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Seconde forze?
13 dic 2016
Roma e Milan si giocavano il secondo posto, ma la partita ha dimostrato che entrambe sono piene di problemi.
(articolo)
8 min
(copertina)
Foto di Filippo Monteforte/Getty
(copertina) Foto di Filippo Monteforte/Getty
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Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.

Al momento del sorteggio del calendario, nessuno probabilmente avrebbe immaginato Roma-Milan come un bivio decisivo per il campionato, specie dopo la vittoria della Juventus nel derby. Accoppiati al secondo posto, rossoneri e giallorossi si giocavano il ruolo di prima inseguitrice della Juve, con prospettive opposte: la Roma per confermarsi come alternativa più credibile ai bianconeri e non aggiungere punti di distacco e chili di pressione da portarsi a Torino per lo scontro diretto della prossima giornata; il Milan per confermare un inizio di stagione al di sopra delle aspettative e continuare ad alimentare speranze inimmaginabili questa estate.

Rispondere alle assenze

Diversa è stata anche la risposta degli allenatori alle assenze di due giocatori chiave per le rispettive manovre offensive, Salah per la Roma e Bonaventura per il Milan. Spalletti ha confermato l’undici titolare schierato nel derby; Montella ha invece ripescato Bertolacci, assente per infortunio dalla prima giornata di campionato e all’esordio da titolare in questa stagione. La presenza dell’ex Genoa ha modificato lo schieramento del Milan, specie in fase offensiva: Bertolacci non si è allineato a Locatelli e Pasalic, ma ha giocato alle spalle del centrocampo della Roma, causando lo scivolamento di Niang a sinistra e bloccando De Sciglio in una posizione più prudente e vicina a Romagnoli (anche se comunque il terzino rossonero non si è schierato da terzo centrale di difesa come in altre occasioni), a completare il pacchetto di 5 giocatori che Montella coinvolge nella costruzione bassa.

Abate più alto di De Sciglio; Bertolacci sulla stessa linea di Suso a formare un’inedita coppia di trequartisti.

I rossoneri, come la Lazio, schierano 5 giocatori alle spalle del centrocampo avversario quando consolidano il possesso, per dilatare le distanze tra i reparti avversari e crearsi gli spazi per andare velocemente in verticale: è questo forse il motivo che ha convinto Spalletti a confermare la squadra che ha vinto il derby, la cui caratteristica principale è cambiare disposizione in maniera fluida a seconda delle fasi.

In quella offensiva, la difesa si schiera a 3 con Rüdiger, Manolas e Fazio; Emerson e Bruno Peres forniscono l’ampiezza, anche se in zone diverse del campo (Peres è mediamente più alto di Emerson ed è un riferimento offensivo più costante); Strootman e Nainggolan si muovono in verticale ai lati di De Rossi, abbassandosi a turno per iniziare l’azione e creando linee di passaggio alle spalle del centrocampo del Milan insieme a Perotti, che aggiusta la propria posizione, allargandosi a sinistra o entrando dentro il campo per giocare più vicino a Dzeko, a seconda di quella di Emerson.

In fase difensiva, la difesa scala a 4: Bruno Peres resta più in alto per uscire su De Sciglio, coperto da Rüdiger, che a sua volta si occupa di Niang allargandosi a terzino destro, mentre dall’altra parte Emerson scala a terzino sinistro. Il triangolo di centrocampo ruota: Nainggolan è il vertice alto che accompagna Dzeko nel primo pressing occupandosi soprattutto di Locatelli, Strootman e De Rossi giocano in linea per coprire la difesa dalle verticalizzazioni con cui il Milan prova a innescare la fase di rifinitura, pronti a seguire o ad alzarsi su Bertolacci e Pasalic. Perotti infine scala a sinistra orientandosi inizialmente su Abate, ma senza seguirlo quando il terzino rossonero si alza sulla linea degli attaccanti o quando la Roma pressa il primo possesso milanista e all’argentino tocca alzarsi su Paletta.

La differenza tra due squadre senza controllo

Il contesto della gara è imposto dai limiti delle due squadre: nessuna delle due controlla il possesso. Entrambe faticano a fare uscire il pallone in maniera pulita dalla difesa e commettono troppi errori tecnici (tutte due restano sotto l’80% di precisione nei passaggi, fermandosi a un modesto 77%). Eppure nessuna delle due riesce a girare la situazione a proprio vantaggio, perché il pressing della Roma, che ha preparato una gara più aggressiva, non è abbastanza organizzato, mentre il Milan, che orienta i propri centrocampisti su quelli della Roma - Bertolacci su De Rossi, Locatelli e Pasalic su Strootman e Nainggolan - e occupa le linee di passaggio davanti ai difensori romanisti con Lapadula, Niang e Suso, limita il recupero palla alle qualità individuali o aspetta gli errori avversari (frequenti).

La differenza, in favore della Roma, la fanno due giocatori: Dzeko, ovviamente obiettivo dei lanci lunghi dei difensori e di Szczesny, e Bruno Peres, che fino al momento dell’infortunio si occupa di far risalire il campo alla squadra con le sue classiche corse palla al piede, sfruttando la libertà concessa dalla sua posizione ibrida tra De Sciglio e Niang per ricevere palla e risolvere i problemi di circolazione della Roma. Al Milan viene concesso agevolmente lo scarico sulla fascia - anche quando la Roma si alza in pressing - ma non ha simili vie d’uscita quando non riesce a costruire l’azione dal basso: Rüdiger, Manolas e Fazio dominano i duelli aerei con Lapadula e Niang; Abate e De Sciglio non sono Bruno Peres e non riescono a trasmettere nella metà campo della Roma il vantaggio di cui godono a inizio azione; Donnarumma, sotto pressione, evidenzia limiti tecnici piuttosto grandi.

Così, per costruire la prima azione manovrata degna di nota, il Milan deve sfruttare un momento particolare della partita (una sponda sbagliata di Dzeko, che impedisce al bosniaco di andare a disturbare Paletta e Romagnoli) in cui la Roma non è posizionata per aggredire il possesso rossonero. La stagione della squadra di Montella si condensa nei pochi secondi che portano al rigore conquistato da Lapadula: dai princìpi di gioco – la verticalizzazione di Romagnoli a trovare Suso, stretto al centro del campo grazie alla posizione ampia e profonda di Abate, e la ricerca immediata della profondità con Lapadula – alla capacità di sfruttare la prima incertezza avversaria per procurarsi una grande occasione per passare in vantaggio. Niang, però, sbaglia il secondo rigore consecutivo, dando una svolta alla partita e, forse, anche alla stagione del Milan.

Dopo il rigore sbagliato il possesso palla del Milan diventa improvvisamente più sicuro e aggira i tentativi di pressing della Roma uscendo sulla propria fascia destra. In due circostanze Suso e Bertolacci sbagliano l’ultimo passaggio sciupando due potenziali occasioni. La squadra di Spalletti ci mette qualche minuto a riorganizzarsi e risponde con una delle scorciatoie che le consentono di aggirare i problemi nella costruzione della manovra dal basso: il lancio verso Dzeko.

Con l’infortunio a Bruno Peres Spalletti inserisce El Shaarawy a sinistra e sposta a destra Perotti, ma senza lo sbocco garantito dal brasiliano sulla destra la Roma fatica ancora di più a risalire il campo. Alla fine, a risolvere una partita così bloccata è stata la grande giocata di Nainggolan, in un’azione che però fotografa bene la partita nell’insieme: i rossoneri non riescono a far uscire il pallone dalla difesa, Manolas rinvia fortissimo di testa pescando Nainggolan, che alle spalle di Locatelli trasforma in oro un pallone innocuo. Il belga segna mezzo gol nel momento del controllo.

Come escono Roma e Milan

Pur con mezz’ora da giocare, la partita è finita nel momento in cui Donnarumma ha raccolto dalla propria porta il pallone. Il Milan stavolta non è riuscito ad andare oltre i propri limiti e i cambi di Montella non hanno fatto che confermare che tutti i giocatori sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri, specie se dove non si arriva con la qualità non si sopperisce con l’organizzazione. Un difetto che i rossoneri condividono con la Roma.

L’assenza forzata di Salah è infatti coincisa con i punti più bassi toccati in termine di produzione offensiva: così come contro la Lazio, anche contro il Milan i giallorossi hanno prodotto appena 0,6 xG, ben al di sotto della media stagionale. Se è vero che la Roma ha giocato due scontri diretti contro due squadre simili nell’impostazione difensiva, che raramente si alzano in pressing per non concedere spazi alle spalle della difesa, la perdita del giocatore sulla cui velocità Spalletti ha puntato in maniera decisa per vincere le partite, uno dei più determinanti del campionato (8 gol e 4 assist), ha limitato il set di alternative che hanno fatto della Roma la squadra col miglior attacco del torneo. A peggiorare la situazione è poi arrivato l’infortunio di Bruno Peres, l’altro bug del sistema che permette di nascondere le difficoltà nella circolazione della palla. Con la sfida alla Juve alle porte, la Roma è obbligata a un salto di qualità e Spalletti dovrà inventarsi qualcosa di più sofisticato rispetto a quanto fatto vedere contro Lazio e Milan.

Montella ha pagato le assenze di Bonaventura e Kucka, che l’hanno costretto a modificare i meccanismi offensivi della sua squadra. Pasalic ha faticato a reprimere i suoi istinti verticali per restare in posizione di fianco a Locatelli e Bertolacci è stato direttamente spostato sulla trequarti, abbassando la qualità della prima costruzione e rendendola ancora più inefficace nell’aggirare i pur disorganizzati tentativi di pressing della Roma. È mancata soprattutto la capacità di Bonaventura e Kucka di risolvere individualmente i problemi nella circolazione della palla sotto pressione e far risalire il campo alla squadra, oltre che la soluzione del lancio lungo garantita dallo slovacco, determinante, ad esempio, nella costruzione del gol di Locatelli contro la Juventus. Le responsabilità creative sono così ricadute tutte su Suso, che pur confermandosi in grande condizione (5 dribbling riusciti, record della partita), non è riuscito a trovare la giocata risolutiva.

Napoli e Lazio si sono avvicinate e premono alle spalle: le speranze di continuare a lottare per la Champions League, prima ancora che dai miglioramenti nel gioco, dipenderanno dalle condizioni e dal rendimento di quei pochi giocatori della rosa milanista in grado di fare la differenza.

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