In Italia l’unica cosa più nazionalpopolare del campionato di calcio è il Festival di Sanremo. In questo 2021 i due universi si stanno incontrando, con la presenza del turno infrasettimanale di campionato durante i giorni del Festival. Una coincidenza che, più che mettere in contrapposizione campo e palcoscenico, sembra essere stata studiata per suggellare una simbiosi mai così evidente. Dopotutto gli orari dei palinsesti consentono di contribuire allo share di entrambi.
La Serie A e il Festival, le due feste laiche del Paese che hanno rischiato di essere sacrificate sull’altare di una pandemia. Entrambe alle prese con protocolli da elaborare e rispettare, a dover fare i conti con una dura realtà, quella di non essere indispensabili. Per molto tempo ci si è chiesto se avrebbe avuto senso riprendere un campionato quando molte altre discipline erano state già interrotte, con lo sport di base fermo, con possibili focolai nelle squadre. Allo stesso modo, nelle ultime settimane qualcuno si è domandato perché si sarebbe dovuto aprire l’Ariston in un momento in cui i teatri sono chiusi e i concerti un ricordo lontano. Per queste due feste popolari, il rischio era di essere percepite come privilegiate dal loro stesso pubblico. Amadeus però ha detto che non fare il Festival sarebbe stato «un danno psicologico per tutti». E nei mesi scorsi i vertici del calcio italiano spingevano la ripartenza per l’esigenza di restituire normalità alle persone.
Zlatan Ibrahimovic ha rafforzato e reso esplicito questo legame. All’inizio si era sottolineato soprattutto l’eclettismo del personaggio, ma nelle ultime settimane, con una crisi di risultati e di prestazioni sia del giocatore che della squadra, in tanti hanno iniziato a evidenziare il surrealismo della situazione, a storcere il naso. Insomma, era davvero il caso che Ibrahimovic, in un momento delicato della stagione e addirittura con un turno infrasettimanale di mezzo, si allenasse da solo per una settimana facendo avanti e indietro quattro volte tra la riviera ligure, Milano e Verona? Il fatto che l’accordo con la Rai fosse stato firmato prima del rinnovo estivo con il Milan e coperto da una clausola di riservatezza ha indotto una generale indulgenza sia nei confronti della società che del calciatore. Gli accordi si rispettano, Ibra è un professionista. Per il suo allenatore Pioli, da questa circostanza avrebbe tratto addirittura «più convinzione e motivazione per aiutare la squadra». Ad annullare ogni possibile polemica è arrivato poi l’infortunio contro la Roma, che obbligherà il calciatore a stare fermo per almeno 10 giorni. Lo svedese sta così affrontando con tranquillità la settimana con Amadeus, Fiorello, un lettino per la fisioterapia e la sua proverbiale indifferenza alle malelingue.
In ogni caso l’unicità resta: un giocatore in attività convocato non per un breve siparietto di dieci minuti, ma per essere uno degli ospiti fissi di una competizione canora. Di sicuro è un’evoluzione di quella tendenza pantagruelica di Sanremo a inglobare tutto e tutti a seconda del vento che tira: Samantha Cristoforetti, Carlo Cracco, le ricercatrici dello Spallanzani, Alessia Bonari, l’infermiera simbolo della lotta al Covid. Figurarsi i calciatori. Amadeus ha realizzato un promo di questo Festival con la Nazionale. Ibrahimovic canterà Io Vagabondocon Sinisa Mihajlovic; Cristina Girelli ha parlato dello stato del calcio femminile; c’è stata la testimonianza di Alex Schwazer, ci saranno Federica Pellegrini e Alberto Tomba testimoni di Milano-Cortina 2026. A Radio Deejay Linus ha commentato questa fitta richiesta di sportivi come una risposta alla “crisi di personaggi che c’è in Italia”. Nello sport e soprattutto nel calcio pescare storie e divismi è facile e da tempo Sanremo attinge a piene mani dal repertorio. Con risultati altalenanti.
Festival di Sanremo 1988 – L’oro di Alberto Tomba in diretta
Alberto Tomba si può definire lo storico precursore dello sport a Sanremo. Nel 1988 il Festival interrompe la propria diretta per collegarsi a Calgary, sede delle Olimpiadi invernali, dove il 21enne, già fresco di medaglia d’oro nel gigante, si appresta a scendere in pista nella seconda manche dello slalom speciale. A Rai Uno per un po’ di minuti appare la telecronaca di TeleMontecarlo, mandando prima in onda la discesa di Tomba e poi dei due avversari che lo precedevano dopo la prima manche.
Quando la seconda vittoria dello sciatore bolognese è definitiva, le telecamere riprendono la standing ovation dell’Ariston. Tra il pubblico si staglia la figura di Aldo Biscardi, giornalista sportivo di punta della televisione pubblica. In un Festival ancora molto autoreferenziale, in cui si parla di rado di ospiti che esulino dal mondo musicale, figurarsi di sportivi, l’episodio è la testimonianza della forza del personaggio Tomba. In un Paese calciofilo, ma sempre predisposto a forti innamoramenti con gli sport e le figure del momento, Tomba porta lo sci a una popolarità mai raggiunta prima, neanche ai tempi della Valanga Azzurra. La diretta interrotta di Sanremo è l’incoronazione dell’icona Tomba, capace di resistere ancora a 33 anni di distanza. E a proposito di cose durature: quello fu l’anno della vittoria di Perdere l’Amoredi Massimo Ranieri.
Festival di Sanremo 1999 – Roberto Mancini, Alessandro Del Piero e Pierluigi Collina
L’episodio-Tomba resta però un caso isolato, non inaugura una tendenza, per quello bisognerà aspettare quasi la fine del secolo, nel 1999. Il Festival viene assegnato per la prima volta a Fabio Fazio, da anni artefice del successo della trasmissione sportiva della domenica pomeriggio Quelli che il calcio. Naturale che inizi così il processo di contaminazione. Il numero 10 della Juventus, reduce dall'infortunio al crociato, l'ex trascinatore della Sampdoria, squadra del cuore di Fazio, e l'arbitro italiano più famoso di sempre sono tre dei vari conduttori che in quella settimana, dividendosi le serate sia con altre celebrità che con persone comuni, accompagnano nell'annuncio dei cantanti in gara il padrone di casa, la modella francese Laetitia Casta e il Nobel per la medicina Renato Dulbecco. Tra gli ospiti della rassegna anche l'ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov. Sanremo inizia ad aprirsi all'esterno del mondo musicale. E i calciatori, sempre più abituati a esporsi davanti le telecamere, non soffrono di certo pressioni o sindromi da palcoscenico.
Festival di Sanremo 2003 – La Juventus e Valentino Rossi
La formula con i calciatori piace e viene riproposta, anche se la novità Fazio lascia il posto alla tradizione di Pippo Baudo. Che fa le cose in grande. Perché limitarsi a un singolo giocatore quando si può avere una squadra intera? Tutta la Juventus risponde così all'appello del suo tifoso eccellente e intona Il mio canto liberodi Lucio Battisti per un'iniziativa benefica per l'ospedale pediatrico Gaslini di Genova. Del Piero dà il via alle danze con il sorriso di chi ormai si sente a casa sua, pur non azzeccando una nota. Le qualità canore della squadra campione d'Italia vengono risollevate da Antonio Conte e, soprattutto, da un Ciro Ferrara totalmente a proprio agio, forse nel contesto che segretamente sognava da sempre. Thuram, alla sua sinistra, lo guarda a metà tra il divertito e lo stupito, come chi ha appena scoperto la doppia vita di una persona che credeva di conoscere. Buffon, capelli ancora lunghi, prosegue con un trasporto sincero testimoniato dai suoi occhi chiusi, sognatori. Sarà poi un delicato Pessotto a strappare ancora applausi al pubblico in sala. Il coinvolgimento dei giocatori italiani cozza con l'impassibilità degli stranieri come Davids, Trezeguet o Nedved, che di certo non possono comprendere la gravità del momento.
L'icona sportiva di quegli anni però è un giovane Valentino Rossi che, casco in testa, si presenta sul palco e finge di rimorchiare e scarrozzare Baudo su una moto immaginaria. Non avrebbe mai pensato che 17 anni dopo su quel palco ci sarebbe stata Francesca Sofia Novello, sua fidanzata.
Festival di Sanremo 2005 – Mike Tyson
Dal singolo calciatore che annuncia un concorrente in gara all’intera squadra che canta, fino alla discussa star internazionale che si racconta. Nel 2005 Paolo Bonolis intervista sul palco Mike Tyson. Il pugile fa la sua comparsa dopo le 22:30, a fascia protetta rigorosamente chiusa per volere dei quadri dirigenziali Rai. Canta Volare e poi si concede al presentatore che scandaglia un po’ nel suo passato, toccando anche corde molto delicate. Si parla della condanna ricevuta oltre 10 anni prima per le violenze sessuali su Desiree Washington e del periodo trascorso poi in carcere. «Non rispetto il sistema giuridico, c'è molto ancora da fare negli USA. Dietro la mia condanna c'è stata una menzogna. Sono tante le persone condannate ingiustamente. L'America è un'azienda dove vogliono solo mettere persone in carcere, un Paese che continua a costruire carceri. È tecnologicamente avanzato ma c’è ancora molto da fare sul piano della giustizia». Nel resto dell’intervista ammetterà di “trasformare i soldi in cacca” e “di essere un tipo un po’ litigioso”. Bonolis però lo rincuora e si congeda da lui definendolo “una bella persona”. Alla faccia dei timorati vertici Rai.
Festival di Sanremo 2006 – John Cena
Un anno dopo Tyson arriva il wrestler John Cena. Poco importa che il wrestling sia uno dei prodotti di punta della rivale Mediaset, per portare ascolti la musica non è più sufficiente e nel calderone va bene tutto. Ad accogliere Cena, vestito in bermuda di jeans, c’è Giorgio Panariello che si fa chiamare “Festival Man” con addosso una maschera di Pippo Baudo, lo spauracchio e il metro di paragone di chiunque venga chiamato per la prima volta all’Ariston. Forse un tentativo di esorcizzarlo. Il siparietto dura poco e lascia spazio a un’intervista in cui si apre la possibilità di spiegare questo sport emergente anche ai neofiti. Panariello però chiede se si allenano molto e se l’avversario fa le sue mosse in base a quelle dell’avversario. C’è un bel ricordo di Eddie Guerrero, scomparso appena tre mesi prima e la chiusura finale con un messaggio per il sociale: «Ragazzi, non fatelo a casa». La televisione pubblica in fondo deve: «Informare, intrattenere, educare».
Festival di Sanremo 2010 – Marcello Lippi e Antonio Cassano
Dieci anni prima dei live su Twitch con la Bobo Tv, Cassano già dimostrava di poter padroneggiare contesti e salotti più impegnativi. Antonella Clerici lo presenta come un uomo «Senza sfumature, in bilico tra genio e sregolatezza, tra incoscienza e innocenza». Cassano con la fama del “disgraziato” ragazzo di periferia da redimere deve parlare della sua integrazione, quindi la conversione da spasimante incallito a uomo felicemente innamorato. E nell'epoca dei reality e della tv verità non c'è maniera migliore di farlo che invitando sul palco la sua compagna, Carolina Marcialis, annunciando il matrimonio per il giugno successivo. Proprio lui che, narrano le voci metropolitane, tre anni prima inviò su quel palco 500 rose rosse a Michelle Hunziker con la misteriosa dedica “A.C.”. Ma ora è un altro uomo: rivendica i suoi successi sportivi ed editoriali, presenta Nino D'Angelo, viene coinvolto in una discussione sull’importanza dei dialetti insegnando il barese, ma invitando gli altri a non usarlo perché “non si capisce altamente niente”, dedica Gigi D’Alessio alla madre, Jovanotti alla fidanzata, Renato Zero a Totti e una canzone anche a Marcello Lippi, l'allenatore della Nazionale che continua a ignorare la sua resurrezione calcistica alla Sampdoria. Prima ammette che, più che cantare, «gliele vorrebbe suonare», poi gli rivolge “Pigliate 'na pastiglia” di Renato Carosone. Non il miglior modo di approcciare un riavvicinamento.
Destino vuole che Marcello Lippi si presenti sullo stesso palco nella serata dei duetti in compagnia dell'improbabile trio composto da Emanuele Filiberto di Savoia, Pupo e dal tenore Luca Canonici. Italia amore mio stona un po' nelle parole dell'esponente dell'ex casa reale che, tre anni prima, aveva intentato una causa allo Stato di 260 milioni come risarcimento per i danni morali dell'esilio e per i beni confiscati illegittimamente. Una strofa riscritta appositamente per la Nazionale non serve a rilanciare la canzone. Lippi non canta un singolo verso, ma prima dell'esecuzione del brano prende la parola per sponsorizzarlo, elogiandone lo spirito patriottico e tirando in ballo anche l’ex allenatore della Nazionale di ciclismo Davide Ballerini, scomparso qualche settimana prima. In termini tecnici sarebbe un'infrazione del regolamento, alla fine non punita. Il CT in compenso, secondo le cronache dell'epoca, si prende una caterva di fischi e di cori “Cassano, Cassano”.
Il giorno successivo la canzone finisce incredibilmente sul podio, per la disperazione del pubblico in sala e dell'orchestra, che inizia a stracciare e gettare in aria gli spartiti. Tempo dopo si sarebbe scoperto che il trio avrebbe alterato il risultato comprando migliaia di voti. La performance di Lippi è invece il preludio al suo fallimento sudafricano, con Cassano ostinatamente spettatore da casa. Il calciatore barese non ci sperava e aveva già fissato le nozze.
Festival di Sanremo 2012 – Federica Pellegrini
Il Festival non poteva di certo rimanere estraneo alla “Divina” dello sport italiano. Federica Pellegrini fa il suo ingresso all'Ariston di bianco vestita sulle note dei Coldplay, accolta dalle premure dei ballerini e da quelle di Gianni Morandi che, con giusto un pizzico di paternalismo, le chiede se ai suoi genitori piacciano tutti quei tatuaggi che ha. Per fortuna la conversazione evolve, la nuotatrice supera il breve imbarazzo iniziale e parla dei problemi d'ansia con i quali ha dovuto convivere. Balla senza troppo entusiasmo un lento propostole da Morandi. Dichiara che fare la portabandiera a Londra non le interessa perché le gare di nuoto iniziano già dal primo giorno e non vuole stancarsi o deconcentrarsi. La personalità non le è mai mancata. Nel finale è ancora una frotta di ballerini a congedarla, stavolta con un ballo decisamente più coinvolgente. La sensazione però è di chi si scioglierebbe più volentieri se non fosse in diretta su Rai Uno in prima serata, con i tacchi e la preoccupazione di reggersi il vestito. L'esame però può dirsi ampiamente superato per l'icona più glamour del nostro sport. Tanto da rimanerlo ancora a 8 anni di distanza, (quasi) due Olimpiadi dopo e un ruolo di portabandiera egregiamente svolto a Rio de Janeiro.
Festival di Sanremo 2013 – Roberto Baggio e Angelo Ogbonna
Anche un personaggio schivo come Roberto Baggio si presenta sul palco dell'Ariston nel 2013, accettando l'invito di Fabio Fazio. Lo fa in maniera completamente diversa dai suoi predecessori e prosecutori, ammettendo esplicitamente nell'intervista di «non amare i riflettori». Durante il suo ingresso sembra zoppicare, quasi un involontario promemoria delle sofferenze vissute durante la sua carriera. Addirittura sembra un po’ goffo nel sedersi sullo sgabello girevole. Racconta dei suoi viaggi in Perù e in Laos con la FAO, dell’amicizia con l’attivista birmana Aung San Suu Kyi (tra l'altro di nuovo arrestata il mese scorso dopo il golpe militare in Myanmar), di come gli avesse chiesto di ritirare al suo posto un premio a Roma in quanto costretta ai domiciliari nel suo Paese. Esperienze umanitarie di cui poco si sapeva e si sa, chiuse da una toccante lettera rivolta ai giovani e ai suoi tre figli. Dalla lettura si capisce che possa aver bisogno di un bicchiere d’acqua, ma il messaggio arriva forte e chiaro lo stesso.
Anche Angelo Ogbonna si presenta intimidito sul palco dell’Ariston per dare a Toto Cutugno il Premio alla Carriera della città di Sanremo. Se l’accostamento tra l’ex capitano del Torino e l’ex leader degli Albatros vi sembra quantomeno bizzarro, lo è di meno la ragione dell’incontro. I due intonano una versione de L’italiano,il più grande successo di Cutugno, ponendo l’accento sul tema dell’integrazione. Ogbonna dice che in Italia si è a buon punto sotto questo punto di vista e forse Balotelli sarebbe stato meno d’accordo. Super Mario viene però ricordato dal milanista Cutugno: «Io tifo Milan e nel Milan ce n’è uno come te, Ogbonna, un italiano vero». La presenza del loro capitano fa contenti i tifosi del Torino, fieramente rappresentati in un territorio dove fino a quel momento l’avevano fatta da padrone solo gli juventini. Così commenta la serata il sito torinogranata.it: «Erano anni che non si parlava più del Torino a livello internazionale, ci ha pensato ieri Angelo Ogbonna, a fare da super ambasciatore granata sul palco del Festival di Sanremo. Probabilmente ci saremmo aspettati qualche minuto in più da protagonista, ma sono bastati quei suoi pochi minuti di presenza a farci ammirare la sua eleganza e il suo portamento non solo da campione dello sport, ma anche a livello d'immagine». Il pluralismo è salvo.
Festival di Sanremo 2015 - Antonio Conte
Un allenatore divisivo ha una sola possibilità per essere amato trasversalmente in Italia: allenare la Nazionale. Nel 2015 Carlo Conti porta sul palco dell’Ariston Antonio Conte, commissario tecnico di un’Italia rigenerata dopo lo sventurato mondiale brasiliano con Prandelli e Balotelli. Sul palco non si presenta il professionista spesso rabbuiato, spigoloso e di poche parole delle conferenze stampa e delle interviste post partita, ma un uomo gioioso, solare, disponibile a raccontarsi nel suo smoking elegante, con il papillon preferito alla cravatta. Conti prova a stuzzicarlo su quei benedetti stage che i club vogliono negargli, ma lui passa oltre. Ride di cuore alle battute del presentatore, gli brillano gli occhi. Per un leccese che ha allenato e trionfato col Bari e un futuro juventino con la missione di riportare l’Inter alla vittoria, Sanremo è una breve parentesi di felicità. Un posto in cui, se sei chiamato, significa che ti vogliono bene in tanti, che sei apprezzato, che porti pubblico. Conte però non dimentica chi è. Passano le sue canzoni preferite della storia del Festival: prima dedica “Uomini Soli” a tutti gli allenatori e al loro infame destino di nocchieri in tempesta, poi non si trattiene dal cantare “Si può dare di più” di Morandi, Ruggeri e Tozzi, “uno stimolo a fare sempre qualcosa in più, qualcosa di inaspettato”. Forse un anno e mezzo dopo la pompava negli spogliatoi francesi per convincere Emanuele Giaccherini che in fondo, dando di più, si poteva brillare più di Kevin De Bruyne e Andrés Iniesta.
Festival di Sanremo 2017 – Francesco Totti
Le edizioni passano e gli sportivi continuano a riempire la scaletta del Festival. Da Elisa Di Francisca, Jessica Rossi, Flavia Pennetta e Tania Cagnotto, fino ad Armin Zoeggler, Martin Castrogiovanni, Clemente Russo, Vincenzo Nibali, Amaurys Perez e Fernando Alonso. La vetrina di Sanremo certifica la notorietà acquisita, offre le luci della ribalta a chi si impone nel proprio sport e una piccola opportunità di uscire da quella nicchia. È difficile però catturare l'attenzione come un calciatore, soprattutto se il calciatore in questione è Francesco Totti. Ormai avviato verso il suo chiacchierato ritiro, nel 2017 l'ancora capitano della Roma sembra già proiettato a un dopo carriera da showman. La patina del ragazzo romano ingenuo e impacciato, che confonde i programmi della moglie («The Voice l’ha fatto Ilary. Dici de no? Poi chiedo a casa boh, però me pare eh»), si mescola all'icona istituzionalizzata, straordinaria ormai nell'accattivarsi le simpatie dei presenti tra una frecciatina a Spalletti e una ai laziali. Alla domanda sulla sua canzone preferita di sempre a Sanremo, sorprende anche la regia con Il piccione di Povia. In molti ci hanno visto un riferimento all'aquila Olimpia. Alcune testate, affascinate dalla performance, nei giorni successivi avrebbero anche ipotizzato una sua conduzione nel 2018.
Festival di Sanremo 2020 – Cristiano Ronaldo
Nella sfilata di co-conduttrici del suo primo Sanremo, Amadeus si accaparra Georgina Rodriguez. Anche lei, come Elena Sofia Novello, fidanzata di Valentino Rossi, sembra appartenere al novero delle donne la cui peculiarità è quella di saper stare un passo indietro al proprio uomo. Non è un caso che, nella serata prescelta, ogni sua comparsa finisca quasi sempre per rimarcare il fatto che lei sia la compagna di Cristiano Ronaldo. Eccezion fatta per un tango, non c’è nemmeno la preoccupazione di facciata nel legittimare la presenza di Georgina per suoi meriti esclusivi. Il portoghese, seduto in prima fila, si ritrova volente o nolente a prestarsi ai siparietti orchestrati da Amadeus, dallo scambio dei gagliardetti a quello delle maglie. Le ripetute inquadrature sul portoghese ribadiscono, semmai ce ne fosse ancora bisogno, di chi fosse il reale obiettivo del conduttore. In quanti, dopotutto, possono vantarsi di aver portato all’Ariston il calciatore migliore del momento? Amadeus prova gratitudine verso Ronaldo per la riuscita della sua operazione, lo chiama più volte “Cristiano” come fosse l’amico di una vita, scatta addirittura un abbraccio nemmeno così freddo e costruito, un gesto insolito per due che fino al giorno prima probabilmente nemmeno si conoscevano. Si potrebbe biasimare, ma in fondo perché dovremmo aspettarci che un direttore artistico si comporti diversamente da un direttore sportivo o da un agente, cinico nel fiutare e perseguire l'opportunità con ogni mezzo a sua disposizione. L'italiano logicamente imperfetto di Georgina e il suo ricorrente uso dello spagnolo non sono forse come Antonio Donnarumma per il Milan, qualcosa da inserire per forza nel menu se si vuole avere il piatto forte.