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Emanuele Atturo
È questo il nuovo Lukaku?
03 mar 2023
03 mar 2023
Perché, dopo mesi dal suo ritorno all'Inter, non ha ancora recuperato la sua forma?
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Emanuele Atturo
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IMAGO / sportphoto24
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Oggi fa tenerezza a ripensarci, ma quando in estate Romelu Lukaku si è trasferito all’Inter sembrava uno di quegli acquisti in grado di spostare gli equilibri della Serie A. La rosa nerazzurra dello scorso anno sembrava già la migliore del campionato, cosa sarebbe diventata con in più uno dei migliori centravanti della storia recente?Certo, c’erano dei dubbi. L’esperienza di Lukaku al Chelsea era stata un naufragio. Un breve compendio di tutte le cose che possono andare storte tra un calciatore e il club che lo paga: incomprensione tecniche, tattiche, umane, errori comunicativi, infortuni a cascata. Arrivato come acquisto vetrina della squadra che aveva appena vinto la Champions League, se ne è andato via deteriorato, in prestito, giocatore finito, inutile, inadatto.Eppure era difficile immaginare che in Serie A non potesse ancora fare la differenza. Un po’ per il discorso che tendiamo a farci sulla differenza competitiva tra il nostro campionato e quello inglese. Un discorso pieno di luoghi comuni e banalità, ma che contiene qualcosa di vero. Un po’ perché era passato davvero troppo poco tempo dal suo addio. Il nostro ricordo di Lukaku era ancora fresco.Lukaku era andato via solo un anno prima. Aveva segnato 30 gol, sollevato montagne, distrutto difese, vinto uno Scudetto che spezzava il dominio decennale della Juventus. Quanto potevano essere cambiate le cose, in un anno, per Romelu Lukaku? Quanto possono cambiare, in generale, per una persona? Voi eravate poi tanto diversi un anno fa? ___STEADY_PAYWALL___ Ai microfoni di DAZN Lukaku aveva parlato da comandante capo dell’Inter: «Non mi importa la classifica marcatori, qui si gioca per lo Scudetto». Ma questo tipo di dichiarazioni, che un tempo risuonavano potenti attraverso il suo carisma, ora erano sorde. C’erano già nell’aria delle note di tristezza. Nessuno lo aveva accolto atterrato all’aeroporto di Malpensa. Giravano questi video di lui in palestra che i giornali riportavano come il resoconto della preparazione di un eroe Marvel. Mentre i tifosi dell’Inter restavano tiepidi, quelli inglesi avevano letto la scelta del numero 90 come una presa in giro (90 sono all’incirca i milioni spesi dal Chelsea per acquistarlo). Eravamo comunque sicuri che Romelu Lukaku avrebbe riconquistato l’affetto degli interisti, recuperato il suo status di re della Serie A. Oggi che Romelu Lukaku è in così grande difficoltà è facile interpretare come ingenua la nostra fiducia, e come segni sinistri di declino tutti quelli che hanno preceduto il suo arrivo all’Inter. Oggi che Lukaku ha segnato 2 gol in Serie A, e soprattutto ha giocato poco più di 500 minuti, quasi tutti nell’ultimo mese. Quello in cui sta faticosamente cercando di rimettere insieme i pezzi del suo corpo e del suo gioco. Era arrivato già infortunato, con un problema alla caviglia che ne ha rallentato la preparazione, e poi aveva passato tutto l’autunno in infermeria. Un infortunio grave al tendine del flessore: «Normalmente io recupero velocemente dagli infortuni, ma stavolta avevo la sensazione che le cose non andavano bene. Era la prima volta in 13 anni che saltavo così tante partite». Il Mondiale poteva essere un’occasione di riscatto ed è stato invece un manifesto della sua attuale impotenza. Contro la Croazia forse la prestazione individuale peggiore del Mondiale, condita da un paio di errori iconici, che hanno separato il Belgio dalla qualificazione agli ottavi di finale. Aveva solo un paio d’allenamenti nelle gambe, ed è in queste condizioni precarie che ha avuto le massime responsabilità in una delle partite più importanti della sua carriera. Il calcio può essere crudele.A gennaio ancora dei problemi, un’infiammazione al ginocchio, poi finalmente il rientro e una striscia di presenze un tantino confortante. Senza trovare continuità è difficile trovare una forma fisica. Lo è per tutti, figuriamoci per chi ha una carrozzeria così pesante. Ora però Lukaku gioca da qualche partita e i miglioramenti nel suo gioco sono davvero piccoli. Almeno rispetto all’idea che avevamo di Lukaku, e che lui ha di sé stesso. Ha segnato un gol importante, contro il Porto in Champions League, ma in generale il suo impatto è molto ridotto rispetto a quello di un anno e mezzo fa.Qualcosa sembra essersi spezzato, e come sempre quando si parla di Lukaku, bisogna parlare del suo corpo.Durante la carriera di Lukaku è sempre stato sottile e fragile l’equilibrio tra un corpo potente e un corpo pesante. Tra un corpo che è il suo punto di forza e un corpo che è invece la sua debolezza, la sua catena. Fin dai suoi anni giovanili, con la maglia dell’Anderlecht, dentro la scuola belga del 4-3-3, Lukaku ha immaginato sé stesso come un’ala tecnica con pensieri da numero 10, da rifinitore, da giocatore estroso e creativo. Lukaku è però sempre stato imprigionato in questo corpo poderoso, che per lui è l’inizio e la fine di tutto. Il suo limite e la sua possibilità. C’è qualcosa di esistenzialista nella parabola di Lukaku. Se, come dice Sartre, «l’esistenza precede l’essenza», Lukaku è nato centravanti: il suo corpo gli ha imposto il suo ruolo, le cose che può fare e che non può fare sul campo. Nel tempo lui ha provato a definirsi come un calciatore diverso. Potente ma veloce, capace di usare il corpo, ma anche di immaginare soluzioni tecnicamente raffinate: tiri a giro, rifiniture, dribbling in spazi stretti. Un calciatore capace di fare tutto in campo. Lo ha fatto però sempre a partire dalla sua supremazia fisica. Il suo corpo gli ha impedito di essere forse un giocatore più creativo, ma gli ha permesso - nei suoi momenti migliori - di poter fare in campo più o meno tutto quello che aveva in mente. «La maggior parte delle volte quando corro alla massima velocità e il difensore prova a spostarmi non devo fare niente, perché sono troppo forte» diceva ai tempi dell’Everton. E fino a poco tempo fa era ancora così per Lukaku, che nella partita di debutto al Chelsea segna senza nemmeno doversi costruire un’occasione in modo complesso. Solo correre dritto per dritto e spalare via dalla sua strada i difensori dell’Arsenal.Per riuscire nella complicata impresa di far coincidere idee ed esecuzioni, Lukaku ha bisogno che il suo corpo resti in bilico su un equilibrio virtuoso che è ai limiti dell’impossibile. Forte e veloce, rapido in spazi stretti e in quelli lunghi. Una versione utopica dei mega-corpi degli atleti del calcio contemporaneo capaci di tutto. In una vecchia intervista sottolineava l’importanza di mantenere sempre “la forma ideale” per battere i difensori. Nell’idea di Lukaku che i difensori si battano fisicamente c’è la consapevolezza che il suo gioco ruota tutto attorno al proprio impatto fisico.Appena questo equilibrio viene meno, il corpo di Lukaku diventa una prigione. Come ha detto anche Daniele Adani in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: «Il suo calcio non può prescindere dalla forma fisica e dal lavoro settimanale. Quando Lukaku sta bene, cresce anche in autostima e quindi nella tecnica, persino nel dribbling. Ma quando sta male, diventa un giocatore normale, che fatica».Per questo oggi è così faticoso vedere Lukaku giocare. Nella distanza che c’è tra la sua onnipotenza fisica dei giorni migliori, e questa sua versione minore, che gioca quasi immobile. Costretta a pensare cose difficili, a trovare soluzioni complesse, per girare attorno ai limiti che il suo corpo gli impone. Non aveva mai dovuto farlo. Oggi Lukaku gioca su zone di campo ridotte, spostandosi il meno possibile. Ha bisogno di sentire il contatto del difensore alle sue spalle, appoggiarcisi e usarlo come una leva per un gioco di sponda che a dire il vero non è mai stato il suo punto di forza. Anche quando questo lavoro lo fa bene, come nell’azione qui sotto, rimane qualcosa di malinconico nel vedere il gioco di Lukaku così asciugato. Era andato via come un giocatore del tutto autosufficiente, capace di passare come un carro armato sopra le difese avversarie. Oggi ha bisogno degli altri, si accontenta di queste sponde minimali per rendersi utile.

Lukaku è diventato un giocatore di fatica, di sacrificio. Al momento il suo corpo non gli permette più di essere altro. Non gli permette di girare attorno ai difensori sui primi passi, oppure di assecondare le sue bizze estemporanee: spostarsi sull’esterno, provare il dribbling. Ogni tanto lo fa ancora, cercando di rimettere in scena il sé stesso del passato, ma il risultato è povero. Dov’è finita la forza, l’esplosività, l’elasticità di Lukaku? Ha davvero preso troppo peso, troppi muscoli?

È strano vederlo lento e impacciato quando ha tanto campo davanti a sé, in quelle situazione in cui il miglior Lukaku correva per divorarsi il mondo. Vederlo contenuto da difensori normali, dover tornare indietro dalla sua idea iniziale.

Arrivato all’Inter sembrava, come dire, inspessito. Nelle amichevoli estive si muoveva con fatica, ma gli articoli dei giornali erano fiduciosi: «Poco importa se adesso in amichevole a volte dia un senso di apparente pesantezza: l’elasticità e l’atletismo arriveranno a tempo debito». Del resto all’Inter si diceva avesse espresso il meglio di sé anche per questioni banalmente alimentari. Aveva detto che la dieta mediterranea aveva migliorato il suo rendimento: «Da quando sono all’Inter abbiamo fatto un’analisi del mio corpo e molto è cambiato: mangio molta insalata, pesce, che ha un ottimo effetto su di me. Mi piace la carnitina, mi fa stare bene, e assumo vitamine. Mangio insalata per pranzo, molto petto di pollo, pasta shirataki. (…) Ho raggiunto un altro livello, fisico e mentale. Il giorno prima della partita posso sgarrare con i carboidrati».Del corpo di Lukaku si è sempre parlato tanto, a volte anche con poco rispetto, con toni ai limiti del body shaming. Anche nei discorsi è sempre in bilico tra gli insulti e la glorificazione, come quando L’Uomo Vogue lo ha messo in copertina in mutande e accappatoio, statuario. Arrivato la prima volta all’Inter, si parlava con troppa insistenza del suo peso. Lui si era fatto un selfie allo specchio un po’ adolescenziale e aveva scritto: «Non male per un ragazzo grasso». Si diceva che Mourinho fosse scontento della troppa palestra al Manchester United. Non segnava più. Poi quando ha ricominciato a far gol ha detto che aveva troppi muscoli: «Ho fatto un sacco di test per vedere quale fosse il problema. Sono un po’ troppo muscoloso, in Premier League non posso giocare con la stessa quantità di muscoli del calcio internazionale. Sapevo che dovevo perdere i muscoli, quindi ho tralasciato la palestra». Per noi che guardiamo il calcio da fuori, sono problemi strani. Come fa un calciatore professionista, che si allena ogni giorno seguito da uno staff iper-professionalizzato, a non saper gestire il proprio strumento di lavoro, il corpo? Gli stessi dubbi avuti da Gary Neville in quel periodo: «Fatico a capire come, oggi, un calciatore possa finire ad avere troppi muscoli o a essere troppo grasso». È un tipo di discorso che viene fuori spesso, un po’ astratto e intangibile, per discutere del calo di prestazioni dei giocatori offensivi. Solo quest’anno si è parlato del peso di Nicolò Zaniolo, e di quello di Moise Kean. In passato erano celebri i casi dei giocatori del Milan, e del famigerato Milan Lab, che sarebbe la spiegazione dei problemi fisici e delle capacità ridotte di El Shaarawy e Pato. La differenza con Lukaku, e che ha sempre mostrato un approccio da nerd a questi aspetti, ed è in quindi più difficile immaginare abbia gestito male il proprio corpo. È ossessivo sui dettagli e lo è sempre stato. In un’intervista del 2016 a Men’s Health diceva: «Al momento gioco con 100 chili addosso. Giocare con 99 chili o con 101 chili fa la differenza». È sempre stato consapevole che troppi muscoli lo avrebbero rallentato: «Voglio mantenere la mia velocità. Ho visto tanti ragazzi che erano più veloci di me che poi hanno messo su troppi muscoli e ora sono più lenti. Non voglio diventare uno di quei tipi là».Eppure Lukaku è sempre sembrato vagamente ossessionato dalla palestra. Racconta che quando aveva 15 anni sollevava cento chili di panca piana. Era ancora in fase di crescita e aveva sviluppato una serie di problemi. È tornato su questo racconto anche in Italia, anni più tardi, quando ha detto che i preparatori dell’Inter gli avevano vietato la palestra: «Il primo giorno che sono arrivato all’Inter e ho provato ad andarci i nostri preparatori atletici mi hanno guardato male. Praticamente l’unica cosa che posso fare in palestra sono esercizi di coordinazione, con delle bande elastiche attorno al bacino per trovare stabilità». Dopo il gol al Porto, prima di un’intervista,aveva scherzato: «Mamma mia, guarda che petto. Minchia come sono in forma».Oggi è strano guardare Lukaku: sembra tutto un altro giocatore, che non potendo più usare il proprio fisico per dominare gli avversari, sta sviluppando un gioco più minimale. Va detto che non è la prima volta che Lukaku rimodella il proprio gioco. Arrivato in Serie A per fronteggiare difese più chiuse e spazi più stretti ha dovuto migliorare il proprio gioco spalle alla porta. Ha raccontato di essersi chiuso in allenamento con Ranocchia incollato alle proprie spalle. Prima di quel periodo era un attaccante che voleva giocare solo fronte alla porta, mentre oggi è quasi il contrario.L’effetto malinconico è simile a quello di quei grandi talenti atletici che rientrano da un grave infortunio e devono rinnovare il proprio repertorio di giocate per cucirlo sul loro nuovo fisico. Non sempre ci riescono, ma quando lo fanno si nota qualcosa di essenziale del loro talento, del loro senso per il gioco del calcio. La seconda versione di Ronaldo il Fenomeno era certo meno futuristica e scintillante della prima, ma le capacità fisiche ridotte ci avevano permesso di ammirare la profondità della sua sensibilità tecnica, della sua intelligenza senza palla, del suo carisma. Persino nel video di una delle sue ultime partite, in cui è ampiamente sovrappeso, Ronaldo è capace di cose speciali.Oggi è difficile dire se Lukaku ha solo un problema di forma oppure se alla soglia dei trent’anni, con un corpo del genere, dovrà fare i conti da qui in avanti con una minore esplosività, e in generale con dei limiti sempre più stringenti. Non sappiamo se recupererà la forma perduta, oppure no, se riuscirà a riorganizzare il suo gioco. Non è detto che Lukaku, anche in una nuova versione, non possa raggiungere altri picchi di grandezza.

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