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Mezz'ora di pandemonio assoluto in Serie A
19 mag 2025
Tra rigori, Var, risse e occasioni mancate.
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15 min
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Quando ha iniziato a deragliare il treno? Sembrava una serata tranquilla, persino noiosa. E questo al di là di quale sarebbe stata la sua conclusione. Come si dice, l’importante non è la destinazione ma il viaggio? Sia che l’Inter fosse tornata in cima alla classifica - perché almeno aveva trovato il gol del vantaggio proprio allo scadere del primo tempo, su calcio piazzato - sia che il Napoli fosse riuscito, alla fine, a fare un gol al Parma e a tenere il primo posto, sembrava l’emblema di una stagione logorante, sfibrante, in cui Napoli e Inter arrivavano al traguardo carponi, strusciando sulle ginocchia, per inerzia.

Poi qualcosa nell’equilibrio karmico di questa giornata giocata (quasi) tutta in contemporanea si è rotto. I primi scossoni, che hanno svegliato i viaggiatori che si erano magari addormentati già a metà del primo tempo, sono arrivati a cavallo tra le due frazioni di gioco. Prima il gol di Bisseck, che ha risolto un calcio piazzato nel secondo minuto di recupero, proprio mentre i giocatori del Napoli stavano rientrando negli spogliatoi. Poi la rimonta dell’Empoli, che nei primi cinque minuti della ripresa ha segnato due gol al Monza rimettendosi in corsa per la salvezza, togliendo un po’ di leggerezza al Parma.

Certo, se fosse bastato così poco all’Inter per vincere questo Scudetto sarebbe stato triste per i tifosi del Napoli - che nel frattempo aveva anche colpito un palo clamoroso con Anguissa e una traversa con Politano - ma tutto sommato avrebbe avuto senso. Un campionato giocato un po’ da tutti col freno a mano tirato, al ribasso, col minimo sforzo sempre e comunque. Sembrava anche un po’ destino: al 41' Isaksen era arrivato tutto solo davanti a Sommer, ma aveva calciato debole e centrale. In serate così sembra semplicemente che a qualcuno vada tutto bene e a qualcun altro tutto male.

Arriviamo così agli ultimi venti minuti, o poco più. Al 69', per essere precisi. La Lazio aveva iniziato il secondo tempo aggressiva, più spavalda, determinata quasi per principio a farglielo sudare un po’ di più, quello Scudetto, all’Inter. Un lancio di Gila trova Castellanos tutto solo a ridosso della metà campo. Acerbi lo osserva da lontano e Bisseck scappa all’indietro, Castellanos controlla di petto, si gira e ha tutto il tempo di servire Boulayé Dia di esterno. Dia corre tra Acerbi e Bisseck che sembra letargico, più addormentato degli spettatori a casa, e si deve svegliare all’ultimo per recuperare Dia in corsa e spostare con la punta del piede la palla, proprio all’ultimo momento.

La regia inquadra Lautaro Martinez, seduto in tribuna, che sbuffa come quelle persone che hanno paura di prendere l’aereo e a ogni piccola turbolenza temono possa precipitare. Ricky Buscaglia al commento parla di «respiro di sollievo», ma l’espressione di Lautaro non sembra quella di chi si sente liberato dopo aver scampato un pericolo, quanto piuttosto la paura di chi che teme che possa succedere qualcosa di peggiore.

È questo in quel momento in cui gli eventi hanno iniziato a precipitare.

Proprio in quel momento il Napoli deve battere un calcio di punizione qualche metro oltre il limite dell’area, a sinistra. Antonio Conte, ammonito al quarto d’ora del primo tempo per proteste, ha già fatto entrare David Neres e Billing per provare ad aumentare l’offensività del Napoli. McTominay si era alzato stabilmente sulla linea di Lukaku e quasi immediatamente Spinazzola lo ha trovato con un pallone filtrante rasoterra, che aveva costretto Del Prato al fallo da ammonizione.

Sul punto di battuta ci vanno McTominay, Anguissa, Billing e Spinazzola, che parlano tra loro come un gruppo di studio che deve risolvere un problema matematico. Secondo Alessio De Giuseppe, bordocampista Dazn che Pardo chiama “Ale”, Antonio Conte sta dicendo che deve calciare Billing. E magari non è vero e De Giuseppe ha capito male, oppure - sembra verosimile - è solo un piccolo tentativo di confondere le acque, da parte di un allenatore che non vuole lasciare nulla di intentato.

Calcia McTominay, a giro ma forte, sul secondo palo. Suzuki ci arriva con la punta delle dita e mette la palla sulla parte alta della traversa. McTominay, contraddice il suo sguardo freddo da Terminator mettendosi le mani nei capelli. Quando la palla non deve entrare, c’è poco da fare, sembra pensare con saggezza prettamente scozzese.

Un minuto dopo - è il settantunesimo minuto di gioco - a Milano, Taty Castellanos protegge un pallone vicino al calcio d’angolo, a destra. Acerbi lo rallenta e Bastoni riesce a toglierglielo, ma Castellanos è troppo più energico e deciso di loro, non molla Bastoni a cui contrasta la spazzata e riconquista in qualche modo il rimbalzo. Con un po’ di fortuna la palla arriva a Hysaj (entrato nel secondo tempo al posto di Nuno Tavares) che dalla linea di fondo la passa all’indietro a Pedro (entrato al posto di Isaksen). Pedro fa un grande controllo, girandosi su se stesso e scaricando all’indietro a Guendouzi. Barella esce in pressione e Guendouzi ha appena il tempo di girare in orizzontale a sinistra dove arriva in corsa Marusic. A quel punto succede un gran casino.

Il tiro dal limite dell’area di Marusic è smorzato da Dumfries, ma arriva comunque al centro dell’area di rigore, precisamente sui piedi di Vecino che però a pochi metri da Sommer scivola, gli si allargano le gambe e la palla gli resta dietro. Vecino cade a terra ma di punta riesce ad appoggiarla a Pedro che calcia di piatto sotto la traversa. È un’azione così confusa che non si capisce neanche cosa debbano controllare al VAR. Forse, semplicemente, tutto. C’è forse un tocco di braccio di Dumfries, forse un fuorigioco di Vecino che incrocia la corsa con la linea difensiva dell’Inter.

Raramente i difensori nerazzurri sono apparsi così slegati tra loro, una bocca con i denti messi a casaccio, la bocca di una persona che non è mai andata dal dentista e ne avrebbe avuto bisogno. Acerbi e Bisseck sono i più avanzati, con Calhanoglu che si alza all’ultimo e Carlos Augusto che non sa se coprire gli ultimi metri di campo o alzarsi anche lui. Alla fine tiene tutti in gioco Bastoni in fondo a destra, alza il braccio per chiedere il fuorigioco e non prova neanche a marcare Pedro che gli passa davanti.

Tutto molto strano ma regolare. Quando Chiffi dice a tutti che la Lazio ha pareggiato siamo entrati nel settantaquattresimo minuto di gioco.

A quel punto, a Parma, si sente un boato. I tifosi in tribuna esultano ma De Giuseppe ci dice che per qualche ragione non prende internet nella panchina di Conte e quindi ci mettono un po’ ad avere la certezza del gol di Pedro. Sembra che un po’ di pressione venga tolta dalle spalle dei giocatori napoletani, il loro giro palla rallenta impercettibilmente e quando Hernani finisce a terra con i crampi, Oliveira gli tira in alto la gamba con tutta la calma del mondo.

Parma-Napoli scivola nel garbage time, la squadra di Chivu si difende ormai ripiegando con dieci uomini dietro la palla e spazzando nella metà campo avversaria senza troppi pensieri, ma anche quella di Conte sembra a corto di idee e energie, fa girare palla ma non riesce a penetrare né al centro né sulle fasce, mette dentro dei cross ma non ottiene nessun risultato.

Persino Conte sembra tranquillo, fino a quando aggiunge al cambio di Ngonge, entrato al posto di un Politano esausto, quello di Simeone al posto di Lukaku. Un cambio che sembra dettato dalla fretta di voler mettere mano alla partita, se non proprio dalla disperazione.

Nei minuti che seguono il gol del pareggio di Pedro niente sembra indicare una possibile reazione dell’Inter. Che anzi appare in balia del possesso letargico della Lazio. Quando l’Inter si alza, si allunga di conseguenza; sembra persa dietro le ricezioni di Pedro e Dia tra le linee e la regia apatica di Guendouzi che abbassa i ritmi il più possibile. Quando la palla arriva davanti non c’è sintonia tra Correa (entrato al posto di Taremi) e Thuram. Con grande fatica la palla arriva all’attaccante francese sull’esterno destro e solo una scivolata tanto inutile quanto fuori tempo di Romagnoli (ammonito) regala la punizione che Calhanoglu metterà sulla testa di Dumfries sul secondo palo per il gol del vantaggio.

L’Inter si sta facendo salvare dalla qualità tecnica e fisica dei suoi uomini migliori, più eccezionali, persino in una serata così poco brillante nessuno può toglierle la capacità di Dumfries di dominare in aria e la pericolosità di Calhanoglu davanti a un calcio piazzato. È il quindicesimo gol di testa dell’Inter in questo campionato e tutta la panchina scatta ad esultare con Dumfries.

Il suo, seppur ferita, l’Inter lo sta facendo. Eppure, in tribuna, Lautaro sembra sempre preoccupato. Sembra il parente di una persona portata d’urgenza al pronto soccorso: le buone notizie non sono mai definitive e quelle cattive possono arrivare da un momento all’altro. «Spera che finisca il prima possibile su questo punteggio», dice Buscaglia.

Siamo all’ottantesimo.

Dopo il gol, l’Inter trova nuova energia. Dumfries arriva a calciare di sinistro da dentro l’area di rigore, il pallone deviato da Romagnoli finisce di poco al lato del primo palo. Dumfries avrebbe chiuso la partita e la regia inquadra la panchina dell’Inter con le mani nei capelli. Un minuto dopo Pedro si fa male in un duello aereo con Barella, forse alla schiena, forse a un fianco, e la partita si interrompe per un paio di minuti. Forse è qui che l’Inter perde di nuovo il filo.

Quando il gioco riprende non è chiaro se l’Inter voglia abbassare i ritmi o provare a segnare il terzo gol. Alla circolazione bassa e prudente di Acerbi e Sommer seguono i lanci lunghi per Thuram solo contro tutti e la pressione che, quando la Lazio riesce a bucarla, fa apparire l’Inter ancora una volta fragile. Forse è un filtrante di Pedro per Castellanos, che non arriva a destinazione ma spaventa la difesa interista, a far abbassare la linea nerazzurra poco prima del cross di Pedro che, all’ottantaseiesimo minuto, trova Castellanos sul secondo palo.

È una palla complicata che Castellanos non potrebbe quasi in nessun modo trasformare in un pericolo. Intorno a lui ci sono cinque giocatori interisti: Bisseck subito davanti, più Barella, Dumfries e Calhanoglu. Castellanos ha però una piccola intuizione: intanto prova a saltare Bisseck con un tocco al volo di collo, poi si vede. Calhanoglu in realtà aveva capito tutto e si stava precipitando dove sarebbe finito il pallone, ma Bisseck stranamente salta. Con le braccia dietro la schiena ma il gomito appena appena largo.

La Lazio chiede all’arbitro di andarla a vedere al VAR ma si continua a giocare per trenta secondi, prima che la palla finisca in fallo laterale e l’arbitro possa seguire la procedura. Quando arriva il momento e all’auricolare gli dicono di andare a vedere l’azione, Chiffi deve fermarsi di nuovo perché Baroni era partito contro Inzaghi e prima di guardare il replay decide di espellere entrambi gli allenatori. Intanto Barella, come fosse in un film di Totò, passa dietro all’arbitro con nonchalance e gli dice qualcosa all’orecchio provando a infilarsi nei suoi pensieri senza farsi notare.

Due minuti e mezzo dopo l’intervento di Bisseck su Castellanos, Chiffi fischia il rigore. Batte Pedro, Sommer fa un passo verso la sua sinistra e indica quell’angolo con la mano ma quando Pedro calcia dall'altra parte si tuffa dal lato corretto, senza però arrivare sul pallone.

È passato il novantesimo, non si gioca da più di cinque minuti e Inzaghi, anche se non è più in panchina, fa entrare Zalewski, Arnautovic e Zielinski.

Nei minuti precedenti al secondo pareggio di Pedro, a Parma, Antonio Conte arriva al punto di ebollizione. Il suo Napoli non riesce a fare praticamente nulla mentre Chivu lo tortura con una girandola di cambi lentissimi, Pellegrino, Bonny e Valeri ci mettono più di due minuti a uscire, tra l’83' e l’85' e prima che il gioco riprenda Chivu entra addirittura in campo per calmare McTominay che chiede a Del Prato di andare a battere quel benedetto fallo laterale.

Quando si riprende a giocare Camara finisce a terra dopo uno scontro col compagno di squadra Circati, e a quel punto arriva la notizia di un controllo per un possibile fallo di mano di Bisseck a Milano. Di fatto, Pierluigi Pardo smette di fare la telecronaca del Napoli e passa a raccontare il rigore di Pedro. Su una rimessa dal fondo di Suzuki si iniziano a sentire delle persone gridare «gooool, gooool». Mazzocchi deve battere un fallo laterale e a pochi metri da lui la panchina del Napoli si alza in piedi per esultare.

È un momento surreale, la partita si interrompe ancora, Lukaku prende per un braccio Conte che grida «testa, testa» e con la mano spinge indietro qualcuno, forse Di Lorenzo dalla parte opposta del campo. Anche i tifosi si mettono a gridare «2-2» e quando in sovraimpressione spunta il recupero - 7 minuti - scoppia una rissa tra le panchine. Non si capisce cosa sia successo, la panchina del Parma fa il 6 con la mano, forse chiedendo un minuto di recupero in meno rispetto a quello che l’arbitro aveva deciso (ma che non era ancora stato mostrato con la lavagnetta).

Si sente bene Antonio Conte gridare «pezzo di merda» e «ti vengo a prendere», forse ad Antonio Gagliardi, il vice di Chivu (con cui una decina di anni fa, da allenatore della Nazionale, ha collaborato). L’arbitro Doveri espelle entrambi gli allenatori e Conte finisce ad allenare dalle scale che portano agli spogliatoi, come i suggeritori nella botola del palcoscenico che danno le battute agli attori smemorati. E Conte grida di stare attenti in difesa, di non prendere assolutamente gol. Sarebbe stato ancora più surreale, in effetti, se il Napoli fosse riuscito persino a perdere la partita, e il punticino di vantaggio in classifica che aveva sull’Inter.

Intanto anche a Milano sono 7 i minuti di recupero. Acerbi è finito a fare il centravanti e Zalewski crossa tutti i palloni che può. La Lazio è nervosa, perde palloni che cinque minuti prima avrebbe gestito con freddezza e al 93' Mandas è precipitoso, provando a lanciare con le mani un contropiede di Castellanos. La palla viene intercettata da Bisseck e finisce a Dumfries, che crossa di sinistro da fuori area. Acerbi sul secondo palo fa la sponda per Arnautovic, che spinge con entrambe le mani Romagnoli e poi, incredibilmente, cicca il pallone di sinistro.

Potrebbe finire qui, ma non finisce qui. L’Inter le prova tutte anche se ormai fatica persino a fare dei semplici passaggi.

Nel novantottesimo minuto di gioco Correa da destra rientra di sinistro e taglia un cross, Carlos Augusto all’altezza dell’area piccola colpisce di sinistro, alza uno strano pallone di piatto che va verso la porta lentamente.

Mandas era finito a terra leggendo la traiettoria del cross di Correa ma forse ci sarebbe arrivato con la mano, in ogni caso lo anticipa di testa Arnautovic che mette dentro ma, al momento del cross di Carlos Augusto era nettamente in fuorigioco.

Nel centesimo minuto di gioco, Barella entra in area da sinistra, salta Guendouzi e carica il tiro di destro, ma dal centro arriva Acerbi alla ricerca del secondo gol nel recupero nella seconda partita decisiva per la stagione dell’Inter - sarebbe stato, in questo caso, più magico che surreale, sarebbe stato un sogno per Acerbi e per i tifosi dell’Inter - ma calcia scivolando, di sinistro, e la palla finisce sull’esterno della rete. Barella si lamenta mentre Acerbi, in ginocchio, è pallido come un fantasma.

Si gioca ancora per qualche secondo, Dumfries spinge fino alla riga di fondo ma il suo cross è ribattuto da Marusic e prima di uscire tocca di nuovo Dumfries: sarebbe rimessa dal fondo ma l’arbitro ne approfitta per fischiare la fine.

Intanto a Parma è entrato Djuric che vince tutti i duelli aerei nella metà campo del Napoli e con i gomiti prova a tagliare in due le facce di chi gli salta vicino. Al 96'. Djuric salta addosso a McTominay ma non prende la palla, che arriva a Billing che ha un guizzo, porta palla nella metà campo del Parma e prova a servire Simeone. Il passaggio è impreso ma Circati arriva solo a toccarlo, poi torna sul pallone e in qualche modo anticipa Simeone cadendo a terra.

La palla arriva però a Ngonge che serve Neres sul lato destro dell’area, che controlla di sinistro e salta Lovik. Lovik gli pianta la gamba davanti e Neres cade.

Seguono ben tre minuti di discussioni in campo e analisi, giocatori che parlano con la mano davanti alla bocca o imitano platealmente l’azione di gioco all’arbitro. Tutti pensano che al VAR stiano rivendendo il contatto tra Neres e Lovik ma quando Doveri va allo schermo non gli fanno rivedere il rigore bensì l’intervento di Simeone su Circati immediatamente precedente.

A quel punto è praticamente impossibile mantenere la lucidità su un fallo così sottile: quanto è determinante il tocco di Simeone su Circati, quanto influisce su quella giocata? Doveri decide che è sufficientemente determinante e influente, e annulla il rigore. Poi alza il braccio e dice che si giocherà per altri tre minuti, fino al centotreesimo minuto. La partita dell’Inter è finita 2-2 e il Napoli deve solo cercare di restare calmo e non fare errori.

Il Napoli si butta un’ultima volta in avanti con quattro uomini, Billing perde palla al limite dell’area del Parma e spende il fallo per non far ripartire il Parma. «Conte è letteralmente impazzito», dice De Giuseppe a quel punto, «stava per rimettersi in panchina». Perché non vorrebbe proprio che il Napoli attaccasse. Non succede più niente però, dopo un paio di batti e ribatti a centrocampo l’arbitro fischia la fine.

Antonio Conte riemerge dalla gola dello stadio e va a esultare sotto il settore dei tifosi napoletani in festa. Conte alza le braccia e grida, chiede di più, ancora di più, per quel pareggio senza reti soffertissimo contro un Parma a due punti dalla zona retrocessione. D’altra parte, se gli Scudetti si possono vincere e perdere in albergo va bene anche così.

Lo Scudetto 2024-25 forse Conte potrebbe averlo vinto in questo modo, nascosto dietro sulle scale dietro le panchine, celebrando la grande partita di Pedro e l’errore clamoroso di Arnautovic, senza disperarsi troppo per un rigore negato al decimo minuto di recupero del secondo ma litigando con la panchina avversaria per un minuto in più o un minuto in meno di recupero. Mai come ieri sera è stato vero che la Serie A è il campionato dei dettagli, che si vince a Parma per il battito d’ali di una farfalla a Milano.


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