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(di)
Alfredo Giacobbe
Senza compromessi
11 mag 2015
11 mag 2015
L'Inter coglie una vittoria fondamentale contro una Lazio che, nonostante le due espulsioni, non ha snaturato la propria filosofia di gioco, sacrificando forse il risultato.
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Alfredo Giacobbe
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Era piuttosto semplice individuare in Lazio-Inter la partita di cartello già dalla vigilia, ma era quasi impossibile immaginare che la partita assumesse un valore come quello che ha assunto alla luce dei risultati delle altre partite della giornata. Cioè: la Lazio ha sprecato l’occasione del contro-controsorpasso sulla Roma (una prece per i titolisti dei quotidiani da qui al derby), dopo la sconfitta della squadra di Garcia contro un Milan redivivo, ma certo non irresistibile; l’Inter, invece, resta aggrappata all'ultimissimo treno per l’Europa, dopo le vittorie in trasferta di Sampdoria e Fiorentina.

 

Come è ovvio, l'espulsione di Mauricio, arrivata nelle fasi iniziali della partita, ha condizionato dal punto di vista tattico l’intero confronto. Potremmo prendere quindi il ventiquattresimo minuto del primo tempo come spartiacque tra le due partite.

 



 

Pioli ha schierato la Lazio con un 4-2-3-1 nel quale Mauri occupava la posizione di trequartista centrale. Nella prima parte di campionato, il capitano biancoceleste era schierato come interno nel 4-3-3 ruotando in alcuni frangenti di gioco nella posizione di trequartista: in quel modo creava molte difficoltà ai suoi avversari diretti che dovevano leggere i suoi movimenti nello spazio. E Mauri è uno dei migliori in Serie A a muoversi nello spazio. Una possibile spiegazione di questa posizione “più statica” potrebbe essere un calo di energia che Pioli tenta di compensare: tutto pur di non privarsi di Mauri.

 

Mancini, invece, ha confermato quello che sembra il modulo tipo della sua Inter: il 4-3-1-2 con Hernanes al vertice del rombo di centrocampo, Guarin e Kovacic mezzali, Medel vertice basso. Il 4-2-3-1 con il quale aveva impostato l’Inter all’inizio della sua esperienza è utilizzato ora solo in corso di partita e solo con il risultato da recuperare, ed è stato abbandonato per la scarsa predisposizione al lavoro di copertura delle ali, che non garantiva equilibrio nelle due fasi.

 

L’aggressività delle due squadre, nel tentativo di recuperare il pallone quanto più vicino possibile alla porta avversaria, ha condizionato la partita fin dall'inizio. La grande intensità ha compromesso la qualità di certe rifiniture: con la Lazio che portava anche sei uomini in pressione (dei 14 falli fatti, 6 sono nella trequarti interista) sui giocatori nerazzurri che provavano a giocare la palla sul rinvio corto del portiere, non restava che calciare lungo. La difesa biancoceleste a sua volta era costretta a restare altissima, per accorciare le distanze tra i reparti, e questo ha portato a risultati persino grotteschi: la prima occasione per i nerazzurri, capitata sui piedi di Icardi, è scaturita da un fallo laterale nella metà campo interista sul quale tutta la Lazio si era catapultata in pressione.

 

Quando l’Inter è riuscita a saltare il primo pressing ha provato ad attaccare sul lato sinistro della difesa della Lazio, dove Guarin e D’Ambrosio sovraccaricavano la zona di Radu. Dall’altro lato, Kovacic preferiva venire in mezzo al campo sul suo piede destro, mentre Juan Jesus, fuori ruolo a terzino sinistro, non riusciva a trovare i tempi giusti per attaccare lo spazio in fascia. Per il brasiliano un cross in novanta minuti contro gli 8 scagliati dalla fascia opposta (3 per D’Ambrosio, 5 dai subentranti Nagatomo e Podolski).

 


La pressione dell'Inter all'inizio dell'azione che ha portato alla Lazio il gol del vantaggio. Kovacic sale per prendere Basta, Medel si sposta verso sinistra per coprirlo, Guarin resta nella Terra di Mezzo (non il primo e scommetto neanche l'ultimo errore tattico del colombiano).



 

Il gol laziale è arrivato come conseguenza indiretta della pressione dell’Inter, con Palacio che ha impedito l’inizio dell’azione a Mauricio, costringendolo al lancio che Vidic ha respinto nella zona nella quale in teoria doveva esserci Guarin, e dove invece ha trovato Felipe Anderson, con Candreva vicino. E la compresenza delle due ali biancocelesti nella stessa zona di campo non è stato un caso isolato: in questo caso Candreva aveva cambiato di posizione con Mauri, ma l'intercambiabilità dei tre trequartisti (ma anche di Mauri con Klose) e, soprattutto, i tagli continui nello spazio hanno portato Felipe Anderson e Candreva a trovarsi vicino in più di un'occasione.

 

Prima del pareggio la Lazio ha avuto la palla del 2-0: anzi, Parolo ne ha avute due consecutive, la prima di piede, la seconda su respinta di Handanovic di testa, sventata da Ranocchia in tuffo. Anche in quel caso l'azione pericolosa era nata grazie alla vicinanza tra Anderson e Candreva, con il primo che una volta ricevuta palla sulla fascia destra ha avuto il tempo di servire Klose (che a sua volta aveva scambiato la posizione con Mauri) sulla corsa proprio perché Candreva teneva impegnato Juan Jesus pochi metri più avanti.

 


Juan Jesus e D'Ambrosio provocano l'inferiorità numerica in mezzo al campo. L'intervento di Mauri e Biglia è tardivo, Kovacic ormai è passato ed è pronto per servire l'assist.



 

L'intercambiabilità tra i quattro attaccanti laziali è sembrata persino troppo fluida, al punto da impedire una transizione difensiva ordinata. In questo senso, l’azione che ha portato all’espulsione di Mauricio è stata emblematica: la linea dei quattro difensori biancocelesti era alta, ma era soprattutto stretta, con Radu e Basta vicini ai difensori centrali, per non lasciarli uno contro uno con le punte nerazzurre. La discesa (finalmente) contemporanea di Juan Jesus e D’Ambrosio dev’essere assorbita da Candreva e Felipe Anderson, ma così facendo sono rimasti in inferiorità numerica Parolo e Biglia contro i tre centrocampisti interisti: con Mauri in ritardo nel coprire Kovacic, il centrocampista croato ha avuto la libertà necessaria per alzare la testa e servire Palacio. Non solo, Candreva e Anderson nella loro corsa all’indietro tenevano in gioco Palacio, che Mauricio pensava di aver messo in fuorigioco.

 



L’espulsione è uno spartiacque doppio, perché sulla punizione seguente l’Inter è riuscita anche a pareggiare (sfruttando un muro di giocatori nerazzurri in fuorigioco). Pioli ha fatto l’unica mossa possibile a quel punto: ha tolto Mauri per inserire Braafheid, ristabilendo così i numeri della propria difesa. Ma la Lazio era sistemata con il classico modulo da 10 uomini, un 4-4-1 con il solo Klose davanti, solo in fase difensiva, alzando nuovamente gli esterni e formando così, in corsa, un coraggiosissimo 4-2-3.

 

La squadra di Pioli ha mantenuto lo stesso atteggiamento anche con l'uomo in meno ed è riuscita anche a rendersi pericolosa su due azioni molto simili: in entrambi i casi grazie a una transizione rapidissima di Felipe Anderson con la palla al piede, che ha attirato su di sé molti avversari prima di scaricare il pallone sull’inserimento di un compagno. Il brasiliano fa bene a fidarsi dei suoi mezzi tecnici, ma i 13 palloni persi sembrano testimoniare una certa testardaggine nel voler risolvere la questione senza l’aiuto dei compagni.

 

A inizio ripresa, Mancini ha approfittato di un acciacco subito da Guarin per inserire Podolski e cambiare il suo sistema in un più offensivo 4-2-3-1. Il nuovo schieramento permetteva all’Inter di avere due uomini in fascia che avrebbero provato ad allargare le maglie degli avversari, ma alla Lazio sono bastati tre uomini (Klose, Parolo e alternativamente uno tra Biglia e Candreva) per rallentare la circolazione di palla interista, con Kovacic e Medel in cabina di regia. Mentre a destra il solo Basta riusciva a contenere Palacio e le rarissime sortite di Juan Jesus: per l’ex Udinese il maggior numero di duelli vinti in mezzo al campo, 10 sui 13 ingaggiati.

 

Per l’Inter sembrava solo una questione di tempo: la Lazio si stava sfiancando in un lavoro di copertura con l’uomo in meno di cui inevitabilmente avrebbe pagato lo scotto, ma va detto che prima della seconda espulsione la squadra di Mancini non ha creato pericoli sostanziali.

 

L'azione che ha portato all'espulsione di Marchetti è stata agevolata dalla difesa alta della Lazio, che aiutava comunque a restringere il campo e a ridurre l'impatto dell'inferiorità numerica. E va sottolineata anche la finta a venire incontro di Icardi, molto più coinvolto nella manovra nerazzurra da quando in panchina siede Mancini (è migliorata soprattutto la sua intesa con Palacio), seguita dallo scatto in profondità e dal bel triangolo con Hernanes.

 


Il 4-4-0 a rombo con il quale si difende la Lazio ridotta in otto. Sempre con la difesa alta, sempre in pressione sul portatore avversario.



 



Dopo il rigore sbagliato, con due uomini in meno, la Lazio ha provato a vincere la partita, tenendo un baricentro comunque alto e provando a pressare in alcuni casi la costruzione nerazzurra. La reazione biancoceleste è testimoniata anche dall’andamento dell’Indice di Pericolosità di SICS: l’Inter supera la Lazio subito dopo la prima espulsione, poi la Lazio inizia il suo recupero. Prima dell’intervallo l’Inter è in vantaggio per 33 a 28, poi la Lazio arriva clamorosamente a superare i nerazzurri poco dopo la seconda espulsione. La resa degli uomini di Pioli diventa palpabile solo dal settantesimo e a fine partita l’IPO dell’Inter è di 81, quello della Lazio si ferma a 47.

 

Il gol del 1-2  è venuto su un’azione di contropiede della squadra in vantaggio di due uomini: Kovacic ha trasformato un rinvio sporco in un assist prendendo di sorpresa i due centrali della Lazio, che stavano risalendo il campo in una situazione di uno contro uno con Icardi e Palacio (quest’ultimo riportato al centro da Mancini, che ha trasformato il 4-2-3-1 in un 4-2-4 dopo la seconda espulsione).

 

Non dev’essere stato facile per Roberto Mancini mettere insieme questa Inter: senza scegliere gli uomini giusti in sede di mercato né lavorare in ritiro, ha dovuto capire qual era il sistema più congeniale alla sua squadra prima di poter trasmettere la sua idea di gioco. Ma qualcosa inizia a intravedersi dell’Inter che sarà: dall’intesa tra Icardi e Palacio, alle posizioni in campo di Hernanes e Kovacic che sembrano consolidarsi.

 

A proposito del talento croato, se ha tempo per fare l’assist o spazio da coprire con la corsa è sempre determinante: Kovacic ha realizzato 8 passaggi chiave, più di tutti, e 3 dribbling su 3. In tutti gli altri frangenti di gioco, però, sembra mancare di personalità. Pur temendo numerose smentite, azzarderò dicendo che Kovacic ha alcune caratteristiche che ricordano Marek Hamsik, altre che ricordano Yoann Gourcuff.

 

L'assenza di de Vrij sta pesando molto: le difficoltà di inizio stagione sono solo un ricordo lontano e l’olandese è diventato un giocatore fondamentale sia in fase di costruzione che in fase di copertura. La Lazio ha forse pagato una fedeltà narcisista ai propri princìpi: continuando a proporre lo stesso gioco aggressivo, verticale, spregiudicato finché ne ha avuto la forza. Una prestazione persino eroica, che però l'ha lasciata al terzo posto. Ma il progetto di Pioli è giovane, e chi, da giovane, non è stato stato idealista senza compromessi?

 
 



 
 

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