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Come Trento ha fatto di Saliou Niang un prospetto NBA
02 lug 2025
Dalle difficoltà alla Fortitudo, alla chiamata dei Cavaliers.
(articolo)
10 min
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IMAGO / Giulio Ciamillo
(copertina) IMAGO / Giulio Ciamillo
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Succede molto raramente che la Fossa dei Leoni della Fortitudo si prenda una pausa dal tifo – anche solo per un singolo quarto – per protesta contro il rendimento dei giocatori. È quello però che accadde il 30 aprile del 2023 nella partita di seconda fase del campionato di Legadue tra Bologna e Piacenza. La stessa cosa era successa due settimane prima contro l’Urania Milano. La Effe stava vivendo una stagione di transizione tra la vecchia presidenza di Christian Pavani (uscito di scena l’anno precedente) e di Gianluca Muratori e la nuova di Stefano Tedeschi e Matteo Gentilini.

La squadra che quel pomeriggio affronta Piacenza nel silenzio, pur se solo nei primi 12 minuti, del PalaDozza è una lontana parente di quella costruita in estate. Senza Pietro Aradori, fuori per problemi fisici, e senza americani (uno tagliato, Steven Davis, e l’altro sospeso, Marcus Thornton), a trovare spazio è il giovane Saliou Niang, che finisce la partita con ben 26 minuti giocati. Alla fine della partita persa in rimonta, il suo tabellino recita 4 punti, 10 rimbalzi e un paio di assist.

Il primo canestro arriva proprio sotto la Fossa, dopo aver lottato su un rimbalzo offensivo. Ricordo benissimo una persona sotto di me urlare: «Bravo, cinno», dove ‘cinno’ sta per ‘ragazzo, bambino’ in bolognese. Da che mondo è mondo, quando una squadra va male, il tifoso si lega ancora di più ai ragazzi delle giovanili, alla speranza di trovare qualcuno fatto in casa capace di dare contributo immediato in prima squadra. Nonostante un roster non certo costruito per agevolare un ragazzo così giovane, Niang mostrò esattamente quello che il pubblico biancoblu voleva vedere: la proverbiale ‘fotta’, quella che per la Treccani è definibile come ‘rabbia’ ma che nel capoluogo emiliano è la voglia di sbattersi in campo oltre il proprio talento.

Il ragazzo di Dakar, ma cresciuto nel lecchese e italiano di formazione cestistica, aveva tutti i mezzi per potersi imporre in quella squadra così povera di talento e senza grosse ambizioni, ma le cose andarono diversamente. Nelle tre partite consecutive contro Torino, Piacenza e Urania, Niang trovò molto spazio – non giocò meno di 24 minuti in ogni gara – salvo poi sparire in fondo alla panchina, da dove era venuto.

LA CHIAMATA DI TRENTO
Ogni volta che gli si chiede dell’esperienza in Fortitudo, Niang sottolinea sempre come avrebbe voluto trovare più spazio. Certo, la sua cartella clinica si era riempita oltremodo negli anni precedenti; tutto parte da un grave infortunio alla caviglia subito nel 2020, a seguito del quale si rompe 3 legamenti. Anche dopo l’operazione il dolore non passa, e il consulto con il dottor Rocchi, a Reggio Emilia, nei primi mesi del 2021, certifica che il lavoro da fare era ancora molto: «Non ho mai visto una caviglia così brutta» avrebbe detto il medico. All’inizio della stagione 2022-23, poi, la frattura da stress a un piede, che pregiudica la sua stagione. Di fatto, tutti i pianeti si stavano allineando per una sua partenza. La scarsa valorizzazione del suo talento, unita alla incertezza societaria convinse Niang a guardarsi attorno: quando arrivò la chiamata di Marco Crespi, Saliou non ci pensò due volte.

Proprio Marco Crespi è una figura chiave per lo sviluppo tecnico e umano del ragazzo. L’ex coach, tra le altre, della Montepaschi Siena è da alcuni anni a capo della Dolomiti Energia Basketball Academy di Trento, un progetto che ha reso il settore giovanile dell’Aquila di Trento uno dei migliori in Italia. L’accademia di Trento è paragonabile a quella delle più grandi squadre europee, per il modo in cui allenatori e insegnanti si prendono cura dei ragazzi come giocatori e come uomini: non è un caso che Eurolega abbia invitato Trento all’ultima edizione dell’Adidas Next Gen Tournament, il più importante torneo continentale per squadre Under-18.

Nel primo anno a Trento, Niang si è trovato in una situazione molto simile a quella dell’ultimo anno in Fortitudo, con risultati però diametralmente opposti; in entrambi i casi, infatti, le due squadre hanno dovuto fronteggiare problemi di infortuni, che le hanno portate a dare a Niang molti più minuti di quelli che pensasse. Se alla Effe il ragazzo era tornato a sedersi in panchina (e a rimanerci) dopo 3 partite, con l’Aquila di Trento quell’opportunità ha rappresentato il trampolino di lancio per la sua carriera. Le prestazioni in LBA Next Gen Cup, la competizione riservata alle selezioni Under-19 delle squadre di Serie A, lo avevano preliminarmente messo sulla mappa; alle partite da 27 + 8 rimbalzi contro Venezia e a quella da 27+12 contro Brescia aveva fatto seguito una irreale tripla doppia da 25 punti, 12 rimbalzi e 10 assist in 31 minuti contro Pistoia.

Come ha raccontato lo stesso Niang, non fu affatto facile abituarsi anche solo ad allenarsi con una squadra di Serie A. Inizialmente se ne stava in disparte in panchina mentre i suoi compagni venivano divisi durante le partitelle in allenamento. Alla domanda di coach Paolo Galbiati sul perché non chiedesse di entrare, Niang rimase muto e la risposta se la diede lo stesso allenatore: «Non hai le palle?». Evidentemente, però, Galbiati le aveva, perché non si fece problemi a far debuttare Niang in campionato e in Eurocup.

La sua prima europea fu in casa contro l’Aris Salonicco, e la tensione si vedeva tutta. Partì titolare e rimase in campo per 3 minuti. Tre come gli errori commessi in altrettante azioni consecutive. Prima si fa trovare da Biligha su un taglio lungo la linea di fondo, ma la palla gli scappa tra le mani. Poi rimane incastrato su un blocco, con la difesa che non riesce ad aiutarlo e concede un sottomano comodo. E infine un cross terrificante dall’angolo con chilometri di spazio. Alla fine Trento quella partita la vinse, ma forse a Niang non importava granché. Sentiva di essersi "piegato" sotto pressione e non aver corrisposto la fiducia che gli aveva dato Galbiati. Niente di più sbagliato, perché da quella sera Niang non sarebbe più uscito dalle rotazioni dei trentini. Non più tardi di 4 giorni dopo, nuova partenza in quintetto, questa volta in campionato contro Venezia: 14 minuti in campo, 5 punti e vittoria di 27.

NUOVO LIVELLO SBLOCCATO
Nella successiva partita europea, contro Ulm, Niang va in doppia cifra, segnando 10 punti – con anche 7 rimbalzi e 2 assist – in 16 minuti sul parquet. 10 punti segnati in maniera essenziale, senza sprecare movimenti o fare più di quello che era in grado di fare, sempre con grande intelligenza. Il ragazzo cresciuto a Mandello del Lario ha sempre avuto un ottimo primo passo e una propensione a muoversi senza palla, attaccando lo spazio o il ferro alla ricerca di un rimbalzo offensivo.

Il primo Niang di Trento dava il meglio di sé contro le difese non schierate, che fosse un taglio backdoor, in transizione o un rimbalzo offensivo, tutte situazioni in cui eccelleva nonostante un campione ridottissimo: nella scorsa stagione, contando tutte le competizioni, Niang realizzava rispettivamente 1.4, 1.6 e 1.5 punti per possesso nelle tre situazioni di cui sopra.

Fin dal suo arrivo nella Academy di Trento, Marco Crespi aveva visto in lui le potenzialità per farne un giocatore completo, almeno sul lato offensivo del campo. Chiaramente andava sistemato il tiro, fin troppo impreciso e dalla meccanica oltremodo lenta, ma il suo obiettivo era renderlo un giocatore pericoloso palla in mano. Nella prima stagione questa versione di Niang si è vista solamente in transizione, dove gli spazi sono più aperti e palleggiare è meno problematico. Questa è la versione che si presentava sul finire della stagione 2023/24, decisamente diversa rispetto a quella di inizio anno:

Niang è alto 2 metri e ha leve lunghissime. Ormai giocatori con questo tipo di fisico, capaci di condurre il contropiede e assottigliarsi per passare in mezzo ai difensori non fanno più notizia, ma fidatevi che non è normale avere quel controllo del corpo.

Il lavoro dello staff dell’Aquila ha pagato, perché la stagione 2024/25 è stata quella della consacrazione, a livello di squadra – con la conquista della Coppa Italia, primo, storico trofeo – e personale. Quello che più salta all’occhio è la centralità di Niang nel contesto organizzato da coach Galbiati: una squadra che corre tanto e che cerca di aprire il campo per le triple. In questo contesto di gioco Niang è impiegato spesso come trattatore di palla, ruolo che nella stagione precedente gli era stato precluso. Basta questa statistica per farsi un'idea: 75 possessi gestiti da portatore di palla sui pick and roll contro uno solo nell’intera stagione scorsa. 75 possessi gestiti con ancora una propensione alle palle perse (29% di frequenza), ma anche con una buona produzione offensiva, 0.8 punti per possesso.

Saliou di fatto veniva utilizzato come un playmaker aggiunto, con l’obiettivo di forzare il cambio e trovarsi accoppiato con giocatori più lenti di lui. Quando prende il blocco ha la pazienza di attaccare e lo fa sia palleggiando con la destra che con la sinistra; sa proteggersi col corpo schermando il difensore con il fondoschiena – e questa è una cosa proprio da playmaker puro o comunque da giocatore abituato ad avere spesso palla in mano – e sa finire con creatività al ferro.

Certo, il lato fisico è tutto da costruire: sia rafforzare la parte superiore del corpo che impararla a usare, ma i miglioramenti da un anno all’altro sono sotto gli occhi di tutti. Lo dice il modo in cui Niang sta in campo ma lo dicono anche le cifre, che gli sono valse il premio di Giocatore Più migliorato della LBA: per lui 8.1 punti e 5.0 rimbalzi in 20 minuti di media contro i 5.0 punti e 3.1 rimbalzi in 13.1 minuti di media della stagione di esordio in Serie A.

Se in attacco rimane un giocatore con un upside notevole ma con ancora tanti movimenti da inserire nel bagaglio, soprattutto quando deve creare dal palleggio, l’aspetto del suo gioco che ha intrigato le squadre NBA riguarda la difesa. Niang è il classico esterno moderno che sa marcare più ruoli: un tipo di giocatore che è ormai diventato sempre meno raro ma comunque richiestissimo alla luce della trasformazione in atto del basket di oggi.

IL DRAFT E IL FUTURO
Nella notte tra il 26 e il 27 giugno, Saliou Niang ha sentito pronunciare il proprio nome sul palco del Barclays Center di Brooklyn al tramonto del secondo giro. I Cavaliers lo hanno preso con la 58esima scelta, motivando la sua scelta di tenere il proprio nome nella lista dei prospetti in lizza per una chiamata. Verosimilmente aveva avuto qualche rassicurazione, corroborata dai provini sostenuti con la stessa Cleveland, ma anche con Magic e Bucks.

Niang ha proprio i connotati del ‘mystery man’ che viene dall’Europa, categoria in cui venivano inclusi – non senza superficialità e supponenza – la stragrande maggioranza dei prospetti provenienti dal Vecchio Continente. Giocatori sconosciuti al pubblico americano e, nel caso di Niang, anche ai giornalisti e al social media manager dei Cavaliers. Il giocatore di Trento è stato presentato come proveniente dalla Fortituto (con la ‘T’) Kontatto Bologna sia nella grafica di presentazione sui social della franchigia che nell’articolo dedicato di The Athletic, ignorando squadra di appartenenza, il suo nome corretto e anche il suo sponsor (come siano andati a ripescare Kontatto, main sponsor della Effe nella stagione 2016-17, è un mistero).

La scelta di Niang da parte di Cleveland è il più classico caso di ‘draft & stash’, sceglilo e tienilo di scorta da qualche parte in Europa. Nel suo caso è già ufficiale da settimane il ritorno a Bologna, sponda Virtus, dove potrà anche giocare l’Eurolega. I campioni d’Italia in carica stanno attraversando un ridimensionamento rispetto a qualche anno fa: l’obiettivo è quello di rimanere competitivi abbassando i costi della squadra e anche l’età media. Per i giocatori italiani, emergere nelle grandi realtà del nostro paese come Milano e, appunto, la Virtus è sempre stato complicato, ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Proprio come succede nel calcio, l’aumento esponenziale delle partite ufficiali – colpa del format attuale di Eurolega – ha forzato anche le big ad attingere alle proprie panchine, soprattutto nelle partite di campionato.

La Virtus di questa stagione ne è l’esempio. Giocatori come Momo Diouf e Nicola Akele hanno recitato ruoli da protagonisti nei playoff e nelle finali scudetto, rivelandosi fondamentali per una squadra con enormi problemi sotto canestro (al di là degli eroismi di Toko Shengelia). Niang si inserisce perfettamente in questo contesto, a maggior ragione vista l’enfasi che coach Ivanovic ha sempre messo sul lato difensivo del pallone. Ovviamente, in ottica NBA quasi tutto dipenderà da come Niang riuscirà a sviluppare il proprio tiro, ma già adesso la sua storia ha preso una traiettoria inimmaginabile solo due anni fa, tra l’arrivo in pianta stabile in LBA, la nazionale italiana (con cui ha esordito lo scorso febbraio), la Coppa Italia con Trento e l’approdo alla Virtus. In due stagioni ha scritto pagine importantissime per la propria storia, e i Cleveland Cavaliers gli hanno messo a disposizione un altro capitolo: l’inchiostro e la trama dovrà metterli lui.

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