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Ronaldo contro tutti
28 mag 2015
28 mag 2015
Cinque partite tra il '94 e il '98 per descrivere cosa fosse "Il Fenomeno" nei suoi anni migliori.
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Nel 1998 avevo 10 anni e una percezione sfumata di cosa Ronaldo fosse. Sapevo che si trattava del miglior giocatore al mondo, come lo era stato Weah l’anno prima e Baggio ancora prima, però non capivo la diversità di Ronaldo.

 

In una recente intervista Zvone Boban ha dichiarato: «Ogni giocatore, anche i più forti, hanno una loro riconoscibilità, anche solo in minima parte sono sovrapponibili fra loro, Ronaldo no, era una cosa completamente nuova. Metto Ronaldo insieme a Pelé e Maradona tra quelli che hanno spostato il gioco più in là». Il termine “Fenomeno” deriva dal greco “fainòmenon”, participio sostantivo di “fàinomai”, ovvero mostrarsi, apparire. La comparsa di Ronaldo a metà anni ’90 deve avere avuto realmente il senso di un’

, di una cosa venuta dal futuro. Non a caso anni dopo la Nike pubblicherà

che definisce quella di Ronaldo come la venuta di un Messia, lo spartiacque del calcio mondiale tra un

e un

.

 

Ho cercato su YouTube dei video delle prestazioni di Ronaldo, guardare gli highlights individuali di intere partite, invece dei semplici gol, non solo restituisce un’idea meno parziale del Ronaldo giocatore, ma anche del modo in cui ha sconvolto la storia del calcio.

 

Ho scelto di commentare 5 partite giocate tra il ‘94 e il ’98 che userò come lenti per descrivere cos’era Il Fenomeno negli anni zenitali della propria forza.

 



Guardare le partite di Ronaldo al PSV è come osservare lo sbarco di un alieno su un territorio periferico del calcio europeo. Due stagioni che equivalgono al passaggio di un tifone di cui tutti, intorno, cercavano di misurare la portata mentre ne aspettavano la fine. Il video di questa partita era stato segnalato da Cesare Alemanni

dedicato a Ronaldo, uscito un anno fa su queste stesse pagine. Nel pezzo Alemanni scrive: «Quello che io “vedo” in questo filmato è un ragazzino di diciassette anni che ridefinisce il concetto di prendere a pallonate undici avversari da solo».

 

Si tratta di un primo turno di Coppa Uefa giocato a settembre, Ronaldo non ha neanche 18 anni, deve ancora prendere 4 cm e 5 chili per diventare "Il Fenomeno". I compagni lo cercano in continuazione, lui arriva al tiro

che ha il pallone tra i piedi.

 

Sbaglia il primo controllo orientato, ma è così rapido che è un lusso che può permettersi, tira costringendo il portiere al miracolo.

 

Nell’azione dopo conclude dal limite dell’area ancora con un tiro mal preparato: la palla gli rimane troppo sotto, sul piede debole, e va col corpo all’indietro, eppure prende ancora la porta. Ronaldo non è perfettamente ambidestro, ma solo perché il suo destro è magnifico e il sinistro non può essere considerato allo stesso livello.

 

Alla terza palla toccata è solo davanti al portiere e lo salta verso l’interno, in un’azione che diventerà poi classica. Non ho mai visto nessuno saltare il portiere con la stessa facilità di Ronaldo, è come se non esistesse.

 

La notizia non è che poi realizza è il rigore, ma che è il rigorista della squadra in cui è arrivato da due mesi, neanche maggiorenne.

 

Quel Leverkusen aveva in campo giocatori come Ramelow, Schuster, Paulo Sérgio e Kirsten, che segna una tripletta e porta i tedeschi in vantaggio per 4 a 1. A quel punto il PSV diventa Ronaldo.

 

Al limite dell’area, i tre difensori davanti a lui temporeggiano, probabilmente per paura di essere saltati, e gli concedono lo spazio per il tiro. Quasi da fermo si sposta la palla sul destro e tira forte, dritto per dritto, sotto l’incrocio dei pali.

 

Quando segna il terzo gol, appoggiando in rete un cross basso, il telecronista dice: «È Ronaldo contro il Bayer Leverkusen!». I tifosi del PSV cantano “Ronaldo oh-oh-Ronaldo oh-oh-oh”, sulle note di "Volare".

 

In uscita dalla difesa gli arriva un passaggio mentre è girato spalle alla porta, ha il marcatore subito addosso ma invece di difendere il pallone lo salta con uno scavetto a seguire e parte verso la porta avversaria, nonostante sia a 80 metri di distanza. Li divora in tipo 7 secondi, si porta la palla sul sinistro e incrocia un tiro parato.

 

Dopo l’ennesimo anticipo, con un colpo di testa di poco a lato, l’allenatore del Leverkusen toglie Melzig, che uscendo scuote la testa affranto. Affida la marcatura di Ronaldo a Wörns, difensore della Nazionale risparmiato fino a quel momento. La sua esperienza al PSV si conclude con  55 gol in 56 partite, valsi però solo un terzo e un secondo posto, nonostante la squadra comprendesse gente come Bodo Zenden, Jaap Staam, Eidur Gudjohnsen, Phillip Cocu e Wim Jonk.

 

Ronaldo esce a 10 minuti dalla fine in preda ai crampi.

 



 

Dopo quindici minuti Ronaldo ha già segnato. Non serve neanche costruire l’azione perché il gol lo crea lui dal nulla. È sulla trequarti e ha la difesa del Valencia di fronte, a quel punto quello che fa non si può neanche definire un dribbling, è semplicemente un prendersi lo spazio che lo divide dalla porta come se i difensori non esistessero.

 

Ci sono due cose da notare in questo gol. La prima è lo scambio con Figo a centrocampo: il portoghese intuisce l’inesorabilità della partenza di Ronaldo e gli lascia il pallone, toccandolo e scansandosi come un passaggio a livello che si alza per consentire l’attraversamento di un treno in corsa. La seconda è il terzino del Valencia (quello alla sinistra del "Fenomeno") che prova a fargli fallo di ostruzione ma non riesce neanche a

. Qualche settimana prima Ronaldo aveva segnato

, eletto come “il secondo gol più bello della storia del Barcellona”. In quel caso "Il Fenomeno" aveva preso una palla davvero inutile a centrocampo e aveva saltato, in una cavalcata in velocità piena di micro-tocchi e cambi di direzione, tutta la difesa e una parte del centrocampo del Compostela.

 

Quando gli verrà chiesto di descrivere il gol non menzionerà neanche il fatto che in partenza un difensore ha provato a fargli fallo in tutti i modi (tirandogli la maglia, prendendolo a calci da dietro), probabilmente non se ne è neanche accorto. Questo per dire quanto in quel momento viaggiasse in una dimensione completamente diversa, in cui gli avversari non erano che un dettaglio accessorio, un pretesto da sfruttare per mettere in mostra il proprio dominio.

 

Quando i commentatori del periodo dicevano “con Ronaldo parti da 1 a 0” non ho mai trovato l’espressione tanto vera e letterale, proprio a causa di questo tipo di cose. Solo che quel Barcellona, con quel Ronaldo, partiva da 3 a 0. Eppure non riuscì a vincere la Liga, in proposito Fabio Capello, all’epoca allenatore del Real campione, disse: «È il più forte di tutti ma non può vincere i campionati da solo» ed era vero, anche se da questi video è difficile crederlo.

 

Il Barcellona allenato da Bobby Robson è una squadra piena di talento e molto offensiva, che ha superato i 100 gol nella liga, il 20% dei quali segnato da Ronaldo, che in quella squadra doveva solo preoccuparsi di finalizzare il gioco. Nella sua esperienza blaugrana "Il Fenomeno"

, che si preoccupava di motivarlo e di tenerlo lontano dalle discoteche.

 

In venti minuti Ronaldo è due volte in campo aperto solo davanti al portiere. Rivedendo queste azioni viene da pensare che se fosse rimasto sempre in Spagna a quest’ora avrebbe raggiunto medie gol fantascientifiche e forse non si sarebbe neanche dovuto stancare fino a logorarsi.

 

Il telecronista per descrivere una palla a Ronaldo in campo aperto usa il termine “insalvable”; quando invece deve trovare un termine per descrivere il "Fenomeno" ci pensa un po’, poi conclude con la cosa più vera e semplice: “impresionante”.

 

C’è un’azione confusa a centrocampo del Valencia, con molti passaggi in orizzontale, il pressing alto del Barcellona fa carambolare la palla sul "Fenomeno", che a quaranta metri dalla porta fa quello che ha fatto per tutta la stagione: tira dritto. Salta tutti, di nuovo infilandosi nello spazio impercettibile tra un difensore e l’altro, schiacciando lo spazio sulla sua velocità, e segnando di piatto a incrociare, in anticipo sul portiere. Il Camp Nou scandisce “Ronaaldo-Ronaaldo” con lo stesso ritmo religioso con cui oggi si incita Messi, un coro che condensa più di ogni altra cosa la prostrazione di una collettività a un individuo. Dalle pagine di

, in un articolo intitolato

, lo scrittore Manuel Vázquez Montalbán all’epoca lo descrisse infatti con dei toni tra il distopico e il mistico: «Sul poderoso e agile corpo di un centravanti che sembra elaborato dall'ingegneria genetica, grava il peso di una delle scarse possibilità di Assoluto che ci siano rimaste e se non gli spappolano le gambe o il cervello, abbiamo un dio per i prossimi dieci anni».

 



Passato il girone d’andata della stagione 1997-98 diventa chiaro a tutti in Serie A che l’Inter è Ronaldo. Pare che Gigi Simoni non si sforzasse neanche di negarlo,

una cosa come «siete tutti uguali tranne uno». Tutte le squadre avversarie hanno il compito apparentemente facilitato dal doversi occupare di un solo giocatore, eppure non lo fermano mai.

 

La prima palla toccata nel derby la trasforma in un una mezza bicicletta con cui salta Boban in ripiegamento difensivo e costringe Desailly, l’unico giocatore che riusciva a tenerlo fisicamente, a un recupero mostruoso in scivolata. Il doppio passo di Ronaldo non è il doppio passo dei giocatori normali. Lo si nota dal fatto che i difensori vengono mummificati dalla finta.

 

Il Ronaldo dell’Inter non è più un finalizzatore ma un giocatore totale, cercato dai compagni da ogni zona del campo, in modo spesso forzato e assurdo; è costretto a fare il centravanti, il fantasista e l’ala. È il leader indiscusso e gli viene permesso di indugiare in individualismi anche eccessivi.

 

Riceve sulla trequarti spalle alla porta, addomestica con l’interno sinistro e in un attimo si gira; col primo tocco d’esterno salta Desailly e, senza rimettere il piede a terra, la sposta di interno su Maldini, che lo stende. Il capitano del Milan è nervoso, forse consapevole che lo aspetta una giornata da incubo: non riuscirà MAI a prenderlo.

 

Nella prima palla toccata del secondo tempo Ronaldo avverte l’arrivo del difensore da dietro e sposta lievemente la palla con l’esterno, a quel punto Maldini lo falcia in scivolata e l’arbitro lo ammonisce.

 

Nel secondo tempo entra in uno stato sovrannaturale.

 

Delizioso colpo di tacco di controbalzo sulla linea laterale;

 

Sempre sull’out destro, irride di nuovo Maldini. È marcato, tenuto fisicamente spalle al campo, poi con la suola di destro la tocca verso il sinistro, con cui la spinge avanti passando a lato del difensore, che lo stende ancora. L’arbitro non lo espelle forse solo per comprensione umana. L’impressione, rivedendo i video, è che se gli arbitri avessero usato un metro di giudizio oggettivo sui marcatori di Ronaldo le partite, in quegli anni, si sarebbero chiuse sempre con delle inferiorità numeriche.

 

Segna il gol del 2 a 0 con una di quelle finalizzazioni stupende e minimali, tipicamente Ronaldo. Gli arriva da Moriero (quell’anno in stato di grazia) una palla magnifica, che aggira la difesa rossonera; è leggermente lunga e un giocatore normale avrebbe dovuto accelerare la corsa per provare a chiudere incrociando col sinistro, invece Ronaldo va in anticipo con l’esterno destro in controtempo sul portiere, spingendola a pallonetto con un leggero saltello.

 

Quella partita  finì 3 a 0 per l’Inter, con doppietta di Simeone, non fu una delle prove più decisive di Ronaldo nell’Inter, ed è tutto dire.

 



Ronaldo chiuse la sua prima stagione all’Inter con 34 gol in 47 partite. Facile immaginare quante prestazioni straordinarie possono stare dentro queste 47 partite. Se ho scelto questa sfida contro il Parma è perché sintetizza meglio di altre il modo in cui Ronaldo sfidava intere difese avversarie. Inoltre c’erano quel giorno in campo Fabio Cannavaro e Lilian Thuram, forse gli unici due difensori davvero contemporanei a Ronaldo. I duelli tra di loro in campo hanno un aspetto fantascientifico.

 

0:00 Nella prima azione della partita salta già tre giocatori, con dei dribbling rischiosissimi a centrocampo che per certi versi ricordano quelli di Pelé, in un calcio completamente diverso. Arrivato a ridosso dell’area, Cannavaro accorcia su di lui molto rapidamente, forse Ronaldo neanche se lo aspetta ed è costretto a un passaggio fuori misura ad allargare.

 

Qui c’è una delle più incredibili giocate del "Fenomeno". Difende la palla su Crespo e in pochi secondi ha contro tre giocatori. Su Ronaldo non esisteva neanche il concetto di raddoppio: c’era semplicemente tutta la squadra avversaria che si riversava su di lui. Fa un tocco verso l’interno che adesca Crespo, gliel’allontana con la suola, poi si gira con una veronica e salta Zé Maria allungandosela col sinistro. Si tratta di una giocata la cui difficoltà non è equiparabile alla sua efficacia, che denota un’intelligenza calcistica non eccezionale. Le giocate più pazzesche di Ronaldo nascono proprio da questo suo difetto. Negli anni la “normalizzazione” fisica lo ha costretto a diventare più essenziale, e questo tipo di cose si è diradato.

 

Un dettaglio molto Ronaldo. Difende la palla a centrocampo e ha due giocatori vicini, a quel punto fa una finta di corpo che anche rivedendo più volte il replay rimane impercettibile. Eppure i difensori ci cascano e rimangono di stucco.

 

Segna su punizione con un interno a giro, dal lato più difficile per un destro. La palla rimbalza sull’interno della traversa ed entra, con Buffon immobile al punto che il telecronista commenta: «Buffon può vedere lo spettacolo da un posto privilegiato». Nell’esultanza Moriero gli lucida la scarpetta. È un gol che restituisce un’idea della quantità di cose che sapeva fare Ronaldo.

 

In ripartenza ha un pallone centrale con cui può puntare il Parma. A quel punto San Siro già bolle, eccitato solo all’idea di Ronaldo che mangia il campo in contropiede, a tutto quello che avrebbe potuto fare. Sterza con l’esterno divorandosi in velocità Cannavaro e Benarrivo, il terzo è Thuram, che ha troppi metri di vantaggio e lo chiude. Anni dopo Thuram dirà: «Una palla che è insignificante per un attaccante qualsiasi lui la trasforma in un film d’azione».

 

Ha di nuovo la palla sulla trequarti in ripartenza con il Parma lungo. Ronaldo trasmette un tale terrore agli avversari che questi non sanno se ripiegare o andarlo ad affrontare, anche quando è a 50 metri dalla porta, come in questo caso. Allora può servire tranquillamente l’inserimento di Cauet verso la porta.

 

Il duello con Thuram si rinnova poco dopo, quando Ronaldo va a prendere un lancio di Cauet trovando solo il francese a separarlo dalla porta. Prova a saltarlo verso l’interno ma il difensore è eccezionale ad anticiparne le intenzioni. Prima della finale di Francia '98 Thuram tenne un vero e proprio

sulla marcatura di Ronaldo: «Lo vedi lì col pallone, un attimo dopo abbassi gli occhi e il pallone non c’è più». Nel sottogenere Ronaldo vs. Grandi Difensori vi consiglio anche

di Ronaldo contro Maldini, Cannavaro e Costacurta in un Brasile-Italia del 1997.

 

  Riceve palla sulla fascia, in una zona non pericolosa del campo, eppure Cannavaro esce dalla difesa con in testa solo l’idea di fare fallo. Lo stende e dopo si rivolge all’arbitro con un’espressione del tipo «cosa devo fare?».

 

All’ennesima palla sulla trequarti c’è West talmente sicuro che non gliela passerà (nonostante sarebbe stato completamente solo davanti al portiere) che interrompe il movimento in avanti verso la porta. Infatti tira, respinto.

 

Tira una punizione da 40 metri immaginabile solo nelle partite più rilassate di

, con un tiro di mezzo esterno dopo una rincorsa à la Roberto Carlos. Buffon si rifugia in angolo.

 



Forse la partita che più rappresenta la grandezza di Ronaldo I è la finale di Coppa Uefa tra Inter e Lazio. Rivedendo le immagini di quella partita Ronaldo non sembra neanche un giocatore ma un fenomeno naturale, un centro gravitazionale, un pianeta.

 

Djorkaeff gli parla tenendogli il volto tra le mani, sorridente. Rivedendo i video di quella stagione, sono tantissime le immagini di compagni che lo toccano, lo strofinano, lo accarezzano.

 

In diversi momenti la regia effettua una doppia inquadratura su Ronaldo e Nesta, forse per enfatizzare l’aspetto da duello western che c’era nell’idea del miglior centravanti del pianeta che sfida il miglior difensore del pianeta. Dopo pochi secondi Ronaldo gli è già andato via e Nesta è costretto al fallo.

 

Defilato sulla sinistra, riceve un passaggio di Zanetti, sembra indolente e Nesta si avvicina per chiuderlo. Improvvisamente però la allunga con l’esterno e accelera, in quel momento Paolo Negro se lo trova piovere in area ed è nella posizione in cui nessun difensore al mondo vorrebbe essere. Eppure Negro temporeggia e lo chiude in angolo, a dimostrazione di come fosse un difensore migliore di quanto ricordiamo.

 

Che Ronaldo sia in giornata calda, di quelle in cui i difensori devono ridursi a pregare, lo si intuisce quando qualche secondo dopo, braccato dai soliti tre giocatori, esegue un raffinatissimo scambio nello stretto con Djorkaeff.

 

Zanetti sul vertice sinistro dell’area controlla in palleggio e scarica all’indietro verso Djorkaeff, che però non ci arriva, da dietro arriva "Il Fenomeno" che frusta il pallone in un modo mai visto. Il tiro somiglia a quando nell’air hockey si va a impattare di taglio il dischetto col movimento a sinistra per mandarlo però verso destra. La palla gira con un effetto irreale e colpisce a uscire l’incrocio dei pali. È il momento storico in cui il calcio vero e

si sono avvicinati di più.

 

In ripiegamento difensivo (la fatica non esiste) intercetta un pallone e naturalmente parte subito. Come si marca un giocatore che punta la porta a ogni occasione direttamente dalla propria metà campo? Calcia il pallone a lato di Jugovic e parte in progressione, con il serbo costretto a mettergli le mani in faccia per fermarlo.

 

Con l’Inter già in vantaggio per due a zero Ronaldo scatta sul filo del fuorigioco e riceve un filtrante di Moriero. Ronaldo in campo aperto contro il portiere avversario è un’opera d’arte futurista. Il modo in cui corre, la sintesi dinamica tra velocità e potenza, non è normale. Sembra un unico fascio di muscoli impazzito. La finta di corpo con cui mette a sedere Marchegiani è iconica, è "Il Fenomeno" in purezza.

 




 

Azione che pensavamo possibile solo nella testa dei pubblicitari della Nike. Mette a sedere con un tocco di suola Gottardi, poi con un altro tocco di interno se la porta avanti, e a quel punto effettua un elastico che rimette a terra Gottardi.

 

Domina un duello fisico in velocità con Nesta, lo aggira, scarica all’indietro, si riprende il pallone, salta ancora Nesta, che a quel punto lo stende.

 

Nell’azione dopo, un pallone alto sulla trequarti difensiva lo allunga con la punta con ancora la voglia di scattare. Mangia 4 metri a Nesta in due secondi, il difensore rinviene ancora e lui lo dribbla a rientrare, poi esagera e viene fermato. A quel punto Nesta lo sgrida, probabilmente gli rimprovera di esagerare. Mi piace pensare che quella di Ronaldo fosse generosità: era entrato in una condizione psicofisica trascendentale e voleva regalare più cose assurde possibili al mondo.

 

Mai come in questa partita ho visto un giocatore avvicinarsi tanto all’ideale di sé stesso, una situazione paragonabile potrebbe essere Zidane contro il Brasile nel 2006, o Maradona contro l’Inghilterra nel 1986.

 

Dopo il 1998 sono successe tutte le cose che non gli hanno permesso di diventare il più forte giocatore della storia. Rivedere le immagini di quei quattro anni scintillanti di Ronaldo rimane ancora oggi un’esperienza sublime, che ci fa pensare che l’essere umano, come specie, non abbia ancora concluso la propria evoluzione darwiniana.

 

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