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Flavio Fusi
Derby senz'anima
09 nov 2015
09 nov 2015
In un Olimpico quasi deserto la Roma vince il derby fisicamente e tatticamente, agevolata dal vantaggio iniziale.
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Flavio Fusi
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Il primo derby della capitale della stagione si è giocato in uno scenario surreale, con lo stadio semideserto e le curve svuotate dalla protesta delle due tifoserie contro i provvedimenti del prefetto Gabrielli. Nonostante gli appelli di allenatori e società, i tifosi laziali e romanisti hanno disertato la partita, mentre rappresentanze del tifo di Wisla Cracovia, West Ham e Real Madrid hanno contribuito a popolare gli spalti, senza comunque scongiurare il record negativo di presenze. Se gli stranieri erano in minoranza tra il pubblico, la proporzione si è ribaltata in campo: appena tre gli italiani nelle formazioni iniziali, tutti tra le fila dei biancocelesti.

 

La Roma è scesa in campo senza italiani, tantomeno romani, nell’undici iniziale: Garcia ha dovuto rinunciare sia al lungodegente Totti che a De Rossi, per il riacutizzarsi del problema all’adduttore che il centrocampista si sta trascinando da tempo. Anche Florenzi, non al meglio, ha dovuto sedersi in panchina. Davanti alla porta di Szczesny difesa a quattro formata, da destra a sinistra, da Torosidis, Manolas, Rüdiger e Digne. Vainqueur ha preso il posto di De Rossi in mezzo al campo, formando con il capitano di giornata, Nainggolan, il duo di centrocampisti del 4-2-3-1 scelto da Rudi Garcia. Dietro al centravanti Dzeko, Iago Falque ha giocato da trequartista, con Salah largo a sinistra e Gervinho a destra.

 

Pioli ha recuperato Parolo, out da sei partite, lanciato subito tra i titolari nel terzetto di centrocampo con Biglia e Lulic, preferito a Onazi. La scelta del bosniaco come interno di centrocampo ha permesso a Radu di schierarsi da terzino sinistro, con Gentiletti e Maurico da centrali e Basta sulla corsia destra. In avanti Djordjevic, forte della doppietta realizzata contro il Rosenborg, ha vinto il ballottaggio con Klose e Matri. Ai suoi fianchi spazio a Candreva e Felipe Anderson.

 



La squalifica di Pjanic ha privato la Roma del suo principale creatore di gioco e i padroni di casa non hanno proposto il solito pulito possesso palla (anche l’andamento della partita ha visto entrambe le squadre saltare spesso il centrocampo), visto che la Roma ha completato solo il 70,1% dei passaggi tentati, contro una media stagionale dell’84,2 %.

 

Per ovviare all’assenza del bosniaco e a quella di De Rossi, Garcia ha traslato il vertice del triangolo di centrocampo, ponendo Falque sulla trequarti, con Vainqueur e Nainggolan alle sue spalle. Il francese, si è reso protagonista di una prestazione ordinata, frenando l’aggressività messa in campo nelle precedenti uscite e rivelandosi alla fine come il centrocampista più disciplinato dei giallorossi. L’ex giocatore della Dinamo Mosca ha preso in carico anche le funzioni di De Rossi durante la costruzione del gioco, abbassandosi tra Manolas e Rüdiger proprio come il compagno, oppure, più di frequente, smarcandosi per ricevere palla in zone più avanzate della metà campo difensiva.

 


Vainquer è il centrocampista che si abbassa ad aiutare la costruzione bassa: in questo caso evade lo schermo di Djordjevic e si propone per ricevere il passaggio di Rüdiger.


 

La copertura offerta da Vainqueur ha consentito a Nainggolan, che partiva sul centro-destra, di operare con il solito ampio raggio d’azione, sia sganciandosi negli inserimenti offensivi, sia nella fase di non possesso, quando il belga poteva aggredire con più libertà il portatore di palla avversario.

 

Se avesse giocato da mezzala, Falque sarebbe stato probabilmente fuori ruolo, ma lo spagnolo non ha comunque agito nemmeno da trequartista puro, calandosi in un ruolo molto tattico che prevedeva una varietà di compiti diversi. Quando la Roma giocava il pallone si è spesso abbassato sul centro-sinistra per offrire un’opzione di passaggio e costruire gioco, visto che né Nainggolan né Vainquer sono giocatori particolarmente creativi: il 4-2-3-1 si trasformava in 4-3-3. A fine partita è risultato terzo per passaggi completati (27): solo il mediano francese e Manolas hanno giocato più palloni verso i compagni (29), ma con una precisione inferiore rispetto all’ex calciatore del Genoa (70,7% e 82,8% contro il 90% di Falque).

 


Nainggolan è rimasto alto (comunque coperto da Gervinho) e tocca a Falque abbassarsi per ricevere palla e dirigere la manovra della Roma.


 

In difesa, se Vainqueur doveva abbassarsi per coprire i tagli centrali di Felipe Anderson, era Falque a dover mantenere la parità numerica in mezzo al campo, coprendo su uno degli interni della Lazio, anche se il suo compito principale in fase difensiva era quello di impedire a Biglia di tirare le fila del gioco della Lazio.

 



Al contrario dei rivali cittadini, la Lazio ha potuto schierare un regista in mezzo al campo, Lucas Biglia, che non a caso è stato il giocatore in campo ad aver giocato più passaggi positivi, 57. Come Vainqueur, seppur con un grado di qualità e personalità superiore, anche l’argentino si abbassava durante la costruzione del gioco per proporsi come punto di riferimento per i compagni. La sua efficacia nell’economia del gioco biancoceleste è però stata compromessa dall’atteggiamento tattico della Roma.

 

I giallorossi non hanno proposto un pressing particolarmente alto e intenso (come conferma l’atteggiamento di recupero palla, molto basso, 32,8 m), limitandosi però a presidiare il centro con un 4-4-2. Falque si avvicinava a Dzeko e i due formavano una linea molto stretta e corta di fronte al cerchio di centrocampo. Il loro compito era quello di cercare, ove possibile, di isolare Biglia dalla manovra laziale e, nel caso in cui fosse comunque riuscito a recuperare palla, di compattarsi con la linea di centrocampo formata da Gervinho, Nainggolan, Vainqueur e Salah, che a sua volta accorciava le distanze assieme alla difesa. In questo modo, con le mezzali della Lazio che si trovavano spesso alte, anche alle spalle della seconda linea della Roma, Biglia era costretto a lanciare o a allargare il gioco sui terzini, facilitando il compito alla squadra di Garcia.

 


Biglia ha il pallone, ma Parolo e Lulic sono isolati alle spalle del 4-4-2 che la Roma schiera in fase difensiva, con Dzeko e Falque che tagliano le linee di passaggio verticali dell’argentino, mentre il resto della squadra accorcia.


 

Entrambi gli interni sono sembrati in difficoltà, specie Lulic, parso troppo escluso dagli sviluppi offensivi della sua squadra. Parolo svolgeva il suo solito ruolo di quantità, fungendo da incursore, mentre Lulic avrebbe dovuto avere un ruolo più fluido: Pioli ha avuto fino all’ultimo il dubbio tra 4-3-3 e 4-2-3-1, ma la presenza in campo del bosniaco avrebbe comunque dovuto permettere di cambiare in corsa, o anche da azione ad azione.

 



La Lazio puntava forte sugli inserimenti centrali di Anderson: non a caso è proprio uno di queste situazioni che il brasiliano ha colpito la traversa.

 



 

Per permettere questi inserimenti Parolo si alzava a impegnare il vertice basso avversario, mentre Djordjevic ricercava la profondità, così da tenere occupati i difensori. In questo caso Lulic o Radu avrebbero dovuto fornire supporto sulla sinistra allargandosi, ma il bosniaco è stato troppo spesso fuori dal gioco, mentre Radu non ha le caratteristiche del fluidificante e si è proposto poco. Eppure quello della fascia sinistra sembrava proprio il binario scelto dalla Lazio per colpire, visto che Anderson non rientrava come Candreva, ma rimaneva spesso più alto, un po’ per pigrizia, un po’ per sfruttare la sua velocità in contropiede.

 

Di fatto però il mancato sacrificio di Anderson, sommato alle difficoltà di Lulic, non solo non ha dato i frutti sperati, ma ha causato diversi problemi in fase difensiva, visto che proprio la maggior parte delle occasioni create dalla Roma, sono nate proprio dal

.

 

Pioli aveva identificato anche un punto debole dove attaccare la Roma, cioè alle spalle della difesa alta, che giocoforza concede sempre qualcosa agli avversari. In particolare lo spazio si apriva dietro a Digne, che si alzava molto ad offrire ampiezza, lasciando a Salah più facoltà di svariare (impedendo di fatto a Basta di spingersi in avanti con continuità).

 


Biglia lancia Candreva, che ancora una volta anticipa con i tempi giusti Digne. In questo caso è l’uscita provvidenziale di Szczesny a salvare il risultato.


 

Come era lecito aspettarsi, con il vantaggio, poi diventato doppio, la Roma ha gradualmente abbassato il proprio baricentro e la Lazio ha avuto sempre meno possibilità di proporre questa soluzione offensiva.

 



Come la Roma, nemmeno la Lazio ha proposto un pressing ultraoffensivo, ma cercava di aggredire in forze il possesso palla avversario quando questo sopraggiungeva nei pressi della metà campo. La formazione di Pioli ha avuto però diversi problemi nel mantenere le giuste distanze tra gli uomini e i reparti, come si è visto nell’azione che ha causato il rigore, in cui prima Salah ha potuto dribblare verso l’interno del campo praticamente senza pressione e poi Dzeko ha approfittato della marcatura troppo leggera di Gentiletti.

 


Salah entra dentro il campo palla al piede e supera tre giocatori della Lazio, che non portano una pressione convinta e gli consentono di servire Dzeko. Il bosniaco non controlla in maniera perfetta, ma anticipa comunque Gentiletti, troppo distante, che lo atterra.


 

Nelle battute iniziali la catena interno-esterno lato palla agiva in maniera coordinata: se uno si alzava a pressare, l’altro rimaneva in copertura. Dopo il rigore, con l’urgenza di recuperare il risultato, la Lazio si è disorganizzata e si sono aperti sempre più spazi tra le mezzali e Biglia, che in più di un frangente si è ritrovato a coprire porzioni di campo sovrumane.

 


Parolo e Lulic si alzano in contemporanea per supportare il pressing del trio offensivo, ma con un tempo di ritardo. Ciò permette a Vainquer di innescare Nainggolan alle loro spalle, che si ritrova con un grande spazio da attaccare, che Biglia non può coprire. La Roma allarga le maglie difensive della Lazio ponendo ben quattro uomini all’interno del blocco difensivo biancoceleste: Gervinho, Salah, Dzeko e Digne. Il belga serve il suo centravanti, ma il passaggio è mal calibrato e l’occasione sfuma.


 

L’abilità di alcuni giocatori della Roma di risolvere anche situazioni di inferiorità numerica, specie sulle corsie, non ha fatto che amplificare i problemi della Lazio.

 


Salah esce da un due contro uno servendo Torosidis, che approfitta dello spazio aperto anche dall’errato posizionamento della Lazio. Parolo si è abbassato a coprire su Dzeko già raddoppiato, mentre Biglia perde il duello in velocità con Gervinho sulla palla giocata in profondità dal terzino greco. L’ivoriano si lancia in area e serve in mezzo Dzeko, che a porta vuota colpisce male: il pallone finisce a fil di palo.


 



Le due formazioni hanno cercato di rimediare alle difficoltà in fase di possesso palla appoggiandosi con continuità ai rispettivi centravanti, saltando di fatto il centrocampo e la qualità del gioco ne ha inevitabilmente risentito. Il numero di lanci delle due squadre è risultato praticamente pari (76 per la Roma, 74 per la Lazio), ma l’apporto dei due centravanti balcanici è stato ben diverso.

 

Dzeko ha svariato su tutto il fronte offensivo, posizionandosi anche molto largo e vincendo ben dieci duelli aerei (la metà del totale), mentre Djordjevic ne ha vinto appena uno su cinque: lo stesso Pioli lo ha bocciato richiamandolo in panchina per Klose. La difesa della Roma ha perfettamente arginato il serbo, con Manolas che ne ha sempre coperto l’attacco della profondità, con il contributo di un Rüdiger in crescita, sempre lesto nello stringersi vicino al compagno.

 



Nel secondo tempo è stata la Lazio a dover necessariamente alzare il baricentro in cerca del pareggio e la Roma ha ancora una volta potuto contare sul fondamentale in cui eccelle: il contropiede.

 

In uno scenario così tatticamente favorevole, Gervinho, scambiatosi di fascia con Salah, ha avuto diverse occasioni su alcune ripartenze pericolose, comprese quella del raddoppio, in cui la Lazio ha subito un gol pericolosamente simile a quello del 3-1 col Milan, firmato da Bacca.

 


Il gol del 2-0. Lancio in profondità di Nainggolan a colpire lo spazio alle spalle della difesa laziale. Gervinho si lancia nel corridoio spalancato tra Basta e Mauricio. Il laterale serbo riesce a seguirlo e a condurlo verso l’esterno, senza però potergli impedire di calciare: Marchetti non è posizionato perfettamente e subisce gol sul primo palo.


 

Sul 2-0 la Roma ha assunto un atteggiamento prudente, schierandosi in un 4-1-4-1, con Gervinho a destra e Florenzi, subentrato a Salah, a sinistra (i due si sono ben presto scambiati di fascia). 4-1-4-1 che poi diventava quasi 6-3-1, nelle azioni di difesa prolungata all’interno della propria metà campo, contro una Lazio col doppio centravanti, visto che oltre a Klose anche Matri era subentrato a Candreva.

 


Il 4-1-4-1 difensivo della Roma non presenta linee particolarmente serrate tra loro, specie lungo le corsie, dove la Lazio si è resa pericolosa nel finale. Falque, ora sì, gioca da mezzala pura.


 

Sia Florenzi che Gervinho non sono stati però sempre puntuali nel supportare il rispettivo terzino, basculando prontamente sulla linea difensiva e proprio su un isolamento di Keita contro Torosidis, con Florenzi lento nel rientrare, l’ala biancoceleste ha messo in mezzo per la grande occasione di Klose, dopo la quale la partita non ha avuto più nulla da dire.

 



La Roma vince il derby e la sua sesta partita nelle ultime sette di campionato, rimanendo attaccata al treno delle capoliste Fiorentina e Inter, distanti appena un punto. La Lazio subisce invece la quarta sconfitta, la più dolorosa, in cinque partite. Nonostante le assenze, i giallorossi si sono dimostrati superiori sul piano tecnico rispetto ai rivali cittadini e anche Garcia ha vinto la battaglia tattica con il collega Pioli. L’organizzazione del gioco, che la scorsa stagione era il punto di forza della Lazio, sembra essere completamente smarrita: la crisi è aperta.

 
 



 
 

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