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Cosa ci ha detto la facile vittoria di Sinner su Medvedev
05 set 2024
Una partita che marca una grande distanza tra i due.
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8 min
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Foto di IMAGO / PanoramiC
(copertina) Foto di IMAGO / PanoramiC
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C’è un punto della partita di ieri che mi ha fatto male vedere. Siamo nel terzo set e Jannik Sinner è già 3-0 avanti su Daniil Medvedev. Dopo aver perso il set precedente, subendo a tratti la grande aggressività del suo avversario, Jannik è tornato a trasformare il campo da tennis in una “camera senz’aria”.

È già avanti di un break e potrebbe economizzare le proprie energie nei turni di servizio; invece decide di restare attaccato anche a quel game, risale fino a palla break, sbranando la seconda di Medvedev. Sulla palla break il russo serve una prima centrale a uscire: una bella prima, una prima che avrebbe costretto chiunque a una risposta approssimativa. Quella di Sinner invece cade all’incrocio delle righe, e Medvedev è subito costretto a parare sulla difensiva. Col lungolinea aperto Sinner anticipa il rovescio, che pizzica la riga esterna. Medvedev allarga le braccia sconsolato, magari si rammarica per le righe ma lo sa anche lui, in fondo, non c’è niente di casuale in Jannik Sinner che bombarda gli angoli estremi del campo, gioca sui centimetri finali, ribalta situazioni di pressioni e impone. Contro un punto così non si può far niente e se l’altro lo gioca in un momento così importante della partita, allora, è durissima. A lui, Medvedev, questo tipo di cose non riescono, o almeno non con quella grande impressione di facilità.

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Mi ha fatto male vedere Daniil Medvedev così impotente. Per chi ama questo giocatore - e non siamo pochi - non è stato difficile mettersi nei suoi panni. Sa per cosa è passato per arrivare lì. Sa il lavoro che è costato, diventare campione Slam in quest’epoca, con un talento molto terreno. Con quella rigidità di polso, la meccanica anti-convenzionale e tutto quello che lo rende così obliquo rispetto al resto del circuito. «Lavoro duro. Penso che se qualcun altro lavora più di me avrò meno possibilità di vincere». Tutti devono lavorare per giocare a tennis a quel livello, ma Daniil Medvedev deve lavorare di più, oltre ogni retorica. Non ci sono scorciatoie per lui.

Cinque anni fa in questo Slam aveva fatto la sua corsa folle fino alla finale, dove poi perse da Rafael Nadal. È strano pensare che i due si siano affrontati in una finale, visto che li collochiamo in due epoche leggermente differenti. Da quel momento Medvedev è diventato il primo giocatore a provare a picchettare il dominio residuo dei Big-3, che allungavano le ombre del loro tramonto portandosi via tutti gli ultimi Slam possibili. Medvedev ha provato a opporsi a queste razzie del passato sul presente con le forze che aveva. Due anni fa ha vinto il titolo, in quella strana finale che ora ricordiamo solo per il collasso emotivo di Djokovic - e quella crisi di nervi ha rivestito quel successo di Medvedev di una patina episodica. Il suo tempo pareva arrivato, comunque: doveva solo aspettare che Nadal e Djokovic perdessero le ultime energie competitive, poi sarebbe passato alla cassa. Quell’intervallo è però durato molto meno del previsto. Due giovani fenomeni sono arrivati ad appropriarsi del tennis prima di quanto tutti potevamo aspettarci: Sinner e Alcaraz sono più giovani, più freschi, più talentuosi di Daniil Medvedev. Per qualche anno ha aspettato il suo momento per poi accorgersi che quello era già stato superato.

Può ancora battere Alcaraz e Sinner in certe giornate. Ci è riuscito a New York un anno fa con Alcaraz e a Wimbledon con Sinner a luglio. Ha dovuto giocare delle partite al di sopra delle proprie possibilità, e ha dovuto sfruttare l’appanamento altrui. Insomma, può ancora batterli, ma probabilmente sarà sempre più raro, e soprattutto non dipenderà solo da lui.

E allora vedendolo perdere ieri sera a New York, nel suo Slam, contro Jannik Sinner in quattro set, in una partita tutto sommato netta, c’è stato un po’ di dispiacere. A vederlo perdere quel primo set in cui il suo gioco era tutto fuori asse; e poi perdere di nuovo il terzo nettamente, dopo essere ritornato nel match nel secondo. E poi perdere anche il quarto nonostante un buon livello di gioco. La sconfitta si legge meglio nel set vinto che in quelli persi: nel grande sforzo che è sembrato fare, Daniil Medvedev, per alzare il livello, affinare la precisione e la potenza dei suoi colpi. Diventare aggressivo e recitare uno spartito che non conosce, tennista nei panni di un altro tennista.

Nel secondo è sceso a rete 8 volte e ha fatto 8 punti, ha tirato 13 vincenti e vinto l’80% di punti con la prima. Tirare fuori questi numeri, in una giornata non particolarmente ispirata, gli è costato un calo successivo. La sua partita è stata infarcita di errori: 57 in totale. Un giocatore come lui, contro un giocatore come Sinner, non può permettersi questa sciatteria. Non sono stati del tutto casuali, o del tutto legati a una brutta giornata. Sono stati errori generati dallo scomodo contesto tattico creato da Sinner. A Medvedev non piacciono le partite rapide, di scambi corti e ritmi spezzati. Gli piace palleggiare con pazienza, addormentare la partita in scambi filamentosi, in cui i suoi avversari rimangono appiccicati. Sinner non ha accettato questo contesto, anche meno che in passato, e ha cercato di accorciare, scambi e partita. Sa che non deve prolungare troppo i tempi, e metterla su una dimensione di lotta e resistenza, perché se a livello mentale può reggere sul piano fisico Medvedev è un’atleta quasi impareggiabile. Appena poteva, verticalizzava. Il dritto di Sinner ha viaggiato con una qualità eccezionale, e il suo gioco a rete è stato insolitamente preciso: 28 punti vinti su 32 discese, contro uno dei migliori passatori al mondo.

Vuole diventare un fenomeno pure lì? «Ho provato a mescolare le carte» ha detto Sinner. Medvedev invece a rete ha sbagliato spesso in modo goffo, altre volte in modo ridicolo, e ogni volta che attaccava dava l’impressione di essere un bersaglio facile, specie dal lato del rovescio. Anche quando lo scambio rallentava, comunque, Medvedev tendeva a sbagliare, persino sulla diagonale di rovescio - quella più affidabile.

Si era capito subito che sarebbe stato un 2024 difficile per lui. All’inizio dell’anno, quando in genere fa provvista di punti e titoli, ha vinto meno del solito. La finale agli Australian Open ha dimostrato la sua grande resistenza e mentalità, ma anche la sua fragilità. Ha giocato un bel Wimbledon, soprattutto per i suoi standard, ma nella stagione su cemento americano - le forche caudine da cui di solito esce con vittorie importanti - ha deluso. Difficile dire in cosa, di preciso, il suo gioco sia peggiorato. Medvedev sembra aver smarrito un po’ di velocità e brillantezza per strada.

Il suo servizio lo aiuta meno. A inizio carriera aveva uno stile molto aggressivo e rischioso, anche con la seconda. Negli ultimi 47 match giocati ha il 34% di servizi non risposti; in carriera ha una percentuale media del 37%. La percentuale di punti vinti con la prima è scesa dal 49% al 45%. Si è anche abbassata un tantino la percentuale dei vincenti di rovescio (da 6,3% a 5,3%) e dei vincenti in generale (dati Tennis Abstract). Una conseguenza a cascata di un servizio meno capace di indirizzare lo scambio. Dentro un tennis meno brillante e più dispendioso, ha bisogno di una condizione psico-fisica sempre eccellente.

Ai microfoni, dopo la partita, è sembrato averla presa con grande serenità, ha detto di aver avuto l’impressione di aver fatto le cose giuste, rispetto al passato, ma di averle eseguite male. Eppure deve essere stata una sconfitta dura per Medvedev. Ha ancora molto da dare al tennis, ma a 28 anni non si trova certo nel punto in cui immaginava di essere un paio d’anni fa, quando la sua vittoria agli US Open sembrava promettere altri Slam nel futuro più vicino.

Sinner sembra invece nel pieno di una rinascita, per quanto sia strano dirlo per il numero uno del mondo; per un giocatore che non ha attraversato veri momenti di crisi. Sembra però aver riacquistato una leggerezza in campo sconosciuta negli ultimi mesi - e che ora ha trovato finalmente una spiegazione nelle preoccupazioni per la vicenda doping pendente. In semifinale affronterà l’amico Jack Draper, con cui a Cincinnati ha giocato il doppio. Hanno la stessa età e il britannico, all’inizio, sembrava più quotato di lui. Lo ha detto in una recente intervista: «La prima volta in cui ho incontrato Jannik è stata in un torneo under 18. Abbiamo giocato contro in un doppio, non lo conoscevo ma è stato strano seguire il suo percorso, perché quando era più giovane probabilmente non era uno dei migliori giocatori. Mi ricordo che giocando quel doppio, dicevamo di tirargli addosso perché era il meno forte in campo». Dopo tantissimi problemi fisici, Draper è arrivato allo Slam della sua rivelazione: in semifinale ci arriva senza aver perso un set, pur non avendo affrontato avversari trascendentali. Ha approfittato della caduta di Alcaraz, e ai quarti ha battuto un De Minaur con una mobilità ridotta.

È un giocatore pericoloso, perché ha tutti i colpi e se gioca in fiducia la sua palla è difficile da gestire. Tira forte, ma gioca a rete bene e inventa delle palle velenose. Sinner dovrà prendere il comando del gioco e non lasciarlo; mentre Draper dovrà provare a giocare un po’ con le variazioni, perché per quanto ami tirare forte da dietro, specie col dritto, Sinner è capace di tirare più forte e meglio di lui.

Da numero uno del mondo, Sinner dovrà gestire questa parte finale del torneo da favorito incontrastato. Eppure, rispetto alla condizione in cui ha giocato in questi mesi, col fantasma della possibile squalifica per doping, non ha davvero niente da perdere. Per lui è l’occasione per un'importante dimostrazione di forza.

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