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Chi rischia il blocco del mercato?
28 nov 2025
Le nuove regole sui bilanci della FIGC spaventano i club di Serie A
(articolo)
9 min
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IMAGO / AFLOSPORT
(copertina) IMAGO / AFLOSPORT
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Sembrerà un discorso un po’ boomer, ma non c’è nulla che ci dica meglio dello stato del nostro calcio che l’attenzione morbosa verso le questioni di bilancio. So bene che la prosperità economica della Serie A “storica” era dovuta a grandi mecenati (qualcuno anche truffatore) calcistici, più che a un sistema efficiente. Senza rimpiangere schemi fallimentari, come stavamo bene prima che il termine indice di liquidità entrasse nelle nostre vite e nelle nostre teste? Eppure in quest’epoca di austerity e di Serie A rovinata sempre e solo da fattori esterni, come la terrificante pirateria, e mai da quelli interni non possiamo che affrontare l’idra e tentare di capire come questa misura, l’IdL, e il suo sostituto, il CLA, potrebbero impattare sui campi della nostra Serie A, già da gennaio. E l’ironia più grande della sorte, è che il principale fautore di una norma più restrittiva potrebbe anche essere la sua più grande vittima: Claudio Lotito e la Lazio.

ADDIO IDL, BENVENUTO CLA

Andiamo con ordine, innanzitutto il povero indice di liquidità però è appena andato in pensione, quantomeno parzialmente, sostituito da un parametro come l’indicatore del costo del lavoro allargato, molto più simile alla regola UEFA della squad cost rule, fissata al 70% a livello europeo. Così come la regola UEFA, il CLA include i costi di ingaggi dei calciatori e staff, ammortamenti e commissioni degli agenti. Nei ricavi invece contano tutte le voci “solite” per le società, anche a livello UEFA, come sponsor e botteghino e soprattutto le plusvalenze, che però vengono calcolate su una media degli ultimi tre anni, in modo che una plusvalenza troppo grossa non sballi troppo il vero stato di salute di un club.

Dalla voce dei costi vanno esclusi, e questo è uno sviluppo molto recente, i costi legati ai calciatori italiani Under-23. Per uniformarsi alle linee guida UEFA (non è stata infatti una decisione “instradata” dalla FIGC), per operare sul mercato estivo le squadre dovranno avere al controllo del 31 maggio il rispetto del CLA, fissato al 70%, mentre ora è ancora all’80%. Una misura che spaventa alcuni club di Serie A, tanto che Il Messaggero riporta che i club di Serie A avevano proposto di mantenere la soglia del CLA all’80% anche per il mercato estivo, per poi ripiegare, su idea del DG dell’Atalanta Umberto Marino, sul poter scalare i costi dei calciatori under 23 dal CLA. Che a proporlo sia stata l’Atalanta non è un caso. Sempre secondo Il Messaggero il club bergamasco è tra quelli più a rischio per via del CLA, assieme a Genoa, Torino, Lazio, Fiorentina e a sorpresa Napoli.

La “trattativa” tra club e FIGC è stato il caso in cui la montagna ha partorito un topolino, dato che Gravina ha ceduto sugli Under-23 ma soltanto su quelli italiani. La norma avrebbe fatto comodo all’Atalanta, che tra i 10 più pagati ha ben 4 giocatori con 23 anni o meno: Zalewski, Sulemana, Musah e Scalvini, tre di questi arrivati in estate. Ancora di più ne avrebbe beneficiato il Napoli, che dà quasi 12 mln lordi all’anno al 22enne Rasmus Hojlund e a cui un cambio norma avrebbe dato una grossa mano. Per una volta però è difficile non dare ragione alla FIGC, che pure ha deviato dalle linee guida del Fair Play Finanziario, che tendenzialmente già deducono i costi per i vivai e lo sviluppo dal costo squadra complessivo.

Così come l’IdL, anche il CLA ha due finestre annuali per presentare i conti alla FIGC, entrambe a ridosso delle due sessioni di mercato: entro il 30 novembre per quello di gennaio, ed entro il 31 maggio per quello estivo. Come spiegato da Calcio e Finanza, il mancato rispetto del CLA comporta il blocco del mercato, a meno che non si dimostri che nell’ultimo mercato si è operato con saldo positivo tramite cessioni o risparmi sul costo rosa. In tal caso il mercato viene parzialmente “sbloccato” e diventa così possibile operare a saldo zero, senza poter però alzare il monte ingaggi. Una modalità simile agli obblighi UEFA sulle liste per le squadre sotto settlement agreement, che non possono spendere più del costo “fissato” al momento del settlement.

E forse è proprio questo il motivo per cui Claudio Lotito voleva anticipare le nuove norme sul CLA già in estate, e invece è dovuto soccombere ai tre indicatori FIGC che hanno causato il blocco del mercato estivo della Lazio. Questa era la situazione estiva, citata nel nostro articolo di giugno: “Come riportato dal giornalista del Messaggero Alberto Abbate, la Lazio pare aver sforato altri due parametri del NOIF (Norme Organizzative Interne Federali) come l’indebitamento e il costo del lavoro allargato”. Quindi i problemi con il CLA c’erano già, ma Lotito avrebbe certamente preso meglio un mercato a saldo zero che un blocco completo del mercato in entrata, anche perché la Lazio poteva facilmente dimostrare di aver operato in attivo per quanto riguarda il costo rosa nel mercato 24/25. Ed è per assurdo questo il motivo per cui, nonostante secondo il Corriere dello Sport il CLA sarà sforato anche a gennaio, la Lazio potrà operare a gennaio anche se a saldo zero.

Perché questa cosa sembra riguardare solo la Lazio?

QUALI SONO LE SQUADRE COINVOLTE

Non sono solo i biancocelesti a poter subire le conseguenze del CLA, ma nel CLA stesso c’è la risposta. Il mercato si può “sbloccare” oltre alle plusvalenze anche con aumenti di capitale, versamenti in conto copertura perdite oppure finanziamento soci. Tutte cose lontane dal modo di operare di Claudio Lotito. Discorso diverso invece per l’Atalanta, che ha un azionista di maggioranza più forte e con la norma degli Under-23 potrebbe avere benefici superiori, dati i tanti giocatori di vivaio italiano. Così come la Fiorentina, che già riceve numerose sovvenzioni dal presidente Commisso e che - bizzarramente - nell’ultimo bilancio si è “autodenunciata” per quanto riguarda le plusvalenze di Biraghi e Kayode. 17 milioni e 250 mila euro di plusvalenze effettuate a luglio ma contabilizzate nel bilancio chiuso al 30 giugno 2025, con finalità facilmente intuibili, e come riportato da Il Napolista è la stessa Fiorentina a scriverlo, aggiungendo alla nota integrativa al bilancio che le cessioni di Kayode e Biraghi sono avvenute nei “fatti di rilievo avvenuti successivamente alla chiusura dell’esercizio”.

Che il Napoli invece rientri tra le società sul filo per quanto riguarda gennaio è una verità parziale, il presidente De Laurentiis ha a disposizione numerosi strumenti per immettere soldi nel club. Sicuramente il ricco mercato estivo ha peggiorato nel breve termine il rapporto con il CLA della squadra partenopea, che usa un sistema di ammortamenti decrescenti e che tendono a caricare il costo sul primo anno. Il costo rosa del Napoli è salito a 240,5 milioni in estate, un +27% rispetto all’anno precedente, ma l’economista Alessandro Giudice, intervenuto alla napoletana Radio CRC, ha rassicurato su un possibile blocco di mercato a gennaio. «Il costo del lavoro allargato del Napoli è in linea con i valori stabiliti dal regolamento, quindi non vedo rischi per la società azzurra di un blocco del mercato. [...] In realtà, non vedo rischi di blocco per nessuna società italiana: le maglie si sono allargate. Sarei molto sorpreso se il Napoli venisse sottoposto a un blocco del mercato».

A tutto questo si aggiungono i ricavi derivanti dalla partecipazione alla Champions League, che il Napoli avrà sul bilancio per il controllo del 31 maggio e che invece mancano in quello di settembre. Al netto di tutto, storicamente il Napoli non è neanche una società che è mai intervenuta a gennaio in maniera importante a livello economico, quindi anche un eventuale mercato a saldo zero sarebbe un non-problema. In generale per squadre come Atalanta o Napoli non abbiamo ancora i bilanci che verranno utilizzati per il controllo del 30 novembre, rendendo difficile ogni previsione molto oggettiva.

CHI HA PAURA DEI CONTROLLI DEL 31 MAGGIO?

Il vero grattacapo per queste società di Serie A, anche se il Napoli dovrebbe beneficiare di un 60% di ammortamento già scontato per l’oneroso mercato estivo, saranno i controlli del 31 maggio, decisivi per il mercato estivo. La soglia si abbasserà al 70% e tante società di A saranno ancora di più sul filo del rasoio. Ed è questo il motivo per cui le attenzioni si sono concentrate sulla Lazio già a partire da questo gennaio. Il problema vero per i biancocelesti, i poster boy delle conseguenze di questa norma, è che sempre secondo il CdS le stime attuali portano la Lazio all’81% nel rapporto, e quindi già a gennaio dovrà provare a fare una forbice di 30-40 milioni di plusvalenze per riuscire a poter fare mercato in estate.

Addirittura uno dei più informati in materia di Lazio a livello economico, l’account LeastSquares su X, stima che per avere un mercato “libero” in estate la Lazio sarebbe obbligata a raccattare 70 milioni di plusvalenze, una cifra improponibile senza smantellare la squadra. Complice anche un peggioramento dei conti dovuto alla perdita dei ricavi EL, presenti nell'ultimo controllo, e del ricalcolo delle plusvalenze sul triennio. Per poter operare a saldo zero invece servirebbero “solo” 30 milioni di plusvalenze, confermando le cifre del CdS, ma resterebbe il problema del non poter rinnovare il contratto dei calciatori in rosa. Un danno economico ancora più grave, dato che la Lazio a fine stagione perderebbe a zero Dia, Marusic e Pedro e soprattutto ha in scadenza 2027 pilastri come Alessio Romagnoli, Ivan Provedel, Danilo Cataldi e soprattutto Mario Gila, uno dei principali indiziati a portare le plusvalenze necessarie. Ed è anche questo il motivo per cui la Lazio già a gennaio proverà a portarsi avanti con il lavoro e in entrata starebbe cercando giocatori italiani Under-23 che per la nuova norma appena entrata in vigore non peserebbero sul costo rosa complessivo.

Sia chiaro, l’attenzione particolare al caso della Lazio è semplicemente perché la società di Claudio Lotito è emblematica di come un determinato modello di gestione dei club di Serie A sia ormai diventato datato. Proprio guardando alla situazione della Lazio sembra impossibile non immaginare un ridimensionamento o una necessaria cessione societaria, che pure inizia a essere mormorata sempre di più negli ambienti della Lazio. E pensare che ci sia solo la Lazio in questa situazione, come una certa attenzione mediatica vorrebbe suggerire, è miope. La norma del 70% creerà problemi a molte squadre, specialmente quelle che negli ultimi anni si sono accontentate di vivacchiare su un austerity autoimposta, usando i club come un’azienda di famiglia e bancomat personale piuttosto che a pensare a come far alzare i ricavi. Forti anche del non dover rispettare i parametri UEFA perché, semplicemente, non vi partecipano.

Se poi queste norme segneranno una sostenibilità economica finalmente strutturale della Serie A non possiamo ancora saperlo, sicuramente chi riuscirà a rispettare meglio “le regole del gioco” sarà anche quello che ne trarrà il maggiore beneficio sul campo, senza possibilità di barare.

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