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Al Napoli sta sfuggendo di mano la stagione
04 nov 2019
04 nov 2019
Non sono bastati venti minuti di buon calcio contro una Roma solida e sicura di sé.
(articolo)
9 min
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Grazie al lavoro di preparazione tattica impostato dall’inizio del ritiro, Paulo Fonseca ha dato alla Roma gli strumenti per non risentire di una serie infinita di infortuni, che in passato avrebbe affossato una squadra predisposta a lasciarsi andare nei momenti di difficoltà. Come scritto recentemente da Dario Saltari, Fonseca ha inserito principi e meccanismi del suo gioco senza però stravolgere tutto dal primo momento, ma integrando con pazienza e permettendo alla squadra di metabolizzare il suo calcio in maniera naturale. Il gioco della Roma consente ai singoli giocatori di avere particolare fiducia nei propri mezzi, come si è visto anche nella partita contro il Napoli, in cose come lo scavetto perfetto dal limite dell’area di Mancini per mettere davanti alla porta Pastore, o la rabona in disimpegno dello stesso argentino, un giocatore che solo fino a qualche settimana fa sembrava ormai perso.

Senza tirare in ballo profeti, maestri o santoni - tutte parole che spaventano tanto quanto attraggono - Fonseca sta mostrando come la Serie A abbia un disperato bisogno di allenatori preparati, e come dallo scambio di idee ad uscirne arricchito è il nostro movimento calcistico, ancora troppo autoreferenziale per metodologie ed idee.

Contro il Napoli, la Roma ha giocato la miglior partita della sua stagione. Ha vinto attraverso il gioco e la prestazioni di alcuni singoli, che sono andate ben oltre le aspettative, superando in maniera brillante anche i momenti della gara in cui il Napoli è sembrato superiore, come nella seconda parte del primo tempo, diciamo dopo il rigore sbagliato di Kolarov, quando la squadra di Ancelotti ha colpito una traversa e un palo nella stessa azione; o come quando il gol di Milik, arrivato dopo i primi aggiustamenti tattici di Ancelotti (sostituito in panchina dal figlio Davide causa squalifica), aveva riaperto la gara.

La partita ci ha lasciato la sensazione di trovarci davanti a due squadre in due momenti totalmente differenti: se la Roma ha piena fiducia nei propri mezzi e nelle proprie idee, il Napoli è sempre meno sicuro e più propenso a cercare giocate estemporanee dei suoi migliori giocatori, per provare a recuperare una stagione che sta lentamente scivolando via.

Gli Expected Goals confermano che anche la sfortuna ha fatto la sua parte, che il Napoli avrebbe comunque meritato qualcosa in più.

L’importanza dall’uscita del pallone dalla difesa

Al contrario di quanto si poteva immaginare è stata fin da subito la Roma a dettare i ritmi di gioco, attuando una pressione importante e decisa che ha messo in difficoltà il Napoli. Con Mert Cetin unica vera novità, per sostituire lo squalificato Fazio, Fonseca ha disegnato un piano gara incentrato sull’uscita del pallone dalla difesa: rendere fluida quella della sua squadra in fase di costruzione e, invece, cercare di impedire quella degli avversari.

La Roma ha impostato un pressing aggressivo per rendere difficoltoso lo scivolamento con cui il Napoli passa dalla difesa a 4 a quella a 3 in fase di possesso palla, e lo ha fatto senza avere paura. Se Mancini da mediano rimaneva più bloccato, Veretout e Pastore si alzavano molto in fase di pressing, con l’argentino spesso vicino a Dzeko. I due si alternavano spesso nella pressione dei centrali e del centrocampista del Napoli che rimaneva basso, spingendo il pallone verso l’esterno, dove il passaggio a Mario Rui funzionava da trigger per la pressione di Zaniolo e per la contemporanea salita di tutta la squadra, che così sfruttava il vantaggio atletico dell’esterno della Roma sul terzino del Napoli per forzare un recupero alto del pallone.

Proprio la presenza di Mario Rui a sinistra, al posto di Luperto schierato in quel ruolo in qualche occasione, poteva far ipotizzare un Napoli con Di Lorenzo più bloccato al momento dell’uscita del pallone dalla difesa, ma invece è accaduto esattamente il contrario, con il portoghese spesso accanto a Koulibaly per formare la linea a 3 - che è la condizione fondamentale su cui il Napoli organizza il proprio gioco in questa stagione.

L’idea è quella di non avere mai soltanto la coppia Koulibaly-Manolas in uscita, per non essere costretti dagli avversari a dover far cominciare l’azione tra i piedi del greco, che ha dimostrato proprio negli anni alla Roma di finire facilmente in difficoltà. Il Napoli non aveva una regola precisa, poteva capitare che uno dei centrocampisti finisse per abbassarsi, lasciando a qualcun altro il compito di occuparne il suo posto in mezzo al campo. Questa fluidità posizionale funzionava bene nell'occupare i giusti spazi in zona di rifinitura, ma ha finito per creare diversi problemi in fase di uscita palla, anche grazie all’ottimo lavoro della Roma nel controllare i diversi movimenti dei giocatori del Napoli, costringendo spesso la i difensori al lancio lungo.

Schierare tanti giocatori tecnici per poi lanciare lungo per Milik ovviamente non era l’idea di Ancelotti.

In questo caso è Fabian che è sceso, ma senza nessuno che ne prende il posto a centrocampo Koulibaly è costretto al lancio lungo per superare il centrocampo della Roma.

Da parte sua, il Napoli ha deciso di non pareggiare numericamente l’uscita bassa della Roma, ma di sfruttare una densità maggiore in zona centrale per cercare il recupero una volta che il pallone arrivava a centrocampo.

Così facendo ha lasciato Mertens e Milik contro i 3 centrali utilizzati dalla Roma, impegnando Insigne e Callejon larghi sui terzini. Questa scelta, però, ha finito per aiutare la Roma: un'uscita non contrastata adeguatamente dal Napoli per vie centrali ha permesso ai giallorossi di eseguire tutti i movimenti voluti da Fonseca senza problemi.

Mancini poteva abbassarsi liberamente mentre i terzini si alzavano sugli esterni fino all’altezza del centrocampo, ma anche Veretout era spesso libero al centro del campo per dare un punto di riferimento alla manovra. E poi va sottolineato il lavoro di Javier Pastore, che muovendosi continuamente tra le linee era in grado di dare appoggi costanti ai compagni, lasciando anche lo spazio alle due ali di accentrarsi ed occupare i mezzi spazi. Proprio i movimenti dietro il centrocampo del Napoli hanno permesso alla Roma di far avanzare il pallone con facilità.

In questa uscita palla ci sono tutti i principi di Fonseca: Mancini che si abbassa, i terzini alti, un centrocampista fisso al centro della propria metà campo, e tre giocatori dietro al centrocampo del Napoli.

Il blocco medio del Napoli veniva superato facilmente dalla Roma anche perché la linea difensiva del Napoli, che tende a seguire gli attaccanti avversari, finiva per creare una distanza tra le linee che rendeva difficoltoso il recupero del pallone a centrocampo. La Roma è stata abile nello sfruttare questa debolezza strutturale grazie ad un palleggio ragionato e mai frettoloso, alternando gioco corto e verticale, senza avere fretta di lanciare lungo.

Una tattica che ha portato al gol del vantaggio di Zaniolo: sono stati 22 i passaggi della Roma prima del lancio di Mancini per Spinazzola che ha poi servito l’assist per il giovane centrocampista della Roma, ormai diventato il principale terminale offensivo delle azioni della Roma pur partendo da esterno.

Questo è il momento del lancio per Spinazzola, con Mario Rui attirato verso il centro dal movimento di Zaniolo. Da notare anche che la manovra della Roma è talmente fluida che in questo caso Pastore era sceso tra i centrali difensivi.

Venti minuti di ottimo Napoli non sono bastati

Il rigore parato da Meret a Kolarov al 26’ del primo tempo e qualche cambio tattico effettuato da Ancelotti sono stati in grado di animare un Napoli imbambolato nel resto del tempo. Quando Di Lorenzo ha cominciato a rimanere bloccato vicino ai centrali, e Mario Rui ha alzato la sua posizione, il Napoli ha cominciato ad eludere più facilmente il pressing della Roma, che poi si trovava in difficoltà a contrastare il preciso gioco tra le linee degli avversari, finendo per abbassare il baricentro medio e difendere nella propria area di rigore.

Superato il pressing avversario, il Napoli riusciva a risalire bene in campo grazie al collaudato lavoro sul lato forte, in questo caso il sinistro, coinvolgendo Mario Rui, Insigne, Zielinski e Mertens, acquisendo sicurezza in zona di rifinitura. Da lì sono nate le occasioni migliori del Napoli nel primo tempo, venti minuti in cui la squadra di Ancelotti è riuscita a creare diverse occasioni da gol, tra cui anche i famosi due pali e il salvataggio sulla linea di Smalling.

Ancora una volta, però, come gli capita recentemente, quando il Napoli sembrava in grado di concretizzare quanto costruito, il gol non è arrivato. Questo ha permesso alla Roma di rientrare nel secondo tempo rinvigorita e con lo stesso spirito di inizio partita, riuscendo quasi subito a raddoppiare il proprio vantaggio grazie ad un’azione insistita di Pastore che ha trovato il braccio largo di Mario Rui.

A questo punto Davide Ancelotti ha provato a riprendere in mano la partita con i cambi, inserendo prima Hirving Lozano per Callejón e poi, pochi minuti dopo, Fernando Llorente per Dries Mertens. L’ingresso del messicano ha avuto il merito di ravvivare il gioco spento del Napoli, rendendo più incisivo il cambio di gioco grazie alla sua capacità di attaccare velocemente alle spalle di Kolarov. Ed è proprio da un'accelerazione di Lozano che arrivato il gol del 2-1 che è sembrato poter riaprire la partita.

Ma la forza di questa Roma sta nella fiducia che hanno i singoli nel proprio gioco e nel sistema: anche nei minuti finali in cui il Napoli ha provato a sfruttare tutto il suo potenziale offensivo per trovare il pareggio, i giocatori di Fonseca sono rimasti calmi (ad eccezione di un errore in marcatura di Cetin che gli è costato il secondo giallo e quindi l’espulsione) e hanno gestito il vantaggio fino ad ottenere una vittoria importante per il morale e la classifica.

Ora i giallorossi hanno quattro punti più del Napoli e si propongono come terza forza del campionato, quel compito che sembrava dover spettare alla squadra di Ancelotti, che invece ora si trova al settimo posto, con lo spettro di una stagione difficile ancora lunga. La sconfitta dell’Olimpico ha dimostrato come non possono bastare delle fiammate offensive per trovare la continuità di risultati necessaria per ambire a posizioni di alta classifica. Soprattutto per una squadra che è tanto prona ad errori individuali in difesa e che poi non riesce a trasformare in gol quanto costruisce.

Solo il tempo ci dirà se il problema del Napoli in zona gol è legato semplicemente alla sfortuna oppure se è un problema strutturale del suo attacco. I punti persi però iniziano a diventare troppi e rischiano di allontanare in maniera definitiva il Napoli dalla vetta. Rispondere a questo rebus è fondamentale per Ancelotti, ma dovrà farlo il prima possibile.

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