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(di)
Francesco Lisanti
Pareggino
10 dic 2015
10 dic 2015
La Roma prosegue nella propria spirale di insicurezza mentale e confusione tattica. L'unico dato positivo è il passaggio del turno.
(di)
Francesco Lisanti
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Nella gara conclusiva di un tortuoso girone di Champions, i calciatori della Roma

a «dimostrare di essere lupi». L’ennesima dichiarazione retorica di Rudi Garcia, il cui spaesamento dialettico sembra ormai svilupparsi parallelamente a quello tattico, in corso da tempo: una squadra con pochissime idee e pochissima armonia, ottava per numero di punti e con il sedicesimo attacco nel girone di ritorno dello scorso campionato. Dopo un positivo e illusorio avvio di stagione, basato come sempre sul trionfo delle individualità, si può dire che a oggi non è cambiato nulla.

 


Il pressing disorganizzato della Roma è il manifesto della confusione tattica. Qui Dzeko è attendista, allora provano ad aggredire Pjanic e Nainggolan, pur in estremo ritardo e scoprendo il centrocampo. Le ali non sono neanche nell’inquadratura.



 



È così difficile estrarre il contesto tattico dalla dialettica circostante che persino Yermakovich ne è stato coinvolto, costretto

: «Se loro giocheranno con undici lupi, noi abbiamo i cacciatori». L’ex mediano del BATE, oggi allenatore, è poi ritornato al tono bonario che gli è proprio e ha glissato con un’espressione quasi accondiscendente, ma estremamente indicativa: «Capisco che debba motivare la sua squadra».

 

Yermakovich ha schierato i suoi con il consueto 4-2-3-1. Hleb, che aveva saltato la gara di andata, si è ripreso il suo ruolo di trequartista dietro all’unica punta Mozolevski, che ha sostituito l’infortunato Signevich. Sulle fasce Stasevich e Gordeichuk, sempre molto coordinati nello stringere il campo e valutare se pressare alti o difendere bassi. In mediana, poca qualità, ma buona efficacia con Yablonski e Nikolic (4 palloni intercettati e 6 recuperati, esattamente come De Rossi).

 

Pur con un baricentro medio molto basso (46.4 metri contro i 54.4 della Roma), il BATE non è mai uscito dalla partita, chiudendo con 400 passaggi effettuati (solo 41 in meno della Roma) e il 46.7% di possesso palla. Il merito è da attribuire alle distanze corte tra i reparti (articolati su una lunghezza media di soli 35.1 metri) e alle idee chiare: la palla scivola sempre verso il terzino, a quel punto l’ala prova a farsi trovare nello spazio, ma il mediano accompagna e si propone per il retropassaggio. Non è un caso che il BATE abbia giocato 155 passaggi all’indietro, uno in più della Roma, un dato raro per squadre dalla qualità medio-bassa.

 


Una sintesi delle idee chiare: il terzino conduce, il mediano gli va incontro per ricevere, la prima punta nel frattempo si è allargata e già detta il passaggio. Seguirà un taglio alle spalle di Rüdiger e immediata verticalizzazione. Poco chiaro il ruolo di De Rossi, che si va a schiacciare sulla linea difensiva anche quando non serve.



 



Garcia ha invece schierato il suo solito e immutabile 4-3-3. Digne e Florenzi terzini, Rüdiger e Manolas centrali, De Rossi dietro a Pjanic e Nainggolan, Dzeko unica punta, sulle ali Iago Falque a destra, Iturbe a sinistra. Sembrava potesse rientrare Gervinho, ma una nuova complicazione muscolare sorta nel riscaldamento ha lanciato Iturbe dal primo minuto.

 

Dopo diciassette secondi di gioco la Roma ha già perso tre palloni. Prima Iago e Nainggolan fanno lo stesso movimento, complicando il passaggio verticale di Florenzi, poi Falque in qualche modo recupera, ma lancia a casaccio tra i piedi di Stasevich, quindi Digne crede che Iturbe chieda l’appoggio corto mentre l’argentino chiama la profondità alle spalle del terzino.

 

Con queste premesse era difficile attendere un’evoluzione diversa della partita. Alla fine le palle perse saranno 155, numero vicino a quello del BATE (164), che però ha provato più giocate in verticale e soprattutto ha una qualità del palleggio minore. In questa speciale classifica spiccano Digne (24 palle perse) e Florenzi (20), proprio perché la Roma non ha sbocchi nel momento in cui il pallone finisce nei piedi del terzino, solitamente costretto a lanciare lungo e sperare bene. Esattamente come evidenziato dai primi diciassette secondi.

 


Iturbe alla velocità della luce, Digne con compostezza: Zhavnerchik si ritrova il pallone tra i piedi.



 

Una delle soluzioni più interessanti trovate è stata il taglio interno di Iago Falque con la sovrapposizione esterna di Nainggolan, movimento sfruttato sia in fase di possesso per creare linee di passaggio, sia in contropiede. L’innesco è sempre il piede di Miralem Pjanic, anche ieri faro tecnico della squadra: 4 palloni recuperati, 6 occasioni create (il BATE ne ha create in tutto 7).

 

A quel punto, però, spesso la Roma compie la scelta sbagliata, sintomo e conseguenza della nube di confusione che avvolge la squadra. Al trentaquattresimo Iturbe riceve al limite dell’area, è libero, ma preferisce servire fuori misura Nainggolan. Al cinquantaseiesimo, per una serie di infortuni, il BATE è ridotto in nove uomini, ma Digne prova la conclusione da 40 metri, ovviamente con pessimi risultati.

 

C’è un altro aspetto sconfortante: la posizione del corpo. La Roma tende a complicare gestioni del possesso apparentemente sicure perché i giocatori sembrano non aspettarsi di poter ricevere la palla. Segue un controllo goffo, o comunque lento, e un tempo di gioco regalato agli avversari. È un circolo vizioso, nessuno ha idea di dove andare per ricevere il passaggio, così nessuno si aspetta realmente di riceverlo.

 


Qui Florenzi, Manolas e De Rossi si sono complicati la vita a fronte di un pressing blandissimo, ritrovandosi in questa porzione di campo facilmente controllata a distanza dal BATE. Iago non offre sbocchi sulla destra, e tantomeno Pjanic e Nainggolan. Il pubblico non apprezzerà il retropassaggio al portiere.



 



Garcia ha inserito Salah al sessantesimo come unica vera contromossa, sostituendo Iturbe e spostando Iago Falque a sinistra. Tra i segnali positivi, l’egiziano è parso in discreta forma, considerando che ha già bruciato i tempi di recupero dopo il brutto infortunio nel derby. L’ingresso di Salah non ha ovviamente spostato gli equilibri tattici della partita, ma ha sicuramente migliorato lo scarso contributo di Iturbe alla manovra.

 

Salah ha completato 12 passaggi, contro i 7 dell’argentino, nonostante abbia giocato la metà del tempo. Non si è risparmiato nei suoi strappi in transizione, arrivando anche al tiro da posizione pericolosa, ma calciando alto sulla traversa (per Iturbe, invece, zero conclusioni). L’argentino più di tutti soffre la scarsa coordinazione tra i reparti: il suo è un calcio di sacrificio, privo delle letture e della tecnica di Iago, ma anche dello strapotere atletico di Salah e Gervinho per tirare dritti

. Dovrà imparare a prendersi delle responsabilità e contemporaneamente sperare di essere inserito in un sistema più funzionale, che ad esempio crei le condizioni per isolarlo 1 contro 1 o lo spazio per creare superiorità e tentare la conclusione. In questo momento il gioco della Roma induce alla timidezza e al nervosismo e capire quanto i singoli siano vittime e quanto responsabili non è semplicissimo.

 


Struttura posizionale indecifrabile, i giocatori del BATE schermano facilmente qualunque linea di passaggio. Rüdiger ha già perso il ritmo della giocata e opterà per un lancio verticale casuale.



 

A questo punto della stagione, ogni prestazione della Roma è una checklist di errori già visti. Tutte le analisi tattiche sulla Roma si somigliano, come le famiglie felici in

. Fase offensiva anarchica? Check. Movimenti senza palla assenti o caotici? Check. Errori individuali dei difensori centrali (soprattutto Rüdiger, che attacca sempre in direzione della palla senza controllare l’avversario)? Check. Pressing disorganizzato e discontinuo? Check. Conclusioni frenetiche da qualunque distanza? Check. (Questa però potrebbe essere una strategia, Garcia in conferenza ha vantato i 24 tiri come dato positivo).

 

Uçan lanciato nella mischia nel finale come ala sinistra? Check. L’aspetto bizzarro del cambio per Iago al minuto 84 è che Uçan non era stato inizialmente convocato per la panchina. È stato inserito in distinta all’ultimo a causa del forfait di Gervinho durante il riscaldamento. Il che non delinea un piano gara preciso, ma quantomeno evidenzia la disponibilità da parte di Garcia al fare di necessità virtù, inserendo un uomo che potesse migliorare il controllo del possesso in una fase rocambolesca della partita, senza poi grande successo.

 



La Roma ha pareggiato una partita che avrebbe certamente potuto vincere, se Dzeko non avesse

nelle due occasioni in cui gli si è trovato davanti o se l’intero reparto avesse avuto più lucidità una volta superato il centrocampo bielorusso. Il dato disarmante non è che avrebbe altrettanto certamente potuto

, ma che ancora una volta il risultato sia frutto di una prestazione casuale.

 

Garcia non era stato neanche particolarmente originale: dalla variante «

» a quella «

», la metafora era già stata

. Il giorno in cui i calciatori dovevano «dimostrare di essere lupi», la Roma doveva dimostrare di poter controllare una partita contro un avversario di qualità inferiore. Allora può darsi che l’equivoco sia a monte: se i lupi giocassero a calcio, probabilmente giocherebbero così.

 

Questo pareggio paradossalmente congela la sua situazione e quella della Roma intera: il pubblico non ha apprezzato la cattiva prestazione, ma i giallorossi sono riusciti a qualificarsi. Garcia sembra aver salvato la panchina, ma la sua posizione rimane poco agevole: in una sorta di redde rationem, nelle prossime due partite di campionato la Roma dovrà affrontare Napoli e Genoa, due squadre che fanno dell’organizzazione tattica una delle principali virtù. Una squadra così impaurita e priva di idee avrebbe bisogno davvero di una svolta per ritrovare sé stessa.

 
 



 
 

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