Il calcio è anche gestione e organizzazione del tempo. La densità di eventi si può restringere o estendere senza limiti. Il fatto che si tratti di uno sport a basso punteggio non significa che non possano succedere molte cose in uno spazio temporale molto ristretto. Le partite di Champions League degli ultimi anni ci ricordano anzi la relatività del tempo in una partita di calcio. Si possono passare 180 minuti senza segnare, come è successo dalle 12.30 alle 17 in Serie A ieri pomeriggio; oppure ribaltare una finale di Champions League in pochi minuti, come fece il Manchester United contro il Bayern Monaco.
A volte la temporalità di una partita di calcio sembra possa essere condizionata dall’alto, guidata da un Dio capriccioso, ma in realtà sono le due squadre e i giocatori a dirigerla. Le esigenze di punteggio li costringono a far succedere cose, o a far sì che non succedano. Da una parte il tentativo di forzare le difficoltà intrinseche a segnare un gol - un’impresa che può sembrare facilissima o tortuosissima - e dall’altra la resistenza, la perdita di tempo, il tentativo di non far succedere niente.
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