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Il Senegal fa sul serio?
09 lug 2019
09 lug 2019
La squadra di Aliou Cissé si presentava tra le favorite ma non sta giocando benissimo.
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La Coppa d’Africa del Senegal procede con un percorso accettabile, in relazione ai risultati ottenuti e si avvicina al suo primo vero momento chiave della competizione: il quarto di finale con il Benin di mercoledì sera; ma dal punto di vista tattico per il momento la squadra allenata da Aliou Cissé non ha convinto. Tra la fase a girone e gli ottavi (1-0 con l’Uganda), il Senegal ha mostrato di avere parecchie lacune strutturali e difficoltà nel mettere in condizioni ottimali i propri talenti offensivi, oltre a una tendenza ad assorbire i ritmi blandi imposti dagli avversari.

Lo scarso valore di questi ultimi, però, ha consentito al Senegal di avanzare in maniera tutto sommato tranquilla, vincendo tutte le partite ad eccezione di quella contro l’Algeria, non a caso un’altra delle favorite per la vittoria finale, una sconfitta che ha palesato tutte le difficoltà, soprattutto offensive, del Senegal. «Penso che favorita debba essere considerata una squadra che abbia già vinto. E non è il nostro caso», ha detto Cissé prima dell’inizio della competizione, mettendo le mani avanti. È vero anche che dalla squadra africana più sorprendente della scorsa Coppa del Mondo - uscita prima degli ottavi solo per il maggior numero di cartellini gialli e rossi rispetto al Giappone - ci si aspetta qualcosa di più.

Cosa ci dice la sconfitta contro l’Algeria

Già dall’inizio della competizione Cissé ha avuto più di un grattacapo, ma il più grande forse è stato quello relativo alla fase di possesso, la difficoltà nel trovare un’organizzazione anche basilare che possa innescare il grande potenziale offensivo a disposizione.

Contro la Tanzania e l’Algeria, il Senegal ha giocato con un 4-5-1 abbastanza piatto, con Mendy tra i pali; Wagué terzino destro, Sané e Kouyate alternatisi di fianco a Koulibaly, Sabaly come terzino sinistro; N’Diaye davanti alla difesa affiancato da Diatta sul centrodestra e da Gueye (vs Tanzania) e Badou Ndiaye sul centro sinistra; Sadio Mané esterno sinistro e Keita esterno destro, con M’baye Niang centravanti. Mané è stato comunque elettrico in alcuni frangenti, muovendosi in alto a sinistra e alternando la sua posizione da esterno di centrocampo a quella di seconda punta di fianco a Niang, ma la difesa posizionale dell’Algeria, anche senza essere molto elaborata, è stata sufficiente ad arginare le circolazioni del Senegal, anche a causa di un quantitativo di errori tecnici individuali non trascurabile.

Così, dopo aver provato senza successo a risalire il campo attraverso l’asse Koulibaly-Mané, Cissé ha tentato di muovere l’Algeria cercando di sfruttare l’esplosività di Keita su canali centrali. Anche il giocatore dell’Inter, però, ha sofferto parecchio (com’era prevedibile) le ricezioni spalle alla porta, perdendo lucidità anche nelle scelte di fraseggio più semplici e causando pericolose ripartenze.

A poco, infine, è valso il tentativo di spostarlo sulla destra invertendolo con Mané, e la sostituzione con Sada Thioub è stata la conclusione più naturale alla sua partita.

I problemi in fase di possesso del Senegal non si sono limitati alle ricezioni nell’ultimo terzo, anche il centrocampo (Alfred N’Diaye-Diatta-Badou Ndiaye) non ha mai trovato le giuste distanze e ha mostrato diversi limiti tecnici, soprattutto per quanto riguarda l’orientamento del corpo e la pulizia di stop e conduzioni.

Questa situazione, oltre a responsabilizzare oltremodo i difensori centrali nella risalita del campo, li esponeva spesso a situazioni di palla scoperta. Kalidou Koulibaly ha retto botta ed è riuscito spesso ad aggredire anche oltre la linea di metà campo, meno fortunate invece le prestazioni dei partner Kouyate e Sané, che fanno più fatica nella lettura dei tempi di uscita e sono meno puliti negli interventi.

Nel finale, contro l’Algeria, la proverbiale reazione di orgoglio e una serie di sostituzioni offensive (tipo quella di Mbaye Diagne, ex giovanili Juventus, al posto di Diatta) hanno portato a poco più di un crossing game esasperato, conclusosi con Koulibaly centravanti come nelle migliori tradizioni dell’assalto all’arma bianca.

Certo, con un po’ di fortuna sarebbe bastato il rigore non visto su Mané per acciuffare un pareggio insperato, ma la qualità delle occasioni prodotte dal Senegal, contro un avversario teoricamente dello stesso livello, è stata deludente.

Cissé ha provato a cambiare

Così, per le successive due partite, Aliou Cissé ha provato un ibrido tra 4-3-3 e 4-2-3-1, un sistema più vario nella costruzione delle occasioni. Idrissa Gueye, al fianco di Bado Ndiaye sulla mediana, è riuscito ad agevolare la risalita del campo grazie alla maggior qualità di trasmissione e di visione di gioco; mentre Ismaila Sarr al posto di Keita sulla fascia destra ha garantito maggiore ampiezza. Il problema delle ricezioni tra le linee è stato parzialmente risolto schierando Henri Saivet in una posizione spuria, un po’ mezz’ala destra un po’ trequartista alle spalle di Niang.

In generale, l’utilizzo di due giocatori per fascia ha consentito al Senegal di destrutturare abilmente la fase di possesso del Kenya, a onor del vero parecchio problematica sia a livello collettivo che individuale, sfruttando i movimenti incontro di Saivet o Mané, in grado di manipolare le marcature avversarie per liberare spazio in profondità per i compagni.

Così, nonostante i ritmi abbastanza compassati, il Senegal è riuscito a trovare un dominio tranquillo della partita e a portare più uomini in accompagnamento alle azioni offensive.

Contro un altro avversario ampiamente alla portata come la Tanzania, questo nuovo assetto ha trovato conferme e maggiori convinzioni, e il Senegal è riuscito a trovare più dinamismo e verticalità immediata nelle sue azioni.

Il gol che sblocca la partita dopo appena 15 minuti arriva grazie a una riaggressione ben eseguita, con Mané innescato da “terzo uomo” sulla corsa dopo la riconquista di Saivet e l’appoggio di Niang. La produzione offensiva del Senegal non è stata molto proficua per il resto della gara, ma quantomeno si sono intravisti dei meccanismi di ripartenza convincenti che potrebbero essere la chiave di volta per arrivare fino in fondo.

Sadio Mané - capocannoniere della competizione nonostante due rigori sbagliati - è stato sfruttato con profitto soprattutto durante queste situazioni più dinamiche e verticali. Ma contro avversari più quotati sarà importante cercare di mantenere alto il ritmo delle giocate per sfruttare l’aggressività nello spazio dell’attaccante del Liverpool, che altrimenti rischia di ritrovarsi rapidamente chiuso.

Il Senegal non sembra avere i mezzi per superare attraverso il palleggio prolungato difese ben organizzate, anche se l’innesto di Saivet e Sarr al posto di Keita e Diatta ha dato più imprevedibilità tra le linee e una migliore gestione dell’ampiezza. In mezzo rimane irrinunciabile Idrissa Gueye, mentre Niang pur comportandosi bene senza palla dovrà dare qualcosa in più nelle giocate a ridosso della linea difensiva, dimostrando di poter essere un centravanti a tutto tondo.

L’unica certezza inscalfibile è quella di Koulibaly, che ha confermato di essere un difensore straordinario anche in un contesto difensivo molto più passivo rispetto a quello del Napoli (sia di Sarri che di Ancelotti), dove è stato capace di assorbire da solo buona parte delle occasioni subite; facendo anche da alternativa preziosa in fase di costruzione, grazie anche alle sue progressioni palla al piede.

Ai quarti di finale ci sarà la sorpresa Benin, che è stata capace di pareggiare con Ghana e Camerun ai gironi e col Marocco agli ottavi, trionfando poi ai rigori. Si tratta di una squadra abbastanza difensiva e rinunciataria, per cui sarà provvidenziale per il Senegal riuscire a gestire meglio le intensità della gara e mettere nelle migliori condizioni possibili Sadio Mané, forse la vera stella di questa Coppa d’Africa.

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