
Per uno scherzo del calendario la sfida tra le ultime due vincitrici della Premier League ha trovato il palcoscenico più piccolo del calcio d’agosto, quando ancora le rose sono in divenire e sia vittorie che sconfitte hanno un valore relativo.
Tutto ciò non ha intaccato il fascino della sfida tra Pellegrini e Mourinho, che dopo le prime schermaglie in terra spagnola ai tempi della Liga (con il primo al Malaga e il secondo al Real Madrid), è lievitata fino a diventare una vera e propria guerra calcistica e, in pieno stile Mou, anche di nervi. Negli scontri tra i due allenatori Mourinho è in netto vantaggio, nei più recenti però ha spesso prevalso la paura di perdere, con formazioni molto o troppo prudenti. In questo caso, dopo una sola giornata, le squadre arrivavano con motivazioni e aspettative opposte.
Dopo la sconfitta in Community Shield nel derby con l'Arsenal e il mezzo passo falso dell’esordio in campionato, in cui i Blues si sono fatti rimontare sul 2-2 dallo Swansea, l’atmosfera in casa Chelsea è diventata molto tesa e forse Mourinho pensava di poter volgere quell'energia a favore della propria squadra in difficoltà. Nella formazione manca Oscar, neppure in panchina, a causa di un piccolo infortunio subito in allenamento, e senza il brasiliano Mourinho ha scelto un 4-2-3-1 più difensivo (quello visto nella seconda parte della passata stagione) con l’inserimento di Ramires, alla quarta presenza consecutiva da titolare all’Etihad.
Invece, dopo la vittoria in casa del West Bromwich, annichilito per 3-0, i media inglesi non hanno perso tempo a nominare il Manchester City come favoriti assoluti nella corsa al titolo.
Questione di secondi
L’approccio alla partita della squadra di Pellegrini ha colto alla sprovvista il Chelsea: non c’è stata praticamente alcuna fase di studio, Begovic è stato costretto a salvare il risultato dopo meno di 30 secondi di gioco. Il City ha dominato dall'inizio sia in fase di possesso (muovendo rapidamente il pallone rasoterra, grazie a giocatori brevilinei in grado di abbassarsi a ricevere, e ad anticipare i compassati difensori del Chelsea) sia senza palla, dove è stato applicato un pressing intenso, anche se più legato all’agonismo dei singoli che a un’organizzazione tattica vera e propria.

Il pressing iniziale del City nella metà campo avversaria: appena Willian riceve palla, viene subito circondato da Agüero, Navas e da un ottimo Fernandinho, abile a intuire e a chiudere lo spazio concesso ai Blues dal movimento sul centro-sinistra di Touré. È proprio il centrocampista brasiliano a recuperare il possesso.
Il Chelsea ha puntato a difendere basso, riducendo gli spazi tra le linee al minimo, ma senza la pressione sul portatore di palla nell’ultimo quarto di campo (caratteristica del Chelsea nella scorsa stagione) questo piano di gioco si è rivelato troppo rischioso.
Alla passività nella propria metà campo si è aggiunta la scarsa partecipazione alla fase difensiva di Diego Costa ed Eden Hazard: un lusso di troppo per una squadra che voleva difendere compatta. Il fantasista belga è forse la miglior arma in contropiede del Chelsea, ma sono stati recuperati pochi palloni per provare transizioni offensive rapide.
In questo contesto il City ha avuto vita facile, sfondando regolarmente sulle fasce: specie sulla sinistra, dove Kolarov ha dominato compromettendo stabilmente la compattezza della linea del Chelsea, mettendo in difficoltà Ivanovic, sempre indeciso se uscire in pressione sul compagno di Nazionale, o se rimanere in area per garantire la superiorità numerica.

Il Chelsea impiega tutti gli uomini in fase difensiva, eccezion fatta per Hazard e Costa, formando due linee di 4 uomini ben strette tra loro, concedendo però spazio sulle corsie laterali. Kolarov ha spesso grandi porzioni di campo da sfruttare lungo la fascia, da cui ha tutto il tempo di calibrare il cross in direzione di Agüero.
Sui cross del terzino serbo e di un Sagna in versione Arsenal, era spesso Agüero il primo ad arrivare, grazie a un continuo movimento laterale a elastico che gli ha concesso due grandi occasioni prima su un cross da sinistra, poi da destra, entrambe salvate da un ottimo Begovic.
Ma il gol era inevitabile ed è stato proprio il Kun, già autore di 47 reti in 62 gare all’Etihad, a segnare nel debutto stagionale davanti al pubblico amico, con la nuova maglia numero 10. L’azione del gol è il paradigma della totalità calcistica di Touré, che è sembrato veramente rinato, quasi quello di due anni fa: l’ivoriano ha recuperato palla nella propria area di rigore e ha provato a concludere l'azione in prima persona. Sullo sviluppo, ha fornito l’uno-due ad Agüero, che si è liberato praticamente di tutta la difesa del Chelsea con un sublime cambio di direzione.
Passivi e disordinati
Sul gol, ancora una volta, è parsa evidente la passività delle linee del Chelsea. Ma se la fase difensiva non ha praticamente mai funzionato, neanche quella offensiva ha potuto soddisfare Mourinho. Contrariamente a quanto ci si sarebbe potuti aspettare, con l’inserimento di Ramires non è stato Fàbregas a posizionarsi dietro a Diego Costa, bensì Willian, con Hazard a sinistra e proprio Ramires a destra. Matic sul centro-sinistra e Fabregas sul centro-destra costituivano invece la solita coppia davanti alla difesa.
Anche il ruolo dei terzini è rimasto immutato: prima della mezz’ora di gioco il contatore dei cross di Ivanovic era ancora fermo sullo zero, mentre Azpilicueta non aveva quasi mai nemmeno superato la linea di metà campo. Di fatto il Chelsea attaccava con quattro uomini, Costa e i tre trequartisti, o meglio due, con Ramires spesso molto più basso rispetto a Willian e Hazard.

La fase offensiva del Chelsea: Fàbregas e Matic si limitano a un ruolo di supporto, con i terzini Azpilicueta e Ivanovic che raramente si spingono in avanti. Il peso della fase offensiva è tutto sulle spalle dei quattro uomini più avanzati.
A rendere le cose ancora più complicate in avanti è stata l’inadeguatezza delle distanze tra i trequartisti. Willian e Hazard si scambiavano continuamente, finendo col pestarsi spesso i piedi, posizionandosi su linee di passaggio simili. La fascia destra non è quasi mai stata cercata e anche Ramires tendeva frequentemente ad accentrarsi. Il gioco offensivo del Chelsea non aveva gli abituali sbocchi in ampiezza e gli uomini di Mourinho non sono praticamente mai riusciti a isolare Hazard in situazioni di 1 contro 1.

Il Chelsea attacca con pochi uomini e in modo confuso. I trequartisti si disturbano, Costa non è quasi mai coinvolto nella manovra offensiva e nessuno degli attaccanti risulta essere particolarmente ispirato. Emblematico il pur semplice passaggio di Willian rivolto a un Ramires di spalle, che permette al City di recuperare facilmente il pallone.
L’unica occasione da gol degna di nota del primo tempo, con Fàbregas a calciare a lato della porta di un Hart comunque in traiettoria, è nata proprio da un passaggio a scavalcare la difesa del catalano, in grado di mettere Hazard faccia a faccia con Sagna.
Paradossalmente, pur con soli quattro giocatori sbilanciati in avanti, il Chelsea si esponeva comunque al contropiede: Matic e Fàbregas non eccellono in quanto a senso della posizione e molto spesso si sono schiacciati sulla linea difensiva, lasciando praterie per i vari Touré, Silva, Sterling, Navas e Agüero, tutti abili a buttarsi negli spazi.

Fàbregas è spesso colto fuori posizione. In questo caso si è abbassato troppo, posizionandosi in linea con i difensori, rimanendo spiazzato dal passaggio a rimorchio in direzione di Sterling, che di prima intenzione colpisce male il pallone.
Il Chelsea era talmente in confusione da non riuscire a difendere nemmeno sui calci piazzati, abitualmente un punto di forza: sul finire del primo tempo su un calcio di punizione dalla sinistra, ben sei difensori di Mou hanno lasciato colpire Mangala indisturbato, con quella che è stata per il City la più grande occasione di raddoppiare nel primo tempo. Segno che i problemi del Chelsea erano anche di natura psicologica.
Una tenue reazione
Il Chelsea è rientrato negli spogliatoi consapevole che un solo gol di svantaggio era da considerarsi una fortuna, ma la reazione che era lecito aspettarsi è stata solo un fuoco di paglia.
Nel secondo tempo il piglio è stato diverso (difficile fare peggio del primo), ma i Citizens sono rimasti ordinati in difesa tenendo un occhio sempre sulla possibilità del contropiede e puntando molto sulla forma dei propri terzini, Sagna e Kolarov, autori di un eccellente prestazione anche in fase difensiva e sempre perfetti sulle diagonali.
Ben presto i problemi del Chelsea si sono ripresentati, soprattutto a centrocampo, dove gli uomini di Mourinho sono stati sovrastati da un City finalmente equilibrato grazie a un’ottima prestazione di Fernandinho, bravo a tenere la posizione quando Touré usciva in pressing, e fenomenale nel recuperare e nello sporcare una grandissima quantità di palloni.

Sul contropiede condotto da Agüero, la difesa del Chelsea si abbassa per non concedere profondità, ma ancora una volta la pressione dei centrocampisti sul portatore di palla è completamente assente, con Fàbregas in copertura su Silva e Matic che corre verso linea dei difensori, concedendo all’argentino una grande porzione di spazio da attaccare.
Non è nemmeno migliorata la fase offensiva, con un Fàbregas più propositivo, ma che gravitava anch’egli negli spazi di competenza dei trequartisti (Cuadrado aveva nel frattempo sostituito Ramires), facilitando il compito difensivo agli uomini di Pellegrini.
Hazard & co. non hanno mai dato l’impressione di poter rientrare in partita (a eccezione del gol annullato a Ramires), e infatti è stato il City a segnare il secondo gol su azione da corner, con Kompany a svettare di testa su Ivanovic, rimasto incollato a terra. A chiudere la partita ci ha pensato Fernandinho, dopo che i Citizens avevano recuperato palla proprio da Ivanovic, messo in difficoltà da un discutibile passaggio di Fàbregas.
Sensazioni diverse
A questo punto della stagione, non si può dire che i tre punti conquistati dal City ai danni del Chelsea valgano doppio, ma dopo appena due giornate ci sono già 5 punti di distanza tra le due rivali. A fine anno potrebbero contare molto più di ora e Pellegrini sta ancora aspettando che Sterling si inserisca nei meccanismi.
Mourinho invece dovrebbe cominciare a preoccuparsi, i suoi giocatori sono parsi a secco di idee ed energie mentali, il portoghese ha cercato di derubricare il secondo e il terzo gol a semplici errori individuali, ma mai prima d’ora il suo Chelsea aveva subito più di un gol a Manchester, tra United e City.
Questo inizio di stagione (due sconfitte e un pareggio) ha confermato la vulnerabilità del Chelsea, soprattutto quando, muovendo palla velocemente, non gli viene concesso il tempo di compattare le linee. Impossibile dare giudizi ad agosto, ma le prime due giornate non sono state all’altezza di una difesa del titolo.