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La redazione si è esposta scegliendo ognuno il proprio undici ideale.
La Nazionale duttile di Fabio Barcellona
La mia formazione si basa in parte sugli stessi presupposti di quella di Alfredo Giacobbe, solo che li declini in maniera meno antropologica e più legata alle scelte strategiche del nostro calcio. In Italia secondo me manca un substrato comune di indirizzi tattici e continuità di gioco, che in altri Paesi esiste e altre Nazionali hanno. Mi spiego meglio utilizzando l’esempio vincente dell’Islanda, che è arrivata al primo posto in maniera abbastanza sorprendente in un girone davvero complicato.
I giocatori sono pochi e il livello dei club basso: i calciatori di alto livello sono formati all’interno delle nazionali giovanili secondo un progetto tattico ben definito e si conoscono benissimo per avere fatto tutta la trafila fino alla Nazionale maggiore. L’Islanda è una squadra di club e come tale gioca. Ma, in maniera niente affatto paradossale, per un Paese piccolo e per i motivi esemplificati nel caso islandese, è più facile che la Nazionale sia un amplificatore del valore dei calciatori.
L’enorme base da cui attingere calciatori e l’importanza e la forza dei club rendono l’approccio islandese troppo distante dalle esigenze dell’Italia. Tuttavia, esistono realtà a noi vicine in termini di dimensione del movimento, parlo ad esempio di Francia e Germania, in cui la formazione dell’élite del calcio giovanile è appannaggio, in varie forme, della Federazione e, molto più che in Italia, la filiera delle Nazionali è pensata come un continuo. Ciò consente la creazione di un vissuto tattico comune e un grosso bagaglio di conoscenza reciproca spendibile anche a livello della Nazionale maggiore. Anche per questo è complesso immaginare un’identità tattica definita per la nostra nazionale.
Oltretutto in un momento, a mio pare, di declino tecnico, sarebbe una cosa di cui c’è bisogno. Anzi. Per affrontare il Mondiale in Russia (ogni scongiuro a questo punto della lettura è lecito), opererei in maniera induttiva, partendo dal campo e dalle cose migliori che il calcio italiano può offrire, per costruire attorno ad esse la migliore Nazionale possibile (immaginando di avere tutti i giocatori a disposizione e che abbiano risolto ogni loro infortunio).
Uno dei temi ricorrenti del discorso sulla Nazionale è il rendimento di Verratti e Insigne in maglia azzurra. In effetti, quelli che sono forse i due migliori talenti offensivi del nostro calcio, non esprimono in Nazionale il medesimo rendimento che mostrano nei loro club. È evidente che nessun giocatore è immune dal contesto in cui si trova a operare, a maggior ragione due giocatori associativi e, sebbene molto talentuosi, fondamentalmente di sistema come Verratti e Insigne. Io parto da loro due e dalla difesa, che nell’asse Barzagli, Bonucci, Chiellini, Buffon ha ancora un valore assoluto, per costruire la mia nazionale.
Sia Verratti che Insigne giocano, e hanno trovato la loro reale dimensione, all’interno di un 4-3-3. Per esaltare le caratteristiche associative del napoletano è fondamentale costruire una catena laterale che risponda in maniera coordinata ai movimenti verso gli spazi di mezzo dell’esterno offensivo di Sarri. Quindi è fondamentale un terzino capace di giocare un calcio di palleggio e di spingere nello spazio lasciato dai movimenti di Insigne. Per questo io punterei su Emerson Palmieri, sinistro educato, ottima spinta e capacità di dialogare con esterno e mezzala di riferimento.
A completare la catena serve un centrocampista intelligente e dinamico capace di occupare gli spazi in maniera coordinata e sincrona ai compagni di sinistra. Nulla di esotico, ma credo che in Italia il migliore interprete di questi compiti potrebbe essere ancora Marco Parolo. Sulla fascia opposta, Verratti dovrebbe invece giocare come mezzala di possesso, senza essere impegnato in scambi di posizione con gli altri componenti della catena. Che pertanto dovrebbe essere autosufficiente e muoversi in maniera più diretta e meno palleggiata di quella di sinistra. I miei due nomi sono quelli di Andrea Conti del Milan come terzino e di Alessandro Florenzi per il ruolo di esterno offensivo.
Di Francesco ha già impiegato Florenzi come esterno alto del suo 4-3-3 e sembra che abbia disegnato per il calciatore un destino proprio in questo ruolo. A destra Florenzi garantirebbe dinamismo, anche in fase di non possesso, e tagli interni e alle spalle del terzino. Sia lui che Conti mi sembrano inoltre particolarmente adatti a finalizzare a destra il maggiore lavoro di costruzione e rifinitura da sviluppare a sinistra.
Al centro dell’attacco, preferisco Immobile a Belotti, per il suo maggiore dinamismo, le sue doti nel giocare tagli profondi, necessarie nel 4-3-3 che ho in mente, e per le sue migliori capacità in ripartenza, un’arma che l’Italia non deve mai dimenticare di sfruttare. Dietro, davanti a Buffon, chiudo la difesa con Bonucci e Chiellini, mentre per il ruolo di mediano scelgo Claudio Marchisio che, ovviamente se in forma, riunisce in sé un insieme di doti che nessun altro interprete del ruolo può fornire: protezione della difesa, capacità di fare circolare il pallone sia in maniera semplice che sul lungo o tagliando le linee avversarie, eccellenti doti in pressing offensivo e notevoli capacità realizzative. Inoltre, il suo passato da mezzala rende possibile scambi dinamici di posizione con Verratti in fase di costruzione dell’azione.
Immaginando, infine, un giocatore per ruolo in panchina, porterei in Russia: Donnarumma, Darmian, Caldara, Barzagli, D’Ambrosio, De Rossi (aspettando Mandragora ed eventualmente Diawara), Cristante, Pellegrini, Belotti e i migliori due nel campionato tra Bernardeschi, Berardi, Verdi, El Shaarawy e Chiesa.