
C’è stato un momento in cui forse abbiamo pensato che la finale stesse davvero per cambiare padrone. Chi ha visto tante partite di tennis, quel momento lo annusa. C’è un cambiamento d’energia che circola per il campo. L’impressione è che un paio di colpi ben eseguiti potrebbero scavare un solco profondo nell’equilibrio complessivo, tecnico e psicologico.
Questo momento, nella finale tra Sinner e Alcaraz, che oggi ci pare del tutto illusorio, è apparso all’inizio del terzo set. Nel secondo Sinner si era aggrappato all’unica scialuppa di passaggio in un mare in tempesta, ma a quel punto si poteva sperare che ritrovasse un poco del suo tennis. E in effetti nel primo game del terzo si porta sul 30-30. Alcaraz gioca però in modo attento, prendendo subito il comando col dritto. Il punto dopo lo guadagna con un attacco in chop. Nel turno successivo è Sinner sul 30-30 e invece perde il punto, in quello dopo perde il servizio con un dritto d’attacco largo sul corridoio - non l’unico della sua partita - che ci ha fatto definitivamente capire che no: non era giornata. Quel turno sul 30-30 pari sul servizio di Sinner, come altri punti, contiene il microcosmo tattico della partita. O almeno di una sua buona parte.
Dal secondo set Sinner ha aggiustato leggermente il piano di gioco. Non cerca di sfondare sul dritto di Alcaraz, come comunque altre volte è riuscito a fare, ma cerca di sollecitare il rovescio. È un punto importantissimo ma è costretto a giocarlo con la seconda, ovviamente. La risposta di Alcaraz ha una buona profondità ma poca velocità, Sinner prende subito il controllo spingendo sul rovescio dello spagnolo, che passa alla difensiva. Il problema è come chiudere il punto, adesso. La velocità e la copertura del campo di Alcaraz, unita alla sua capacità di accelerare anche da posizioni apparentemente compromesse, esercitano una grande pressione sulla mente dell’avversario.
Alcaraz tiene la diagonale di rovescio, ma è una palla corta e attaccabile. Da quella posizione a Wimbledon avrebbe giocato il suo letale rovescio lungolinea. Per qualche ragione, però, la sera della finale è un’arma che non usa quasi per niente. Decide di girarsi sul dritto e non si fida di andare nel campo aperto. Ha paura del dritto di Alcaraz, che in quei set sta frullando a velocità mai viste. Sinner allora tira uno sventaglio che non ha né particolare forza né particolare profondità. Alcaraz lo legge in anticipo, e lo colpisce fermo sulle gambe, spingendo un rovescio lungo linea in cui cerca soprattutto velocità.
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