Per una guida alla lettura e al significato di alcune sigle, vi consigliamo di leggere il nostro pezzo sulle statistiche avanzate: qui.
A nove giornate dal termine della Serie A la lotta alla retrocessione sta entrando nel vivo. Nessuna squadra è ancora matematicamente esclusa, anche per via di una seconda metà di classifica decisamente corta. Ma anche se il calcio è deciso, partita per partita, da episodi anche (s)fortunati, non significa che le squadre in ballo abbiano tutte le stesse possibilità di salvarsi o retrocedere. Grazie ad alcune statistiche avanzate possiamo quanto meno analizzare lo “stato di salute” delle squadre in lotta.
Hellas Verona
Non ce ne vogliano i tifosi dell’Hellas, ma il Verona, ormai, non ha oggettivamente più speranze. I gialloblu hanno raccolto appena 19 punti in 29 giornate, e mantenere una media del genere significherebbe concludere il campionato con appena 25 punti.
La squadra allenata da Mandorlini prima, e Del Neri poi, ha avuto grossi problemi a trovare la via della rete: con 25 gol segnati fin qui, l’attacco del Verona è il peggiore del campionato a pari merito con quello dell’Udinese. Dato, tra l’altro, gonfiato dalle 11 reti segnate nelle ultime sette giornate (tra cui ci sono i 3 segnati contro l’Inter e i 3 gol del derby con il Chievo) quando, senza ormai nulla da perdere, gli scaligeri hanno deciso di giocarsi il tutto per tutto in ogni partita. Un atteggiamento che ha portato le prime due vittorie stagionali: anche se probabilmente non serviranno a granché in ottica salvezza, almeno rappresentano un giusto approccio competitivo.
Nonostante la classifica, il Verona non è la peggiore squadra per tiri totali e tiri in porta, sia effettuati che concessi. È terzultima per TSR (43,95%) e quartultima per SoTR (41,83%), ma paga una percentuale di conversione nettamente sotto la media del campionato (7,65% contro una media di circa il 10%) che a fronte di un volume totale di appena 327 tiri ne ha determinato il magro bottino realizzativo.
Ed è emblematico il caso del capocannoniere dello scorso campionato, Luca Toni (5 gol in questa stagione di Serie A) che pur tirando in media tutto sommato quanto faceva la scorsa stagione (3,1 contro 3,5 tiri per 90 minuti) in un’annata in cui è stato anche rallentato dagli infortuni ha praticamente dimezzato la propria percentuale di conversione, passata dal 17,6% a 9,8%. Certo, il fatto che Toni abbia giocato meno di 1500 minuti è stato determinante, ma l’ex attaccante della Nazionale compirà 39 anni a maggio e si ritirerà a fine stagione e al Verona era stati comunque previdenti, assicurandosi anche Giampaolo Pazzini. Ma pur offrendo un contributo del tutto simile a quello di Toni (5 gol, 3,4 tiri per 90 e il 9,1% di conversione) Pazzini non è riuscito ad essere determinante. E se si considerano curriculum e numeri dei due attaccanti, la tesi più forte sembra quella secondo cui “la colpa” è da imputarsi alle difficoltà di squadra, piuttosto che a quelle singole…
A livello difensivo la squadra del presidente Setti ha concesso meno tiri di Frosinone, Palermo, Chievo e Sampdoria e poco più dell’Udinese, ma gli avversari hanno convertito le proprie occasioni ad un ritmo di circa il 12%. Il PDO ne risente ed è tra i peggiori del campionato (902), ma era un dato prevedibile: la qualità globale della squadra influisce anche sulla “fortuna”, in quanto gli effetti della varianza sono da attribuirsi non solo alla dea bendata, ma anche all’abilità.
Carpi
Il Carpi è in una situazione statistica non particolarmente diversa da quella del Verona, ma ha dalla sua 7 punti in più, che gli assegnano ancora poche possibilità di salvezza. La squadra di Castori, però, ha la peggior produzione offensiva della Serie A, con appena 307 tiri totali e 93 tiri in porta all’attivo, che riflette la mancanza di un attaccante di riferimento (il miglior marcatore con 4 reti è tuttora Borriello, trasferitosi a gennaio all’Atalanta) e una generale instabilità nell’undici titolare. Gli emiliani sono il club ad avere impiegato il maggior numero di giocatori, addirittura 34, praticamente il doppio del Napoli di Sarri e dei “titolarissimi”.
C’è da dire che il Carpi ha convertito in rete l’8,47% delle proprie chance, un dato basso ma comunque migliore di Verona, Frosinone, Atalanta e Udinese: semmai rispetto alle avversarie gli emiliani pagano caro il modesto volume di tiri.
Apparentemente le cose migliorano in difesa, visto che il Carpi ha subito 379 tiri: addirittura 206 in meno del Frosinone. Ma gli emiliani hanno anche il poco invidiabile record della peggior percentuale di tiri in porta subiti sul totale (~35%) tra le squadre invischiate nella lotta per non retrocedere. La facilità con cui gli avversari trovano la porta ha determinato una percentuale di salvataggio complessivo di circa due punti percentuali sotto la media (88,13%) che ha condannato il Carpi a subire 45 gol.
Un TSR del 44,75% a fronte di un PDO di 941 non permette di dare un giudizio netto, ma possiamo fare per il Carpi un discorso simile a quello del Verona: la varianza che ha influito sui risultati degli emiliani è da imputarsi almeno in parte alla qualità inferiore alla media della formazione neopromossa. Il record negativo di possesso palla (41,0%) e gli appena 217 passaggi a partita, sembrano supportare questa tesi.
Frosinone
Il Frosinone è l’altra neopromossa che sta lottando per mantenere la categoria: se il campionato finisse oggi sarebbe l’ultima squadra a retrocedere. E va detto subito che la squadra di Stellone è la formazione europea che ha concesso più tiri nei cinque maggiori campionati: ben 585.
Una strategia quasi kamikaze, ma che non può dirsi fallimentare: solo 168, cioè meno di un terzo dei tiri subiti, sono finiti nello specchio della porta difesa da Leali. A compensare tutta questa pressione sulla difesa frusinate sono i 376 tiri effettuati, il valore più alto tra tutte le squadre in lotta per non retrocedere. È comunque inevitabile che il TSR (39.13%) e il SoTR (36.84%) del Frosinone siano i peggiori della Serie A, ma questi due dati necessitano di una contestualizzazione.
Il Frosinone gioca probabilmente il calcio più diretto d’Italia: in media ha solo il 43.1% di possesso del pallone e il 69.3% di passaggi riusciti. Significa che una volta bloccato o parato un tiro la squadra di Stellone cerca di raggiungere la porta avversaria il più velocemente possibile, sapendo di avere più possibilità di sorprendere i propri avversari in contropiede. Non sorprende, quindi, che calcolando il rapporto tra passaggi e tiri per partita (una misura approssimata di quanto una squadra sia diretta nel proprio gioco) il Frosinone faccia registrare il valore più basso del campionato, appena 16,6 passaggi per tiro a fronte di un rispettabilissimo nono posto nella classifica dei tiri a partita (~13).
Ciofani e compagni prestano il fianco ai propri avversari con l’obiettivo di farli scoprire: un approccio decisamente interessante e ben diverso dalle altre due squadre virtualmente retrocesse. Il “ritmo” del Verona è da 24,0 passaggi per tiro, mentre il Carpi è a quota 20,5, ma con meno di 11 tiri a partita.
Rispetto alle altre formazioni in lotta, il Frosinone ha il merito di aver sempre giocato come se non avesse nulla da perdere: comunque finirà non ci dovrebbero essere saranno grandi rimpianti, per squadra e tifosi.
Palermo
Dopo Pastore, Cavani e Dybala, stavolta è stato il dio Caos, incarnatosi nella figura del presidente Maurizio Zamparini, il vero protagonista della stagione rosanero. La panchina del Palermo ha cambiato occupante per ben otto volte durante questa stagione: l’attuale allenatore è Walter Novellino, già a libro paga dell’imprenditore friulano ai tempi del Venezia. L’unico allenatore che Zamparini non ha mai esonerato, finora.
Le prestazioni della squadra hanno sicuramente risentito dei continui cambi al timone e i siciliani sono tuttora in cerca di una vittoria che manca da ben otto partite: un ritmo che li ha fatti scivolare fino alla quartultima posizione, con appena un punto di margine sulla retrocessione. Oltre al fattore psicologico, e nonostante i 7 punti conquistati nelle prime tre giornate, era evidente che alla squadra mancasse la qualità e, soprattutto, l’esperienza delle passate stagioni.
Le statistiche avanzate riflettono in pieno questa versione derelitta del Palermo: i rosanero sono penultimi sia per tiri totali (327) e tiri in porta (98) effettuati, che per tiri totali (480) e tiri in porta (160) subiti. Solo il Frosinone ha fatto peggio dei rosanero in termini di superiorità al tiro, visto i deprimenti valori in TSR (40,52%) e SoTR (37,98%). Un PDO non esageratamente sotto la soglia standard di 1000 punti (967) conferma che il Palermo non ha raccolto tanto meno di quello che ha seminato, specie rispetto alle altre squadre. E’ quindi un fatto di qualità globale della squadra: probabilmente il potenziale della rosa era maggiore, ma le vicende fuori dal campo non gli hanno permesso ai giocatori di esprimersi al meglio. Quest’anno Zamparini rischia di pagare la propria impazienza a carissimo prezzo, anche se lui probabilmente avrà altre spiegazioni.
Udinese
L’Udinese ha il peggior attacco del campionato assieme al Carpi e solo in 5 occasioni su 29 è riuscita a segnare più di un gol nella stessa partita (quattro volte 2, una 3). Un numero che già da solo spiega gran parte dei problemi dei friulani in questa stagione: segnando così poco l’Udinese ha avuto enormi difficoltà ad andare in vantaggio (è successo solo 11 volte) e altrettanti a portare a casa il risultato (ha vinto solo 6 delle partite in cui è passato per prima in vantaggio). Già lo scorso anno l’Udinese non si era dimostrato particolarmente prolifico, ma questa stagione la media gol è precipitata definitivamente da 1,13 gol a partita a soli 0,86. La difesa non si è dimostrata all’altezza di compensare la sterilità offensiva e i 44 gol subiti sono pressoché in linea con i 413 tiri subiti (sesto peggior dato del campionato).
I sei punti raccolti nelle ultime otto giornate hanno portato all’esonero di Colantuono: la zona pericolosa adesso è distante solo tre punti. Il TSR e SoTR dei friulani, entrambi intorno al 45%, sono tutt’altro che eccezionali, ma più che la superiorità al tiro è stata l’influenza della varianza ad essere preponderante nella cattiva stagione dell’Udinese: il PDO di 895 è il più basso del campione ed è lontano oltre 100 punti dallo standard. Una discrepanza su cui ha sicuramente influito la sfortuna, sottoforma di un pessimo tasso di conversione del 7,35%, insieme ad altri fattori tra cui sicuramente lo smarrimento del proprio riferimento offensivo.
Un po’ come accaduto al Verona, l’Udinese ha fatto a meno del 38enne Antonio Di Natale per gran parte della stagione. Nel corso della sua ultima stagione da professionista, l’ottavo cannoniere italiano del nostro campionato è sceso finora in campo per appena 1118 minuti complessivi, segnando un unico gol stagionale.
Il declino di Di Natale è stato accelerato dallo scarso utilizzo che ne ha fatto Colantuono.
Il partner d’attacco Théréau si è mantenuto sui suoi standard realizzativi, visto che ha realizzato 8 gol, ma ci sono voluti tre giocatori (Zapata 5, Badu 4 e Perica 2) per almeno compensare il mancato contributo del compagno a questo punto della scorsa stagione.
Il caso dell’Udinese dimostra ancora una volta quanto sia elevato nel nostro campionato il costo sportivo della sostituzione del proprio attaccante principe. Da qui a maggio De Canio e i suoi dovranno riscattare il proprio debito con la Dea Bendata, ma a nove giornate dal termine il margine di errore è ormai ridotto al minimo.
Atalanta
A sua volta l’Atalanta ha dovuto fare a meno di Germán Denis, ma il “peso” offensivo del Tanque non è da solo sufficiente a spiegare le difficoltà offensive della Dea, visto che prima di tornare all’Independiente a gennaio, l’argentino aveva contribuito con 4 marcature, la metà, ma in meno della metà del tempo, degli 8 gol segnati nella scorsa stagione.
Il problema di fondo è però simile a quello dell’Udinese, seppur lo scenario sia diverso. La stagione dell’Atalanta è stata fin qui a due facce: gli uomini guidati da Edy Reja hanno raccolto 24 punti nelle prime 15 partite, ma solo 6 nelle successive 14. Una spirale difficile da spiegare anche alla luce dei numeri complessivi dei bergamaschi: l’Atalanta ha segnato sì 26 gol, ma ne ha subiti solo 35; ha effettuato 357 tiri e ne ha subiti solo 13 in più, per un TSR del 49% circa. Quello che stona è sicuramente l’esiguo numeri di tiri in porta (99), praticamente un quarto del totale, che ha determinato un tasso di conversione del 7,28%, quasi tre punti percentuali al di sotto della media del campionato.
In pratica se l’ipotetica squadra media segna una rete ogni 10 tiri, l’Atalanta ha bisogno di quasi 14 tiri per segnare un gol.
Un handicap sicuramente notevole, dipeso probabilmente dalla contemporanea mancanza di un attaccante in grado di garantire un contributo realizzativo di rilievo (né l’ultima versione di Denis a cui era già stato promesso il ritorno in patria, né il discontinuo Pinilla, né Borriello a gennaio), dalla partenza del principale creatore di gioco, Maxi Moralez, il cui forse sottovalutato contributo, era di 2,6 occasioni create per 90 minuti (Diamanti ha dimostrato di poter garantire numeri simili, ma finora ha giocato solo 475 minuti, un terzo del “Frasquito”), ma soprattutto da una dose di sfortuna notevole che accompagnato la Dea nel girone di ritorno come conferma un’analisi del PDO tramite la media mobile per periodi di 7 partite.
La media mobile del PDO per periodi di 7 partite evidenzia la picchiata della “fortuna”della Dea nella seconda parte della stagione.
Tutto sommato l’Atalanta non ha numeri tragici, ma l’influsso della casualità è stato così pesante nella seconda parte di campionato da suggerire anche un peggioramento della squadra dopo il mercato, che ha rimesso tutto in discussione, quando a Natale la salvezza sembrava cosa praticamente fatta.
Sampdoria
Considerata la qualità media della Sampdoria in pochi si aspettavano una stagione così travagliata, anche se nel settimo posto dello scorso anno la “fortuna” aveva avuto un ruolo propulsore. La scelta di Zenga è stata sicuramente infelice: sotto il suo mandato la Sampdoria è stata un colabrodo da circa 18 tiri subiti di media, ma la situazione poteva essere anche peggiore in termini di risultati, visto che la squadra ha beneficiato dell’influsso positivo della varianza sia in fase difensiva che offensiva. Infatti con Zenga la Samp era sopra media nella percentuale di salvataggio (92,13%), ma soprattutto ha beneficiato di un altissimo tasso di conversione che ha sfiorato i 15 punti percentuali (14,73%).
Considerati i risultati, ma soprattutto le prestazioni, l’esonero di Zenga è stato inevitabile. L’arrivo di Montella non ha però risolto la crisi dei blucerchiati, anche perché pur migliorando considerevolmente (il TSR è passato dal 37,39% con Zenga al 48,17% con “l’Aeroplanino”) la varianza ha voltato le spalle al club di Ferrero e il non facile adattamento al gioco di possesso dell’ex allenatore della Fiorentina ha prolungato il periodo negativo. Il miglioramento è stato lento ma comunque graduale, tanto che la media mobile del TSR ha superato il 50% solo quattro giornate fa, rimanendo da allora stabile.
La media mobile del TSR della Sampdoria per periodi di 7 partite.
Grazie alla ritrovata superiorità al tiro (i tiri subiti per gara sono scesi a 13,3) e la maggior abitudine ad un nuovo tipo di gioco la Sampdoria ha lasciato la zona calda. Non è ancora salva e tutto può ancora succedere, ma Montella sembra aver in mano la situazione, contrariamente a Zenga, che nel frattempo è stato esonerato anche dal suo nuovo club, l’Al-Shaab.
Torino
Fino a poche giornata fa era difficile pensare che la salvezza del Torino sarebbe stata ancora in ballo a nove giornate dal termine. Una striscia con una sola vittoria nelle ultime dieci ha rimesso in discussione il campionato del Toro e lo stesso Ventura è stato aspramente contestato da stampa e tifosi. Eppure anche analizzando a livello statistico, i granata sembrano essere in una posizione di classifica che non gli compete.
Il Torino è infatti l’unica delle nove squadre in esame ad avere valori sopra il 50% nel TSR (53,01%) e nel SoTR (56,91%), grazie ad una difesa da 328 tiri subiti, almeno 40 tiri in meno di ciascuna delle altre otto formazioni. La differenza reti (-2) è anche migliore di quella del Bologna nono, eppure è troppo facile segnare a Padelli. Infatti se il tasso di conversione del Toro è praticamente in media (9,73%), è la percentuale di salvataggio dei tiri in porta (64,15%) ad essere preoccupante, nonché la peggiore del campione. Il Torino ha concesso solo 106 tiri in porta, subendo però 38 gol, un numero decisamente alto su cui la “fortuna” potrebbe aver giocato un ruolo, voltando le spalle ai calciatori di Ventura: un PDO di 899, molto simile a quello dell’Udinese, conferma questa tesi.
In ogni caso il Toro è la formazione che ha i migliori risultati nelle statistiche che indicano “l’abilità” tra quelle in lotta e per quanto fatto vedere in campo, la salvezza è ampiamente alla portata, anche se il calendario gli metterà di fronte Juventus e Inter nelle prossime due giornate.
Genoa
Il 4-2 di Marassi tra Genoa e Torino ha inguaiato Ventura e allontanato gli uomini di Gasperini dalla zona di retrocessione, con il Frosinone distante 7 punti. Proprio Marassi è stato la chiave della stagione del Grifo, tanto che i rossoblu hanno conquistato ben 27 dei 34 punti complessivi sul terreno di gioco amico.
Il Genoa ha segnato poco più di un gol a partita, un terzo dei quali per opera di Leonardo Pavoletti. Purtroppo però l’attaccante livornese tra infortuni e squalifiche ha giocato meno della metà dei minuti a disposizione in questa stagione (1300/2610). Pavoletti ha numeri davvero esaltanti: tra i giocatori con almeno 1000 minuti all’attivo, solo Higuaín ha fatto meglio dei suoi 0,68 non-penalty goals per 90 minuti. Provate a pensare come sarebbe stato il campionato del Napoli con il Pipita a mezzo servizio e forse vi potete fare un’idea di quanto abbia pesato l’assenza di Pavoletti nel Genoa.
La mappa di tiro di Pavoletti evidenzia una selezione di tiri molto efficiente con una predilezione per la “danger zone”.
Gasperini ha avuto difficoltà a trovare qualcuno che potesse sopperire ai gol del proprio centravanti, tanto che il vice-capocannoniere della squadra è Alessio Cerci (4 reti, 3 su rigore), arrivato solo a gennaio. La sterilità offensiva è rispecchiata da un tasso di conversione del 8,99%, ben inferiore a quello del 12,7% che la scorsa stagione aveva permesso al Genoa di conquistare il sesto posto. La rosa è però decisamente inferiore allo scorso anno anche perché sia in estate che a gennaio ha perso i propri migliori giocatori, quali Bertolacci, Iago Falque e Perotti.
Una percentuale di salvataggio del 91,01% riequilibra il PDO (999) e un TSR del 48,01% ci permette di dire che i risultati dei rossoblu sono sostanzialmente in linea con le loro performance.
Il Genoa ha sempre avuto un approccio speculativo sul mercato, che ha permesso il realizzo di plusvalenze anche consistenti, ma ha determinato l’instabilità dei risultati sportivi stagione dopo stagione. D’altronde i giocatori sul mercato hanno diversi profili di rischio, un po’come fossero differenti investimenti finanziari. La dirigenza del Genoa va a caccia di rendimenti elevati, ma investendo relativamente poco, accetta l’elevata rischiosità. Quest’anno le scommesse di Preziosi e co. non hanno dato i frutti sperati e la classifica del Grifo rispecchia in pieno questo fallimento.
Su StatsBomb ho analizzato più approfonditamente la stagione di Genoa e Sampdoria.