Sergio Busquets: l’arte di scomparire nel sistema
Il centrocampista del Barcellona è il giocatore più sottovalutato degli ultimi anni?
Il miglior Busquets
Non è solo Guardiola ad accorgersi della differenza di Busquets. Del Bosque è il primo a salire sul carro e lo convoca già nel febbraio 2009, quando non è neanche titolare nel Barcellona. Attraverso l’inserimento di Busquets attua un cambio sostanziale nel sistema della “Roja”, passando dal gioco di posizione a un calcio di possesso puro. La Spagna utilizza due giocatori davanti alla difesa (Xabi Alonso e Busquets) per avere non una ma due reti di sicurezza per il possesso che i giocatori più avanti (Xavi e Iniesta) instaurano nel campo avversario. La presenza del doble pivote diventa inderogabile per Del Bosque, che arriva addirittura a dichiarare Busquets come il giocatore che vorrebbe essere dovendo rinascere nel calcio contemporaneo.
La Spagna intraprende un percorso che la porterà ad alzare il primo Mondiale della sua storia e Busquets è il cocco del mister: «Se guardi la partita nel suo complesso Busquets non si nota, ma guardando Busquets riuscirai a capire la partita nel suo complesso».
Il Mondiale fa da apripista per quella che rimane la miglior stagione della carriera di Busquets, quella in cui Guardiola rinuncia a Ibrahimovic per abbracciare Messi falso nove. La stagione 2010-11 è l’apice espressivo del rombo centrale. La partenza di Ibra e l’arrivo di Villa dona profondità all’attacco della squadra e ha permesso a Messi di occupare in pianta stabile il centro della trequarti. Busquets, a soli 23 anni, si trova nel contesto ideale per raggiungere il picco del suo calcio: Con gli avversari che pressano alti, Guardiola inizia a utilizzarlo per far uscire il pallone dalla difesa. In questo contesto Busquets si muove con la bussola, deve solo preoccuparsi di difendere palla sotto pressione e far continuare l’azione. Col cervello scarico, in perfetta armonia col sistema, Busquets può abbandonarsi alla corrente, senza provare alcuno sforzo creativo.
Neanche l’arrivo di Mascherano, in quel momento il miglior mediano classico, scansa Busquets dalla sua posizione. L’argentino ha dovuto adattarsi in difesa per trovare spazio, riconoscendo di non poter competere con il migliore al mondo nel ruolo. Busquets diventa indispensabile per la manovra come l’olio per il motore: arriva a fare 86 passaggi a partita, mai forzati, sempre corti, alzando una parete che rimbalza palle verso le due mezzali o Messi. Un volume di gioco che, per avere delle proporzioni è nettamente superiore a tutto quello successivo: per dire parliamo di 20 passaggi in più a gara rispetto alla media della stagione del triplete della MSN sotto Luis Enrique nel 2015.
In quella stagione il Barcellona raggiunge un livello di dominio nelle partite ineguagliato da tutte le versioni successive. Produce una quantità enorme di occasioni da gol, grazie alla capacità di tenere palla contro chiunque e, soprattutto, recuperandola immediatamente meglio di tutti. È la stagione dei quattro Classici, e in quel finale di stagione infuocato si vede tutto Busquets: attore principale dei soliti teatrini psicologici sui contatti del Real Madrid; ma anche padrone assoluto del gioco. Al Bernabeu, semifinale d’andata di Champions League, gioca una partita sontuosa: si muove per tutto il campo e sbaglia solo 5 dei suoi 134 passaggi.
Chiude la stagione in Champions League toccando la soglia dei 100 passaggi a gara. Alza la coppa in una finale dominata come non mai contro lo United di Ferguson (qui completa, se volete rivederla), che per 90 minuti non riesce mai a contendere il pallone al Barcellona e che si ritrova asfissiato dalle occasioni create dai catalani (finisce 3-1 ma il Barcellona tira 22 volte in porta, contro le 4 dello United).
Con questo grafico di passaggi si può vedere il rombo centrale del Barcellona con Busquets vertice basso, sempre in appoggio per la manovra, nella stagione 2010-11 all’opera nella finale di Wembley.
Andare oltre i propri limiti
Quella 2011 non è neanche la massima espressione di Busquets come giocatore di calcio: il sistema era troppo perfetto e ne nascondeva i difetti, non lasciandolo migliorare. Nella stagione successiva arriva in Catalogna il figliol prodigo Cesc Fàbregas, cosa che porta Guardiola a imprimere l’ultima decisiva sterzata al suo sistema. Il 4-3-3 con Messi falso nove si alterna a un 3-4-3 a rombo di cruyffiana memoria che permette a Messi e Fàbregas di giocare vicini.
Rispetto al rombo di Cruyff, però, in cui Guardiola interpretava la posizione di Busquets con dettami molto verticali, viene abbandonato il quadrilatero centrale di possesso. Busquets viene arretrato nel raggio d’azione e avvicinato alla difesa, con cui forma un altro quadrilatera con lui come vertice alto. Cosa che lo rende più influente in fase di uscita del pallone che in quelle successive: la differenza nei compiti si vede dal fatto che i suoi passaggi diventano circa 15 di meno di media in una sola stagione.
Un’ultima sterzata che porta a fortune alterne: la vittoria più famosa è la partita del Mondiale per Club contro il Santos di Neymar (qui intera) ma c’è anche il frustrante pareggio in semifinale di ritorno contro il Chelsea di Di Matteo che elimina il Barça dalla Champions League (dove Busquets segna uno dei suoi rarissimi gol con il Barcellona) e la sconfitta nel Classico di ritorno che consegna la Liga a Mourinho.
Un discorso che viene continuato l’anno successivo. Tito Vilanova ristabilisce la difesa a 4, Iniesta e Xavi vengono spostati più avanti e Busquets non può più limitarsi a far iniziare l’azione, le sue responsabilità creative sono aumentate, nonostante tocchi meno palloni.
L’assist per Pedro nel derby vinto per 4-0 mostra il periodo in cui a Busquets viene chiesto di dare qualcosa in più rispetto al suo calcio teorico.
Tito Vilanova gli chiede di lanciare verso gli esterni per aprire velocemente difese che si chiudono, e a quel punto forse c’è la migliore versione di Busquets come giocatore di calcio. Quella in cui i suoi difetti sembrano più che altro delle lacune provvisorie. Ma è lo stesso paradosso che accompagna Busquets anche adesso: isolandolo per chiedergli di brillare di luce propria non permette al sistema di venire illuminato come prima. E infatti il sistema dentro cui Busquets rappresentava una sorta di chiavistello magico non esiste più, sparisce nel corso degli anni mentre le sue stelle invecchiano.
I meccanismi con la palla cambiano poco perché dopo 4 anni sono automatici, il pallone circola ancora, ma la squadra è meno compatta, non ha più quell’attenzione al recupero immediato del pallone e si affida sempre di più al gioco delle sue stelle per uscire dalle situazioni vince in carrozza la Liga, ma viene disintegrato per 4-0 dal Bayern Monaco in semifinale di Champions League.
La tattica con cui il Bayern mette quasi in ridicolo i difetti di Busquets nel difendere all’indietro segna la prima vera doccia fredda per le aspirazioni di Busquets come giocatore non di sistema. E non sono altro che una reminiscenza di quanto fatto poi più daI PSG di Unai Emery nel 4-0 di questa stagione. Il punto di contatto tra le due partite è il fallimento del sistema, e mettere a nudo il sistema equivale a mettere a nudo Busquets.
Quando crolla la casa attorno a lui, Busquets non può far altro che farsi portare via tra le macerie (come anche contro l’Olanda al Mondiale in Brasile nel 2014 con la Spagna). Una situazione non aiutata dal corso di Luis Enrique, che ha cristallizzato in un certo senso i limiti di Busquets.
Busquets esposto alla tempesta
L’epoca Luis Enrique infatti non fa altro che rendere definitivo l’abbandono del sistema: il baricentro viene definitivamente spostato dal centro del campo all’attacco e tutto l’habitat di Busquets cambia radicalmente. Il Barcellona non cerca più né un gioco di posizione né un possesso puro. Cerca di arrivare alla MSN e di creargli lo spazio necessario per dispiegare tutto il suo immenso potenziale (a sostituire Xavi come mezzala destra c’è Rakitic, la cui funzione principale è di liberare lo spazio al momento giusto per far ricevere all’altezza della mezzala destra Messi). Il Barcellona vuole sempre meno la palla e concentra il volume di gioco alla base prima di accelerare per gli attaccanti, una situazione che porta Busquets a guardare più indietro che avanti.
Busquets non ha più gli stessi riferimenti per far circolare il pallone: non può essere più una parete per i compagni più vicini. Il possesso si sviluppa sulla linea difensiva con un’uscita attenta della palla verso la MSN. Quello che c’è in mezzo, il regno dove la sua società con Xavi, Iniesta e Messi ha prosperato, ora è solo terra di passaggio da saltare anche direttamente pur di far arrivare prima il pallone davanti. Questo minimizza il suo impatto col pallone fino quasi a farlo scomparire, mentre ingigantisce i difetti senza la palla: mentre i centrocampisti “si tolgono di mezzo” per lasciar giocare Messi, a Busquets rimane molto più campo da difendere da solo. Per parafrasare Cruyff, Busquets ora non può più difendere una sedia ma deve pensare alla stanza.
Busquets è a proprio agio solo quando ha Messi vicino, come un girasole che volge i petali verso la sua stella. Quando non ha Messi vicino si ingegna per trovare soluzioni utili, in un lavoro cerebrale e creativo molto distante dal suo calcio.
Qui lavora per far ricevere Neymar tra le linee: «Può sembrare che ho aspettato troppo per passarla, ma sto aspettando che si presentino opzioni migliori. Solitamente succede.»
Busquets deve sfiancarsi mentalmente per far girare bene la squadra, deve riordinare il sistema da solo come un uomo di fronte a un puzzle gigantesco. Le sue parole in occasione della Finale di Berlino sono esplicative: «Il lavoro è intenso. Devi calcolare velocemente parecchie cose, questo richiede intelligenza calcistica e concentrazione seria. Parte del mio ruolo è di muovermi tra la la linea difensiva e quella offensiva per far si che la palla circoli bene e velocemente. Spesso questa posizione di “pivote” inizia la giocata. Anche difensivamente devo fare da intermediario tra la linea difensiva a quattro e il centrocampo e devo marcare e pressare così da isolare la punta avversaria dal loro centrocampo». A Busquets è richiesto quindi un lavoro da centrocampista difensivo più ortodosso, e così diventa un giocatore più che normale, vulnerabile.
In ogni caso le sue doti di lettura rimangono in grado di sbrogliare da sole situazioni complicate.
La situazione cambia dopo il 4-0 contro il PSG, quando Luis Enrique decide di dare un giro completo alla lavagnetta. Viene creato un sistema fluido che con il pallone disegna un 3-4-3 con centrocampo a rombo e senza palla si sistema in un 4-4-2 grazie a uno scivolamento della fascia destra. Una situazione sempre più comune in Europa: Busquets difende con gli stessi problemi di prima, ma Luis Enrique così ha migliorato l’uscita della palla dalla difesa. Adesso il Barça ha un quadrilatero alla base che permette superiorità numerica anche sotto pressione, ma anche una struttura chiara a centrocampo. Due mezzali e due esterni si mettono su due linee differenti, più due giocatori sull’asse centrale, e producono diverse linee di passaggio libere.
Busquets è al centro e non più all’origine, e ora l’uscita del pallone è ordinata su più linee di passaggio. Insomma, sono tornate le coordinate per farlo giocare anche ad occhi chiusi; in questo caso si gira e, delle opzioni a disposizione, sceglie Messi.
Un contesto ottimale per Busquets, che può tornare al suo gioco di cucitura semplice e non alla complessità di un gioco creativo. Avere Busquets così alto già nell’uscita del pallone ha il suo vantaggio anche in caso di perdita, perché il Barcellona assesta il possesso più avanti sul campo e può avere Busquets in pressione più avanti, con le spalle coperte da eventuali transizioni.
Averlo più avanti ha i suoi vantaggi per una squadra che vuole recuperare alto.
Adesso il centrale alle sue spalle può uscire dalla linea e anticipare chi va a ricevere alle spalle di Busquets, permettendo al numero 5 di salire con maggiore libertà a recuperare il pallone più vicino alla zona della perdita. Certo, se il primo pressing va a vuoto o se la palla viene persa per una disattenzione, si crea il panico perché ora Busquets ha una prateria alle spalle da dover difendere se con uno scambio viene superato. Ma è un prezzo da pagare per rivederlo finalmente utile al meglio in fase di possesso.
Questo nuovo sistema potrebbe essere solo una fase di passaggio. In ogni caso a fine stagione cambierà allenatore, ma Busquets è un giocatore chiave nella filosofia del Barcellona. Queste ultime partite, in cui è tornato a brillare nei suoi pregi unici, sono un monito per chiunque voglia rifondare il Barcellona dei prossimi anni. Ma anche per lui.
Busquets può essere determinante solo a determinate condizioni ed è quindi importante per lui, prima di tutto, avere chiaro dove proseguire il suo percorso. Ha detto che vorrebbe chiudere la carriera negli USA e che una volta ritirato vorrebbe fare l’allenatore per seguire le orme proprio di Guardiola. A breve termine il suo futuro al Barcellona non sembra più scontato come prima, recentemente ha dichiarato che solo due persone possono portarlo via dalla Catalogna: la sua ragazza e Pep Guardiola. Non solo una cortese dimostrazione di riconoscenza, ma anche di consapevolezza dei propri limiti e di come per lui il sistema di gioco conti quanto i compagni che ha attorno.
Busquets, da solo, appassisce come un fiore d’ibisco. Gli serve un ambiente che gli faccia respirare il suo calcio: esprimersi potenziando i compagni, mettendoli nelle condizioni di brillare come i migliori al mondo. Per sé stesso, invece, non ha bisogno di molto.