L’orco viene stroncato dalla signora Giustizia e chiuso in prigione fino alla fine dei suoi giorni, ma l’incubo non è finito per chi ha passato anni nelle grinfie del bruto. Purtroppo questa non è la trama di una favola, ma il mondo in cui viviamo e nel quale siamo cresciuti. Se la seconda parte degli anni Dieci del terzo millennio verrà ricordato per qualcosa, sarà senz’altro per il velo squarciato di fronte agli abusi sessuali praticati e nascosti da gente come Lawrence Nassar su ragazze, molto spesso bambine, ignare di quanto stava loro succedendo.
Ora Nassar, medico della federazione americana di ginnastica per circa trent’anni e docente di medicina a Michigan State, è stato condannato per abusi sessuali a una pena minima di 40 anni fino a un massimo di 175. Condannato per aver molestato e aggredito sessualmente circa 160 ginnaste delle squadra statunitense. Larry Nassar era già in carcere da novembre con una pena a 60 anni per possesso di materiale pedopornografico, parliamo di migliaia di foto e video con minorenni costretti a fare sesso. Per quest’uomo di 54 anni significa fine pena mai e la sintesi migliore arriva dalle parole pronunciate nell’aula di giustizia di Lansing dalla giudice Rosemarie Aquilina: «Sir, ho appena firmato la sua sentenza di morte. Credo nella riabilitazione, ma nel suo caso non la ritengo possibile». C’è voluto troppo tempo per fermarlo e smascherarlo, e in futuro non è escluso si possano provare eventuali coperture dei suoi ex datori di lavoro. Quello che è avvenuto il 24 gennaio, poche ore dopo la condanna di Nassar, è molto significativo, al punto che Lou Anna Simon, presidente dell’ateneo del Michigan, ha dato le dimissioni.
La storia della società occidentale passa da Lansing, Michigan.
L’inizio della frana
Ad aprile si era dimesso Steven Penny, presidente della federginnastica USA, seguito pochi giorni fa da tre membri del consiglio federale. Tutto questo sta avvenendo perché le “sopravvissute” (termine usato da Aly Raisman in un suo intervento molto duro su ThePlayer’s Tribune), cioè quel gruppo di ragazze che hanno deciso di denunciare quanto subito in questi anni, hanno deciso di puntare il dito contro i dirigenti della federazione, ma anche del Comitato olimpico nazionale (Usoc). «Voglio sapere: perché è successo?», chiede Rachael Denhollander, la prima a denunciare nel 2016, una delle 160 testimoni che per una settimana sono sfilate nell’aula di tribunale di Lansing nel Michigan di fronte al loro aguzzino.
Il racconto fatto da Denhollander, a pochi giorni dalla fine delle Olimpiadi alle quali il medico non è presente senza una spiegazione, fa impallidire. «Nassar cominciò a toccarmi nelle parti intime», fino a praticare con le mani penetrazioni vaginali e anali che duravano fino a 40 minuti. «Senza dare una spiegazione, senza guanti». Un trattamento riservato ad almeno altre 6 giovanissime. La sintesi migliore, probabilmente, la dà sempre Rachael: «Larry è il tipo più pericoloso di predatore. Uno che è capace di manipolare le sue vittime, con una fredda e calcolata dissimulazione».
L’inizio di tutto.
In una settimana di udienze serrate tutte le vittime degli abusi di Nassar sono sfilate davanti alla Corte e hanno raccontato ciò che hanno dovuto subire da quello che agli occhi dei loro genitori era semplicemente un uomo di scienza che doveva certificare la buona salute delle loro figlie, curandole e aiutandole nella crescita.
Poco prima della lettura della sentenza Nassar ha preso la parola per rivolgersi alle vittime presenti: «Le vostre parole mi hanno scosso nel profondo». Con la voce rotta, ha proseguito: «Riconosco che quanto sto provando impallidisce davanti al dolore, al trauma, alla devastazione emotiva che tutti voi state provando». Quindi ha aggiunto: «Non ci sono parole per descrivere la profondità e la vastità del rammarico che provo per quanto accaduto». Parole che non hanno avuto effetto sulle richieste dell'accusa né poi sul giudice. L'assistente procuratore generale del Michigan Angela Povilaitis ha definito Nassar forse «il maggiore aggressore sessuale di minori nella Storia» durante il suo intervento in aula.
L'ex medico sportivo ha agito indisturbato per tre decenni, da quando cioè nel 1986 ha iniziato a collaborare con la Nazionale di ginnastica, fino alle prime rivelazioni del 2016. Nassar ha studiato all’Università del Michigan, specializzandosi in osteopatia e orientandosi subito verso la medicina sportiva. Nel 1986 entra a far parte del team della USA Gymnastics, la squadra nazionale, e nel 1996 diventa il coordinatore dello staff medico. In questa veste partecipa a quattro spedizioni olimpiche, ad Atlanta 1996, Sydney 2000, Pechino 2008 e Londra 2012. Nel frattempo ha coltivato anche la carriera accademica: docente di Osteopatia nella sua Michigan State.
La difesa di Nassar.
Intanto il Comitato olimpico americano ha fatto sapere che sul caso Nassar aprirà un'inchiesta indipendente. «Lo scopo è quello di determinare come mai un caso di abuso così ampio non sia stato individuato per così tanto tempo», ha spiegato il direttore generale dell'Usoc, Scott Blackmun. Alcuni dettagli sconcertanti sono emersi durante il processo. L’atleta McKayla Maroney ha rivelato che la USA Gymnastic le avrebbe fatto firmare un contratto in cui si impegnava a tacere sulle molestie. Dal momento che lei ha scelto di dire la verità rischia una multa da 100mila dollari. Da parte dell’organizzazione ci sarebbe stata la volontà di insabbiare i casi di violenze. La ginnasta però ha ricevuto la solidarietà di Christine Teigen, modella statunitense, che si è offerta di pagare la contravvenzione. Anche la ginnasta campionessa olimpica Simone Biles ha ammesso di essere stata una vittima di Larry Nassar. Ha scritto sui profili social di essere stata abusata e che scriverlo è stato molto difficile.
Storia di Aly
Il 15 gennaio scorso ha fatto il giro del mondo il tweet della regina delle Olimpiadi di Rio 2016 con 4 ori conquistati, diventando icona della spedizione americana in Brasile, in cui confessa di essere stata lei stessa vittima del “trattamento” Nassar. Una lunga lettera in cui vengono fuori tutte le problematiche di casi come questi in cui la giovane età, la vergogna, il sentimento di essere nel torto giocano un ruolo enorme. «Molti di voi mi conoscono come una giovane donna felice, sorridente e piena di vitalità, ma ultimamente mi sentivo un po’ in frantumi [...]. Ora non ho più paura di raccontare la mia storia. Anche io sono una delle tante sopravvissute che è stata violentata da Larry Nassar».
Per la lotta contro gli abusi sessuali la presa di posizione di Biles ha avuto un peso grandissimo, eppure c’era già chi da diversi mesi aveva deciso di far ascoltare la proprio voce. Si tratta di un’altra ginnasta pluridecorata e che ad appena 24 anni ancora da compiere è oggi una donna bellissima e coraggiosa, ancora più bella in virtù del coraggio dimostrato. Stiamo parlando di Alexandra Raisman, “Aly" per il mondo della ginnastica, diventata la portavoce di tutte le sue colleghe meno famose, colei che ha dato la spallata definitiva al muro di omertà che copriva le pratiche sudice del dottore depravato.
Deposizione di Aly Raisman a Lansing, 19 gennaio 2018.
Nella sua deposizione a Lansing ci sono parole dure contro Larry Nassar e nessuna paura di quello che potrebbero pensare gli altri. Un concetto talmente stupido da essere uno scoglio enorme, grande quanto una tradizione millenaria fatta di sottomissione della donna all’uomo. C’è un passaggio molto forte in cui Aly dice: The tables have turned, Larry - rivolgendosi direttamente a Nassar - We are here, we have our voices, and we are not going anywhere. E lei c’è fin dall’inizio nella lotta contro gli abusi subiti in prima persona e dalle sue compagne e amiche. Come la capitana della squadra che è stata in due Olimpiadi Raisman ha messo la faccia sulla lotta, a partire dall’intervista rilasciata a novembre al programma televisivo 60 Minutes. Nel racconto che la giovane donna 3 volte campionessa olimpica c’è una cosa che vale ricordare: «Lui ti ripeteva che si stava prendendo cura di te».
Il giorno in cui il mondo della ginnastica esplose.
Da quel momento Raisman ha combattuto una battaglia in nome delle donne e per tutte quelle donne che non hanno avuto il suo stesso coraggio. Nel suo pezzo su The Player’s Tribune, uscito il 7 dicembre scorso, viene usato il termine «sopravvissuta» invece di vittima degli abusi sessuali. Il concetto di vittima è degradante, fa sentire gli altri, cioè noi, in dovere di compiangere la povera ragazzina senza forze. Invece una sopravvissuta è una donna forte, e Aly Raisman ha dimostrato una forza senza pari, che ha superato la violenza e ha deciso di mostrarla a tutti per volontà di cambiare il mondo per come è.
A dare forza a Raisman di denunciare quanto subìto è stata la condanna per possesso di materiale pedopornografico inflitta a Larry Nassar, l’aver capito che il suo mostro era battibile perché il colpevole era lui e non le sue vittime. Un concetto difficile da comprendere dall’esterno eppure così facile da instaurare, ad esempio ogni volta che ascoltando una vittima di molestie o stupro ci troviamo a pensare: perché non ha denunciato prima? Oppure peggio, tu cosa hai fatto per provocarlo?
L’indimenticabile pianto di Aly dopo l’esercizio al corpo libero di Rio2016.
«Quando hai 15 anni e ti ritrovi spesso da sola, a centinaia di chilometri da casa, è normale fidarsi delle persone del proprio team. Soprattutto del medico, al quale la Federazione ti ha affidata assicurandoti di essere nelle mani del migliore» ha detto Aly al giudice. Per un periodo di tempo la ginnasta lo ha persino giustificato, pensando che un simile comportamento fosse solo colpa della stanchezza, del jet-lag causato dai viaggi intorno al mondo. «Inoltre mi portava spesso dolci e regali, si mostrava sempre dalla mia parte. Mi ero convinta che fosse una brava persona, in realtà era un mostro». Tutto semplice e spaventoso. Abbiamo vissuto un 2017 in cui le denunce di violenze da parte di giovani donne nei confronti di maschi di potere si sono susseguite con un ritmo spaventoso. Che delle giovani atlete trovino la forza umana e politica per denunciare uno stato di cose che considerano ingiusto non è scontato, e forse anche per questo l’Oxford dictionaries ha eletto “youthquake” come parola dell’anno, sottolineando un rinnovato peso dei giovani nella società.
Aly Raisman è riuscita a diventare un punto di riferimento per tutte quelle donne che volevano ribellarsi a situazioni di sopraffazione: le sue parole sono diventati slogan apparsi alla marcia delle donne del 21 gennaio e persino il New York Times le ha dedicato l’intera prima pagina riportando parola per parola la sua accusa a Nassar in aula. Alexandra ha rispolverato la leadership naturale con cui ha guidato le sue compagne a vincere ori incredibili a Londra 2012 dopo un’astinenza che durava dal 1996 e, adesso lo sappiamo dagli stessi racconti di Aly, con un medico federale che le molestava ripetutamente anche prima delle gare decisive.
«Sei così forte. Sei da esempio per tutte le altre sopravvissute, che possono diventare come te, non solo campionessa olimpica, ma una donna forte che è ora una voce forte» le ha detto il giudice del procedimento Nassar, Rosemarie Aquilina. Il suo ruolo in questa vicenda non va sottovalutato perché se Alexandra Raisman ha avuto una voce da far sentire, la giudice del Michigan è stato l’orecchio ricettivo e l’occhio che ha saputo dare risalto ad un processo che segna la nostra epoca, ma che sarà davvero servito se porterà ad un cambiamento reale nello sport americano.
La scorsa settimana la USA Gymnastics ha annunciato di voler tagliare ogni legame con Bela Karoly e il suo centro di formazione del Texas. Un luogo che porta con sé tanti cattivi pensieri, d’altronde Karoly è il deus ex machina della Romania di Ceausescu, ma anche di Nadia Comaneci. Fuggita dalle sue grinfie e divenuta americana. Invece è notizia di queste ore che il Comitato olimpico ha chiesto a tutto il board delle federazione di ginnastica di dimettersi in blocco, rimane il nodo del Comitato stesso in sospeso. L’orco nei sogni ad occhi aperti non è mai un essere solitario.