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Dario Pergolizzi
Roma-Juventus 3-4, la grande confusione
10 gen 2022
10 gen 2022
Una partita spettacolare in cui le due squadre hanno mostrato più difetti che pregi.
(di)
Dario Pergolizzi
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La pesante rimonta subita nel giro di pochi minuti arricchisce la storia tragica della Roma contro le migliori squadre del campionato, una idiosincrasia alla vittoria di prestigio spezzata solo dalla grande prestazione contro l’Atalanta appena prima della sosta natalizia. Una sconfitta che non fa solo male a livello morale, per come è arrivata, ma allontana ancora di più la squadra di Mourinho dall’Europa, con il quarto posto distante ormai 9 punti. La Juventus, al contrario, con i nervi più che con le idee, rimane aggrappata all’obiettivo minimo stagionale. Una reazione straordinaria che però non cancella i dubbi lasciati dai primi 70 minuti di gioco, dove si era mostrata in balia di un avversario ordinato ma neanche particolarmente ispirato.

 



Alla vista del campo, tutti e due gli allenatori sono scesi in campo con formazioni leggermente diverse dal quanto visto nelle ultime settimane: Mourinho ha rinunciato al 3-5-2, sopperendo alle assenze di Mancini, Karsdorp e Zaniolo con il passaggio al 4-2-3-1 e l’utilizzo di Cristante, Afena-Gyan e il nuovo arrivato Maitland-Niles. Una disposizione pressoché speculare, a livello teorico, con quella scelta da Allegri, un 4-2-3-1 con Cuadrado, de Ligt, Rugani e De Sciglio dietro, Bentancur e Locatelli in mediana, McKennie a destra, Dybala dietro Kean e Chiesa a sinistra. Come ammesso dallo stesso Landucci – sostituto in panchina di Allegri squalificato - le intenzioni della Juve sembravano abbastanza propositive: l’idea era quella di attaccare la Roma tenendo il possesso e alzando entrambi i terzini, sfruttando l’abbassamento di uno dei due mediani sulla linea dei due centrali e portando McKennie a inserirsi al centro, con Kean a fungere da perno e Dybala, invece, che godeva di una certa libertà di venire incontro.

 

Di fatto, però, la Roma ha iniziato la partita decisamente meglio, riuscendo a metterne in crisi le intenzioni della Juventus attraverso un atteggiamento aggressivo, sfruttando gli uno contro uno che venivano a crearsi proprio per le similitudini tra le due squadre. I giallorossi attaccavano il pressing abbastanza alti sul campo, con Abraham che si occupava di chiudere la linea di passaggio tra i due centrali, mentre Pellegrini rimaneva basso per seguire Locatelli, Mkhitaryan e Afena-Gyan si occupavano dei terzini, e i due mediani Cristante e Veretout si alzavano contemporaneamente per pressare Bentancur e dare copertura a Pellegrini. Alle loro spalle, i quattro difensori hanno avuto vita facile nel controllare Chiesa, Kean e McKennie, mentre Dybala era molto più sfuggente e andava a incunearsi negli spazi liberati a centrocampo dai movimenti di Bentancur o Locatelli, finendo talvolta nel raggio di azione di uno dei mediani della Roma, oppure allargandosi.

 



 

La Juventus non è riuscita a sfruttare in maniera incisiva la grande mobilità e il lavoro di cucitura di Dybala, ed è stata messa sotto stress dalla decisione del pressing della Roma, che sporcando diversi palloni ha accumulato un paio di ripartenze pericolose dalla trequarti, e portato la Juve ad abbassarsi per buona parte del primo tempo. Pur non riuscendo poi a dominare il possesso o a mettere le tende in maniera posizionale nella trequarti della Juventus, la Roma è stata abile nell’imporre un ritmo spezzettato e guadagnare diversi calci piazzati, rimesse laterali e calci d’angolo a ridosso dell’area della Juventus, circostanze da cui sono nati i pericoli più rilevanti e anche il gol del vantaggio dopo 10 minuti.

 

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La Roma ha preparato bene queste situazioni di gioco da fermo, dove è sempre possibile creare pericoli estemporanei, soprattutto contro una squadra che si difende molto bassa. Sui calci d’angolo, sia da destra che da sinistra, a calciare era un destro. Quando la traiettoria era ad uscire – da destra – la ricerca era quella di una sponda sul secondo palo (spesso Smalling, abilissimo nei colpi di testa) per far saltare le marcature della Juventus (in almeno due occasioni Abraham ha potuto colpire non marcato da pochi metri). Da sinistra, invece, la Roma calciava a rientrare verso l’area piccola, occupata in maniera stabile da almeno 4-5 uomini. Nel gol la Juventus si è mostrata un po’ superficiale nell’ignorare la posizione di Abraham, con la linea a quattro disposta a zona che si fa attirare in avanti dai restanti uomini, concedendo troppo spazio al centro, mentre Szczesny non è in grado di anticipare l’attaccante inglese anche a causa della grande densità di uomini davanti a lui, compagni e avversari. Lo spazio tra il portiere e la parte a zona della difesa della Juventus, che teneva McKennie, Bentancur, de Ligt, Locatelli e Cuadrado a protezione dell’area piccola mentre De Sciglio e Rugani si muovevano su dei riferimenti specifici, è stato identificato dalla Roma come spazio da invadere direttamente coi calci a rientrare, mentre dal lato opposto, calciando a uscire verso la metà più lontana dell’area, potevano avere più possibilità di impattare il pallone trovando l’uomo sul palo lontano o vincendo la sfida con le marcature a uomo della Juventus, che erano appunto solo due contro almeno tre che partivano in seconda linea (Smalling, Ibañez e Cristante).

 



La Juventus, dopo aver trovato il pareggio con un’azione in cui spiccano un controllo di tacco di de Ligt e, ovviamente, il tiro dalla

zolla di Dybala, ha cercato prevalentemente di difendersi con un 4-4-2 abbastanza passivo che non è quasi mai riuscito a interrompere la circolazione giallorossa prima che arrivasse vicino alla propria area, con i padroni di casa che attaccavano spingendo con entrambi i terzini e facendo stringere dentro Mkhitaryan a destra, mentre Afena Gyan si manteneva leggermente più defilato sul lato opposto, puntando spesso l’uomo e cercando scambi sul corto. Pellegrini, invece, ha dato una mano ai due mediani, abbassandosi e allargandosi o fungendo come riferimento diretto tra le linee (quest’ultimo scenario decisivo per il gol del raddoppio). Così, si sono poste le basi per una gestione della partita piuttosto tranquilla da parte della Roma, che pur allentando nel pressing dopo il gol del 3-1, sembrava poter controllare il palleggio confusionario dei bianconeri.

 

La squadra di Allegri non è molto fluida in fase di possesso, ma all’Olimpico si è visto il problema opposto, cioè un certo caos sia nell’occupazione degli spazi, che nella capacità di sfruttare i numerosi scambi di posizione. Se la mobilità di Dybala sul centrodestra è stata la miglior risorsa per risalire il campo, intorno a lui la Juventus ha avuto seri problemi a creare un palleggio che permettesse di arrivare fino all’area avversaria: Cuadrado è stato spesso bloccato dai compagni davanti a lui, mentre McKennie tendeva ad allontanarsi per attaccare la profondità, e spesso era De Sciglio a dover risolvere l’azione puntando l’uomo, con esiti non positivi, anche a causa di un debutto convincente di Maitland-Niles dal punto di vista difensivo e al grosso contributo di Mkhitaryan sulla stessa corsia.



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Un’azione emblematica del peso di Dybala nel momento difficile della Juventus: il capitano bianconero riceve di petto sulla fascia un lancio di Szczesny, scavalca Viña con un sombrero, vince il rimpallo con Cristante e lancia per Kean, che si fa ingannare dalla traiettoria.


 

Questi problemi si sono acuiti con l’infortunio di Chiesa alla fine del primo tempo. Pur non giocando una partita brillante – anche se suo è stato l’assist per il bel gol di Dybala – Chiesa aveva comunque una funzione importante di stabilizzare lo scaglionamento della Juventus, occupando l’ampiezza a sinistra. Con l’ingresso di Kulusevski al suo posto la Juventus si è schierata con un 4-4-2, con McKennie dirottato a sinistra. Ma l’americano per una buona parte della gara ha continuato ad accentrarsi, creando anche i presupposti per qualche azione interessante, ma con la sensazione che la Juventus stesse un po’ improvvisando, con gli uomini che cercavano la loro confort zone sul campo più che un’occupazione ordinata degli spazi.

 

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Nelle immagini qui sopra si capisce bene come in alcuni momenti lo scaglionamento della Juventus era strano, prima e dopo l’infortunio di Chiesa. Se prima i problemi erano principalmente una certa fretta nella verticalizzazione e l’incapacità di sfruttare alcune rotazioni anche sofisticate (vediamo una situazione in cui c’è addirittura uno scambio di posizione tra Cuadrado e Locatelli) che potevano portare fuori giri il pressing uomo su uomo della Roma, dopo la mezz’ora di gioco la Juventus era talmente fluida che i giocatori faticavano visibilmente a trovare linee di passaggio sicure e veloci per avanzare in zone interne, finendo spesso con l’attaccare il corridoio centrale in maniera poco produttiva.

 

Insomma la Juventus aveva anche la possibilità di creare situazioni pericolose, ma finiva per rimanere vittima della sua confusione, schiacciandosi troppo sulle fasce oppure faticando a trovare il giusto passaggio tra le linee e finendo per dover tornare indietro ogni volta che riusciva a portare il pallone nella trequarti avversaria. La Roma quindi aveva facilità a controllare l’avversario, avvantaggiandosi dell’inerzia della gara nella prima parte del secondo tempo, prima bucando la difesa della Juventus con un’azione ordinata conclusa da un tiro di Mkhitaryan deviato da De Sciglio, poi trovando un gol su punizione di Pellegrini, che sembrava rappresentare la strana partita della Juventus, con un gol meraviglioso preso sugli sviluppi di una interessante punizione a proprio favore, calciata per due volte da Dybala addosso agli avversari.

 



Il doppio vantaggio sembrava aver anestetizzato la partita, con la Roma in controllo e la Juventus che ha provato una reazione, ma che era sembrata totalmente fuori dalla gara, anche come atteggiamento dei giocatori. A cambiare tutto è stato un doppio cambio, con Morata e Arthur entrati al posto di Kean e Bentancur.

 

I due hanno dato una scossa a livello mentale, ma hanno anche ordinato la squadra, offrendo molte più garanzie tecniche e linee di passaggio. Morata è stato molto abile nell’allargarsi e nel difendere il pallone, diventando un uomo in più nella costruzione dell’attacco. Arthur, meno evidente non essendo entrato nei gol, ha avuto un grande impatto posizionandosi davanti alla difesa. Il brasiliano, oltre a liberare Locatelli in avanti, ha fatto vedere quello che sa fare, ovvero resistere alla pressione avversaria, contribuendo ad alzare il baricentro della Juventus, che trovava in lui un modo sicuro di salire rapidamente.

 

Simbolicamente, posizioni ed esecuzioni dei due sono state determinanti in entrambi i gol che hanno portato al pareggio, mentre Morata è entrato anche nell’azione del 3-4.

 

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Nell’azione del 3-2 Morata si smarca verso l’esterno, chiamando il passaggio, e Kulusevski alle sue spalle nel corridoio intermedio. La difesa della Roma scala, ma Viña viene saltato di netto da Morata, che può crossare per Locatelli, pronto a saltare davanti a Maitland-Niles. All’inizio dell’azione, infatti, l’ex Sassuolo ha potuto muoversi in incursione centrale grazie alla posizione bassa di Arthur. Nel secondo gol, invece, la nuova coppia di centrocampisti della Juventus domina la scena: prima Locatelli in posizione di braccetto di sinistra scarica su Arthur, che manda fuori giri Pellegrini con una giravolta, e sugli sviluppi successivi riceve dallo stesso Arthur il pallone che poi giocherà di prima per l’inserimento di Cuadrado, finalmente decisivo nell’attacco all’area, alle spalle del neoentrato Shomurodov, apparso distratto in questa circostanza.

 

Nell’intervista a fine partita Mourinho è stato drammaticamente pesante con i suoi, attribuendo a uno scarso livello mentale le ragioni del crollo finale, incolpando direttamente Shomurodov per il terzo gol e chiedendo alla sua squadra di salire di livello. Senza entrare nel dettaglio di un discorso che avrà anche sfumature interne di mercato, è difficile ignorare il crollo mentale della Roma dopo aver subito un estemporaneo 3-2 in una partita che sembrava comunque ancora in controllo. Anche un giocatore d’esperienza come Smalling è stato coinvolto, colpevole di scarsa determinazione nel quarto gol di De Sciglio.

 

Non è la prima volta che la Roma paga una sequenza di errori difensivi improvvisi, spesso individuali e marchiani (anche contro il Milan tre giorni prima almeno due gol erano arrivati per colpe dei singoli). C’è da chiedersi il motivo: le basi su cui Mourinho sta costruendo la sua Roma sono solide come crede? Poco importa se la Roma avrebbe potuto comunque riagganciare la partita con il rigore di Pellegrini, se il risultato è stato strano o assurdo, e non sempre gli succederà di perdere una partita per il secondo gol in carriera di un terzino che fino a qualche mese fa era totalmente fuori dal progetto della Juventus.

 

Guardando il tabellino, i modi in cui sono arrivati i gol, le singole giocate, l’impatto delle sostituzioni, il caos finale, si potrebbe pensare a una partita con un tracollo epico e una rimonta epica, fatta di eroi improvvisi e tradimenti inaspettati, la più classica delle storie incredibili. In effetti però, guardando più a fondo dentro le prestazioni di Roma e Juventus, e contestualizzando entrambe nel percorso che le ha portate a questa partita, la sensazione più nitida che rimane addosso è quella di due squadre fortemente incompiute che hanno dato vita a una partita drammaticamente nevrotica. Più che far valere i propri punti di forza, Roma e Juventus hanno banchettato a turno sulle incongruenze avversarie, e infine ha avuto la meglio la squadra che, nonostante la confusione, ha effettivamente compiuto meno errori, e che aveva più possibilità di raddrizzarla grazie alla panchina. Partite di questo tipo possono capitare durante una stagione, però entrambe le squadre, inclusa la Juventus che ha ottenuto tre punti pesantissimi per la corsa a un posto in zona Champions ed allontanato una diretta concorrente (sulla carta), non devono sottovalutare i segnali emersi da questi novanta minuti assurdi, sia quelli positivi che quelli negativi.

 

Da un lato, Mourinho dovrà trovare il modo di rendere meno traballante la sua ultima difesa e, possibilmente, cercare di arrivare a creare più occasioni da gol pulite su azione. Allegri, invece, dovrà interrogarsi sul suo attacco, su come la sua squadra riesca a passare da una rigidità estrema a una fluidità quasi controproducente. Ma deve anche chiedersi cosa ha spinto la squadra a cambiare totalmente negli ultimi venti minuti, dopo aver inserito il miglior giocatore della squadra nel controllo del pallone – finora totalmente ai margini del progetto. Tra le mani si ritrova anche le grandi prestazioni di Dybala e Morata: i due uomini più chiacchierati delle ultime settimane, hanno dato risposte molto importanti sulla loro influenza in questa squadra, il primo reggendo da solo il peso dei compagni in un momento molto complicato e trovando un gran gol, il secondo contribuendo in modo evidente al ribaltone. Persino Kulusevski, autore di una partita abbastanza caotica e imprecisa, che però lo ha visto nuovamente coinvolto in una rete, potrebbe giovare dell’esperienza, e dato l’infortunio serio a Federico Chiesa, per Allegri sarebbe una soluzione importante.

 

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