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4 nuovi progetti tattici in Serie A
28 ago 2019
28 ago 2019
I cambi di panchina più interessanti del campionato italiano.
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15 min
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Questo articolo è uscito originariamente in inglese sul blog di Wyscout, la piattaforma video in cui è possibile visionare giocatori di tutti i livelli, di tutte le età e di tutto il mondo. Lo trovate a questo indirizzo.

Paulo Fonseca

di Dario Saltari

Nella svolta storica che ha visto quasi tutte le squadre di vertice di Serie A puntare su allenatori dal calcio attrattivo ancor prima che efficace, la Roma è tra quelle che quest’anno ha fatto la scelta più radicale.

Dopo aver cercato profili per certi versi più pragmatici, o comunque più testati nel contesto italiano, come quelli di Conte e Gasperini, il club giallorosso ha optato per Paulo Fonseca, che viene da un’esperienza di grande successo in Ucraina, dove ha vinto 7 trofei nazionali sui 9 totali disponibili (3 campionati, 3 coppe e una Supercoppa). Più che dai trofei conquistati (a cui vanno aggiunti anche una coppa nazionale portoghese con il Braga e una Supercoppa di Portogallo con il Porto), la scelta dell’allenatore portoghese è stata però soprattutto influenzata dal gioco offensivo e spettacolare messo in mostra dallo Shakhtar Donetsk in Champions League, che per una coincidenza ha messo in imbarazzo soprattutto squadre italiane (come il Napoli di Sarri nel 2017 e la stessa Roma l’anno successivo).

Paulo Fonseca è uno degli esponenti più promettenti della scuola tattica portoghese, che negli ultimi anni si sta dimostrando la più feconda e interessante dell’intero continente. Di essa porta alcuni dei suoi tratti più caratteristici, a partire dalle innovazioni nei metodi di allenamento attraverso la cosiddetta periodizzazione tattica, che cerca di abbattere le divisioni tra esercizi fisici e tattici lavorando sempre con il pallone. Della periodizzazione tattica, che è stata portata sui campi da gioco per la prima volta da Carlos Queiroz (che per un’altra coincidenza curiosa condivide con Fonseca la città di nascita, cioè Nampula, in Mozambico), gli spettatori italiani hanno potuto avere un primo assaggio in un video condiviso dalla squadra giallorossa, dove si vedono i giocatori allenare il gegenpressing attraverso un particolare torello.

Anche all’interno della scuola tattica portoghese, però, Fonseca spicca per determinate peculiarità. Grande estimatore di Guardiola e Sarri, l’ex allenatore dello Shakhtar Donetsk ha principi molto ambiziosi che cercano di ibridare il gioco di posizione con un atteggiamento senza palla pragmatico che prova a mantenere il più possibile la compattezza posizionale. Già nelle prime amichevoli della Roma sotto la nuova gestione si sono potute vedere abbozzate le prime caratteristiche del gioco dell’allenatore portoghese, a partire dalle variazioni che fa subire all’iniziale 4-2-3-1 per facilitare l’uscita del pallone dalla difesa.

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In fase di prima impostazione il 4-2-3-1 si trasforma in una specie di 3-4-3 a diamante, grazie alla salida lavolpiana di uno dei due mediani e l’entrata dentro al campo delle ali.

Fonseca chiede alla sua squadra di risalire il campo con passaggi corti, mettendo molti uomini alle spalle delle linee di pressione avversarie nei corridoi più centrali, per esempio facendo entrare molto dentro al campo le due ali, che inizialmente agiscono di fatto da mezzali. L’obiettivo dell’allenatore portoghese è di restringere il campo da gioco per avvicinare i suoi uomini e rendere più facili le giocate in velocità, nonché per liberare spazio all’ampiezza dei terzini, che rimangono quasi sempre molto larghi e alti. In queste prime amichevoli, però, Fonseca è sembrato anche volersi adattare alle caratteristiche dei suoi giocatori, per esempio lasciando Kolarov ancorato ai due centrali in fase di prima impostazione.

Senza palla, invece, Fonseca opta per un 4-4-2 molto stretto sia verticalmente che orizzontalmente, e con un baricentro molto alto, anche nelle situazioni di gioco di difesa posizionale. Il pressing alto scatta solo all’accendersi di determinati trigger (per esempio il passaggio del centrale verso il terzino), mentre per il resto del tempo la squadra cerca di mantenersi compatta e alta sul campo in modo da spingere l’avversario a lanciare lungo direttamente verso le punte, messe in fuorigioco dalla difesa, o a andare sugli esterni, dove il recupero del pallone è facilitato naturalmente dalla linea del fallo laterale.

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Il 4-4-2 in fase di difesa posizionale si scompone nel pressing alto nel momento in cui il centrale passa la palla lateralmente al terzino.

Proprio la copertura dell’ampiezza, che in un sistema di questo tipo dipende dai veloci scivolamenti orizzontali, sembra essere il difetto strutturale più marcato per adesso, con la Roma che è andata in difficoltà soprattutto con il Real Madrid, che sfruttava naturalmente i corridoi esterni attraverso il 3-4-3.

Quello di Fonseca, insomma, è come ha ripetuto lui stesso un gioco molto coraggioso e che richiede alla squadra un’intensità mentale prima che fisica molto alta affinché funzioni. Il rischio, in un campionato così cinico e attento ai difetti come la Serie A, è che l’ambizione dell’allenatore portoghese si scontri con il pragmatismo dei suoi avversari. Forse proprio perché consapevole di queste difficoltà, Fonseca ha promesso una grande attenzione al dettaglio nello studio dell’avversario e la capacità di adattarsi. Due variabili che saranno fondamentali per il successo della Roma e quindi per la sua scalata all’élite del calcio europeo.


Maurizio Sarri

di Alfredo Giacobbe

Provate a guardare alla Juventus come se fosse un prodotto industriale e capirete la decisione del suo imprenditore. Andrea Agnelli ha sostituito Massimiliano Allegri perché, forse, ha giudicato la sua Juventus a fine ciclo. È come se avesse voluto ritirare dal mercato un prodotto maturo prima che diventasse obsoleto, per immetterne uno nuovo di zecca.

La scelta di Agnelli è ricaduta su Maurizio Sarri, che è un allenatore differente dal suo predecessore per molti aspetti. Su tutti, Sarri ha un approccio che potremmo definire top-down: stabilisce i principi di gioco che ritiene non negoziabili, e da questi deriva a cascata il sistema tattico e i compiti da tenere nelle varie fasi. Allegri negli anni juventini aveva avuto un approccio agli antipodi, di tipo bottom-up: osservava in campo le caratteristiche dei calciatori e la loro reciproca integrazione, fino ad assemblare il suo sistema per approssimazioni successive. Se Allegri era un fine artigiano, Sarri è invece un architetto.

Pur tenendo fede ai principi, Sarri non è un allenatore tatticamente rigido, ma anzi ha sempre trovato soluzioni nuove in base al materiale umano a sua disposizione. Un esempio lampante è l’impostazione bassa del gioco.

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Al suo primo anno in Serie A, con il neopromosso Empoli, Sarri chiedeva al regista basso Valdifiori di calciare spesso lungo verso le punte, sopra la testa dei difensori avversari. Il suo intento era quello di sfruttare le capacità di calcio lungo del suo regista e la velocità delle sue due punte. Le cause di questa scelta sono però da ricercare nella presenza di difensori meno tecnici rispetto alla media della Serie A, quindi il tentativo di Sarri era volto a una deresponsabilizzazione dei difensori dai compiti di costruzione ad inizio gioco.

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Un primo cambiamento c’è stato già a Napoli e al Chelsea, a causa della presenza di Jorginho. Il palleggio verticale e sincopato tra il regista italo-brasiliano e i difensori centrali serviva a disorganizzare le linee avversarie e a trovare un uomo oltre la prima linea di pressione. I terzini, larghi sulle fasce, offrivano solo un mero supporto spaziale alle trame interne dei centrocampisti.

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Già nelle prime amichevoli di quest’estate, qualcosa di nuovo è spuntato nella fase d’inizio gioco della Juventus. Ora è Pjanic a giostrare da riferimento basso nel triangolo di centrocampo. Il bosniaco è stato però quasi sempre marcato ad uomo da un avversario. Ecco che i centrali palleggiano con i terzini, mentre più avanti le mezze ali ai lati di Pjanic si aprono o arretrano, come in figura. Lo spazio che ne deriva favorisce la ricezione della punta e degli esterni d’attacco, serviti con un passaggio in diagonale dal terzino verso l’interno del campo.

Il punto in comune di questi tre differenti approcci è il principio, ovvero la volontà di attirare in avanti gli avversari. Invitare l’avversario alla pressione con un palleggio inizialmente corto crea spazi in altre zone del campo, attaccabili successivamente. La seconda fase, l’attacco dello spazio, può essere eseguita in diversi modi: verticalizzando in fretta; giocando centralmente sulla mezzala o sulla punta tra le linee; arrivando agli attaccanti passando prima per le fasce. L’implementazione cambia, i principi restano uguali: in queste poche parole si può riassumere il lavoro di Maurizio Sarri.




Antonio Conte

di Marco D’Ottavi

Non è difficile individuare i motivi per cui l’Inter si è rivolta ad Antonio Conte: al primo anno con la Juventus il tecnico ha vinto lo Scudetto totalizzando 26 punti in più dell’anno precedente, replicando poi con il Chelsea, al primo anno di Premier, vinta con addirittura 43 punti in più. Grazie a queste due esperienze, più quella non vincente ma convincente con la Nazionale, Conte si è guadagnato la fama dell’allenatore in grado di arrivare e rivoltare squadre anche non eccelse nel giro di pochi allenamenti, grazie a idee di gioco semplici e precise, oltre ovviamente al suo carisma.

L’Inter, dopo due difficili quarti posti, è alla ricerca di un progetto tecnico che possa massimizzare gli investimenti fatti, che negli ultimi anni sono stati importanti. La scelta di Antonio Conte, fortemente voluto dalla società tanto da renderlo l’allenatore più pagato nella storia della Serie A, va proprio in questa direzione: la ricerca del definitivo salto di qualità, che con Spalletti non è arrivato.

Pur avendo allenato già in Serie A (l’Atalanta per un totale di 13 partite e la Juventus per 3 stagioni), il ritorno di Conte nel nostro campionato può essere considerato una novità: l’allenatore porta in dote un calcio unico in Italia, affinato dall’esperienza inglese, metodologie di lavoro ben precise e anche uno stile comunicativo particolare, diretto come il suo stile tattico. Nelle poche settimane da allenatore dell’Inter ha già detto che Icardi e Nainggolan non fanno parte del progetto dell’Inter e contestato il ritardo nel mercato, citando anche la volontà di avere Lukaku, poi effettivamente arrivato.

Ma è soprattutto in campo che in questo primo mese abbiamo potuto osservare i primi segni del suo gioco nei movimenti e nelle giocate dell’Inter. L’allenatore sembra intenzionato a riproporre il 3-5-2 che tante vittorie gli ha portato in Italia, ma non è un tecnico dogmatico: più che il modulo per Conte sono fondamentali alcuni principi, su cui sono costruite le sue squadre. In fase di possesso, ad esempio, i due esterni di centrocampo devono sempre stare molto alti, in linea con le punte, che invece devono rimanere strette al centro.

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I giocatori sono tenuti a memorizzare una serie di giocate e movimenti molto specifici (Conte è famoso per far provare delle giocate anche 11 contro 0 fino allo sfinimento durante gli allenamenti) da riprodurre in campo a seconda delle situazione. Un lavoro che non è del tutto meccanico, ma che costringe gli interpreti a continue scelte guidate dai princìpi di gioco di Conte: occupazione degli spazi, scalate, triangoli in fase di costruzione, gioco di prima e smarcamenti, movimenti alternati delle punte.

Il cardine di tutto, però, è più mentale che tattico. Conte richiede ai suoi giocatori uno sforzo continuo attraverso il lavoro in allenamento. Il concetto di intensità è fondamentale: chi scende in campo deve essere in grado di aggredire in avanti in fase di recupero, ma anche ripiegare rapidamente. In fase offensiva bisogna costantemente proporsi ed essere capaci di giocare un calcio diretto e veloce, e per farlo è necessario essere sempre fisicamente e mentalmente collegati alla partita.

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Un esempio dall’amichevole con il PSG: Sensi schierato playmaker centrale non si fa problemi ad andare a portare pressione sul difensore avversario nella sua area, costringedolo a lanciare di lato e non giocare in avanti. Nello stesso momento Esposito è già partito verso l’esterno per mettere pressione al giocatore che deve ricevere il lancio. Nello stesso momento 4 giocatori dell’Inter gli chiudono tutte le linee di passaggio in avanti. L’azione continuerà con un recupero palla da parte di Esposito e con una conclusione pericolosa di Perisic.

Chi ha lavorato con Conte ne ha sempre sottolineato un’attenzione maniacale ai dettagli, che gli ha permesso di aggiustare e migliorare in corsa tutte le squadre che ha allenato. Prepariamoci quindi a vedere una squadra in grado di trasformarsi nel tempo, alla ricerca dell’assetto migliore, come già successo alla Juventus ed al Chelsea.

Il mercato dell’Inter non è ancora chiuso, per cui non è facile fare previsioni, tuttavia la società si sta sforzando di dare a Conte giocatori funzionali al suo progetto come Lukaku e Barella. Le quote dei bookmakers, che spesso vedono l’Inter come la seconda favorita per la vittoria dello Scudetto (dopo la Juventus), sono però indicative della sua credibilità e delle aspettative che sta generando nell’ambiente nerazzurro.




Marco Giampaolo

di Emanuele Atturo

La carriera di Marco Giampaolo ha già vissuto alti e bassi che hanno di volta in volta messo in discussione il suo valore. Ormai dieci anni fa, sulla panchina del Siena, aveva ottenuto il record di punti e di vittorie in Serie A ed era considerato il giovane allenatore più promettente in Italia, al punto che la Juventus pare lo avesse contattato offrendogli la panchina. Dopo una serie di esperienze difficili, però, Giampaolo è finito relegato alla periferia del calcio italiano, in Serie C, alla Cremonese, da dove l’Empoli ha deciso di ripescarlo su segnalazione di Maurizio Sarri.

In Toscana Giampaolo ha ricostruito una propria credibilità ad alti livelli, e lo ha fatto modificando in parte la propria visione del calcio. Se il tecnico era noto soprattutto per l’attenzione e la cura all’organizzazione difensiva, il suo Empoli ha colpito soprattutto per la fluidità e l’efficacia nella fase di possesso palla. Giampaolo ha recuperato il 4-3-1-2 col rombo a centrocampo di Sarri, ma che lui stesso aveva utilizzato al Siena, facendone un vero e proprio marchio di fabbrica, applicato poi alla Sampdoria e dalla prossima stagione al Milan.

Il modulo a rombo è praticamente un unicum nelle squadre di alto livello in Europa ma negli ultimi anni è diventato una specie di segno distintivo della Serie A. Oltre a Sarri e a Giampaolo, hanno utilizzato questo modulo anche Maran, Di Carlo, Andreazzoli Allegri e Gattuso. Si tratta di un modulo con uno scaglionamento di base così definito da offrire pregi e difetti molto marcati. Il 4-3-1-2 facilita la formazione di rombi e triangoli con grande naturalezza e favorisce la densità centrale e in zona palla; d’altra parte fatica a coprire il campo in ampiezza, sia con che senza palla, e a volte può risultare meccanico se non viene reso dinamico dai giocatori in alcuni ruoli chiave.

Alla Sampdoria Giampaolo ha mostrato in pieno questi pregi e difetti: una squadra corta e brava nella riconquista grazie alla densità in zona palla; una squadra che amava controllare la partita col possesso (quinta in Serie A per percentuale di possesso palla) ma che era vulnerabile ai cambi di gioco, specie in transizione difensiva, e che dipendeva molto dalla vena dei propri attaccanti.

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Un esempio delle difficoltà della Sampdoria a difendere l’ampiezza. La squadra collassa tutto verso il lato palla, scoprendosi molto al cambio di gioco.

I movimenti del sistema di Giampaolo dipendono molto dal rombo di centrocampo. Se il mediano rimane più bloccato e aiuta la difesa nell’uscita palla, mezzali e trequartisti devono ruotare per svolgere diverse funzioni, integrandosi tra loro e con i movimenti delle punte, che spesso fanno da innesco. Mentre i terzini rimangono bloccati a inizio azione - e più avanti accompagnano solo a turno - le punte devono spesso allargarsi per garantire l’ampiezza - con il trequartista che va in area per dare da riferimento avanzato - oppure venire incontro, con le mezzali che si muovono in ampiezza. La cosa importante è garantire sempre delle linee di passaggio per avanzare in zona centrale, a volte con un’insistenza che trasforma la metà campo avversaria in una specie di flipper impazzito.

Non è un caso allora che il Milan si sia mosso sul mercato comprando soprattutto centrocampisti che potessero funzionare nel rombo di Giampaolo. Sia Krunic che Bennacer infatti hanno già giocato con questo sistema all’Empoli e ne conoscono i movimenti. Sarà interessante capire anche come Giampaolo sfrutterà gli altri profili presenti in rosa: Paquetà verrà utilizzato da mezzala o da trequartista? Lucas Biglia funzionerà da regista o gli verrà preferito Bennacer? Kessié andrà bene come mezzala di quantità come lo erano Linetty o Barreto?

In attacco invece finora è arrivato Rafael Leao: un profilo giovane e bravo soprattutto nei tagli verso l’esterno, che potrà garantire un lavoro fisico spalle alla porta e in conduzione, importante per far avanzare il pallone quando la squadra fatica a passare per i corridoi centrali.

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Leao potrebbe fare un lavoro simile a quello che faceva Zapata, che attirava i difensori fuori posizioni con i tagli verso l’esterno e favoriva così l’inserimento da dietro delle mezzali.

Nelle ultime settimane Il Milan sta cercando anche di prendere Angel Correa dall’Atlético Madrid, un giocatore peculiare che forse Giampaolo vorrebbe usare da trequartista, sfruttando la sua grandissima qualità negli spazi stretti.

Nonostante sia spesso elogiato per la sua estetica, il gioco di Giampaolo si è rivelato efficace nel contesto della Serie A, specie per fare punti contro squadre più deboli, mentre ha faticato contro le prime in classifica. Da questo punto di vista, sulla panchina rossonera, gli verrà richiesto un miglioramento. Dovrà anche riuscire a non sgonfiarsi nella seconda parte di stagione, come successo quasi sempre alla sua Sampdoria. Come altre squadre, il Milan ha quindi deciso di puntare su un allenatore dall’identità tattica definita e dai principi solidi, e spesso avere le idee chiare è il modo più semplice ed efficace per far partire un ciclo tecnico.




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