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Le semifinali di Champions League
22 apr 2014
22 apr 2014
L'Atletico del Cholo, il Chelsea di Mou, il Real di Ancelotti e il Bayern di Pep per un posto all'Estádio da Luz di Lisbona. Cosa dobbiamo aspettarci dalle due semifinali.
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ATLETICO MADRID – CHELSEAdi Daniele Manusia (@DManusia) Da vicedirettore dell'Ultimo Uomo non posso che cominciare evidenziando la chiaroveggenza di Valentino Tola, che ha analizzato in tempi non sospetti il Bayern di Guardiola, l'Atletico di Simeone e il Real Madrid di Ancelotti, indovinando tre delle quattro semifinaliste della Champions League. Manca il Chelsea di Mourinho che, forse è il caso di dirlo subito, parte come sfavorito nella doppia sfida con l'Atletico. Nell'ultimo mese, dopo aver battuto 6-0 l'Arsenal, il Chelsea ha perso tre partite: Crystal Palace, l'andata in Francia con il Paris Saint-Germain e il Sunderland in casa sabato scorso. I dubbi sulla maturità della squadra iniziano a somigliare a delle certezze e adesso Mourinho si gioca la stagione in tre partite: sabato il Liverpool potrebbe festeggiare la Premier League dopo ventiquattro anni d'attesa proprio alla faccia sua, tra l'andata e il ritorno del confronto con l'Atletico Madrid: non esattamente il tipo di squadra con cui tirarsi su di morale in un periodo difficile. La squadra spagnola da marzo ha vinto 10 partite, pareggiandone 2, perdendone 0. Ha 4 punti di vantaggio sul Barcellona e se continua così vincerà la Liga prima dello scontro diretto all'ultima giornata. Nonostante la capacità di Mourinho di spremere i propri giocatori (qualcuno direbbe "plagiare") per fargli superare i propri limiti, temo che dovrà aspettare almeno un altro anno prima di competere alla pari con una squadra come l'Atletico arrivata all'apice del proprio gioco dopo tre anni di duro lavoro. La partita di andata contro il PSG ha dimostrato che il Chelsea non è così solido da lasciare l'iniziativa alle squadre migliori aspettando nella propria metà campo. Invece la sconfitta casalinga con il Sunderland (con Fabio Borini Man of the Match) ha esposto i limiti del Chelsea contro squadre molto chiuse. D'accordo, il Sunderland ha fatto tre tiri in porta e il rigore su Jozy Altidore non c'era, ma non si può neanche contare sempre su un gol tipo quello di Demba Ba contro il PSG per risolvere le situazioni complicate (e, forse, se Laurent Blanc avesse avuto meno il braccino corto avrebbe potuto addirittura approfittare della situazione). Non si tratta solo della famosa mancanza di un centravanti che piaccia veramente a Mourinho (e va tenuto conto che Samuel Eto'o non è neanche partito per Madrid), ma anche dei limiti relazionali dei trequartisti ipercinetici e ipertecnici che Mourinho ha modellato a immagine e somiglianza della sua idea di calcio uncool ma efficace.

Sotto di due gol il Chelsea non ha avuto altra scelta se non quella di giocare il maggior tempo possibile nella metà campo avversaria. Considerando i problemi realizzativi forse converrebbe giocare sempre così.

Il Chelsea gioca un calcio diretto e verticale restringendo il campo il più possibile a ridosso dell'area. Di partenza soffoca il gioco avversario con un pressing a metà campo che comprende tutti e 4 i giocatori offensivi il cui scopo è costringere le difese a lanciare lungo. Poi il quadrato composto dai centrali di difesa, anche loro alti, e di centrocampo deve essere aggressivo nel recupero palla. Ma una volta che i terzini si sono sovrapposti per allargare la difesa avversaria (Azpilicueta ha fatto una stagione eccezionale a sinistra), con uno dei centrocampisti fermo a un paio di metri dall'area di rigore e il trequartista in possesso del pallone che minaccia lo spazio tra il terzino e il centrale di difesa avversario, si crea una situazione di stallo. (Il Sunderland ha resistito per novanta minuti con una mossa elementare: facendo seguire i terzini del Chelsea a uomo dagli esterni d'attacco, giocando a momenti con una la linea difensiva di sei giocatori a cui si aggiungeva addirittura un centrocampista sul trequartista centrale.) Le mezze punte a disposizione di Mourinho sanno dribblare e calciare con entrambi i piedi (il più limitato è Schürrle, ma la qualità è talmente tanta che anche se Hazard non dovesse giocare non sarebbe un problema), e soprattutto sanno girarsi in un fazzoletto con l'uomo addosso tenendo la palla tra i piedi. Ma i loro movimenti senza palla sono ancora molto rudimentali e si ritrovano spesso senza soluzioni se non quella individuale. Forse si conoscono ancora poco, o sono ancora troppo giovani (il più vecchio è Willian e ha 25 anni), o magari per alcuni giocatori l'idea di calcio di Mourinho è faticosa da mantenere lungo tutto un anno, se non addirittura frustrante, un'imposizione esterna non naturale. Il Willian visto nello Shaktar era più libero di gestire il ritmo del gioco di quanto non lo sia adesso (e anche Ramires è una mezzala adattata a centrale basso, il suo raggio d'azione sarebbe più “a tutto campo” di quello che serve a Mourinho). Lo stallo di cui parlo può essere sbloccato solo dal movimento senza palla della punta, che crea spazio o detta il passaggio alle spalle della difesa, oppure da un dribbling o una combinazione nello stretto. Coefficiente di difficoltà: cento/centesimi. Mourinho si aspetta molto dalla capacità individuale di ognuno di fare la differenza più volte nella stessa partita, per questo quando le cose non funzionano sembra sempre deluso sul piano personale.

Gli undici dell'Atletico si muovono come fossero legati da corde invisibili in fase di non possesso. La loro struttura scivola da un lato all'altro e si scompone solo quando c'è da fare pressing sui difensori (mantenendo a centrocampo le marcature a zona) o per attaccare in velocità.

Il Chelsea non ha altra possibilità che giocare “tra le linee” avversarie, ma l'impressione è che una squadra come l'Atletico che raddoppia in continuazione le marcature possa isolare le fonti di gioco blues e fare letteralmente a pezzi (anche senza impedirgli di girarsi, come aveva fatto a Parigi Jallet su Hazard). Non è pertinente il paragone tra le idee di gioco di Simeone e quelle di Mourinho ma stiamo parlando di due squadre per certi versi simili. Entrambe hanno la miglior difesa dei rispettivi campionati (22 gol subiti l'Atletico, 26 il Chelsea) e ad entrambe non piace fare possesso palla (l'Atletico è terzultimo tra tutte le squadre di Champions League, nel ritorno dei quarti hanno completato 500 passaggi in meno del Barcellona e la combinazione più frequente era quella tra i lanci lunghi di Courtois e Raul Garcia). Tutte e due amano e si esaltano nel distruggere il gioco avversario. Forse per compensare la staticità dei centrali il Chelsea evita accuratamente gli anticipi, è ultimo nella statistica sia in CL (10,9 a partita) che in in PL (9,9) e preferisce tenere la palla lontana dalla propria area. L'Atletico è primo in assoluto per i tackle (27,1 in CL e 24,3 in Liga) ed è a suo agio sia pressando nella metà campo avversaria (contro il Barcellona si staccava spesso un centrale di centrocampo per impedire la salida lavolpiana di Sergio Busquets) che aspettando con tre linee strettissime dietro la linea della palla. Contro l'Atletico è difficile giocare “tra le linee” ma non nel solito senso dell'espressione: tra le linee di centrocampo e difesa; contro l'Atletico è difficile persino superare la linea degli attaccanti. Simeone può vincere la Champions League? Perché no. Se si parla di uncool, di vincere senza tirarsela, Simeone dovrebbe esserne il re. L'Atletico ha portato il concetto di difesa e distruzione fisica e mentale degli avversari a livelli altissimi. Il modo in cui mette l'avversario in condizione di sbagliare la giocata, somiglia a quei thriller in cui alcuni personaggi pensano di prendere delle decisioni spontaneamente e invece stanno andando proprio lì dove voleva Simeone (se poi aggiungete che lui è vestito effettivamente come il cattivo di un film di Tarantino direi che abbiamo una sceneggiatura pronta). Il metodo preferito dall'Atletico è “la trappola del fallo laterale”: la squadra di Simeone spinge le sue avversarie ad allargare sulla fascia per poi triplicare (uno dei due attaccanti + l'esterno di centrocampo + il terzino) nella zona del pallone, accorciando praticamente con tutto il resto della squadra, portando addirittura 8 i giocatori su quel lato pronti a spostarsi mantenendo praticamente inalterate le distanze se la palla viene fatta girare. Inutile dire che una volta recuperata palla si punta direttamente la porta. Anche senza Costa (o Arda Turan) l'Atletico è una squadra che gioca un'ottima difesa pur diventare strepitosa quando attacca in verticale (vedi i tre pali nella prima mezz'ora contro il Barcellona). E poi c'è l'attenzione ai dettagli: l'Atletico è la squadra che ha segnato più gol su calcio piazzato (9) in CL e nella Liga ne ha segnato solo 1 in meno (16) di Real Madrid e Siviglia (17). Questo non significa che il gioco dell'Atletico sia privo di punti deboli. Nella vittoria in Coppa del Re (3-0) il Real Madrid è riuscito a ritorcere la “trappola del fallo laterale” contro lo stesso Atletico, giocando con la difesa altissima in fase di possesso per tenere strette le distanze, attirando gli uomini di Simeone sui lati per liberare spazio al centro da sfruttare con i tagli e girando palla velocemente (e il gol del vantaggio di Pepe è una sintesi di questi concetti). Ed è un tipo di strategia che potrebbe emulare il Chelsea, soprattutto se al posto della punta giocasse un quarto trequartista e se in mediano ci fossero Lampard e David Luiz entrambi pericolosi al tiro. CONCLUSIONE Sono comunque ottimista riguardo la possibilità di assistere a una delle semifinali più intense degli ultimi anni e le differenze tra i due sistemi sono tali da renderla interessante anche sul piano tattico. Il Chelsea potrebbe dominare il possesso per periodi anche lunghi con il rischio di esporsi alle ripartenze dell'Atletico. Conteranno i metri di campo che il Chelsea riuscirà a conquistare portando in alto la difesa e in ampiezza, e il numero di uomini con cui l'Atletico effettuerà i suoi raid offensivi dopo aver fatto sbattere le velleità di Oscar e co. contro la concretezza del loro muro difensivo. Anche se quando parlo di velleità mi riferisco a giocatori in grado di cambiare il risultato con una singola giocata. Anzi, mettiamola così: se stessero giocando a morra cinese il Chelsea giocherebbe la “carta”, aprendo la propria mano e stendendo le dita in tutta la loro estensione, mentre e l'Atletico giocherebbe il “sasso” tenendo il pugno chiuso. E non ho mai capito perché, secondo le regole del gioco, dovrebbe vincere la carta contro il sasso: è ovvio che dipende da quando forte viene tirato il sasso e quanto spesso è il foglio di carta. REAL MADRID – BAYERN MONACOdi Fabio Barcellona (FabioBarcellona) La squadra di Guardiola ha vinto il campionato con 7 turni di anticipo e non sono certo che sia un bene per la sua Champions. Dopo avere festeggiato il Meisterschale ha pareggiato in casa 3-3 contro l’Hoffenheim e ha quindi perso due partite di fila (le prime) in Bundesliga: le riserve ad Augsburg, i titolari per 3-0 in casa contro il Borussia Dortmund. Nel mezzo le due partite non entusiasmanti contro il pessimo Manchester United. Contro gli inglesi il Bayern è stato fuori dalla Champions League per 10 minuti: 8 all’andata, dopo il gol di Vidić e 2 al ritorno dopo il fantastico tracciante di Evra. È come se i gol dello United, in entrambi i match, avessero svegliato dal torpore i bavaresi, che, presi gli schiaffi ci hanno messo un amen a pareggiare e, a Monaco, a ribaltare il risultato. Indizi che non fanno certo una prova, ma la non originale impressione è che il dominio assoluto nelle singole partite e nell’intero campionato rendano il Bayern meno attento e concentrato. A proposito, segnalo anche la partita persa contro il Manchester City col primo posto nel girone di Champions già conquistato o la sveglia data dal rigore sbagliato da Özil nell’andata degli ottavi contro l’Arsenal. Nella partita di ritorno contro il Manchester si sono rivisti dopo tanto tempo i “falsi terzini”, riproposti, successivamente, contro il Borussia Dortmund. Ai due terzini si accentrano affiancando il mediano dell’ipotetico 4-3-3 di partenza, per creare superiorità numerica in zona arretrata, scala tra i due centrali che si allargano tantissimo.

I due terzini, Lahm (21) e Alaba (27) si stringono e vengono a giocare da interni di centrocampo. I centrali Boateng (17) e Dante (4) si aprono e il mediano Kroos (39) si abbassa restando comunque più alto dei centrali. Così si crea superiorità numerica 3 vs 2 contro le due punte del Manchester United e si disegna una sorta di 2-3-5.

Il meccanismo è funzionale e coerente con i principi che animano il gioco del Bayern: 1) La posizione dei terzini, compensando la “salida” del mediano, crea una nuova linea di giocatori alle spalle del primo pressing avversario e quindi nuove direttrici di passaggio “tra le linee” avversarie, vera chiave del gioco di Guardiola. 2) Accentrare i due terzini aiuta a garantire l’indispensabile superiorità numerica in mezzo al campo. 3) Si genera “confusione” negli esterni avversari: devono rimanere larghi o stringere la loro posizione per aiutare i centrocampisti contro l’eccesso di uomini in zona centrale creato dal movimento dei terzini? Nel primo caso il Bayern crea superiorità numerica in zona centrale, nel secondo si lascia spazio all’avanzamento palla al piede dei centrali e, soprattutto, non è più possibile raddoppiare sugli esterni, Robben e Ribéry. Perché alla fine, a differenza delle varie versioni del Barça di Guardiola, il gioco del Bayern passa molto dagli esterni. In Baviera il tecnico catalano si è ritrovato Robben e Ribery, cioè due fortissimi esterni che amano avere il pallone tra i piedi. Nel Barcellona gli esterni o si accentravano a giocare tra le linee (Iniesta, Messi) o rimanevano larghissimi per tenere impegnati i terzini e creare spazio al centro, chiamati in causa solo in posizione altissima e nelle fasi di finalizzazione della manovra offensiva (Villa, Pedro). Nel Bayern invece gli esterni ricevono il pallone in fasi molto anticipate della manovra offensiva e non necessariamente in posizione avanzata, e la loro influenza è maggiore. I falsi terzini, attirando internamente gli esterni avversari, lasciano uno contro uno con il terzino avversario Robben e Ribéry. Da questa situazione nascono tante delle azioni offensive dei bavaresi: dribbling, sovrapposizioni interne di uno dei falsi terzini, attacco della profondità alle spalle del terzino avversario da parte di una mezzala. Contro il Manchester United, al ritorno, la linea di passaggio più frequentata è stata quella Lahm-Robben, seguita da quella Kroos-Lahm ad indicare una direttrice chiara del gioco dei bavaresi: si esce dalla prima pressione usando la salida lavolpiana e i falsi terzini, si vanno quindi a sfruttare i giocatori esterni liberati da raddoppi di marcature.

Il 4-3-3 classico di Ancelotti, con Cristiano che va a fare da punta centrale e una delle mezzali, in preferenza Modrić (19) che scende a prendere il primo passaggio.

Il Real Madrid non è più la squadra adrenalinica e aritmica di Josè Mourinho. Ancelotti ha optato per una squadra “ordinata”, che si affida molto ai tre “là davanti” e, ovviamente, in particolare a Cristiano Ronaldo. Interessante a tal proposito è vedere come, partendo da un ipotetico 4-3-3, i giocatori del Bayern Monaco, con i loro movimenti perdano apparentemente ordine in campo (basta guardare la posizione media dei giocatori bavaresi contro il Manchester), mentre quelli in camiseta blanca rimangano nelle loro posizioni (guardando le posizioni medie del Madrid si nota come solo Cristiano Ronaldo si “muove” dalle caselle di partenza del 4-3-3). Ancelotti è diventato allenatore da top-team europei e la sua filosofia è da (troppo) tempo riassumibile in un concetto tipo: “Ho una squadra fortissima, mi basta non fare danni, metterli in campo razionalmente e senza troppi fronzoli, e poi i giocatori mi vincono le partite”. E a Madrid ha sposato in pieno questo suo orientamento pragmatico. Il Real non ruba l’occhio, controlla il ritmo del match controllando il pallone e poi si affida sostanzialmente a Cristiano Ronaldo. Per gestire il possesso palla il Real sfrutta i suoi piedi migliori: Xabi Alonso in primis, ma anche le mezzali, che nelle fasi iniziali della manovra si abbassano aprendosi (con i terzini che allungandosi creano lo spazio necessario) per ricevere palla dai centrali. Fondamentale in tal senso il ruolo di Modrić che, ad esempio, nella partita di andata col Borussia Dortmund ha ricevuto ben 23 passaggi (record nella partita) dal centrale Pepe. Il ritmo del Real ha un'impennata in zona Cristiano Ronaldo che partendo da sinistra in realtà influisce su tutto il fronte d’attacco dei blancos. A giovarne è Gareth Bale, che, partendo da destra, nel Real Madrid dominato da Ronaldo si è ritagliato un ruolo di lussuosissimo finalizzatore sul lato debole: le attenzioni sono tutte concentrate sul portoghese e Bale riceve o attacca lo spazio sul lato destro sguarnito di avversari. Il controllo del pallone e delle posizioni rende il Real 2013-2014 molto meno vulnerabile alle transizioni offensive avversarie, storicamente un problema per la squadra di Madrid. CONCLUSIONE Pur con filosofie e principi di gioco diversi il Bayern e il Real vogliono tenere il pallone tra i piedi. In questo particolare match penso che la spunteranno i tedeschi. A questo punto le domande principali sono almeno un paio. La prima è : "L’organizzazione difensiva del Real è capace di limitare gli attacchi del Bayern?” Da questo punto di vista gli spagnoli rischiano: sugli esterni Ribéry e Robben possono prevalere, e di molto, su qualsiasi terzino di ruolo Ancelotti possa schierare (e non mi stupirei, per questo, di vedere Sergio Ramos schierato su una delle due fasce) e ai fianchi di Xabi Alonso, può generarsi troppa libertà per il gioco intermedio del Bayern. Il secondo quesito riguarda la possibilità del Real di attaccare la difesa alta e aperta della squadra di Guardiola con ripartenze veloci. Il 2-3-5 in fase offensiva è chiaramente esposto in caso di perdita “banale” del pallone. E con Bale e Ronaldo in campo il Real ha velocità, tecnica e cattiveria a sufficienza per far male al Bayern. L’ago della bilancia, a bocce ferme orientato in direzione Monaco, può pendere da una parte o dall’altra in virtù dell’approccio al match di un Bayern che negli ultimi tempi è sembrato scarico e della presenza in campo di Cristiano Ronaldo e/o Bale al loro meglio.

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