Quando nel 1999 l’IFAB (l’organo responsabile delle regole del gioco del calcio) decise di introdurre la simulazione fra i “comportamenti antisportivi”, lo fece cercando di perseguire due obiettivi. Da un lato si sanziona il tentativo del giocatore di trarre vantaggio da un avversario innocente; dall’altro si cerca di tutelare l'arbitro, identificato come personificazione del rispetto delle regole, da giocatori che vogliano farla franca. Per il regolamento, infatti, a rendere la simulazione un comportamento antisportivo è “il tentativo di ingannare l’arbitro”: se in campo l’arbitro rappresenta il garante delle regole che reggono il gioco, il tentativo di ingannare la sua istituzione diventa una vera e propria frode ai danni del calcio, un attentato alla sua credibilità e in definitiva una manovra per distruggerlo.
Qualche settimana fa si stava discutendo del rigore concesso in Manchester City-Shaktar Donetsk in occasione di una simulazione piuttosto netta di Raheem Sterling. Il Sun Sport, come sempre poco delicata quando si tratta di Sterling, ha parlato di “vergogna sportiva” in prima pagina, il Mirror ha provocatoriamente invocato il fair play e sia in Inghilterra che in Italia la levata di scudi per iniziare ad utilizzare i VAR anche in Champions è stata pressoché unanime, forse dimenticandosi che la sua introduzione è stata già ufficializzata a partire dagli ottavi di finale di questa stessa stagione. Nonostante l’attualità ci parli ancora di episodi controversi anche nei campionati in cui il VAR è già in funzione, nel lungo periodo la sua longa manus ridurrà probabilmente il numero di errori in situazioni simili fino forse alla definitiva scomparsa della simulazione.
Quella che molti stanno già celebrando come una vittoria del calcio contro un suo storico nemico, sarà però anche la morte di quello che, guardandolo con un occhio artistico, può anche essere considerato un gesto tecnico complesso nella predisposizione e nella realizzazione. Consapevoli di essere dal lato sbagliato della storia, ci troviamo qui a celebrare le 10 simulazioni più assurde della storia, così che le future generazioni, possano godere almeno di un campionario recente di questo spettacolo (anche perché sarebbe quasi impossibile allargare il campione ulteriormente). È difficile capire in quale posizione di questa classifica potrebbe inserirsi l'incredibile simulazione di Sterling (che forse potrebbe aver anche inavvertitamente colpito il terreno di gioco, non rientrando quindi in questa classifica) perché per le simulazioni, come per gli avvenimenti storici, c’è bisogno di una certa distanza per esprimere dei giudizi.
Salto mortale avanti carpiato (Josef Martinez, Pescara-Torino)
Fra gli sport da cui la narrazione giornalistica della simulazione mutua il proprio linguaggio, il mondo dei tuffi è senza dubbio il preferito. Lo sa bene l’ex torinista Josef Martinez, che in questa partita del 2017 contro il Pescara possiamo apprezzare mentre prova un salto mortale avanti carpiato. La fase di rincorsa dell’attaccante non è niente male, soprattutto considerando che il manto erboso dello Stadio Adriatico non è un trampolino. I primi problemi arrivano in fase di stacco, quando Martinez sbilancia il peso del corpo in avanti per avere maggiore spinta. Il risultato è un ottimo slancio in verticale che non riesce però a controllare durante il salto mortale. Le braccia non trovano la carpiatura e una volta perse sulla sinistra le gambe, il tuffo non può che finire con un’entrata molto molto scarsa. Il coefficiente di difficoltà basso e la pessima realizzazione portano i giudici ad ammonire Martinez.
La simulazione come signature move (Milos Krasic, Bologna-Juve)
L’obiettivo è quello di rivolgersi alle future generazioni, quindi è bene dare alcune note di contesto. Per quanto possa sembrare assurdo, è esistito un tempo in cui la Juve non dominava il campionato. Anzi, dire che la Juve di Del Neri “non dominava il campionato” è un po’ come dire che il vostro collega fissato col running non domina la Stramilano: quantomeno generoso, insomma. La metafora perfetta della stagione tragicomica della Juve arriva all’ottava giornata del campionato 2010/11, in casa del Bologna. L’avvio dei bianconeri in campionato non è stato dei migliori, ma i tifosi possono consolarsi con l’improvvisa esplosione di Milos Krasic, ala destra serba arrivata arrivata dal CSKA, protagonista di una tripletta nella gara casalinga contro il Cagliari. È il minuto 33 e il punteggio è fermo sullo 0-0: Krasic riceve un passaggio al limite dell’area, si sposta il pallone col destro verso l’esterno e poi si lascia cadere come investito dallo spostamento d’aria provocato dall’arrivo in copertura di Portanova. L’arbitro non ci pensa due volte e indica il dischetto. Ad oggi, quello è probabilmente il ricordo più vivido che ci viene in mente quando pensiamo a Milos Krasic. Dopo le polemiche e la squalifica che seguirono quel rigore, il serbo non riuscì a tornare sui livelli pre-simulazione e la sua carriera alla Juve finì maciullata da Antonio Conte la stagione successiva. Quella di Krasic non è una simulazione particolarmente spettacolare, ma il suo grande merito è di aver cristallizzato in quella svogliata caduta la sua intera esperienza in Italia.
P.S. Iaquinta sbagliò quel rigore, a conferma del fatto che c’è stato un tempo in cui la Juve aveva perso la sua aura magica.
Lo slancio vitale (Gerard Deulofeu, Milan-Chievo)
La simulazione di Deulofeu contro il Chievo nel girone di ritorno della stagione 2016/17 ci dà la possibilità di una riflessione più ampia sui differenti riferimenti artistici da cui prende le mosse la corrente dei simulatori. L'ala catalana nello specifico sembra rifarsi alla lezione dello slancio vitale di Henri Bergson e all’avanguardia futurista. D’altra parte, per sconfiggere il passatismo non c’è migliore occasione che affrontare la difesa del Chievo: la fiducia di Deulofeu nel progresso lo spinge in una corsa folle e solitaria, fino a quando, una volta palesatosi l’ostacolo della cultura tradizionalista sotto forma di Dario Dainelli, decide di proiettare verso il futuro il suo stesso corpo in un ultimo, ardito, elogio del dinamismo e della velocità.
Lucida follia (Di Francesco, Lazio-Bologna)
Quella di Di Francesco contro la Lazio nell'ottobre del 2016 è una simulazione così manifesta che non può non essere un simbolo di un qualcosa di più complesso. Tutto nell’azione del giovane attaccante ex Bologna è apertamente provocatorio. Quando taglia la sua corsa verso il centro del campo, compie i classici passetti da ala-tecnica-e-veloce che punta il malcapitato difensore con l’obiettivo di saltarlo. Con un po’ di attenzione potete individuare il frame esatto in cui De Vrij pianta il piede destro per terra e sembra rassegnarsi ad essere saltato e ad assistere alla corsa di Di Francesco verso la porta biancoceleste. Quello che il centrale olandese non sa è che Di Francesco non ha nessuna intenzione di spostarsi il pallone, anzi preferisce abbandonarlo platealmente ed esibirsi in un glorioso salto a pié pari. A conferma della lucida follia di questa azione dimostrativa c’è il fatto che il giovane non accenna neanche la protesta ma soprattutto mantiene sul volto l’espressione sofferente e terrificante che ha assunto in volo.
La simulazione che non lo era (Nelson Dida, Celtic Glasgow-Milan)
La carriera di Nelson Dida è ricca di successi ma anche di momenti assurdi. L’episodio più celebre, in questo senso, è la famosa sceneggiata di Glasgow, quando, durante una partita della fase a gironi di Champions League 2007/08, un tifoso del Celtic invade il campo al momento dei festeggiamenti per il vantaggio degli scozzesi. Nel tentativo di raggiungere i giocatori della sua squadra, il tifoso passa accanto a Dida e lo sbeffeggia con quello che sembra essere un buffetto tutt’altro che violento. Il portiere milanista, che si era appena reso protagonista di un’incertezza in occasione del gol subito, reagisce provando a rincorrere l’invasore di campo, ma dopo tre passi stramazza al suolo e sarà poi costretto a uscire in barella. Complice il momento negativo di Dida, le critiche dei giornali italiani e stranieri sono feroci. L’UEFA lo squalifica per due giornate e sia l’AD rossonero Adriano Galliani, sia il presidente Silvio Berlusconi strigliano pubblicamente il portiere e non fanno ricorso contro la squalifica. L'unica spiegazione possibile del comportamento di Dida è che il tifoso del Celtic Glasgow fosse in realtà Amiba, personaggio del manga e dell’anime di Ken il Guerriero. Forse quello che agli occhi di tutti era parso come un goliardico buffetto era invece un’oscura tecnica di arti marziali che prevede la pressione della Shiketsu 死穴 (Fessura della morte), uno tsubo (punto del corpo nei quali si intrecciano terminazioni nervose) situato all'altezza della giugolare, che provoca l'inibizione dei muscoli necessari alla respirazione.
La massimizzazione del profitto (Sergio Busquets, Barcellona-Inter)
Cercando immagini o video di simulazioni, quella di Sergio Busquets contro l’Inter che andrà a conquistare il Triplete è uno dei primissimi risultati con praticamente qualunque chiave di ricerca. Ma la simulazione di Busquets è un tipo particolare di simulazione: il centrocampista blaugrana non cerca un fallo, non accentua un contatto e quello che gli viene imputato non è neanche la reazione spropositata alla manata di Thiago Motta. Lo scandalo e la grandiosità sono tutti in quel gesto - diventato iconico e fissato dai detrattori fra le immagini simbolo dell’epopea del Barcellona di Guardiola - di spostare la mano destra dal volto per controllare la decisione dell’arbitro. Lo sguardo di Busquets è quello di un attore appena uscito di scena che fa capolino da dietro le quinte per verificare la reazione del pubblico, o di un Rastignac abituato a sbarcare il lunario sopperendo con l’arguzia ai suoi limiti, cavando sempre il massimo da ogni situazione.
Skip it! (Kevin Strootman, Roma-Lazio)
Molte delle migliori trovate nella storia dell’uomo sono nate dalla riproduzione in contesti completamenti differenti di idee o meccanismi già esistenti. La sostanza che ha portato alla formulazione della moderna anestesia, ad esempio, veniva da tempo assunta negli Stati Uniti per provocarsi uno stato di piacevole stordimento. Le stesse lancette magnetizzate alla base dell’invenzione della bussola pare fossero lanciate alla stregua di dadi durante degli spettacoli d’attrazione, grazie alla loro magica capacità di indicare sempre il nord. Un’altra trovata che ha preso ispirazione da un gioco, per poi cambiare la storia è stata quella di Kevin Strootman durante un derby di Roma di due anni fa. A Roma il derby è una cosa seria, così seria che nessun dettaglio può essere lasciato al caso, nemmeno le simulazioni. Sotto questa luce, il gesto dell’olandese, che a un occhio inesperto può sembrare istintivo, prende spunto in realtà da un gioco per bambini ideato negli USA negli anni ‘80, lo Skip-it. Lo Skip-it è un anello di plastica da fissare sulla caviglia, a cui è legata una corda con una pallina all’estremità opposta. Il gioco consiste nel far ruotare la corda con la pallina attraverso il movimento della gamba “legata” e saltarla con l’altra. Non avete capito? Potete guardare questo tutorial da cui lo stesso Strootman ha imparato. Visto? Ora sostituite mentalmente la gamba di Wallace allo Skip-it e Strootman alla piccola Matt. Otterrete esattamente il video della simulazione.
Ridi, pagliaccio (Arturo Vidal, Real Madrid-Juventus)
Ed eccoci alle posizioni da podio. Scegliere le migliori simulazioni da consegnare ai posteri è un compito tutt’altro che facile e sicuramente le polemiche sui grandi assenti non mancheranno. Fra i vari criteri di scelta che abbiamo usato per stilare questa classifica c’è la legacy che la simulazione ha lasciato in termini di costruzione della narrazione del gesto e dovrebbe essere ormai chiaro a tutti quanto peso abbiano in questo senso le varie parodie. Fra le tante che vi appariranno cercando “Vidal simulazione” su Youtube, la più improbabile, per diversi motivi, è quella intitolata “Vidal colpisce il terreno, il Bernabeu se la ride” in cui sul video della simulazione di Vidal in una partita della Champions League 2013/14 è montato un audio di risate isteriche sul video della simulazione del Bernabeu. La violenza del concept (non a caso ideato in una delle campagne elettorali americane più dure in assoluto) dovrebbe essere autoesplicativa, ma se non dovesse bastarvi per apprezzare in pieno la tragicità dell’azione del cileno, vi consigliamo questo semplice esercizio:
1) Impostate la velocità del video a 0.5;
2) Impostate il volume del video a circa 1/3;
3) Aprite su un’altra finestra questo video di Luciano Pavarotti che canta “Vesti la giubba” (meglio nota come “Ridi, pagliaccio”) e fatelo partire a volume 2/3;
4) Tornate sulla parodia della simulazione e fatela partire;
5) Prendete dei fazzoletti per asciugare le lacrime.
Rolling in the deep (Neymar, Brasile-Serbia)
A proposito di parodie, per trovare un video non-parodico della “simulazione” di Neymar contro la Serbia all'ultimo Mondiale bisogna isolarla da questo in cui è montata ogni singola inquadratura dedicata a Neymar nel corso della partita. Il brasiliano è il nemico numero uno degli anti-simulatori, un fronte formato perlopiù da arbitri, difensori e da ex difensori che rilasciano interviste al vetriolo su quanto poco sarebbe durato Neymar “ai loro tempi”. Fra le decine di simulazioni di cui si ha traccia online, abbiamo scelto quella che più ci permette di cogliere l’essenza delle simulazioni di Neymar. A dire il vero, non si tratta neanche di una simulazione vera e propria, anzi è evidente che Ljajic commetta un brutto fallo, alzando la gamba in scivolata in una situazione in cui Neymar era lanciato ad alta velocità. Quello che possiamo ricondurre alla macrocategoria delle simulazioni è l’assurdo numeri di volte che il brasiliano ruota su stesso dopo aver subito il fallo. Per dare una spiegazione a un fenomeno fisicamente strano, viene da pensare che dopo la fine della prima rotazione (più o meno) naturale dovuta alla caduta, Neymar abbia colto un fungo scatto di Mario Kart che gli abbia consentito di continuare a ruotare ancora per diversi metri. Ma il giocatore del PSG potrebbe essere semplicemente vittima di un disturbo da stress post-traumatica. Neymar è il giocatore ad aver subito più falli nella scorsa Ligue 1, nella scorsa Champions League e nello scorso Mondiale. Ha talmente introiettato l’azione del fallo che la paura spinge il suo cervello a percepire più dolore del normale e in alcuni casi ad anticipare la reazione al dolore. Il problema è che nello stato mentale in cui Neymar vive le partite di calcio, il filo logico del rapporto causa-effetto si sta aggrovigliando sempre di più: il terrore è arrivato a un punto in cui il brasiliano ricerca costantemente il fallo, lo desidera, quasi ne prova piacere. Le sue simulazioni altro non sono che l’espressione di questa terribile sindrome di Stoccolma.
Übersimulazione (Bryan Carrasco, Ecuador-Cile)
Ma il premio come miglior simulazione della storia va a Bryan Carrasco, per la sua performance durante un Ecuador - Cile del febbraio del 2011. Il suo gesto eccelle in tutti i criteri di valutazione che abbiamo usato per costruire questa classifica: ha una presenza scenica spettacolare, un dolo evidente, un’idea razionale ma allo stesso tempo masochista e soprattutto rappresenta in modo perfetto la natura intrinsecamente burlesca della simulazione. Se Busquets starebbe bene nella Commedia dell’Arte di Balzac, quando Carrasco racconta alla tv cilena la genesi del manotazo sembra un personaggio di una novella delle beffe del Decameron.
Quella di Carrasco poi, non è solo la migliore simulazione, è un’oltre-simulazione, che supera e ridefinisce il concetto stesso di simulazione. Di certo l’idea di sfruttare il corpo dell’avversario per auto-procurarsi un danno, per quanto obiettivamente geniale, non riuscirà a far sopravvivere l’arte della menzogna ai tempi del VAR. Ma resterà l’immagine definitiva di un’epoca in cui il confine tra calcio e teatro era più sfumato. E non è detto che fosse per forza di cose peggiore di questa.