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Emiliano Battazzi
Le semifinali di Europa League
16 apr 2014
16 apr 2014
Il sorteggio di Europa League ci ha privato di quella che sarebbe stata la finale più bella: conosciamo più da vicino il Benfica, la rivale della Juventus e le altre due semifinaliste, Siviglia e Valencia.
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Emiliano Battazzi
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"Mentre voi siete in pizzeria con gli amici o magari al cinema in buona compagnia, su qualche campo europeo ci sono rimonte epocali, maledizioni, dolorosi fallimenti. Quell'altrove speciale ma un po' nascosto è l'Europa League: un ibrido di successo. Nel tennis si dice che l'importanza di un torneo dipende dai nomi dei vincitori nell'albo d'oro. L'Europa League, vista così, è un torneo di rilievo: dal 2009, anno di avvio dell'attuale format e della nuova denominazione, a sollevare la coppa sono stati Atletico Madrid (2 volte), Chelsea e Porto. E se tutto questo non vi basta, spero almeno che il vostro film del giovedì sia molto divertente." Questo è ciò che scriverei se lavorassi per l'UEFA. La realtà è che quest'anno l'Europa League ci riguarda da vicino: c'è la Juventus in semifinale, e la finale si giocherà a Torino. Non possiamo far finta di niente, ecco. Tutti dovremmo guardare almeno una partita dell’Europa League, anche se l'inno della competizione è ridicolo.

L’insostenibile leggerezza dell’Europa League. La coppa pesa 15 kg, è uno dei trofei più pesanti al mondo.

L'AVVERSARIO DELLA JUVE: IL BENFICA Se credete alle maledizioni, questo turno non dovrebbe creare troppi problemi alla Juventus. Nel 1962, dopo aver vinto due Coppe dei Campioni consecutive con il Benfica, l'allenatore dell'epoca, Béla Guttmann, chiese ai dirigenti un aumento di stipendio, che gli venne negato. Lasciò il club e disse che il Benfica non sarebbe mai più stato campione d'Europa per 100 anni. Da quel momento, il club portoghese ha disputato 5 finali di Coppa dei Campioni, perdendole; e due finali di Coppa Uefa/Europa League, senza successo. Se invece non ci credete, sappiate che il Benfica è ritornata una squadra di livello internazionale, dopo un periodo di brutte figure, ormai dal 2009, da quando cioè sulla panchina siede Jorge Jesus: eliminata ai quarti di finale (2009-2010) e in semifinale (2010-2011) di Europa League; ai quarti di finale di Champions League (2011-2012); sconfitta in finale nell'ultima edizione dell'Europa League, contro il Chelsea (2012-2013). Nel frattempo, Jorge Jesus ha lanciato una serie di giocatori poi ceduti ai migliori club d'Europa: Di Maria e Fábio Coentrão (Real Madrid), David Luiz, Ramires e Matić (Chelsea), Javi Garcia (Manchester City), Witsel (Zenit St. Pietroburgo), per la modica cifra di circa 200 milioni di euro incassati. Nonostante queste cessioni, Jorge Jesus qualche trofeo è riuscito a conquistarlo: tre coppe del Portogallo e un campionato. La scorsa stagione avrebbe potuto essere quella della gloria eterna, ma il Benfica perse sciaguratamente tutte le competizioni all'ultimo respiro. Insomma, non è la maledizione, ma una questione di tenuta mentale, il classico braccino corto del tennista. https://www.youtube.com/watch?v=W25uiLBy5Sg

Jorge Jesus festeggia con un balletto un gol segnato in casa del Tottenham, scatenando una polemica con l’allenatore avversario Sherwood. Si difenderà con un colpo di genio, dicendo che le due panchine erano troppo vicine.

Quest'anno però il Benfica ha la vittoria del campionato in tasca (7 punti di vantaggio a 3 giornate dalla fine) ed è in semifinale della coppa nazionale, oltre che dell'Europa League. Si tratta di una squadra solida: imbattuta da novembre (sconfitta 1-0 contro l'Olympiakos in Champions League, una partita nella quale il Benfica stabilì probabilmente il record di occasioni da gol sprecate), non perde in casa in competizioni europee da 11 partite ed è uscita dalla Champions League nonostante abbia fatto 10 punti. In campionato ha il miglior attacco (54 gol) e la miglior difesa (15 gol); non fa differenza tra partite in casa e in trasferta (i suoi 70 punti sono divisi esattamente a metà). Ma come gioca il Benfica? Da quando Matić è andato via (al Chelsea), si è dovuto riorganizzare, e lo ha fatto in due modi: raddoppiando la protezione davanti alla difesa, e cioè con un 4-2-3-1; ma più spesso con un 4-3-3 molto compatto. La facilità con cui si cambia sistema di gioco rende anche meno prevedibile l'undici iniziale, ad eccezione di pochi titolari fissi. FASE DIFENSIVA In fase di non possesso il Benfica si muove con grande dinamismo: a volte è impressionante l'avvio di partita, con un pressing alto sui difensori avversari. Altre volte, durante la partita il Benfica lascia impostare la prima linea avversaria, per rimanere più compatto a centrocampo. In quella zona, il pressing è a nuvola e continuo, per chiudere ogni linea di passaggio all'avversario. Appena perde palla, tutta la squadra si attiva per riottenere il possesso il più velocemente possibile; quando si riesce a bloccare l'avversario in una fase di transizione offensiva, i centrocampisti verticalizzano immediatamente, in modo non troppo dissimile da quello del Borussia Dortmund. Per mantenere la squadra corta e accompagnare il pressing offensivo, anche la linea di difesa spesso avanza, con l'obiettivo di non lasciare né tempi né spazi per il gioco degli avversari. Quando gli esterni difensivi offrono la sovrapposizione alle ali d'attacco, per mantenere la copertura difensiva, il centrocampista serbo Fejsa (o Amorim) arretra fino a diventare difensore centrale di una difesa a 3, con Garay e Luisão ai suoi fianchi.

È appena iniziato il ritorno dei quarti di finale, e il Benfica aggredisce subito altissimo, chiudendo tutte le linee di passaggio immediate. Alla fine il portiere è costretto al rinvio lungo. Nove secondi di pressing, e la palla è quasi riconquistata.

Quando Jorge Jesus usa il doble pivote davanti alla difesa, un centrocampista attacca nella trequarti avversaria (di solito Enzo Pérez ) mentre l'altro (Amorim) si sistema a copertura della linea difensiva o chiude la linea di passaggio verso il regista avversario. Al Benfica non piace difendere nella propria metà campo, ma quando è costretto si compatta molto in zona centrale, impedendo all'avversario di attaccare per linee centrali (se non con tiri da fuori area). A volte lascia spazio per i cross dalle fasce, potendo contare su due difensori centrali alti 192 cm e molto abili nei duelli aerei. Questa caratteristica rende il Benfica molto pericoloso sui calci piazzati: ben 12 i gol segnati (in tutte le competizioni) dalla coppia di difensori centrali. A Londra, contro il Tottenham, la doppietta di Luisão è risultata decisiva per la vittoria finale (1-3). FASE OFFENSIVA In fase di possesso, si attacca molto sulle fasce: i due terzini, Siqueira e Silvio (assente contro la Juve, stagione finita, e la prova che Luisão è d’acciaio), creano sovrapposizioni per gli esterni di attacco; sulla sinistra, spesso Gaitán attacca lo spazio tra l'esterno sinistro e il difensore centrale, approfittando dell'allargamento della difesa avversaria. In attacco, Rodrigo è l'elemento chiave: fa da collegamento con il centrocampo, attacca sempre l'avversario sulla fascia, va in profondità sulle sponde dell'attaccante centrale, e ha segnato 16 gol.

Il Benfica riconquista palla nella propria trequarti e verticalizza immediatamente. Amorim trova il corridoio perfetto tra centrale difensivo e terzino sinistro del Tottenham, Rodrigo (in basso) attacca la linea difensiva schierata (male), rientra sul sinistro e segna.

Oltre a Rodrigo, il grande talento di questa squadra (e forse il prossimo grande trasferimento redditizio) è Lazar Marković, anni 20, serbo, cresciuto nel Partizan Belgrado. Ala sinistra, sta giocando molto pur non essendo ancora il titolare, e ha segnato 7 gol. Nonostante i numeri di Cardozo (172 gol in sette stagioni), il Benfica è molto più imprevedibile quando Lima (18 gol quest’anno) è il riferimento centrale: in quel caso, lo scambio di posizioni con Rodrigo è continuo, i contropiedi molto più veloci e le verticalizzazioni immediate (è lo stile Benfica: “vertigem vertical”, la vertigine verticale; o anche “vertigem da velocidade”, vertigini da velocità, come disse Villas-Boas nel 2011 per sottolineare la differenza di gioco con il suo Porto, più legato al possesso palla). E il pressing nella trequarti avversaria è continuo. Con Cardozo, il Benfica ha un punto di riferimento offensivo su cui appoggiarsi per muovere il possesso palla nella trequarti avversaria, spezzare il ritmo degli avversari, garantendo allo stesso tempo possibilità di cross per le ali e i terzini. Poi, ovviamente, una grande presenza in area di rigore. Comunque, anche quando il Benfica è costretto a mantenere il possesso palla ha diverse soluzioni di gioco. In fase di impostazione, si cerca sempre di smistare il gioco, partendo da Luisão (91,4% di passaggi riusciti in Europa League) verso i due terzini che, infatti, sono molto coinvolti in fase iniziale. Nella partita di ritorno degli ottavi di finale contro il Tottenham (2-2), i due terzini Siqueira (sinistra) e Maxi Pereira (destra) hanno effettuato ben 44 e 45 passaggi (il primo con ottima percentuale di successo, ben il 91%). Nel caso in cui il pressing avversario impedisca il gioco sulle fasce, non si disdegna il lancio lungo verso Cardozo. PUNTI DEBOLI Innanzi tutto, la coppia di difensori centrali è lenta e soffre gli inserimenti dal centrocampo. In linea di principio, il Benfica tende a non difendere troppo vicino alla propria area di rigore. La Juve deve puntare ad attaccare lo spazio dietro la linea difensiva. È una di quelle situazioni in cui un falso nove andrebbe alla grande; nel caso della Juve, Llorente potrebbe scendere più basso a prendere il pallone, per tirare fuori un centrale avversario e creare spazio per gli inserimenti di Tévez e Vidal. Senza la copertura del centrale, i terzini hanno molta difficoltà nell'uno contro uno difensivo, e diventa più facile attaccarli. Visto lo scarso dinamismo, la linea difensiva del Benfica potrebbe inoltre soffrire molto gli scambi ravvicinati tra Llorente e Tévez, un classico del gioco juventino. Inoltre, le "aquile" di Lisbona rischiano molto quando perdono palla in fase di transizione offensiva: in quel caso infatti la difesa sale per accompagnare il movimento della squadra, e si aprono spazi per gli inserimenti dei centrocampisti o delle ali. In una situazione del genere potrebbe essere decisivo il movimento di Lichtsteiner e Asamoah. https://www.youtube.com/watch?v=AYFpM1l4rTc

Matuidi non segna, ma fa capire come si fa: inserimenti centrali da dietro contro una difesa statica e allineata.

Infine, il portiere: quest'anno Oblak ha spesso sostituito il titolare Arthur tra i pali. Contro la Juve dovrebbe giocare il brasiliano, titolare indiscusso da tre stagioni, ma quest'anno più incerto del solito. Arthur ha un passato in Italia, nel Cesena e nella Roma. Ho avuto la sfortuna di assistere a una delle sue prime partite con la maglia giallorossa, in un'amichevole estiva al White Hart Lane contro il Tottenham. La Roma perse 5-0 e la sua prestazione fu semplicemente disastrosa: uno spaventapasseri sarebbe stato probabilmente più mobile. Dopo due stagioni anonime fu regalato al Braga. Lui sostiene che fu colpa dell'ambiente. Se fossi in Conte, però, suggerirei ai miei giocatori qualche tiro da fuori in più rispetto al solito.

I tondini rappresentano gli anticipi del Benfica contro il Tottenham. Sono tutti molto avanzati: il Benfica difende alto e attacca l’avversario sulla trequarti.

L’ALTRA SEMIFINALE: SIVIGLIA-VALENCIA La prima volta che ho visto Juan Antonio Pizzi mi trovavo all'Aeroporto di Buenos Aires. Sembrava una specie di Bradley Cooper imbolsito, visto dai monitor della sala d’attesa, e indossava una camicia a quadretti che sarebbe stata difficile da trovare persino da MAS. Lo avevano intervistato al momento della partenza verso Valencia. Pizzi era l'uomo del momento perché aveva appena vinto il Torneo Inicial (ex Apertura) con il San Lorenzo de Almagro, la squadra per cui tifa il Papa e che deve il nome al salesiano Don Lorenzo Mazza. Presto i tassisti argentini presero a dirmi che il titolo del San Lorenzo aveva qualcosa di miracoloso, perché la squadra non era granché; e per alcuni di loro c'entrava proprio il Papa. Insomma, o in quella squadra c'erano dei grandi giocatori sottovalutati, o Juan Antonio Pizzi era un grande allenatore. O c'entra il Papa. Nel poco tempo che è passato, non ho ben capito quale sia l’interpretazione corretta. Sebbene il suo percorso abbia qualcosa in comune con quello di Simeone (argentino, anche se ex nazionale spagnolo, si trasferisce ad allenare nella Liga a stagione in corso, in una squadra in cui aveva giocato da calciatore), finora Pizzi non è riuscito a trasformare il Valencia in una grande squadra. In 16 partite con il precedente allenatore, Miroslav Dukić, il Valencia aveva ottenuto solo 20 punti; con Pizzi in panchina, i punti sono diventati 24, appena quattro in più. Ma in Europa League è successo di tutto. Dopo una serie di ottime prestazioni, la disfatta nei quarti di finale contro il Basilea sembrava aver compromesso l'intera stagione: sconfitta per 3-0 in Svizzera all’andata e addio sogni di gloria.

L’eleganza non è decisamente il punto di forza di Juan Antonio Pizzi, allenatore del Valencia.

Al ritorno il Valencia è riuscito nell'incredibile rimonta: 5-0 dopo i tempi supplementari. Non è servita nessuna invenzione tattica: il Valencia è sceso in campo con un classico 4-4-2, con continue sovrapposizioni sulla fascia, un centravanti come Paco Alcácer, autore della tripletta decisiva, una seconda punta mobile, Edu Vargas (anche lui a segno), e un centrocampista che si inseriva, Parejo. Una rimonta epica dovuta anche all'atteggiamento molto rinunciatario del Basilea, ai suoi incredibili errori difensivi e al nervosismo in campo. Questo risultato, insieme alla vittoria al Camp Nou per 3-2 contro il Barcellona, è la vetta della stagione del Valencia finora. Pizzi ha messo un po' ordine in campo, sistemando la squadra in modo logico. Si gioca spesso per vie centrali, nonostante Pizzi stia provando ad aumentare l'ampiezza del gioco. Il Valencia soffre molto quando è pressato nella propria metà campo; la linea difensiva accompagna spesso il possesso della squadra, con esiti nefasti quando gli avversari riconquistano il pallone e verticalizzano immediatamente. https://www.youtube.com/watch?v=WEcnHoPuMZ0

Rakitić pettina Pepe con un sombrero di tacco; poi verticalizza immediatamente per Bacca, che segna il gol del 2-1. Ancelotti per non svenire è costretto a prendere i sali, o qualunque cosa sia quella scatoletta verde.

Io vedo favorito il Siviglia, allenato dal basco Unai Emery. Nel corso di una tranquilla stagione di mediocrità, impreziosita da vergognose sconfitte come il 7-3 contro il Real Madrid, ad un certo punto il Siviglia ha cominciato a correre: 11 vittorie nelle ultime 14 partite. Adesso la qualificazione ai preliminari di Champions League si è fatta improvvisamente vicina anche se l'Athletic Bilbao resta favorito. Nel frattempo, gli andalusi hanno tritato il Real Madrid, calpestato il Porto, e definitivamente depresso i cugini del Betis, ultimi in classifica, eliminati anche negli ottavi di Europa League, ai calci di rigore. Nel ritorno dei quarti di finale contro il Porto, il Siviglia ha iniziato a pressare alto sul portatore avversario, per poi verticalizzare immediatamente verso il colombiano Bacca, 20 gol in stagione. Emerey gioca spesso un 4-2-3-1 basato su pochi punti fermi: anticipare l'avversario e riconquistare il pallone in attacco; Rakitić, il vero talento di questa squadra, libero di muoversi sulla trequarti offensiva; Bacca, il centravanti che si muove molto ma soprattutto domina l'area. A volte però il Siviglia non si muove in modo armonico, manca di compattezza tra i reparti. I due centrocampisti davanti alla difesa tendono a partecipare poco al gioco e puntano molto di più a coprire la linea difensiva, e si ricorre al lancio lungo per Bacca. Siviglia e Valencia hanno già giocato contro, poco tempo fa, a febbraio, ed è finita 0-0. Pizzi era riuscito ad isolare Bacca dal resto della squadra, costringendo Rakitić a tornare nella propria metà campo per cercare il pallone. Il Valencia però non riusciva a fare gioco e lo 0-0 sembrava scontato, fino a quando il difensore centrale Costa si è fatto espellere. Poi Rakitić ha sbagliato anche un rigore, il Valencia si è chiuso, lasciando Vargas in avanti per cercare un contropiede rapido. Insomma, Pizzi si è adattato meglio agli eventi della partita, mentre Emery ha reagito con lentezza. Una battaglia tattica che si ripeterà molto presto. CONCLUSIONI Il sorteggio ci ha privato di quella che sarebbe stata la finale più bella, cioè proprio Juventus-Benfica, sfida che sarebbe stata anche più affascinante in gara unica. Il livello delle due spagnole, infatti, e la qualità del loro gioco, non sembrano all’altezza delle altre due partecipanti. Ciò nonostante, il Siviglia è una squadra con un’identità di gioco e con alcune grandi individualità. Si trova in un periodo di forma strepitoso, e non è detto che non possa continuare fino al termine della stagione. Tutto questo la rende una candidata credibile alla finale. Il Valencia è meno pericoloso, perché l’instabilità tattica si riflette nell’alternanza dei risultati. A suo favore, giocano una maggiore esperienza internazionale (ha partecipato alle ultime tre edizioni della Champions League) e un’imprevedibilità da partita secca, che hanno consentito vittorie straordinarie e solitarie contro il Barcellona e il Basilea. L’impressione è che Juventus-Benfica del 1° maggio sarà una prima finale e che, due settimane dopo, una delle due squadre tornerà allo Juventus Stadium con moltissime possibilità di alzare la coppa più pesante d’Europa.

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