Qual è il mestiere più difficile del mondo? Dunque, vediamo. Non solo per le conoscenze richieste, ma anche per la pressione mentale, in ordine sparso mi vengono in mente: l’anestesista-rianimatore (soprattutto per quanto riguarda la parte di rianimazione), il fisico nucleare, l’artificiere (specie quello che toglie le mine), l’astronauta, il cardiochirurgo, l’operaio in Qatar, il ricercatore universitario in Italia, l’assessore al bilancio di Roma. Poco sotto questi mestieri c’è l’allenatore della Nazionale di calcio italiana (poco sotto ancora, l’allenatore di una squadra di Zamparini).
Perché d’accordo, le ultime partite di qualificazione non sono state entusiasmanti, ma effettivamente è troppo facile criticare dall’alto del nostro punto di vista privilegiato, cioè dall’alto del frigogelati con sopra disteso come una tovaglia il Corriere dello Sport o la Gazzetta di turno. E fateci caso, quando la discussione scivola sul “io farei giocare Tizio” oppure “perché non usiamo il 3-1-2-1-2-1-1 che usano le squadre vincenti”, la violenza delle critiche è la stessa usata per il vero C.T.
Per questo ho chiesto alla redazione dell’Ultimo Uomo di mettersi alla prova provando a immaginare un 11 alternativo a quello di Ventura, con cui idealmente presentarsi in Russia se lo spareggio andasse bene. È bene dire che il mestiere di un allenatore non si riduce alla scelta dei giocatori e che nessuno tra gli autori che leggerete pensa davvero di poter fare meglio di Gian Piero Ventura e del suo staff. Il rispetto per la professione di allenatore però non deve fare da ostacolo alla nostra immaginazione. Quindi prendete il pezzo che state per leggere con la dovuta leggerezza (e tenete conto del fatto che i giocatori sono stati scelti in base allo stato di forma di oggi, o per come si può immaginare che arrivino a giugno). Come sempre giochiamo il più seriamente possibile, ma stiamo sempre solo giocando.
D’altra parte è vero anche che se “siamo tutti C.T.” nessuno è più C.T di un altro. Per cui lasciateci la vostra formazione nei commenti, siamo curiosi di testare anche la vostra di immaginazione.
Daniele Manusia
La Nazionale iper-associativa di Emanuele Atturo
Le ultime prestazioni dell’Italia mi hanno turbato così tanto che l’unico sforzo possibile che posso fare è immaginare una Nazionale il più possibile lontana da questa. Magari non l’Italia migliore possibile, ma un’Italia rivoluzionaria. Se quindi la Nazionale di Ventura sembra stretta in un percorso che ha nel suo punto finale l’abolizione definitiva del centrocampo, la mia sarà interamente fondata sul centrocampo.
Siamo ancora aggrappati a una certa idea di noi stessi, quella di una squadra arcigna, fondata sull’equilibrio difensivo, sui centrocampisti che portano le borracce, un 10 che inventa e un 9 che spacca la porta. Non riusciamo a emanciparci dalla nostra idea di pragmatismo neanche quando sarebbe la scelta più pragmatica da fare. Quella di Ventura era una scelta di continuità, di conservazione, in un certo senso per limitare i danni: far scomparire il gap di talento con le altre nazionali all’interno della rassicurante scorza del 3-5-2. Ma è poi così vero che l’Italia è una squadra senza talento, che dobbiamo sempre arrangiarci con le poche armi a disposizione?
Secondo me, invece, l’Italia ha a disposizione molto talento, che però ha la controindicazione di essere troppo peculiare per adattarsi al contesto che ha in mente Ventura. I nostri migliori giocatori (o quelli che secondo me sono i nostri giocatori migliori, ma quando sei C.T. questa sottile sfumatura scompare) sono dei palleggiatori brevilinei, che amano giocare un calcio di controllo, con il pallone, con una struttura posizionale definita e una certa densità in zona palla. Un calcio quindi meno verticale e diretto, più lento e di controllo, che assecondi il talento di quei giocatori italiani che amano toccare molto il pallone, lasciandoli giocare al ritmo che preferiscono.
Quindi, la difesa dovrebbe essere a 4. Caldara e Bonucci sarebbe una coppia centrale perfetta per far partire l’azione da dietro, in conduzione tagliando le linee in verticale o anche lanciando lungo, come sanno fare entrambi. Caldara è in condizioni di autentica onnipotenza e riuscirebbe a coprire ogni tipo di buco difensivo aperto eventualmente da Bonucci, che invece oggi è in condizioni deprimenti. Quello degli esterni bassi sarebbe il problema più difficile da risolvere, finché non ci rendiamo conto di cosa abbiamo a disposizione: Emerson Palmieri a sinistra (se dall’infortunio torna lo stesso giocatore della fine della scorsa stagione), e Alessandro Florenzi a destra (lui è già tornato il giocatore che era prima dell’infortunio), sono due registi aggiunti, con qualche problema a difendere – più che altro Florenzi – ma se vogliamo essere rivoluzionari, si sa, non c’è spazio per pranzi di gala e fasi difensive troppo sofisticate.
A centrocampo i due migliori centrocampisti italiani attuali, Jorginho e Verratti, dovrebbero preoccuparsi di nascondere il pallone agli avversari e di dare il ritmo che preferiamo alla partita. Finalmente un’Italia che controlla il gioco, padrona del pallone! Vicino a loro servirebbe un centrocampista incursore, intenso e bravo a riconquistare il pallone in avanti. Sarebbe ideale avere già Barella, per avere maggiore completezza tecnica, ma il centrocampista del Cagliari ha appena 20 anni e aggiunge poca fisicità a un reparto che ne avrebbe bisogno. Quindi userei uno fra Cristante e Gagliardini. Se tutto va bene, più il primo che il secondo, visto che può inserirsi bene anche senza palla.
Ogni rivoluzione di gusto ha i propri sacrificati, e i miei sarebbero il “gallo” Belotti e Ciro Immoble, che sono forse i giocatori – o tra i – di maggiore valore del nostro movimento. Pensate però a quanto sarebbero a disagio degli animali dello spazio e della profondità come Belotti, in un’Italia così compassata, che si costringe ad attaccare in un campo piccolo.
Tagliamo la testa al toro: facciamo senza centravanti. Davanti, come prima punta, pronta a moltiplicare le linee di passaggio, ad alimentare il palleggio, a cucire il gioco con tutti, Simone Verdi. Un giocatore che ha le qualità tecniche per giocare nello stretto con i compagni, creare superiorità numerica e, soprattutto, concludere verso la porta con entrambi i piedi.
Alla sua sinistra, trequartista mascherato, nelle condizioni di poter esprimere il proprio istinto associativo e la propria creatività assolutamente unica, Lorenzo Insigne. Dalla parte opposta, attaccante esterno che parte largo per poi accentrarsi senza palla, Federico Chiesa. Il talento della Fiorentina aiuterebbe con i suoi tagli senza palla, ma anche con la sua esuberanza fisica, a restituire verticalità e tensione verso la porta a una squadra che rischierebbe di stagnare un po’ nel suo palleggio.
Una squadra di nani creativi, impossibile nella realtà ma divertente anche solo da immaginare. Non sarebbe in nessun modo fattibile anche considerando quanto sia difficile provare un gioco così definito, di controllo della palla, in Nazionale, dove non c’è mai tempo per preparare niente. Con questa provocazione volevo però farvi vedere quanti sono i mondi possibili che, chiusi nel nostro guscio, non riusciamo neanche a immaginare.
E se il talento fosse sotto i nostri occhi ma fossimo noi a non riconoscerlo? Se stessimo solo scegliendo uno degli infiniti modi per valorizzarlo, quello sbagliato? Se questa Nazionale spartana e sbiadita che abbiamo adesso non fosse l’unica possibile?