilotata dalle forze occulte del destino vincente degli andalusi da una parte e dalla maledizione di Bela Gutman dall’altra. Era un Siviglia attendista, inferiore all’avversario, spesso sul punto di cadere ma sorretto dall’eroismo di Beto tra i pali e di Nico Pareja in difesa, con Rakitic a lanciare Bacca in transizione. Insomma, una versione lontana, nella forma, dalla squadra di Mendilibar, che però è sulla buona strada per recuperarne lo spirito. Ora che l’inerzia della stagione finalmente è favorevole, il Siviglia è di nuovo la candidata più seria a vincere la vecchia Coppa UEFA. Per il Sánchez-Pizjuán, la vittoria contro il Manchester era già scritta ancora prima di entrare in campo. Nessuno ha mai dubitato del risultato e nemmeno un evento negativo come il gol annullato ad Ocampos sull’1-0 ha potuto dissolvere l’alone di magia intorno al Siviglia. In un ambiente simile, per giocatori e tecnici è impossibile non convincersi di essere dei prescelti in questo torneo: anche così si spiega la determinazione con cui, negli anni, gli andalusi hanno mandato al tappeto giganti del calibro di Liverpool, Inter e United. La Juventus ha individualità migliori, ma non basta per battere Rakitic e compagni. Riuscirà, la squadra di Allegri, a scalfire le convinzioni dei signori dell’Europa League?

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