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L'emiro di Coppe
01 lug 2025
Serviva qualcosa di speciale a una squadra araba per battere il Manchester City. Quel qualcosa era Simone Inzaghi.
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7 min
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IMAGO / Sportimage
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È difficile da accettare per i tifosi dell’Inter, che vivono il momento più duro degli ultimi anni. Questa notte, però, gli astri si sono allineati per dimostrare quale sia la grandezza di Simone Inzaghi e quanto invece siano profonde le lacune, gestionali, tecniche e caratteriali, del progetto nerazzurro. Una manciata di ore dopo la mesta eliminazione per mano del Fluminense – con un magistrale Thiago Silva, ma anche con il portiere quarantaquattrenne Fábio e il centrale di destra Ignácio apparsi imperiosi al cospetto della pochezza interista – l’Al-Hilal ci regalava la sorpresa più grande di questo Mondiale per Club, eliminando un Manchester City che pareva con i suoi nuovi acquisti poter tornare subito ad altissimi livelli.

È stato piuttosto strano assistere a una partita del genere, quasi un revival della Serie A 2018/19. I grandi nomi della contemporaneità, ad un certo punto, hanno lasciato il proscenio ai protagonisti di quella stagione: le colonne Koulibaly e Milinković-Savić, l'ex João Cancelo, persino il brasiliano Malcom, che ricorderete per il trasferimento alla Roma saltato quando era già sull'aereo per Fiumicino.

Sono nomi di spessore, certo, così come Ruben Neves, Lodi e Al-Dawsari, ma che difficilmente nel 2025 avrebbero potuto competere così senza un grande allenatore che sapesse come sfruttare i difetti del Manchester City. Proprio ciò che ha fatto Simone Inzaghi.

Dopo le prime partite in cui avevamo visto l’Al-Hilal schierato con una difesa a 4 inedita per Inzaghi, questa notte il tecnico piacentino ha rispolverato la sua amata difesa a 5, con l'intuizione di adattare Ruben Neves a centrale per favorire l'uscita palla.

Sulla carta, la formazione era un classico 3-5-2 con Malcom e Marcos Leonardo punte.

In fase difensiva, però, vi erano delle sfumature pensate per contrastare il soffocante possesso del City. Malcom scalava subito da esterno destro e formava così un teorico 5-4-1, con Milinković e Mohamed Kanno coppia di centrocampo. Il serbo, però, non rimaneva in posizione, ma quando la palla era dal suo lato si alzava accanto alla punta Marcos Leonardo, determinando così il passaggio al 5-3-2: la posizione più avanzata di Milinković serviva a non far rimanere passiva la squadra. Il serbo di fatto impediva al più dotato dei centrali del City, Gvardiol, di salire palla al piede o di far filtrare il pallone; lo stesso valeva se, dal suo lato, a gestire la palla invece di Gvardiol c’era Reijnders.

Il blocco dell'Al-Hilal ha mantenuto le distanze giuste ed è scivolato con tempismo. Per superarlo, il City ha dovuto coglierlo di sorpresa, come nel gol dell'1-0 di Bernardo Silva, propiziato da un inserimento da dietro di Aït-Nouri servito da un inaspettato scavino di Reijnders.

Erano passati nove minuti, la partita pareva essersi messa in discesa per gli inglesi, ma la squadra di Inzaghi non ha tremato. L’Al-Hilal ha iniziato a costruire con calma, forte di idee chiare su come punire l’aggressività del City.

I sauditi costruivano con un 3-5-2 asimmetrico nelle punte: Marcos Leonardo rimaneva centrale, mentre Malcom, da mancino con formazione da ala, si apriva a destra. La squadra di Guardiola li pressava con un 4-1-4-1 in cui l’ala del lato palla doveva stringere sul terzo centrale; ciò comportava la scalata in avanti del terzino per chiudere il quinto. In questo modo si creava una grande distanza tra il terzino che saliva e il centrale, che rimaneva più basso. L’obiettivo dell’Al-Hilal era dilatare il più possibile quello spazio e sfruttarlo. A destra lo faceva isolando Marcos Leonardo contro Gvardiol, lasciato solo quando Aït Nouri saliva su Cancelo. A sinistra con uno dei centrocampisti (Al-Dawsari o Milinković che stringeva dal lato opposto) che saliva nella zona di Rúben Dias, lasciato solo quando Matheus Nunes saliva su Renan Lodi.

L’Al-Hilal muoveva palla con il portiere e i tre centrali, faceva partire il pressing del City e rendeva il campo troppo grande per i suoi avversari. I giocatori di Inzaghi si disponevano in campo occupando l’ampiezza e cercando di allungarlo con le punte. Poi i difensori, attratto il pressing, giocavano sugli attaccanti, chiamati a lavorare il pallone in duello con i difensori – se le distanze si dilatano, scivolare lateralmente e arrivare coi tempi giusti diventa difficile anche per i centrali del City. Agli attaccanti spettava il compito di attivare la salita dalla seconda linea dei centrocampisti; Milinković, in particolare, signore delle seconde palle e sempre pronto a farsi trovare sullo scarico, che ha reso la partita un incubo soprattutto per Gündogan e Reijnders.

Seppur in maniera diversa dall’Inter, viste le qualità differenti degli interpreti, l’Al-Hilal si è già appropriato di uno dei principi fondativi del calcio di Inzaghi, e cioè che chi si alza da dietro (come Milinković quando raccoglie la palla dalle punte) è più difficile da controllare.

Superato il pressing, se poteva l’Al-Hilal andava subito in verticale. Se il City riusciva a rientrare, invece, consolidava il possesso e sfruttava l’ampiezza con i cambi gioco, così da far abbassare gli avversari, guadagnare campo e arrivare al cross.

Poi, all’inizio del secondo tempo, in una rara occasione in cui il City ha pressato diversamente, col 4-4-2 invece che col 4-1-4-1, con Doku che è scivolato su Cancelo invece di stringere su Koulibaly, l’Al-Hilal ha saputo trovare il pareggio, perché la costruzione è soprattutto una questione di saper riconoscere gli spazi, più che di eseguire meccanicamente dei passaggi. Koulibaly, visto che ad attaccarlo non era stata l’ala, aveva potuto appoggiare a Cancelo. Il portoghese ha evitato il pressing di Doku giocando in verticale per Malcom, rimasto isolato con Aït-Nouri, che non è un difensore né efficace né furbo. Malcom ha fatto perno sull’algerino col fisico e con il controllo, poi gli è scappato via.

Da lì, il gol è puro talento del brasiliano, una discesa a cui Inzaghi nell’Inter non era abituato, in cui Malcom ha saltato anche Gündogan e Gvardiol, prima di servire la sovrapposizione di Cancelo, il cui cross ha creato una serie di rimpalli da cui è arrivato il pari di Marcos Leonardo.

Al gol dell’1-1 hanno seguito una serie di minuti in cui l’Al-Hilal sembrava poter uscire a occhi chiusi dal pressing del City. Questo piccolo momento di dominio è culminato con il 2-1, arrivato per la verità esclusivamente per colpa del City, che si è fatto sorprendere senza le giuste marcature preventive (Reijnders lasciato ultimo uomo senza nessuno vicino) su un calcio d’angolo a favore; Cancelo ha lanciato Malcom in profondità e il brasiliano ha segnato.

Un paio di minuti dopo, però, la squadra di Guardiola si è rifatta proprio su angolo, dove ancora una volta dei rimpalli hanno generato il gol, stavolta Haaland.

Così, la partita è continuata sullo stesso copione, con il 5-4-1/5-3-2 dell’Al-Hilal a reggere degnamente il possesso del City per poi, quando possibile, dispiegarsi in avanti grazie alla costruzione da dietro, magari avvalendosi dei duelli aerei di Milinković (4 vinti in totale, tutti dal 74’ in avanti secondo WhoScored).

Guardiola ha mandato in campo un po' di suoi pretoriani, mentre in attacco ha provato a vincerla con l’ingresso di Cherki, da cui sono arrivate risposte contrastanti. Come si inserisce uno così spontaneo in un contesto che necessita di ordine come il City? La transizione da cui l’Al-Hilal ha guadagnato l’angolo del 3-2, nel primo tempo supplementare, è nata proprio a causa di un’imbucata sbagliata di Cherki, in un momento in cui, nei piani di Guardiola, il City avrebbe fatto meglio a continuare a girare la palla, visto che non c'erano le condizioni per perderla in sicurezza. Poi, però, Cherki è un genio, e si è inventato la palombella grazie a cui Foden segna il 3-3.

A quel punto, dalla prospettiva di noi spettatori, il City avrebbe potuto anche vincere, Inzaghi e i suoi ci avevano già dimostrato abbastanza. Invece l’Al-Hilal ci credeva, sapeva di poter avere le sue occasioni, anche dopo quasi due ore di partita. E così, da una rimessa laterale a cavallo del centrocampo, Milinković ha appoggiato a Marcos Leonardo, il quale ha giocato l’ennesima sponda della sua partita, per Rúben Neves. Il cambio gioco di prima del portoghese ha attivato Lodi, che ha crossato sul secondo palo, dove Milinković si è prodotto in uno di quegli inserimenti che avevamo visto mille volte alla Lazio. Ederson ha respinto il colpo di testa del serbo, ma per la seconda volta nella sua partita lo ha fatto sui piedi di Marcos Leonardo, che ha segnato il 4-3.

Inzaghi ha dimostrato per l'ennesima volta di essere un allenatore incredibilmente capace a individuare i punti deboli degli avversari, a studiare un piano per sfruttarli, e a spiegare ai suoi calciatori come farlo, adattandone anche la posizione se necessario. Certo, nel primo tempo Bono è stato decisivo in almeno tre occasioni e senza una sua grande prestazione forse staremo parlando di una vittoria del City, ma il calcio è così.

Simone Inzaghi, alla fine, ha fatto avanzare una squadra in una coppa ben oltre le sue reali possibilità e sconfiggendo un avversario più forte. Niente che non avessimo già visto, comunque.

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