È passato poco più di un anno dal pareggio tra Arsenal e Bournemouth del 3 gennaio 2017 dopo il quale abbiamo scritto un pezzo sul rapporto controverso fra Alexis Sanchez e l’Arsenal. Quel giorno metà squadra celebrava il gol del pareggio come fosse una vittoria e Olivier Giroud ha esultato mimando il gol con lo scorpione realizzato qualche giorno prima. Da tutt’altra parte del campo, Alexis Sanchez, imbronciato, corrucciato, nuvoloso, riportava la palla al centro per riprendere il prima possibile la partita e provare a vincerla.
Pochi giorni fa, invece, esattamente lo scorso 14 gennaio, si è giocato un nuovo Bournemouth-Arsenal, e questa volta è finita 2-1 per i padroni di casa. È stata la sesta sconfitta della stagione per un Arsenal sesto in classifica, e a meno cinque dal Tottenham quinto. Sanchez questa volta non è stato neanche convocato visto che Wenger non lo considera più un giocatore dell’Arsenal. Nel pezzo di un anno fa la domanda era se Alexis fosse arrivato ad un punto della propria carriera in cui l'Arsenal del tardo impero Wengeriano gli stesse stretto, troppo lontano dalle ambizioni calcistiche da giocatore di prima grandezza che Sanchez sembra avere. Ma, quando si parla di Arsenal, bisogna tenere presente che in un anno solare cambiano pochissime cose.
Nella stagione 2016/17 la squadra non ha lottato per la vittoria della Premier League, è stata eliminata in malo modo dalla Champions League ma almeno ha vinto una FA Cup grazie a una finale ben giocata contro il Chelsea. Durante tutto l’anno Sanchez ha fatto capire in modo chiaro che non avrebbe rinnovato il contratto, che sarebbe andato via alla prima occasione utile, che voleva una squadra in grado di accontentarlo dal punto di vista economico e delle ambizioni sportive. L’idea di Wenger di trattenerlo fino alla scadenza per poi convincerlo a restare non ha fatto altro che peggiorare la situazione, isolando il cileno, che ha fornito prestazioni sempre più frustranti per i propri tifosi, con un linguaggio del corpo troppo spesso offensivo e difficile da tollerare, se si parla di un giocatore che indossa i propri colori. Si sapeva, quindi, che alla prima occasione il suo trasferimento sarebbe stato inevitabile. Forse già in questa finestra di calciomercato invernale: in un primo momento sembrava che Sanchez potesse andare a rendere ancora più invincibile il Manchester City di Guardiola; ma oggi la destinazione più probabile sembra invece il Manchester UTD di Josè Mourinho (anche se nelle ultime ore è spuntato un interessamento del Chelsea).
La legacy che Alexis lascerà è quella del miglior giocatore dell’Arsenal nell’ultimo lustro, e in generale uno dei migliori della storia recente in termini di valore assoluto, ma che non è riuscito a portare la sua squadra a nessuna vittoria significativa, al di là di due FA Cup. Insomma, un altro buon esempio di incompiutezza, per una delle squadre storicamente più incompiute.
Cosa è cambiato rispetto alla scorsa stagione
Va detto che durante l’ultimo anno, Alexis Sanchez ha raggiunto probabilmente il suo picco di gioco in carriera. Ci sono partite in cui il suo calcio viscerale, istintivo, aggressivo, non riesce a trovare connessione con quello dei compagni, non soloper colpa sua: l’impressione è che non riescano a stargli dietro più dal punto di vista mentale che da quello tecnico. Non solo, ma anche per colpa sua: Sanchez ha giocato delle partite del tutto personali, si è allontanato dal resto della squadra, è rimasto in disparte e a chiedere il pallone in qualsiasi zona del campo si trovasse.
Questo Arsenal è una squadra troppo fragile mentalmente e troppo debole dal punto di vista tattico per poter assecondare un talento scostante come il suo: è in questo modo, per l'importanza e la responsabilità che gli viene data, che Sanchez finisce per sembrare più egocentrico di quello che è in realtà. Certo, Sanchez non è mai rientrato nell’estetica e nella visione calcistica astratta di Wenger, che il più delle volte si è limitato a metterlo in campo perché più forte di tutti gli altri, ma senza pensare a come farlo esprimere al meglio. Le priorità tattiche erano altre: sistemare Ramsey, poi Özil, poi la linea difensiva. Sanchez è una stella fissa che brilla di luce propria, e quindi l’ultimo dei problemi. Wenger gli ha dato libertà di muoversi, non lo ha mai ingabbiato in compiti tattici; Alexis, a volte, ha giocato a suo modo dentro il tessuto della squadra, ma altre volte in modo avulso, facendo dell'Arsenal un corpo eterogeneo.
Mano a mano che ci si è avvicinati alla scadenza del contratto, Sanchez si è allontanato sempre di più dal resto dei compagni, usandoli quasi in maniera strumentale per arrivare alla porta. Non è stato un grande spettacolo, visto fuori dagli highlights delle partite, dove un giocatore come lui riesce sempre a fare una discreta figura. Come ha scritto Barney Ronay sul Guardian: «L’idea di Sánchez stella infelice è ingiusta. Per tanti motivi il suo comportamento come giocatore dell’Arsenal è del tutto ragionevole. Forse è frustrato perché l’Arsenal è frustrante. Forse è disilluso giocando all’Emirates perché giocare all’Emirates è frustrante». Come in tutti i rapporti disfunzionali, la responsabilità è di entrambi le parti in questione.
L’Arsenal di questi ultimi tempi è una squadra che si affida anima e corpo al talento per risolvere ogni questione offensiva e può essere comprensibile che, ad un certo punto, proprio il maggior talento stacchi la spina, che si senta stanco di essere quello che deve togliere sempre le castagne dal fuoco. Non è un caso che le due migliori prestazioni siano arrivate proprio nel momento più importante del finale della scorsa stagione, quando ha brillato nelle vittorie contro il City in semifinale e poi contro il Chelsea in Finale di FA: quando l’Arsenal ha lottato per qualcosa di concreto Alexis ha giocato al massimo; quando l’Arsenal è rimasto avvinghiato nella mediocrità, la sua stella si è distaccata dal contesto. Quello che è cambiato nell'ultimo anno è questo: se inizialmente Alexis si sforzava per trascinare la squadra, ha poi lasciato i remi in barca, giocando veramente al suo livello solo quando lo riteneva necessario.
Il gol che ha aperto la finale in FA Cup vinta dall’Arsenal contro il Chelsea.
Come siamo arrivati all’addio
Ormai è diventato evidente che senza cambi in cima alla piramide, l’Arsenal non può uscire da questa stagnazione: negli ultimi anni questa situazione ha dilapidato tutto il vantaggio competitivo che la squadra aveva accumulato nei confronti dei rivali diretti, cioè di quelle squadre che non sono in mano a sceicchi e oligarchi, tipo Liverpool e Tottenham. La dirigenza dell’Arsenal, però, ha fatto capire chiaramente, ogni singolo anno, che il loro interesse era quello di mantenere l’Arsenal una società che non perde denaro. L’aspetto sportivo è importante fin quanto è in grado di mantenere questa dinamica economica. Per questo Wenger non è mai stato messo realmente in discussione dalla dirigenza, quello che l’allenatore francese riesce a portare a fine anno è esattamente in linea con quello che la dirigenza vuole: uno stadio pieno, una competizione europea, un tour estivo per espandere il marchio e quindi una società economicamente in salute. Quando Wenger ha deciso di tenere Alexis in scadenza di contratto è andato per la prima volta in modo deciso contro le linee guida sempre razionali della sua carriera all’Arsenal, contro l’idea che aveva portato l’Arsenal a vendere al momento giusto Vieira, Henry, Fábregas e soprattuto van Persie, il giocatore la cui situazione è più simile a quella di Sanchez.
Van Persie era, esattamente come Alexis ora, il giocatore più forte della rosa e uno dei più forti della Premier League, ma al momento del rinnovo del contratto non ha trovato le sue ambizioni economiche e sportive in linea con quelle del club. Sono passati degli anni ma la situazione è addirittura peggiorata: l’Arsenal non solo non riesce più a lottare per la Premier League, ma non è neanche più una squadra in grado di assicurarsi ogni anno la presenza tra le prime quattro. La grande differenza tra la storia di van Persie e quella di Sanchez è che l’olandese è stato ceduto, se pur controvoglia da Wenger, allo United di Ferguson nell’estate del suo ultimo anno, mentre Sanchez in estate è stato tenuto insieme ad Özil, anche lui in scadenza, con la speranza di fargli firmare durante la stagione il rinnovo.
L’importanza dei due giocatori è innegabile, la difficoltà di rimpiazzare due talenti simili nel picco della propria carriera, entrambi nella stessa sessione di mercato, sarebbe stata grandissima; ma adesso possiamo dire con tranquillità che è stato un errore, e che nel calcio bisogna innanzitutto assecondare le volontà dei giocatori.
Il grafico mostra con i numeri quello che già si vede ad occhio: il grande problema della stagione di Alexis è stato il numero di palle perse, che per uno con la sua tecnica significa prima di tutto poca concentrazione e poca fiducia nei compagni.
Wenger non è mai stato un fan del mercato invernale e più volte ne ha chiesto la rimozione, ma oggi si trova a dover affrontare una vera tempesta, che entra nelle sue stanze calde proprio da quella finestra che si è aperta da poco. Non solo sembra costretto a vendere Sanchez ad una squadra dello stesso campionato, a prezzo di saldo (per i soldi che girano in Premier League) pur di non farlo andare via a zero a giugno, ma deve anche trovare un sostituto un minimo all’altezza.
Come si rimpiazza Alexis Sanchez?
Trovare a gennaio un sostituto diretto di Sanchez è praticamente impossibile. E, a dirla tutta, trovare un suo sostituto per una squadra come l’Arsenal sarà difficile non solo per ragioni tecniche, considerato che le entrate della Champions League non sono garantite. L’idea di ricevere in cambio soldi più Mkhitaryan è suggestiva ma difficile, considerando che arriva da Mourinho, un allenatore che non si è mai fatto scrupoli a rendere la vita complicata all’Arsenal.
Ma è vero anche che per lo United cambiare l’armeno per Sanchez, e avere quindi un impatto comunque contenuto nel monte ingaggi, sarebbe preferibile al dovergli trovare una squadra in estate, e magari il pragmatismo avrà la meglio su Mourinho, perché in ogni caso non vede l'armeno all’interno del suo gruppo, lo ha prima criticato e poi isolato, nonostante l’incoraggiante inizio di stagione. Mkhitaryam viene da un anno difficile da decifrare, fatto di grandi prestazioni, lunghe pause e un rapporto fin troppo ravvicinato con la tribuna: Londra e l’Arsenal sarebbero l’occasione per rilanciarsi in un campionato che non riesce a capirlo nonostante la teorica compatibilità sulla carta.
Mkhitaryan non ha lo stesso peso offensivo di Sanchez, ma sarebbe comunque un rimpiazzo diretto in grado di garantire un gioco compatibile con Özil e Lacazette e, al tempo stesso, superiore a qualunque altra alternativa già in rosa. Il monte ingaggi della squadra (che rimane altissimo), visto il mancato rinnovo di Sanchez e la quasi certa partenza di altri giocatori dal salario pesante come Walcott, non ne verrebbe intaccato più di tanto.
Fatto giocare con il contagocce e in una squadra poco vicina al suo calcio, l’armeno ha faticato a toccare palloni in area e quindi ad essere pericoloso in termini di definizione, ma ha comunque mantenuto altissimo il livello di rifinitura.
In ogni caso, sembra certo che l’Arsenal (sempre guardando con attenzione dentro al proprio portafoglio) andrà sul mercato a gennaio per prendere anche un altro attaccante e l’unico giocatore sul mercato dallo status simile a quello di Sanchez sarebbe Aubameyang, che non a caso è anche quello che i giornali indicano come prima opzione per il rimpiazzo immediato nella testa di Wenger. È un giocatore diverso da Sanchez ma rispetto a Mkhitaryan sarebbe più adatto come compagno di reparto di Lacazette, rovesciando il triangolo offensivo con Özil trequartista. Viene da una stagione da separato in casa in una squadra altrettanto disfunzionale come il Borussia Dortmund, in cui ha comunque dimostrato che le sue qualità di attaccante rimangono di primo livello.
Il Dortmund sarebbe contento di lasciarlo andare per - possibilmente - molti soldi, e l’Arsenal si troverebbe con un attaccante vero in grado di giocare da subito. Quella tra Aubameyang e Lacazette sembra una coppia compatibile: un giocatore che ama attaccare la profondità - Aubameyang - e uno che ama dialogare con i compagni - Lacazette - con alle spalle un maestro nell’ultimo passaggio come Özil. Un tridente composto da giocatori che amano giocare in velocità e sembrano poter essere autosufficiente. Questo ovviamente non risolverebbe tutti i problemi di una squadra incapace di eseguire la transizione difensiva, ma le enormi lacune tattiche non si possono certo risolvere con il mercato di gennaio.
Passano gli anni ma il livello di Aubameyang come punta che cerca la profondità non è sceso minimamente. Perde poco la palla, la tocca spesso in area, crea da solo occasioni da gol. Complementare sulla carta con il profilo di attaccante associativo incarnato da Lacazette.
Nel caso in cui dovessero saltare entrambe o una sola di queste due opzioni a breve termine, l’idea di Wenger sembra quella di cercare proprio un erede il più simile possibile a Sanchez: un rifinitore che vede anche la porta, o se preferite un attaccante in grado di giocare a trequarti di campo, magari giovane. I due nomi che circolano maggiormente sono quelli di Malcom del Bordeaux e di Lemar del Monaco: due giocatori che per ora giocano solo sull'esterno e che solo nella migliore delle ipotesi possono arrivare a giocare il calcio di Alexis nella propria carriera, ma che per qualità tecniche sembrano poter replicare almeno alcune funzioni del cileno con la palla. Quello di Lemar in realtà è un nome fondamentale nella vicenda di Sanchez, perché proprio l’incapacità o il rifiuto all’ultimo momento da parte di Wenger di concludere il trasferimento del francese aveva bloccato quello di Sanchez al City, già accordato la scorsa estate.
Come se la caverà Sanchez a Manchester?
E forse vanno spese delle parole anche sull’eventuale nuova sfida di Sanchez a Manchester. Alexis doveva essere la ciliegina sulla torta di meringa che è il Manchester City in questa stagione: il giocatore offensivo creativo e imprevedibile in grado di colmare l’ultimissima lacuna di una squadra a cui serve, forse, un'ulteriore spinta di qualità tecnica nell’attacco. Va ricordato che Sanchez potrebbe giocare in Champions League già quest’anno, avendo giocato solo in Europa League con l’Arsenal.
Sanchez porterebbe al City tutto quel lavoro senza palla fuori area che Agüero non è abituato a fare e in più tutta la sua precisione in area di rigore che gli altri attaccanti del City non hanno. In più, il cileno avrebbe la capacità di associarsi con le due mezzali, Silva e de Bruyne, nella creazione di triangoli sulla trequarti virtualmente indifendibili anche sotto pressione. Una situazione che quindi esulerebbe dalla singola posizione in campo di Alexis, che potrebbe giocare sia al posto di uno dei due esterni o come falso nove. Quello che però il City non poteva prevedere era che la voglia di Alexis di andare via subito avrebbe portato all’entrata in competizione con altre squadre: una su tutte, lo United di Mourinho, che approfittando dei dubbi del City a pagare il giocatore già a gennaio, invece che averlo gratuitamente a giugno, ha offerto un salario ancora più grande ad Alexis e la promessa di portarlo subito via da Londra. L’idea che il giocatore spingesse per andare via subito, accettando di negoziare con un’altra squadra, ha spinto il City a lasciarlo andare per evitare di finire in un’asta al rialzo su di un giocatore con cui erano sostanzialmente già d’accordo da mesi.
Fosse successo in estate, Alexis non avrebbe avuto dubbi su chi scegliere a parità di soldi, ma evidentemente la destinazione finale gli interessa meno di quanto potesse sembrare, o almeno gli interessa di più il fatto di andare via subito, se poi guadagna di più, meglio (si parla di almeno 400k sterline a settimana e di un ingaggio alla firma di circa 20 mln di sterline). Il suo arrivo al Manchester United significherebbe un passo in avanti importante per la squadra di Mourinho, che metterebbe al fianco di Lukaku il rifinitore che tanto sembra mancargli in questa stagione.
Lo United non sa sfruttare le doti di Mata e Mkhitaryan, e finisce per affidarsi troppo a Pogba per la creazione di occasioni quando non attacca in transizione: avere un giocatore del livello di Alexis può fare la differenza per Mourinho, e può portare lo United a essere una squadra che vive non solo di fiammate, ma pericolosa in continuità.
Sanchez in questi anni a Londra ha giocato un po’ ovunque, ma verosimilmente Mourinho lo bloccherebbe come rifinitore alle spalle di Lukaku. Anche il tecnico portoghese ha alternato diversi moduli in questa stagione, per assecondare la forma dei propri giocatori, e soprattutto contrastare i sistemi degli avversari: attaccando con due punte, con un tridente o con tre giocatori dietro una punta unica; ma l’unica idea fissa è sempre quella di affiancare sempre giocatori veloci all'attaccante alto e potente. In questo senso, avere dietro alla punta un giocatore rapido ma anche molto tecnico sarebbe un tocca sana per la manovra.
Il Manchester UTD permetterebbe ad Alexis di brillare e gli chiederebbe di essere una stella, una fonte di gioco affidabile con grandi responsabilità offensive, ma allo stesso tempo gli garantirebbe un contorno tattico solido alle spalle, con la barra dell'ambizione fissata molto in alto. La situazione che avrebbe voluto a Londra sin dall’inizio, ma che non ha mai avuto.