Siamo tutti CT
La redazione si è esposta scegliendo ognuno il proprio undici ideale.
La Nazionale apocalittica di Dario Saltari
Il gioco delle Nazionali è semplice e basato quasi del tutto sul talento individuale: se non riusciamo a trovare un modo per esaltare il nostro in un contesto tattico favorevole, tanto vale lavorare per far appassire quello avversario, cercando di andare il più velocemente possibile in porta. Non c’è più tempo per rivoluzioni e ripensamenti ideologici: il Mondiale è vicino e la Nazionale è in macerie. Adesso è il momento solo di resistere, formare un gruppo ristretto e definito, anche al costo di eliminare alcuni degli elementi migliori, dare ai giocatori indicazioni semplici e chiare, in un contesto totalmente reattivo che renda un inferno la vita dell’avversario.
Bisogna adottare le strategie di guerrilla quando non si può dominare in campo aperto. Disseminare il campo di marcature a uomo, essere aggressivi fin dentro l’area avversaria per recuperare il pallone più in alto possibile, e rintanarsi immediatamente nella propria metà campo se viene superata la prima pressione. Abdicare al controllo del pallone, andare in verticale il prima possibile per trovare le punte in profondità, o lanciare lungo per creare scompiglio e recuperare palla in alto con la struttura posizionale avversaria totalmente disordinata.
E non vedo nulla di meglio per fare tutto ciò se non con un 3-4-1-2 di stampo gasperiniano e una squadra che possa essere al contempo efficace nel difendere e nell’attaccare in avanti, in verticale, e brava nel difendersi bassa, in area, quando ci sarà da resistere contro le Nazionali dalla tecnica superiore.
Via gli orpelli inutili a questo disegno: fuori Insigne, Verratti e Thiago Motta. Avere ancora di più l’opinione pubblica contro aiuterà a cementare il gruppo, tutto unito nel dimostrare che il mondo si sbaglia. D’altra parte, la mistica italiana non si basa proprio nel riuscire a dare il meglio quando tutto ormai sembra perduto?
Davanti a Buffon, alla sua ultima occasione in Nazionale, una difesa a tre composta da Chiellini, Bonucci e Caldara, con il centrale del Milan a fungere da catapulta per il gioco lungo e gli altri due ad uscire aggressivi nei mezzi spazi. Pensate che incubo deve essere ricevere tra le linee con la consapevolezza che uno tra Caldara e Chiellini vi stia arrivando a tutta velocità alle spalle (Morata ha dichiarato di recente che «giocare con Chiellini è come entrare nella gabbia di un gorilla cercando di togliergli il cibo»).
Sugli esterni, poi, una coppia composita, che sappia garantire esplosività in primo luogo, ma anche qualità nel cross, fantasia e aggressività nella riconquista immediata del pallone. A destra Zappacosta, instancabile senza il pallone e più propenso ad andare sul fondo per cercare il cross; a sinistra Chiesa, con una buona tecnica anche col piede debole (il sinistro) e la possibilità però anche di accentrarsi per cercare il tiro dalla distanza o associarsi con il trequartista. Con due esterni di questo tipo, la squadra si adatterebbe automaticamente alle sortite offensive dell’esterno della Fiorentina, con Zappacosta a scendere in difesa e Chiellini a scalare a sinistra, a riformare una temporanea difesa a quattro.
La coppia di centrocampo dovrebbe essere il più possibile dinamica, verticale e distruttiva. Con Barella e Cristante, in questo senso, potremmo sia coprire ampie zone di campo all’indietro, che difendere con grande convinzione in avanti, senza perdere eccessivamente in qualità nella gestione del possesso. Davanti a loro, Verdi avrebbe libertà totale di agire sulla trequarti e sarebbe l’unica parentesi in questo trionfo di verticalità e distruzione: ci garantirebbe il minimo sindacale di pausa e rifinitura.
In avanti, infine, ovviamente Belotti e Immobile, forse una delle coppie migliori quando c’è da garantire profondità, forza nei duelli aerei, capacità di finalizzazione e intensità nel pressing. Zaza, in un contesto simile, potrebbe essere la perfetta super-sub da mettere nei finali delle partite più tirate, quando c’è da difendere un 1-0, o addirittura dal primo minuto, quando l’avversario è talmente superiore tecnicamente da toglierci quasi totalmente il controllo del pallone (Spagna, mi senti?).
Una Suicide Squad di questo tipo sarebbe il terrore di qualunque Nazionale nelle partite a eliminazione diretta e si incastonerebbe alla perfezione nel mito breriano dell’agonismo e del catenaccio. Basterebbero un paio di risultati positivi per mettere di nuovo tutti i tifosi d’accordo.
Certo, il rischio sarebbe altissimo, vertiginoso e impensabile per qualunque allenatore. Alla fine questo non è altro che un esercizio di immaginazione e solo in questo modo possiamo permetterci il lusso di prendere scelte che la saggezza sconsiglierebbe. Ma non credo che sia così sacrilego pensare di tagliare di netto il nodo gordiano dell’equilibrio tra idee dell’allenatore e talento dei giocatori, quando ci sta legando mani e piedi in uno dei momenti più delicati della storia della nostra Nazionale.