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(di)
Federico Principi
Salutando Buffon
18 ott 2017
18 ott 2017
Il bel crepuscolo di uno dei portieri più forti della storia.
(di)
Federico Principi
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Con la schiettezza di chi è ormai a fine carriera, Gianluigi Buffon qualche mese fa si è

un’intervista alla prestigiosa rivista tedesca

, dove ha fatto riferimento alla sua ultima ossessione: «Da cinque anni ogni due settimane mi chiedo chi me lo faccia fare di continuare a giocare. Ma è proprio questa battaglia interiore a portarmi sul campo con forti motivazioni. Se avessi vinto la Champions League sarei già privo di stimoli. La Champions mi sprona».

 

La finale di Champions League a Cardiff poteva rappresentare l’ultima occasione per chiudere il cerchio sulla sua straordinaria carriera. Buffon però non ha smesso, c’è ancora almeno un’altra stagione davanti con in vista un altro record, quello della partecipazione al sesto Mondiale a distanza di 20 anni esatti dal primo. Con il traguardo dei 40 anni alle porte, però, l’attuale stagione 2017/18 potrebbe rappresentare un

ma con l'obiettivo di dare l'ultimo assalto al trofeo mancante.

 

Lo

anche lui stesso, lasciando intendere che probabilmente abbandonerà il calcio al termine di questa stagione: «Per me c'è un'ultima possibilità. Ho ancora un anno di contratto, siamo in Champions, per cui ce la giocheremo anche nella prossima stagione».

 

Quello di Buffon non sarebbe un addio problematico come quelli di Totti e Del Piero, ma conserverebbe la bellezza di chi decide di smettere pur essendo rimasto all'apice fino in fondo. O almeno vorrebbe: in questo inizio di stagione si è dibattuto fin troppo di alcune incertezze e qualcuno ha messo in discussione il suo posto in Nazionale (se non ci fossero delle incertezze anche attorno a Donnarumma) e la sua importanza nella Juventus.

 

Non è effettivamente semplice, soprattutto con la consapevolezza di essere a fine carriera, riavvolgere il nastro dopo una brusca interruzione del processo di tensione mentale come quella dell’ultima finale di Champions League. Il percorso psicologico per riattivare i delicati equilibri mentali – fondamentali per un portiere – è più impervio se condizionato dalla pressione dell’

.

 


Foto di Claudio Villa / Getty Images.


 

Buffon però sta resistendo e mantiene ancora una possibilità, remota ma pur sempre esistente, di dare un coronamento fiabesco al finale della sua carriera con una vittoria della Champions League. Dall’altra parte, c’è la possibilità del baratro: una mancata qualificazione a Russia 2018, senza possibilità di segnare il nuovo record di sei partecipazioni ai Mondiali, rappresenterebbe un finale ingiusto di una carriera comunque prestigiosa.

 



La carriera di Buffon somiglia sempre di più a quella di altre leggende dello sport come Roger Federer e Valentino Rossi. Sportivi che hanno attraversato un periodo complicato alla soglia dei trent’anni ma che, quando lo hanno superato, sono riusciti a rimanere vincenti guadagnando una specie di aura di immortalità.

 

Eppure il primo passo che trasforma un campione in una leggenda è l'accettazione della parabola discendente, almeno da un punto di vista fisico, e scoprire in essa una nuova risorsa, un modo per rinnovare ed arricchire il proprio gioco. Per far sì che questo avvenga c’è bisogno di una grande consapevolezza e intelligenza. Trasformarsi in quello che Adam Smith, nella sua

, chiamava "spettatore imparziale", cioè colui che è capace di valutare se stesso come se stesse giudicando un comportamento altrui, facendo leva sulle proprie esperienze sociali.

 

Ma per raggiungere una condizione simile, che è quasi trascendentale, bisogna quanto meno arrivare verso la fine della propria carriera, avvicinandosi a questa specie di risveglio di coscienza. A volte sono proprio i campioni già affermati, soprattutto quelli ad aver già vinto molto, ad essere i più convinti nel loro intento di migliorarsi. Le loro aspirazioni, depurate ormai da ogni spinta verso il successo personale, sono legate a qualcosa di più profondo. Superare i 35 anni e mantenere alta la propria voglia di migliorarsi e restare competitivi - anche rispetto a giovani provenienti dall’avanguardia – è qualcosa di raro e per certi versi davvero

. Perfezionarsi fino ai minimi dettagli – compensando così la caduta delle prestazioni atletiche – per assicurarsi un crepuscolo di alto livello fa entrare uno sportivo nella parte più alta e lucente della storia del suo sport, quella riservata ai pochissimi che non a sproposito vengono definiti “leggende”.

 

Forse è soprattutto questo che genera rispetto verso di lui da parte dei colleghi di reparto. Buffon ormai da diverso tempo non è più lo specialista assoluto in nessun fondamentale del suo ruolo: non possiede l’esplosività di de Gea, i riflessi e le capacità nelle uscite alte di Oblak, l’aggressività di Handanovic, il gioco di piedi di ter Stegen, lo stile robotico e futuristico di Neuer. Eppure tutti i portieri ammirano la sua mentalità nel mettere insieme tutto il proprio potenziale, rimasto ancora a livelli alti grazie soprattutto alla sua forza psicologica, nonostante le generazioni calcistiche attraversate e ormai concluse nel frattempo.

 



Dopo le ultime eccezionali annate, su tutte quella del 2014/15, nell’ultimo anno Buffon è sembrato fisiologicamente in leggero calo atletico. La scorsa stagione era iniziata con un'insolita frequenza di errori: contro

e

in Serie A, e nella delicatissima sfida alla Spagna nelle qualificazioni ai Mondiali con la maglia della Nazionale.

 


Davvero non da Buffon.


 

Il portiere juventino ha reagito prima in campo con una prestazione superba in Champions League a Lione, e

nell'intervista post-partita, dove ha mostrato tutto il suo orgoglio. Buffon non è indifferente alle critiche dell'ambiente circostante, che lo richiama costantemente a ribadire il proprio status, sia individuale che - quando serve - collettivo: «Senza presunzione, so essere autocritico, non ho bisogno di sentire gli altri diventare spocchiosi per strumentalizzare determinate situazioni, mancando di rispetto alla carriera e allo spessore di una persona. Volevano farmi il funerale, che ci vadano, io non vedo nessuno al funerale. Tra le tante stupidaggini però ho sentito una sola cosa giusta, uno che ha detto: "Io da Buffon pretendo di più". È l'unica cosa giusta che ho sentito perché è quello che sentivo anche io».

 

Buffon ha proseguito la stagione senza essere sempre perfetto in Serie A come negli anni d'oro, ma come ogni grande campione ha riservato le sue migliori prestazioni alle partite più importanti, soprattutto in quella missione sacra che per la Juventus era diventata la Champions League.

 

Per contrastare il calo atletico, Buffon ha esasperato il suo senso dell’anticipo, mentale e motorio, attinto sempre di più dalla raffinatezza delle letture e dall’esperienza nelle scelte. Anche negli anni d’oro non è mai stato il portiere più dotato di forza esplosiva – se lo paragoniamo a Dida o Julio Cesar, se dobbiamo fare degli esempi del passato – ma possedeva già un’importante sensibilità nel piazzamento che non lo costringeva quasi mai a compiere interventi esageratamente spettacolari, oltre a una grande agilità e reattività di riflessi.

 

Anche prima che comparisse Manuel Neuer ai vertici della scena mondiale, Buffon era preso come esempio per la sua capacità di rimanere in piedi nelle situazioni di uno contro uno, quando fra i portieri del calcio a 11 non imperversavano ancora le posture del calcio a 5 e il tuffo era la consuetudine principale. Nella

, nel quarto di finale d’andata di nella scorsa Champions League, Buffon si defila leggermente per coprire meglio lo specchio della porta. Rimane in piedi, apre le braccia quanto necessario e legge con un po' di anticipo l'intenzione di Iniesta di incrociare con il piatto sul secondo palo.

 

Ma Buffon è stato anche intelligente a rimanere flessibile e vario nelle sue scelte. In

nella semifinale di Champions di ritorno, il portiere della Juve invece va giù in anticipo, venendo contro le proprie inclinazioni naturali. Capisce che il giovane francese ha il pallone troppo sotto il corpo e non potrà fare altro che strozzare il tiro, senza più la possibilità quindi di alzare il pallone. Buffon va a terra, allungandosi per coprire tutta la parte bassa dello specchio, e respinge. Le sue letture mentali sono importanti anche per interventi come

, talmente anticipata da sembrare azzardata ma che invece si è rivelata provvidenziale.

 


Quattro grandi parate di Buffon la scorsa stagione (la quinta è di Neto, ma tant'è).


 

A volte capita che leggere la situazione in anticipo e provare a prevenire l'avversario causi delle imprecisioni. Sempre nella semifinale di ritorno contro il Monaco, Buffon

per aver calcolato male la velocità di Mbappé, forse sottovalutando l’elasticità del giovane francese.

 

Buffon negli ultimi anni ha anche raffinato il suo gioco con i piedi, migliorando in particolare la precisione nei passaggi corti di prima sotto pressione. Un’evoluzione iniziata qualche anno fa, a partire dal periodo in cui Conte aveva imposto il suo classico giro palla basso con la difesa a 3, e che ormai è arrivata a maturazione.

 

L’unico neo rimasto nel suo spettro tecnico, il piccolo punto debole che contribuisce a dargli la giusta dose di umanità, è l'uscita alta. D’altra parte, con una difesa così forte nei duelli aerei, forse era inevitabile che il portiere bianconero si atrofizzasse in questo fondamentale, che comunque non è mai stata una sua specialità.

 



Con la finale di Champions League persa a Cardiff, la tensione al miglioramento di Buffon è stata messa di nuovo a dura prova. La stagione 2017/18 darà tantissime risposte in merito agli equilibri di vertice del calcio italiano ed europeo. Buffon negli anni è diventato sia il capitano della Juventus che della Nazionale, ruolo che ricopre per autorità più che per anzianità, e che giustifica con una professionalità enorme e con una spiccata tendenza a prendersi forti responsabilità di fronte alla stampa.

 


Foto di Pierre-Philippe Marcou / Getty Images.


 

Dopo la deludente prestazione della Nazionale contro la Macedonia a Torino

: «Credo che i primi responsabili che devono far sì che le cose cambino siamo proprio noi giocatori, soprattutto quelli più esperti, che devono avere un senso di appartenenza e di responsabilità ancora maggiore cercando di sgravare i ragazzi più giovani di tutto questo». Aggiungendo poi: «Se cominciamo a piangerci addosso, a pensare che qualcuno remi contro, facciamo la fine dei perdenti. Dobbiamo trovare il modo di reagire, e si reagisce non pensando di essere delle vittime sacrificali perché qualcuno ha deciso così».

 

Buffon possiede una retorica così efficace da lasciar immaginare un suo futuro in politica. È capace di mescolare sapientemente toni e contenuti di vasto consenso popolare ad altri più duri, schietti, che tendono a spaccare maggiormente l’opinione pubblica ma che danno l’immagine di uomo deciso e sincero.

 

Prima che queste doti vengano messe al servizio di scopi più istituzionali, in questa condizione in bilico tra la santificazione senza tempo e le partite da giocare ogni domenica, Buffon è chiamato a una delle sfide più difficili della sua carriera. Quasi già passato a uno statuto da leggenda, con un fisico che non è più quello di una volta, Buffon deve mantenere alto il proprio livello, per la Juventus, per la Nazionale, per la propria legacy.

 

I Mondiali russi (presumendo una non scontata qualificazione dell'Italia) dovrebbero rappresentare per lui un canto del cigno all’altezza della sua storia. Sarebbe la ricompensa più giusta per un atleta che non si è rassegnato allo scorrere del tempo, ma che lo ha progressivamente inclinato a proprio favore, usandolo per diventare uno dei migliori di sempre.

 

 

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