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La più grande notte nella storia del baseball
21 ott 2025
Racconto della mostruosa prestazione con cui Shōhei Ōtani ha portato i Los Angeles Dodgers alle World Series.
(articolo)
7 min
(copertina)
IMAGO / UPI Photo
(copertina) IMAGO / UPI Photo
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Il baseball è uno sport strano e indecifrabile. Non esiste forse un altro sport di squadra in cui un talento individuale possa contemporaneamente pesare moltissimo e pochissimo sulle sorti di una squadra. Spiegare la sua unicità non è facile. A volte viene usato il calcio, ma è di fatto impossibile rendere in termini calcistici un giocatore che riesce ad essere sia tra i migliori battitori che uno dei migliori lanciatori partenti della lega, due ruoli che sono uno la nemesi dell’altro. È come se Haaland fosse non solo un attaccante da 50 gol stagionali ma anche un portiere del livello di Donnarumma, ma chiaramente è un paragone assurdo, che non aiuta nessuno a figurarselo davvero in mente.

Forse bisogna per forza di cose rimanere nel baseball, tornare ai tempi di Babe Ruth, quando fare contemporaneamente il battitore e il lanciatore era molto più comune. In realtà, fino a pochi anni fa, i lanciatori della National League erano obbligati a fare anche da battitori, ma con risultati scarsi, e per trovare un esempio di livello dobbiamo quindi andare a sabato notte, cioè all'incredibile prestazione di Shōhei Ōtani durante la gara 4 delle National League Championship Series (dette in termini NBA: le finali di Conference della MLB).

Il nativo di Oshu a 31 anni compiuti adesso si ritrova a un passo dal suo secondo anello con i Los Angeles Dodgers e con ogni probabilità a novembre si porterà a casa il suo quarto MVP, il secondo da quando milita nei Dodgers e nella National League. Gli altri due sono arrivati sull’altra sponda di Los Angeles, gli Angels dell’American League, in cui non è stato da meno né come produzione offensiva che soprattutto come produzione “difensiva”, finendo quarto nella graduatoria del premio Cy Young come miglior lanciatore nel 2023, prima dell’infortunio al gomito che gli facesse smettere di lanciare nel 2024.

Eppure dal 2018 al 2023, nonostante due MVP vinti, tre stagioni al top della lega per produzione di valore in campo e soprattutto la compagnia di un altro fenomeno come Mike Trout, gli Angels guidati da Ohtani non si sono nemmeno avvicinati ai playoff. Nel baseball già il modo in cui un battitore può impattare su una partita è limitato, potendo “colpire” solo una volta ad ogni giro di formazione da nove battitori, mentre un lanciatore partente generalmente disputa una partita ogni cinque-sei giorni. E se un giocatore unico come Ohtani, in grado di influire su una partita sia in attacco che in difesa, non ci è riuscito, chi può riuscirci?

La risposta - forse dovevamo aspettarcelo - è stata: Ohtani stesso, che sabato ha letteralmente vinto la partita da solo. Scelto come starting pitcher, i Dodgers si sono imposti per 5-1 sui Milwaukee Brewers nella sfida decisiva per avanzare alle seconde World Series consecutive, le quinte disputate dal 2017. Ohtani si è messo il suo vestito di gala dal monte di lancio, completando sei dei nove inning totali e senza concedere niente ai Brewers se non due valide e tre walk ma soprattutto mettendo dieci strikeout a corredo. Che significa? Di fatto Ohtani ha eliminato dieci battitori (su 22 affrontati) con tre strike diretti senza che potessero toccare la palla sull’ultimo. Non seguendo il baseball potrebbe sembrare cosa da poco, e invece "solo” 1550 lanciatori sono stati in grado di fare una partita da dieci strikeout dal 1893, e soltanto 17 sono stati in grado di farlo nei playoff e senza concedere nemmeno un punto alla squadra avversaria. E il valore dell’avversario affrontato dà ancora più peso ad una prestazione del genere, dato che i Milwaukee Brewers si sono presentati all’appuntamento con il miglior record della MLB e soprattutto il terzo miglior attacco dietro ai Dodgers e agli Yankees.

E questa è solo la prima parte della storia. Quando Ohtani ha tolto il cappellino da lanciatore e ha indossato il caschetto protettivo da battitore la sua prestazione da grandiosa è diventata leggendaria - roba da videogiochi o cartoni animati. Ohtani ha “creato” tre dei cinque punti finali dei Dodgers con tre fuoricampo e una walk su quattro apparizioni totali in battuta. Già 3 fuoricampo, di cui l’ultimo che ha lasciato lo stadio per quanto è stato colpito forte, sono una rarità di base, figuriamoci nei playoff dove soltanto 13 giocatori in tutta la storia del baseball ci sono riusciti, con il leggendario Babe Ruth che addirittura lo ha fatto per due volte. Quando lo ha fatto, però, Ruth aveva da tempo già abbandonato il monte di lancio per dedicarsi completamente a fare il battitore, e questo rende Ohtani l’unico giocatore nell’intera storia del baseball, uno sport che mantiene statistiche di metà e fine ‘800, ad esserci riuscito. Con tanto di punto esclamativo nel primo inning, con tre battitori eliminati in fila e una palla sparata fuori dal campo nella sua prima apparizione da battitore, a testimonianza della sua completezza.

I media americani sono chiaramente impazziti per una partita del genere, arrivata tra l’altro dopo dei playoff abbastanza sottotono di Ohtani che era sembrato faticare in battuta nei giorni in cui doveva lanciare. Ohtani aveva colpito solo 3 valide nelle sette partite precedenti per un parziale di 3-29, che però era contato poco nel grande schema delle cose grazie alla profondità dei Dodgers, che hanno battuto i Phillies nelle semifinali di Conference in quattro gare.

Il sito della MLB stessa ha cercato 13 ragioni per cui è stata la più grande partita di sempre della post-season, mentre The Ringer l’ha definita la seconda miglior partita della storia dei playoff da un punto di vista statistico. Jeff Passan di ESPN ha riecheggiato i commenti dell’allenatore dei Los Angeles Dodgers, Dave Roberts, che ha definito quella di Ohtani "la più grande notte della storia del baseball", e l’ennesima candidatura del giapponese al titolo non ufficiale di giocatore più talentuoso della storia.

Partite del genere Ohtani, le ha già fatte, come un clamoroso 6-6 con 3 fuoricampo l’anno scorso, e le faceva già durante il suo periodo agli Angels. Talmente erano eccezionali le sue partite, e piccoli i compagni di squadra al loro confronto, che negli Stati Uniti era nato il meme di “Tungsten Arm O’Doyle”, una parodia di come la lunghissima storia dell’MLB sia costellata di recordman di fine ‘800 e inizio ‘900 con nomi improbabili e carriere assurde, falegnami o minatori di mattina e record-breaker del baseball di pomeriggio. Ad ogni partita eccezionale di Ohtani si accompagnava un record sottratto al fantomatico “Tungsten” ma con una postilla finale: gli Angels avevano perso nettamente.

Ai Dodgers però Ohtani è diventato la faccia della squadra più ricca della storia del baseball e tra le più forti di sempre, che finalmente gli ha dato modo di esprimere il suo talento anche sul palcoscenico più importante, il che rende ancora più eccezionale questa prestazione contro Milwaukee.

E il giocatore di Oshu, colpita dal devastante terremoto del 2011 di Tohoku, ha iniziato a rompere record anche da un punto di vista di squadra. I Dodgers, quindi, si presentano da favoriti alle seconde World Series consecutive, i primi campioni in carica a riuscirci dai Phillies nel 2009, e se le giocheranno con i Toronto Blue Jays, che dal canto loro hanno dato vita ad una grande serie con i Seattle Mariners.

Per essere uno sport senza salary cap il baseball è sempre stato molto imprevedibile, e proprio il contratto di Ohtani ha avuto un impatto tale fuori dal campo per costi e soprattutto per le modalità, con il giapponese che prenderà solo 2 dei 70 milioni annui garantiti da qui a dieci anni, per poi ricevere i 68 milioni di dollari annui restanti tra il 2034 e il 2043. Così facendo i Dodgers sono riusciti ad assemblare un roster fortissimo e costoso, per le ire degli altri proprietari, specialmente quelli dei mid-to-small markets, che non possono competere economicamente con i Dodgers.

E torniamo così al baseball giocato, dato che per molti analisti le World Series di quest’anno, qualora dovessero vincere i Dodgers, potrebbero essere usate come “scusa” dai proprietari per denunciare un sistema diseguale a differenza degli altri grandi sport americani. La conseguenza potrebbe essere un lockout nel 2027 - quando cioè i proprietari bloccano il campionato per fare pressione sui giocatori in fase di rinnovo del contratto collettivo. Insomma, c’è il rischio concreto che sul tema del salary cap, a cui i giocatori sono fortemente contrari, la stagione 2027 possa saltare come era già parzialmente successo nel 1994.

Dovessero riuscire a vincere i Dodgers, e sono i chiari favoriti con chiunque passerà tra Seattle e Toronto, sarebbero i primi a vincere due World Series consecutive dal 2000, quando ci riuscirono i Yankees alla fine del loro three-peat a cavallo tra i millenni.

A proposito di three-peat. A dare la definizione più esatta della statura raggiunta da Ohtani e dai Dodgers all'interno della MLB l'ha datata il futuro Hall-of-Famer Mookie Betts, compagno di squadra del giapponese e per l'appunto vincitore per tre volte delle World Series: «È come se fossimo i Chicago Bulls e lui Michael Jordan».

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La più grande notte nella storia del baseball