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Mauro Mondello
Da dove nasce l'eroica vittoria dell'Italia sulla Scozia
10 mar 2024
10 mar 2024
Una partita che dimostra un cambio di mentalità.
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Mauro Mondello
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Foto di Danilo Di Giovanni / Imago
(foto) Foto di Danilo Di Giovanni / Imago
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L’arbitro australiano Angus Gardner fischia il calcio d’inizio. Paolo Garbisi, posizionato esattamente al centro dello stadio Olimpico di Roma, fa compiere al pallone un piccolo rimbalzo e poi lo colpisce con il piede sinistro, mandandolo ben dietro la linea dei ventidue metri avversari. L’ovale lo raccoglie al volo Andy Christie, che dietro la maglia ha stampato il numero 6 e che scende in campo per la prima volta da titolare con la squadra scozzese. Christie si piazza il pallone sotto il braccio destro e attacca con una carica a semiarco, con la quale aggira i tre compagni di squadra che gli sono rimasti davanti. Scaricati i primi cinque passi si trova finalmente in linea di corsa frontale e punta con il braccio sinistro su Lamaro, che è andato a prenderlo altissimo. La terza linea della Scozia abbassa la posizione del corpo, orienta la spalla verso il contatto e lancia una mini-accelerazione che ne moltiplica la potenza. Il capitano azzurro non può portare un placcaggio avanzante, decide allora di piantarsi sulle gambe e assorbire l’entrata dello scozzese con il corpo, abbracciando l’impatto e rotolando a terra insieme a Christie.

Il numero 6 dei cardi finisce con la schiena sull’erba, ma mentre lotta per rigirarsi su un fianco, come una tartaruga, ecco che Menoncello mette le mani sul pallone e resta in piedi, un pilastro di marmo, resistendo al tentativo di pulizia portato da Darge e Cummings, che gli si attaccano addosso e cercano, senza riuscirci, di spostarlo.

All’Olimpico si sente un altro fischio.

È di nuovo l’arbitro Gardner, che sanziona il tenuto scozzese con calcio di punizione per l’Italia: la partita è cominciata da appena 11 secondi. Paolo Garbisi prende la palla, la sistema sul conetto della trasformazione, fa qualche passo indietro, guarda i pali, guarda il pallone. Poi succede una cosa strana. No, nemmeno strana; succede una cosa assurda, quasi sovrannaturale: il pallone cade. Esattamente come nell’azione finale della partita del precedente turno del Sei Nazioni, contro la Francia. Quasi esattamente nella stessa zona di campo, con il calcio di sinistro, da sinistra, verso destra. La palla cade quando mancano venti secondi allo scadere del limite di tempo per calciare.

Stavolta però il finale è diverso.

Garbisi risistema l’ovale sul tee, sul volto un accenno di sorriso, prende una rincorsa più breve, guarda di nuovo i pali, calcia: 3 a 0 Italia. La terza partita italiana al Sei Nazioni inizia così, con un segno del destino che però destino non è, ma solo senso e circostanza. Come nella chiusura della Trilogia dei Tre Colori di Kieslowski, quando i protagonisti di Film Bianco, Blu e Rosso restano gli unici superstiti di un naufragio e ci arriva forte, fortissima, la sensazione che la sorte dell’umanità non sia già scritta, ma legata, piuttosto, a un caso universale, e che gli uomini e le donne quel caso lo possono cambiare, verso la salvezza. Il pallone che dopo due settimane cade ancora dal suo supporto, ma che stavolta entra, è la risposta dell’Italia del rugby a un destino già scritto.

La prima azione della partita: in trenta secondi, la rappresentazione di come la mentalità dell'Italia si stia trasformando

La vittoria contro la Scozia per 31 a 29, in uno stadio tutto esaurito, è una vittoria diversa dalle altre. Innanzitutto perché l’Italia all’Olimpico non vinceva dal 13 marzo 2013 (un successo storico contro l’Irlanda per 22 a 15) e con questo successo interrompe una striscia di ventisei sconfitte consecutive in casa. Specialmente, è diversa per il modo in cui è arrivata, e cioè grazie a una prestazione entusiasmante, nella quale il XV italiano ha messo in luce caratteristiche inedite per la sua recente storia tecnica e tattica e che sottolineano lo straordinario lavoro che Quesada ha fatto sul gruppo in questi pochi mesi sulla panchina azzurra. Sono quattro gli elementi che risaltano dalla partita di ieri e nei quali l’Italia ha mostrato una progressione eccezionale rispetto a quanto visto nella recente Coppa del Mondo: disciplina, condizione fisica, difesa, lettura della partita.

Nonostante un match giocato a lungo in difesa, con la conquista del territorio che segna 59% a 41% in favore degli scozzesi e 177 corse palla in mano della Scozia contro le 92 dell’Italia, gli azzurri hanno concesso soltanto cinque calci di punizione, contro i dodici scozzesi, e hanno resistito strenuamente, senza poter fare fallo, alle 24 fasi con le quali la Scozia ha cercato con forza l’ultimo assalto nei minuti finali della partita. La grande prestazione dell’Italia sul fronte della disciplina va sottolineata: si tratta di un aspetto che nel rugby di alto livello distingue in maniera decisiva le squadre che possono davvero ambire a vincere le partite da quelle alle quali, anche in condizioni di brillantezza, manca sempre qualcosa.

La condizione fisica è un altro aspetto che, guardando alla partita di ieri e anche ai match di febbraio contro Inghilterra e Francia, sembra essere migliorato in maniera davvero esponenziale. L’Italia domina la classifica dei placcaggi nel Sei Nazioni 2024, 754 tackles in quattro partite, con Michele Lamaro leader assoluto del torneo in questo fondamentale: 81 placcaggi in totale e una leadership riconquistata, con delle fantastiche prestazioni, sul campo. È una statistica quasi inevitabile, considerato che l’Italia passa molto tempo in difesa, ma che contro la Scozia (212 placcaggi) è stata accompagnata da una straordinaria attenzione a non commettere falli. È un obiettivo che si può raggiungere solo grazie a un lavoro di squadra enorme sugli automatismi difensivi, ma anche e soprattutto attraverso una condizione fisica che permetta di mantenere lucidità anche nell’ultimo quarto di gara, anche in match nei quali, con oltre 200 placcaggi, si porta lo sforzo fisico al limite.

Infine, la lettura della gara. L’Italia di Quesada è stata sotto anche 22 a 10 nel primo tempo e molti davano la partita per chiusa alla terza meta scozzese. E invece Lamaro e compagni sono rimasti dentro il match, hanno continuato a macinare gioco, hanno interpretato la sfida in maniera matura, mostrando un gioco al piede finalmente più solido e un’impostazione (che Quesada aveva subito chiarito di voler perseguire) che vede la squadra mantenere la sua grande pericolosità in attacco, variando però molto le scelte di gioco, che non prevedono più, come nell’era Crowley, un arrembaggio da ogni parte del campo, ma sono costruite per non dare punti di riferimento agli avversari.

Michele Lamaro veniva da un mondiale molto deludente sul piano personale ma contro la Scozia ha dimostrato, ancora una volta, di essere un giocatore fondamentale per questa squadra e la scelta più giusta per il ruolo di capitano.

In questa nuova versione, più matura e più solida, dell’Italia, alcuni giocatori sembrano essere decisamente più a loro agio, altri si sono fatti spazio nel XV titolare.

Paolo Garbisi, che arrivava a questo Sei Nazioni dopo una stagione e mezza di alti e bassi, sta tornando a mostrare perché viene considerato una delle migliori aperture al mondo. Contro la Scozia ha giocato un'altra partita di altissimo livello, distribuendo con ritmo il pallone, prendendosi grandi responsabilità al piede e rimanendo solido in difesa, come peraltro aveva già fatto vedere contro la Francia. Garbisi ha vinto lo scontro diretto con Finn Russell, uno dei più grandi numeri 10 al mondo, e ha mostrato un repertorio tecnico e tattico di straordinaria completezza.

Accanto a lui, Martin Page-Relo sembra essersi conquistato la maglia titolare nel ruolo di mediano di mischia. Ordinato, pulito, forse non garantisce ritmi forsennati nell’uscita della palla, ma con la Scozia ha mostrato quanto la sua presenza in campo permetta all’Italia di aggiungere un’opzione di qualità nel gioco al piede, aiutando peraltro anche Varney, che può dare il suo apporto in fasi della gara che permettono alla sua elettricità (a volte eccezionale, altre svagata) di colpire dove fa più male, come successo ieri.

Ancora, Nacho Brex è, con l’irlandese Bundee Aki, il miglior centro in Europa oggi e contro la Scozia lo ha dimostrato, oltre che con una splendida meta, quando è andato a rincorrere Christie, che aveva preso un buco di oltre quindici metri, lo ha portato a terra, si è rialzato e ha forzato il calcio di punizione: monumentale, e cruciale anche per dare alla squadra un contributo carismatico di cui tutta la linea di tre-quarti si nutre famelicamente.

Infine, una citazione va fatta per Menoncello, che ieri ha ribadito quanto possa essere pericoloso lanciato palla in mano: 47 metri palla in mano contro la Scozia e una serie di break che hanno lasciato il segno e scatenato l’entusiasmo di chi era all’Olimpico. E poi, Ross Vintcent, il ventunenne lanciato da Quesada che, con appena due caps sulle spalle, sta contendendo il ruolo di numero 8 a Lorenzo Cannone e che anche con la Scozia ha mostrato tutto il suo repertorio di corse, placcaggi e presenza a tutto campo. La sua progressione nel secondo tempo, oltre 20 metri palla in mano, ha permesso all’Italia di creare il break decisivo per la vittoria.

L’inserimento di Brex è perfetto, ma la visione di Page-Relo, che trova un calcetto dosato al centimetro nel caos della difesa scozzese, spiega quanto è importante poter contare sulla qualità al piede.

L’Italia ha vinto una partita di enorme intensità, giocando, forse per la prima volta nell’ultimo decennio, con una maturità che l’ha messa alla pari con una delle squadre più talentuose al mondo, una Scozia che può ancora vincere il Sei Nazioni.

Parte del merito è di Quesada, che ha saputo trovare la formula giusta per portare a un livello superiore la base messa da Crowley, ma bisogna dare atto anche della grande visione proprio di Crowley. Se l’Italia sta giocando un Sei Nazioni di altissima qualità, se ha portato a casa una partita bellissima contro la Scozia, è anche grazie a quanto fatto dall’ex allenatore azzurro, che ha portato un cambio di mentalità definitivo nella squadra azzurra e si è impegnato in maniera convinta per rifondare una rosa che è oggi piena di talento e che sembra pronta, finalmente, per il definitivo salto di qualità.

Vedremo contro il Galles se la squadra dimostrerà di aver fatto quel passo così importante per la propria crescita, quello della continuità, un altro tabù dell’Italia del passato: spesso, dopo una grande vittoria, per gli azzurri è infatti arrivata una successiva, inattesa, delusione. La sensazione è che questa volta la storia possa essere diversa e che l’Italia abbia messo, senza eccessivi entusiasmi, ma con il realismo del lavoro sul campo, delle basi finalmente solide per andare oltre le vittorie sporadiche e confermarsi, oltre il destino già scritto.

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