
La solidità difensiva del Bologna di Vincenzo Italiano è sfuggita a molti ma non ad Antonio Conte, che come quasi tutti gli allenatori ne è rimasto impressionato solo quando ha potuto vederla con i propri occhi. Era il 7 aprile, il Napoli aveva disperatamente bisogno di una vittoria per accorciare la distanza di quattro punti dall’Inter, che nel weekend aveva pareggiato col Parma. Il problema è che per ottenerla doveva andare al Dall’Ara e superare la più intensa, aggressiva, folle squadra della Serie A. Un’impresa che in questa stagione è diventata un incubo.
È un paradosso che logicamente è difficile da superare. Con il pressing le squadre si avvicinano alla porta avversaria, si prendono dei rischi, mentre i loro difensori si allontanano dalla porta, sono costretti a prendere decisioni difficili. Non è immediato associarlo alla funzione che in Serie A il più delle volte gli viene assegnato: minimizzare i rischi, ridurre le occasioni da gol avversarie. In poche parole: difendere meglio. È ancora meno immediato associarlo al Bologna di Vincenzo Italiano, una squadra che ha subito più gol di quanti ci aspetteremmo da una squadra che definiremmo “solida”. Non molti gol in assoluto - il Bologna ha chiuso la stagione con la nona difesa del campionato, con una quantità di gol subiti quasi perfettamente in linea con la media della Serie A - ma molti in relazione alle poche occasioni concesse. Se si prendono gli Expected Goals, come al solito ad esclusione dei rigori, solo il Napoli e la Juventus hanno fatto meglio della squadra di Vincenzo Italiano, che ha subito ben 15 gol più di quanti avrebbe dovuto subirne secondo il modello elaborato da Hudl StatsBomb. Il problema, come in parte si era capito già a Firenze, sembra essere la qualità delle occasioni concesse. Il Bologna è stata la squadra che in Serie A ha concesso più xG per tiro. I suoi avversari tiravano poco, insomma, ma quando lo facevano avevano quasi sempre occasioni pulite.
In questo senso, Bologna-Napoli è un buon esempio. La squadra di Antonio Conte crea 1.26 xG - comunque meno della sua media stagionale (1.55) - ma lo fa quasi esclusivamente con il gol di Anguissa al 18’ (che da solo vale 0.95 xG). Poi ci sono un paio di tiri dal limite dell’area di McTominay, un corner pericoloso messo dentro da Politano e praticamente nient’altro per il resto della partita. Il Napoli torna ad avere un’occasione solo negli ultimi secondi, dopo essere stato raggiunto da un gran gol di Ndoye al 64’. Raspadori prova il calcio di punizione dal limite sopra la barriera. Il suo tiro viene respinto ma ha un secondo tentativo che, dopo essere stato deviato, viene lasciato al limite dell’area piccola da un intervento incerto di Ravaglia. Sul pallone si avventa Rrahmani che sul piatto ha la palla dell’1-2. Il difensore forse tira forse la rimette in mezzo, non si capisce, in ogni caso sulla traiettoria c’è Sam Beukema che la fa schizzare via con il tacco poco prima di esultare a pugni chiusi verso la rete.
Forse ad Antonio Conte è rimasta nella mente questa scena, il difensore che si è messo in mezzo tra lui e lo Scudetto che magari in quel momento ha pensato di non riuscire a vincere, o forse, più probabilmente, l’allenatore salentino è rimasto impressionato da tutto il resto della sua prestazione, che poi è una delle ragioni per cui il Bologna è riuscito a neutralizzare il Napoli per la quasi totalità della partita.
Per come gioca e per come si era messa la partita, la squadra di Vincenzo Italiano sembrava la preda perfetta per il Napoli. Con un gol fatto nella prima metà del primo tempo, i partenopei potevano sedersi nella propria metà campo, invitare il Bologna a salire sulla trequarti, costringere i difensori a prendersi sempre più rischi per ricucire il campo in avanti. È il momento in cui Conte chiede il massimo alle capacità fisiche di McTominay e soprattutto Lukaku. Coprire il pallone con il corpo, mandare fuori giri un tentativo d’anticipo, sgomitare su una palla alta per aprire il campo a una transizione: queste sono le leve che, come un judoka, il Napoli prova a utilizzare per ribaltare i suoi avversari che si ritrovano in questa situazione.
Per i difensori ritrovarsi in questa situazione è un incubo: il margine d’errore di ogni intervento è ridotto al minimo, e andare a vuoto significa concedere delle occasioni che potenzialmente possono mettere fine alla partita in qualsiasi momento. Il gol d’apertura della partita, d’altra parte, era nato proprio su un anticipo andato a vuoto di Lucumì su Lukaku, imbeccato da un lancio di Rrahmani. Parliamo del Bologna del Vincenzo Italiano, la squadra che chiede ai suoi giocatori di scalare in avanti sempre e comunque, in cui i difensori devono prendersi grandi responsabilità anche con il pallone, trovare linee di passaggio o conduzioni per trovare una via d’uscita al pressing.
È in questo contesto che Sam Beukema ha impressionato Antonio Conte, vincendo tre duelli aerei su cinque, effettuando tre intercetti, cinque spazzate, un contrasto. Manipolando Lukaku con il corpo sempre al limite della legalità, sprimacciandolo con le mani, avventurandosi sulla trequarti in conduzione, suggerendo un passaggio con movimenti senza palla in avanti, fino alla mediana, a volte persino inserendosi in area, se era necessario. Realizzando 46 passaggi su 51, il 90%, di cui uno chiave. Una partita di livello altissimo, insomma, eseguita con grande naturalezza. Il tipo di partita che deve aver fatto pensare ad Antonio Conte: cosa potrebbe fare questo difensore nel mio sistema?
Come detto, Sam Beukema è una delle ragioni per cui il Bologna concedeva così poche occasioni, ma non l’unico. D’altra parte, anche io ho cominciato parlando del pressing, quindi dei principi di Vincenzo Italiano, e accanto all’olandese anche John Lucumì ha avuto una grande stagione e poteva avere caratteristiche utili per Conte. Cos’è allora che rende Beukema speciale, secondo Il Resto del Carlino uno degli incedibili insieme a Freuler, Ferguson, Orsolini e Castro? (uno alla fine è stato effettivamente ceduto ma insomma avete capito)
Lucumì forse può essere definito persino un difensore leggermente migliore di Beukema, un giocatore di sicuro più esplosivo, più elastico, più “moderno”, se con moderne intendiamo proprio le squadre che si difendono aggredendo l’avversario, di sicuro più a suo agio in un sistema difensivo così estremo come quello del Bologna. Il colombiano non a caso ha numeri migliori quanto a intercetti per 90 minuti, la percentuale di contrasti riusciti e di dribbling fermati, e in campo era un po’ la scialuppa di salvataggio di una squadra che lasciava metri e metri di campo tra la linea di difesa e il portiere. Conte però deve aver pensato che, in una squadra che difende molto più bassa e che fa così tanto affidamento sulla circolazione tra difensori per attirare il pressing avversario, potessero essere più utili le caratteristiche di Beukema. Un difensore molto forte nel gioco aereo (66% dei duelli vinti, il 12% in più rispetto a Lucumì) e che con meno campo da difendere alle proprie spalle poteva far comunque valere una grande qualità nell’uno contro uno. Insomma, se Beukema ha trattato così Romelu Lukaku, che è l’idea platonica di attaccante per Antonio Conte, capite che non c’è molto di più che si possa chiedere.
È con il pallone, però, che l’olandese può tornare più utile al Napoli di Conte. Per il Bologna, Beukema era già spesso il vertice basso del sistema 3+1 con cui costruiva le sue azioni, una sorta di ancora con cui la squadra di Italiano si fissava intorno al cerchio di centrocampo. A Beukema era affidato il primo passaggio, la responsabilità di superare la pressione avversaria, magari in conduzione, o senza palla, muovendosi alle spalle della pressione del diretto marcatore. Beukema è primo tra i difensori del Bologna per Deep Progressions, cioè passaggi o conduzioni nell’ultimo terzo di campo (5.70 per 90 minuti), con un valore molto più alto rispetto a quello di Lucumì (3.71), valore che in Serie A, tra i difensori della Serie A con almeno 700 minuti, è battuto solo da Bastoni e Kolasinac.
Beukema, lo si capisce subito anche guardandolo a “occhio nudo”, è un difensore completo, affidabile sia con il pallone che senza, tecnico nelle scelte, destro di piede e che gioca a destra, e che naturalmente pensiamo essere l’upgrade di Amir Rrahmani. Insomma, il Napoli in questa stagione giocherà più partite, e molte in un contesto più competitivo, perché non dovrebbe cercare di alzare il livello della rosa? Con Rrahmani, Beukema condivide proprio l’influenza sulla prima costruzione della sua squadra: i due sono rispettivamente il primo e il terzo centrale della Serie A per passaggi tentati, anche se il kosovaro con una percentuale di accuratezza superiore del 4%.

Anche il confronto statistico tra Beukema e Rrahmani è meno scontato di quanto non si pensi (radar Hudl StatsBomb).
In estate però è sempre più facile pensare di fare a meno di Rrahmani di quanto non lo sia durante la stagione, e non è detto che Conte non stia cercando una via per tornare all’amato 3-5-2. La scorsa stagione, dopo gli esperimenti iniziali, questo modulo ha coinciso con il periodo di maggiore opacità del gioco azzurro (con la sconfitta a Como e i pareggi con Lazio, Inter e soprattutto Venezia) ma un innesto di alto livello come Beukema potrebbe convincere il tecnico salentino a farci di nuovo un pensiero. In una Serie A in cui il pressing alto è uno strumento sempre più utilizzato, e in maniera sempre più radicale, avere una difesa a tre così tecnica, e con così tante risorse per uscire da dietro, significherebbe esercitare un controllo sulla partita ancora più dispotico. La costruzione del Napoli è già elaborata di per sé ma decidere di pressare un reparto che può contare sulla qualità tecnica di Rrahmani, le conduzioni di Buongiorno e la completezza di Beukema è un altro conto, e presto potrebbe avere anche i lanci lunghi di Milinkovic-Savic.
Il Napoli insomma fa un innesto significativo: uno di quelli che può mettere in dubbio i titolari o i moduli con cui sono state costruite le vittorie della scorsa stagione. Una buona notizia per la competitività del Napoli ma che comporta inevitabilmente anche un cambiamento. Per Conte, almeno in difesa, è arrivato il momento delle scelte.