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Emanuele Atturo
Serie A Random: Brescia-Ancona 5-2 2003/04
23 ott 2022
23 ott 2022
Un estratto dalla nostra newsletter "Stili di Gioco".
(di)
Emanuele Atturo
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Pubblichiamo di "Serie A Random" una delle rubriche di "Stili di Gioco", la newsletter riservata agli abbonati de L'Ultimo Uomo. Si chiama "Serie A random" e tratterà ogni settimana di una partita di Serie A dei primi vent'anni del 2000 che sicuramente non ricordate. Oltre a Serie A random dentro Stili di Gioco troverete la giocata della settimana scritta da Daniele Manusia, il meglio dei contenuti sportivi visti sulla stampa nazionale e internazionale, una guida TV per districarsi tra gli eventi sportivi del weekend e un recap dei pezzi usciti qui sull'Ultimo Uomo. Se tutto questo è la vostra tazza di tè, potete iscrivervi al nostro abbonamento qui.

A 37 anni Roberto Baggio non è più un’atleta. Si aggira per il prato dello stadio Rigamonti con l’impaccio di un corpo che non risponde sempre alla sua testa, e con l’esigenza di quindi di far diventare incorporeo il suo gioco, smaterializzarlo. Ha il codino sale e pepe che scende sulla schiena fermandosi esattamente prima del suo numero 10, la fascia da capitano rossa, gialla e blu, portata sopra la manica della maglia, così lunga da arrivare fino al gomito. Ha già annunciato che quella è la sua ultima stagione da calciatore e al termine di dieci vite, con le cicatrici sulle ginocchia e sul cuore, può concedersi il lusso della spensieratezza dei bambini. Il suo stile di gioco si è rappreso completamente attorno alla sua tecnica, che brilla pura e venerabile, e così, quando dopo 25 minuti di gioco gli arriva una palla fuori dall’area, a mezza altezza, sul suo piede destro, non deve fare una grande fatica a coordinarsi per calciare. Calciare il pallone, nel modo più leggero, elegante e fluido possibile, senza preoccuparsi di dove la palla andrà a finire. Il corpo rimane leggermente all’indietro, fermo, mentre la gamba oscilla verso la palla. Il tiro parte dritto e sincero, finendo implacabilmente sotto l’incrocio dei pali. Il portiere Marcon, attuale preparatore dell’Udinese, la guarda entrare come si guarda un evento eccezionale su cui non possiamo fare proprio nulla. Baggio avrà pure 37 anni, ma può ancora usare un’altra squadra come riflesso del proprio talento. Figuriamoci se quella squadra è l’Ancona, eterno simbolo delle squadre apocalittiche della Serie A. Squadra che in quella stagione sta macinando la sua retrocessione perfetta. A fine marzo ha 8 punti in classifica e non ha mai vinto. Ce la farà un paio di settimane dopo, contro il Bologna di Mazzone, ma quel giorno dovrà perdere ancora, ancora con 5 gol, come gli era già successo contro il Milan. Il presidente Pieroni aveva detto che la squadra, di fatto, non era una squadra: «Nell'Ancona di oggi non esiste un gruppo e senza gruppo non si costruiscono le vittorie. Lo sapete voi che lo spogliatoio è diviso tra vecchi e nuovi? No? Allora ve lo dico io... Non ho mai visto una decina di loro andare una sera a mangiare una pizza insieme. Qui c' è gente che pensa solo a salvare il proprio sederino. Ma io non sono fesso e ho capito certi giochetti. Adesso non ci sono più alibi». La formazione di quel giorno è già trasfigurata dal visionario mercato invernale, ed è un polpettone indistinto di buoni giocatori, figuranti, ex fenomeni, folgorazioni estive, imbucati e giovani talenti. In panchina siede Galeone. C’è Dino Baggio, arretrato in difesa; c’è l’icona svedese Daniel Andersson, c’è il misterioso Bilica, il vecchio Ganz, il ventenne Goran Pandev e un fenomeno che le strade non dimenticheranno mai: Milan Rapajc. Mi è capitato di recente di parlare con un amico umbro che seguiva il Perugia di quegli anni e mi ha detto che Milan Rapajc è il giocatore più tecnico che lui abbia mai visto giocare. Più di Totti, più di Del Piero. Solo che - dice il mio amico - viveva con la dissolutezza del poeta maledetto. È lui, Rapajc, a segnare il gol dell’1 a 2 che accorcia le distanze. È un calcio di punizione che voleva essere un cross, su cui Pandev fa una specie di velo che inganna Castellazzi. Rapajc se ne torna verso il centro del campo con mestizia e la punta di disgusto di chi forse avrebbe preferito persino non segnarlo, un gol simile. Il Brescia era andato già 2-0 con Stefano Mauri, in gol con uno di quei tiri da dentro l’area di potenza francamente esagerata. Caduto a terra mentre calciava, gli era scappato il tiro come un tappo di spumante sfilato incautamente. Pandev si guadagna il rigore, atterrato da Castellazzi, e Giampiero Maini detto “Gimmy” trasforma un pareggio strano e insperato. Piccolo trivia su Maini: ha vinto il campionato con la Roma primavera dell’89/90. Con lui in squadra: Petruzzi, Statuto, Scarchilli, Muzzi e Corrado Giannini - fratello minore del Principe. Portavano tutti lo stesso taglio di capelli ingellato con la spaccatura nel mezzo. Il Brescia però è semplicemente di un altro livello. Avrà una difesa scalcagnata ma ha talento, come quello dell’ex promessa Giuseppe Colucci, che segna il gol del 3-2 con un sinistro di controbalzo notevole. Il 4-2 lo realizza Andrea Caracciolo, l’airone, terzo miglior marcatore della storia della Serie B, all’epoca però talento promettente. Un anno dopo andrà al Palermo, vincerà l’Europeo Under 21 ed esordirà in Nazionale maggiore in uno stadio vuoto di Messina, contro la Finlandia, dentro una formazione sperimentale che vincerà grazie a un gol di Fabrizio Miccoli. Quel giorno segna il suo dodicesimo gol in campionato, colpo di testa su assist di Baggio, e poi esulta spalancando le ali in faccia al settore. A dieci minuti dalla fine Baggio ha un’altra fiammata di luce. Sull’esterno sinistro porta palla con l’esterno, sembra essersi ficcato in un vicolo cieco, quando scarica per Matuzelem al limite dell’area. Quello gliela restituisce con reverenza; Baggio resiste a un contrasto ma rimbalza un po’ all’indietro, pare perdere l’equilibrio, ha la difesa dell’Ancona a due passi e nota che Marcon ha fatto il classico passetto in avanti per chiudergli lo specchio. Sembra una precauzione inutile, visto che Baggio non pare avere l’inerzia per calciare. E magari di calciare veramente no, ma di fare un pallonetto dolcissimo sì. Va aggiunta una nota sul lirismo dell’introduzione del servizio di Amedeo Goria: «Cosa sono 37 anni quando si inventano prodezze come questa. Cosa sono le cicatrici su ginocchia e caviglie dopo vent’anni da professionista quando il talento e l’allegria della mente e dei piedi deliziano gli spettatori con pallonetti tanto magici quanto irriverenti per i portieri avversari. Roberto Baggio ha già detto di voler smettere a fine campionato ma il mondo del calcio gli chiede di no, e oggi nel 5-2 della squadra di De Biasi all’Ancona, oltre al primo e al quinto gol, 202 in carriera, ci sono assist e cucchiai, e una pulizia stilistica d’esempio per tutti».

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