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Roque Santa Cruz, o della bellezza invisibile
20 dic 2016
20 dic 2016
Dieci gol, e altrettanti insegnamenti, dell’attaccante paraguaiano che ha dato l’addio alla Nazionale.
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Chiedete a un rospo, come suggerisce di fare Voltaire, cosa sia la bellezza, il "to kalòn": vi risponderà che è la sua femmina.

 

Poi provateci con Roque Santa Cruz: vi dirà che la bellezza non è un valore assoluto, è invisibile agli occhi e si nasconde nel carattere rassicurante dei ritorni, nella

, nei cerchi concentrici che si chiudono. Nel mettersi alla prova quel tanto che basta per non sentirsi opprimere dal senso del fallimento, ma senza eccedere. Nella coscienza di essere stato capace di diventare un simbolo schivando i clamori, di realizzarsi pur riuscendo a trattenere la voracità che contraddistingue i ragazzi prodigio.

 

Osservare a posteriori la carriera di Roque Santa Cruz, ora che la sabbia della parte alta della clessidra si sta esaurendo lentamente, significa scendere a patti con la relatività intrinseca al concetto stesso di bellezza. Non mai è stata una parabola

, se non a sprazzi: per un verso o per l’altro non ci sarebbe dispiaciuto vederlo giocare per la nostra squadra, o per un club

, anziché vederlo imbrigliato nel cliché del feticcio folkloristico.

 

La parentesi trascorsa in Europa, la parte più importante della sua evoluzione, in realtà è stata solo un lunghissimo Rumspringa - quel periodo in cui gli Amish godono della massima libertà nell’intessere relazioni amorose, con la consapevolezza che un giorno dovranno scegliere se continuare la loro vita nella comunità in cui sono cresciuti o distaccarsene completamente.

 

https://www.youtube.com/watch?v=V5gEnIV5yIs

 

La serata in cui ha salutato il pubblico guaranì congedandosi dalla Albirroja è stata

nel senso a cui Santa Cruz ci ha abituati: un congedo modesto, molto familiare, dentro al campo e sugli spalti (gli striscioni inquadrati sono quelli che gli ha preparato

, i

). Ha deciso di non giocare più per il Paraguay in un momento in cui non c’era un motivo particolare per non farlo: virtualmente fuori dai giochi per Russia 2018, disputare altre quattro partite non avrebbe spostato l’equilibrio di nessuna bilancia. Piuttosto, gli avrebbe potuto permettere di superare Cardozo ed elevarsi a massimo cannoniere della storia della Albirroja in solitudine, anziché in coabitazione, con 32 reti. Roque ha voluto prefissarsi una sfida a tempo: non è riuscito a vincerla, pazienza.

 

Quando sente che la commozione raggiunge un climax che sa di non poter sostenere senza

troppo, allora si scrolla: «Forse è meglio che vada a riscaldarmi, c’è una battaglia da vincere stasera».

 

Il Paraguay perderà entrambe le ultime due partite in cui RSC indosserà la fascia da capitano.

 

Ho scelto alcune reti di Roque Santa Cruz: forse non sono le più belle, forse neppure le più significative. Sono reti di Roque Santa Cruz Il tratto affascinante, nella sua carriera, non è tanto nei numeri (poco più di un centinaio in vent’anni di carriera nei club), quanto nel fatto che i suoi gol siano così meravigliosamente mal distribuiti.

 

Darsi la pena di comporre un trattato sul

, se c’è di mezzo Roque Santa Cruz, non ha senso.

 

 



 



 

 

Questa è una delle sue primissime reti: quando la segna, in una partita di Copa Mercosur del 1998 contro il Racing Avellaneda, è già il Re incontrastato dell’Olimpia Asunción, nel quale ha esordito ancora quindicenne l’anno prima.

 

Roque è approdato in prima squadra dopo aver giocato la miseria di 6 partite con la Sub17 del club della capitale. Ha iniziato da centrale difensivo: con un fisico nettamente più strutturato rispetto ai suoi pari età, gli piaceva stoppare la palla di petto e impostare, uscire con la sfera tra i piedi. Tempo per diventare un centravanti nel senso classico del termine ce ne sarebbe stato: in quest’azione è ancora evidente come il baricentro del tipo di gioco che conosce meglio sia venti metri più indietro. Però si intravede anche l’esplosività di certe sue accelerazioni, e la tecnica sopra la media con cui arpiona il lancio in verticale. Un anno più tardi è già diventato un simbolo, un trascinatore, un leader bambino: partecipa e ispira il gioco della squadra,

.

 

Dopo due stagioni così sorprendenti Osvaldo Domínguez Dibb, il vulcanico presidente dell’Olimpia, sa di non poterlo trattenere a lungo e fissa il prezzo del suo cartellino a 20 milioni di dollari.

 

Dibb è un bel personaggio, una specie di

nell’emisfero opposto. Se la squadra non fa risultato non paga gli stipendi dei giocatori, li costringe a dormire nello spogliatoio dopo una sconfitta, poi li va a trovare e scarica il caricatore della sua pistola sul soffitto. Se qualcuno gioca male gli piscia sulla macchina, e se hai problemi puoi sempre andarlo a trovare in ufficio, dove sulla scrivania tiene un mitra, sul quale ticchetta con le dita mentre ascolta le tue rimostranze.

 

Dibb fa naufragare la trattativa per portare Roque al Real Madrid alzando la posta. Alla fine il Bayern riesce a tesserarlo pagando il cartellino poco più di sette milioni di dollari. Uli Hoeness dirà che quella è stata la trattativa “più pittoresca” della sua carriera.

 

 



 

https://www.youtube.com/watch?v=XySjhQaNSHI&feature=youtu.be&t=44

 

Nel 1999 il Paraguay ospita la Copa América. L’ossatura della squadra è in buona parte quella che appena un anno prima si è spinta fino agli ottavi dei Mondiali, sconfitta dalla Francia campione solo ai supplementari. José Chilavert non fa parte della spedizione, in polemica con il Governo che secondo lui avrebbe dovuto meglio destinare i fondi dell’organizzazione della Copa a programmi educativi: lo sostituisce Tavarelli, che è contingentemente anche il fratello della fidanzatina di Roque Santa Cruz, oggi sua moglie e madre dei suoi quattro figli.

 

Contro il Giappone (sì, in quella Copa c’è il Giappone) Roque segna una doppietta: la prima rete viene da un inserimento perfetto su un lancio col contagiri del

Acuña. Roque allunga il collo come per sporgersi e provare a vedere cosa ci sia oltre il muro delle aspettative, nel futuro: ci trova un gol bello, in pallonetto, da diciottenne, seguito più tardi da un secondo, e ancora uno contro il Perù, in cui

Anche se la Albirroja viene eliminata dall’Uruguay agli ottavi, Roque non può essere triste. Lo aspetta l’Europa, una carriera da sfruttare al meglio non solo come

, ma anche come ambasciatore di un Paese la cui credibilità calcistica è in ascesa.

 

 



 

Al Bayern Monaco Roque resterà otto anni. Otto Anni. Arriverà in Baviera ragazzino, con una di quelle facce angeliche che le ragazzine ritagliano da

per incollare nei loro diari preadolescenziali, e se ne andrà uomo, forgiato nel fisico ma prima ancora nel carattere.

 

Nelle prime due stagioni non segna poco, considerando quanto viene impiegato: davanti a sé ha Giovane Elber, uno dei centravanti più efficaci e pericolosi del tempo, subisce il suo ruolo di comprimario senza distrarsi né mostrarsi indispettito, anzi

. Il mantra della gioventù, dei margini di crescita, però, non restituisce appieno la sua ghettizzazione, che diventa evidente con il passare delle stagioni: in realtà nessuno dei suoi tecnici sembra voler davvero puntare su di lui.

 

https://www.youtube.com/watch?v=dXuGSUJ_3xI&feature=youtu.be&t=230

 

Questo gol in Champions League contro il Feyenoord, di cui mi piace lo stop sull’apertura di Brazzo, l’eleganza letale del condor, sembra segnare una linea di demarcazione per Roque: la veemenza con cui alza le braccia al cielo sembra sancire la fine della sofferenza, il principio di una nuova era. Non sarà così, perché nelle gerarchie dell’attacco gli passeranno avanti tutti, anche Claudio Pizarro tesserato subito dopo la vittoria della Champions nel 2001: il peruviano è quasi coetaneo di Roque, giocherà di più di lui e segnerà di più di lui.

 

Roque resterà al margine, una specie di protagonista caratteriale di soli cammeo: Kahn, durante i Mondiali del 2002, prima della sfida agli ottavi tra Germania e Paraguay, in conferenza stampa ne

, poi nel tunnel

. «Ma non siete compagni?», gli chiede Struway stupito di come funzionino certe cose dall’altra parte dell’Oceano, dove il calcio sembra essere più importante (ma anche più freddo, forse).

 

Sembra una nota di solo costume, e invece la comparsata nel video dei

, che tecnicamente dovrebbe omaggiarlo, finisce per spiegare meglio d’ogni altra cosa l’esatta essenza del passaggio della cometa Roque Santa Cruz sui cieli d’Europa: una figura fugace, della quale viene cristallizzata nell’immaginario collettivo solo la scintillante bellezza. L’ultima strofa della canzone recita, più o meno letteralmente: «Tutti gridano il mio nome: è perché sono bellissimo, amico. Forse poi sono anche un goleador, potrebbe interessare?».

 



 

 

Ich Roque, oltre a significare «Io, Roque», potrebbe anche essere interpretato, onomatopeicamente, come «io roccheggio». Ma rock’n’roll paraguagi, sulle piste dell’Allianz Arena, ne suoneranno pochi.

 

Dopo otto stagioni, una serie di infortuni lunga e dolorosa e una volontà di mettersi alla prova montante, Roque chiederà di essere ceduto. «Avrei potuto tranquillamente terminare la mia carriera al Bayern», spiegherà. «Ma mi sono confrontato con Hoeness, e lui mi ha suggerito di andare altrove, se volevo giocare».

 

Nel 2007 viene acquistato dal Blackburn Rovers.

 

 



 

Roque è nato e cresciuto a Luque, quindici minuti di auto dall’aeroporto internazionale di Asunción e un’ora da Sajonia, il

in cui si trova l’Estadio Defensores del Chaco, vale a dire il palcoscenico delle partite casalinghe dell’Albirroja.

 

Volare dall’Europa al Paraguay, per Roque, è nel senso più stretto e ampio al contempo del termine

, dove la dimensione domestica è anche quella del fenomeno che fa la differenza, che torna a essere decisivo.

 

Nel 2005, in piena eclissi bavarese, per esempio, trova il tempo di partecipare all’inedita sconfitta dell’Argentina in territorio paraguayano.

 

https://www.youtube.com/watch?v=drYFI7ohKik&feature=youtu.be&t=25

 

Anche se il rimpallo fortunoso su Heinze al centro dell’area lo favorisce, il senso di RSC per il gol, forse per la vita addirittura, sta tutto nella maniera in cui inizia e conclude l’azione: riceve la sfera da Barreto con le spalle alla porta, e con il fisico la protegge e si gira, puntando Abbondanzieri e i tre difensori che lo separano dalla porta. Il secondo controllo non è cristallino, la palla si allunga, sembra persa, e Roque rassegnato per un’occasione gustosa già sfumata. Però poi si apre uno spiraglio, nel quale la punta del piede sinistro s’incunea con timidezza risoluta, la stessa con la quale grida Ich Roque nella canzone di prima.

 

Sarà una rete decisiva per la qualificazione ai Mondiali del 2006.

 

Roque è la costante paraguagia nell’epoca dorata a cavallo tra il 2002 e il 2010, quando l’Albirroja riesce a centrare tre qualificazioni consecutive ai mondiali.

 

Dopo Germania 2006 comincia a fare coppia in attacco con il

Cabañas, formando forse la coppia offensiva più affascinante, talentuosa e implacabile che il Paraguay abbia

avuto.

 

Insieme asfaltano, ad esempio, la Colombia nella Copa América del 2007 in Venezuela. Roque segna una tripletta, la rete di mezzo è questa:

 

https://youtu.be/008OoQ8G3Fc?t=98

 

Il lancio è di Barreto, del quale dovremmo rivalutare l’efficacia degli assist; con il controllo di testa che diventa un tutt’uno con il tocco di destro a seguire, una specie di terzo tempo a proprio favore, Roque taglia fuori Ivan Córdoba con una facilità impressionante, considerando che Ramiro non è proprio il difensore meno reattivo che abbiamo visto giocare; infine la tocca d’esterno sinistro sul portiere in uscita. È un gol tanto delicato quanto è prepotente invece la schicchera del

di poco più tardi (nel video, al minuto 4.00).

 

Questo tipo di azioni, progressioni brucianti in affondo che gli restringono l’angolo di tiro quel tanto che basta per rendere la conclusione successiva annichilente perché imprevedibile per l’avversario, sarà il suo piatto forte anche nella stagione successiva, al Blackburn, la più prolifica della sua carriera, in cui segnerà 19 gol e si classificherà al quarto posto della classifica dei marcatori della Premier; ma prima di tornare a parlare del suo periodo in Inghilterra lasciatemi dire un’ultima cosa sulla coppia Santa Cruz-Cabañas: parlare di loro in termini di irripetibilità significa ripensarli nella campagna di qualificazione per Sudafrica 2010, quando sotto i loro colpi potrebbe cadere (e infatti cade) chiunque, anche il Brasile.

 

https://www.youtube.com/watch?v=9PX_a6GBssg

 

L’assist di tacco del

, la facilità con la quale Roque si libera della marcatura di Lucio e si fa trovare puntuale sul palo opposto, non aumentano che i rimpianti: cosa ci saremmo trovati di fronte, in Sudafrica, se Santa Cruz non fosse annegato nel mare magnum di infortuni e incomprensioni che si sarebbe trovato a fronteggiare di lì a due anni? E se a Cabañas non fosse successo

?

 

Un aspetto della bellezza di RSC è anche la malinconia dei rimpianti che ne costellano la carriera.

 





 

Quando arriva ai Rovers, Roque ha lo stesso mood di chi si lascia dopo dieci anni di una convivenza bellissima ma gradualmente svuotata di significato: l’ansia da prestazione lo divora, non si pente del tempo perso ma sente l’obbligo morale di dover dimostrare che la sua carriera poteva essere

.

 

Nella sua biografia Robbie Savage descrive così l’arrivo di Roque, che lui stesso soprannomina «Gorgeous»: «Era così grosso, così forte, così veloce che faceva sembrare

uno scolaretto. Non potevo credere che ce l’avessimo noi. Che acquisto, e che bel ragazzo: forse il più bel ragazzo che abbia mai visto».

 

Solo tre tocchi di palla separano il suo esordio dal suo primo gol:

.

 

Oltre a essersi preso la grande responsabilità di indossare un numero discretamente pesante dalle parti di Blackburn, il 9 che era stato sulle spalle di Shearer, Roque comincia a fare cose che non gli avevamo mai visto fare: contro il Wigan segna con questa sciabolata dal limite dopo uno stop di petto a seguire che sfida le leggi della fisica attraversando il corpo del difensore. Ci stavamo perdendo

?

 


 

Nella stessa partita segnerà anche in sforbiciata e di testa, una tripletta che passerà alla storia per essere una delle poche triplette segnate in occasione di una sconfitta, ma non è questo il punto: Roque Santa Cruz, a 26 anni, diventa finalmente un centravanti di caratura europea. Sir Alex Ferguson lo segue, lui inanella

, cavalcate trionfali, incornate maestose.

 

Nella classifica dei marcatori di quella Premier, nei primi dieci posti, ci sono Cristiano Ronaldo, Adebayor, Torres, Berbatov, Robbie Keane, Mwaruwari, Yakubu, Tévez e Carew. In quale schiera astrale dovremmo mettere Roque? In quella delle comete brillanti o in quella delle meteore destinate a non scavare crateri?

 

Il fatto che il Manchester City, il primo dell’era Abu Dhabi Group, decida di puntare su di lui e sull’Adebayor visto all’Arsenal è eloquente della risposta che istintivamente era lecito darsi in quei giorni.

 

 



 

Roque Santa Cruz, per un certo periodo, ha detenuto due record significativi.

 

Il primo: è stato il tesseramento più caro nella storia del Manchester City (e l’unica cosa che Noel Gallagher

). Sarebbero giunti altri tempi, altre cifre, altri campioni, nel capoluogo mancuniano, questo è ovvio: la straordinarietà del prezzo pagato è tutta in relazione al rendimento successivo. Al City Roque ha giocato una miseria di 20 partite in due anni, nonostante le

, ed è tornato a sentire cos’è che si prova quando gli infortuni ti tartassano e nessun allenatore, per quanto possa essere affezionato a te tipo Mark Hughes, abbia voglia di rischiare il suo posto per insistere sulla tua redenzione.

 

Il secondo: è stato il calciatore più pagato della Liga Bancomer MX,

quando Ronaldinho giocava in Messico, nonostante il suo transito per il Cruz Azul sia ricordato come il più grande fallimento della sua carriera: 611 minuti totali per 2 milioni e mezzo di dollari, cioé 4mila dollari al minuto; o se preferite, 650mila dollari per gol. E questa doppietta contro il Tigres, per quanto, importante, non sembra rispettare i crismi delle celebri partita da un milione di dollari (1,3Milioni, per la precisione).

 

https://www.youtube.com/watch?v=aqs-WPJU2QQ

 

 



 

In narrativa, per quanto il genere possa influenzare la trama, non si arriverà mai ad avere due romanzi che parlino

della stessa cosa. Il peregrinare di Roque Santa Cruz per gli avamposti emiratini d’Europa, alla stessa maniera, per quanto abbia seguito dinamiche che partivano dagli stessi presupposti (ricerca di gloria imperitura) non è finito per avere i medesimi risultati. Forse perché a Santa Cruz la gloria imperitura interessava il giusto, meno che agli emiri.

 

Al Thani, emiro del Qatar, è legato a Bin Zayd (proprietario dell’Abu Dhabi Group) da un rapporto di parentela (sono cugini), ed entrambi hanno «posseduto» Roque Santa Cruz: il secondo al Manchester City, il primo in quel progetto folle ed estemporaneo che è stato il Malaga di inizio anni Dieci.

 

Nel Malaga del 2012 oltre a RSC c’erano Saviola, Julio Baptista, Demichelis e Isco. Forse è stata una delle squadre più divertenti nelle quali Roque abbia giocato, anche perché incarnava il contesto a lui più confacente: un club ambizioso senza essere pretenzioso, in una città in cui potesse sembrare normale girare interviste

.

 

La prima stagione andalusa di Roque è stata la seconda migliore della sua carriera: quindici gol, alcuni anche pesanti come quello contro il Porto che facilitò l’accesso dei malagueñi ai quarti di Champions League.

 

Santa Cruz si troverà così bene a Malaga da spingere per tornarci dopo il semestre disastroso con il Cruz Azul, tre anni più tardi. In quell’ultimo spezzone di stagione, l’ultima in Europa, l’ultima ad alto livello, dimostra di avere ancora la coordinazione, il fiuto e la pericolosità di - no, non dei vecchi tempi:

.

 

https://www.youtube.com/watch?v=bNn8f4S5wYw

 

Quando il Tata Martino, che lo ha allenato con la Nazionale, andrà a sedersi sulla panchina del Barcellona

per portarlo a vestire i colori culé. Ma a Roque non deve essere sembrata una possibilità di realizzazione, non a quel punto della sua carriera: cosa altro aveva, da chiedere a se stesso? Il suo rifiuto al Barça, un misto di difficoltà e scarsa volontà di fuoriuscire per l’ennesima volta dalla comfort zone, è forse la più sincera decrittazione del mistero RSC.

 

Oggi, diciassette anni dopo essere emigrato in Europa, è tornato a vestire i colori dell’Olimpia: è tornato con il doppio dell’età e una tonnellata di esperienza in più, con una storia da raccontare che non somiglia a una favola, ma a un’epopea ben narrata.

 

https://www.youtube.com/watch?v=EtHRNAXaVVY

 

Questo è il primo gol della sua ultima parentesi di vita, che Roque ha voluto - e ottenuto - somigliasse al brodo primordiale in cui tutto è iniziato.

 

Forse l’eccessiva arrendevolezza dei difensori avversari sminuisce lo dello stop, il destro a incrociare, e lo fa sembrare, con l’esultanza che segue, un momento da partita di addio.

 

Non lo so se è un bel gol: però è di Roque Santa Cruz.

 

Magari no, non lo è, non nel senso assoluto di bellezza: ma non chiedetelo a me, o a lui. Come volete che vi risponda, se non come il rospo di Voltaire.

 

 

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