Roma allo specchio
Che Roma è quella 2016/17?
Rapido, caotico, creativo
La Roma ha iniziato il campionato con un possesso palla del 72% contro l’Udinese e nell’ultima partita contro l’Inter questo dato è sceso addirittura al 36%: cosa è successo?
Spalletti si è accorto che il gioco posizionale della Roma passa attraverso una serie di criticità difficili da risolvere: l’inizio azione sempre difettoso, ancora più farraginoso senza l’aiuto di Vermaelen; le difficoltà del triangolo di centrocampo, con De Rossi a schiacciarsi sulla difesa, Strootman costretto a fare tutto e Nainggolan da trequartista di movimento e soprattutto di confusione; i movimenti dei giocatori offensivi, con la grande difficoltà negli smarcamenti sulla trequarti, con il regista (De Rossi, ma anche Paredes) che si ritrova spesso con il cerino in mano.
Criticità del gioco posizionale della Roma: portare il pallone fino alla metà campo è una fatica, e sulla trequarti non ci sono smarcamenti, c’è il vuoto.
I difetti della Roma sembrano grandi semplicemente perché grandi sono le qualità e le ambizioni della squadra: ciò nonostante, i giallorossi sono una delle squadre più difficili da affrontare per un avversario.
Anzitutto, a seconda di quale Roma si troverà davanti, ci saranno una serie diversa di enigmi da risolvere. Nella versione iniziale, la Roma allunga la difesa avversaria con i movimenti di Dzeko, per mettere tra le linee Perotti e Nainggolan, con l’obiettivo di servire Salah alle spalle della linea difensiva. Nella versione senza centravanti, i tre attaccanti si scambiano continuamente occupando le mezze posizioni, per attaccare l’area con tagli esterno-interno. C’è anche un’opzione Totti, che cerca una posizione nella metà campo avversaria per servire l’attacco alla profondità di Dzeko e Salah.
Nell’ultima proposta di Spalletti, Dzeko diventa un centravanti boa, che si abbassa a pulire il pallone direttamente dalla difesa, per tirare fuori un difensore avversario e servire il suo scudiero Florenzi o Salah in profondità.
Il grande carnet di soluzioni offensive a disposizione della Roma è un problema per gli avversari, costretti a difendere profondità e ampiezza e dovendo mantenere le linee compatte, oltre a dover controllare gli attacchi negli half-spaces dei terzini e dover difendere sui cross con Dzeko in area. Così, la Roma crea più di tutti in Serie A, e addirittura è la migliore nelle 4 grandi leghe europee per numero assoluto di xG: la Roma crea più del Barcellona, per dirne una. Una potenza dovuta anche alla diversità delle soluzioni offensive: il lato positivo di avere un’identità malleabile.
La partita dei giallorossi, alla fine, dipende spesso dalla strategia impostata dall’avversario: grazie a de Boer, che ha scelto di controllare il pallone e di lasciare molto spazio alle spalle della linea difensiva, adesso sappiamo che la Roma è probabilmente al meglio di se stessa quando può essere pienamente reattiva. Quando può, cioè, ripiegare, provando a chiudere le vie centrali, per poi ripartire con transizioni veloci sulle fasce, utilizzando Dzeko finalmente in modo completo.
Verticalizzazione di De Rossi per Dzeko che si abbassa, porta con sé Murillo, serve il terzo uomo Salah che a sua volta vede l’inserimento di Bruno Peres.
Contro l’Inter, infatti, Spalletti ha usato il bosniaco sia come soluzione per migliorare l’inizio azione (lancio diretto da Szczesny) e giocare così sulla seconda palla (spesso raccolta da Florenzi), sia per cercare il terzo uomo, con Dzeko che veniva raggiunto verticalmente, e di spalle serviva un compagno fronte alla porta, in grado di cercare in profondità un altro compagno (quasi sempre Salah). In questo modo, con Dzeko che fa da boa, suggeritore e poi anche realizzatore, si valorizzano tutte le qualità di un centravanti atipico; si accentuano ancora di più le caratteristiche di Salah, un giocatore che si trova meglio in isolamento contro il suo avversario; e si valorizza finalmente appieno anche il contributo di Florenzi, in un ruolo di teorico trequartista diverso sia da quello interpretato da Nainggolan, sia da quello di Perrotta nel primo mandato di Spalletti.
Florenzi pesce pilota di Dzeko, va subito sulla seconda palla e verticalizza per Salah, che serve l’attacco di Bruno Peres nello spazio di mezzo: cross a servire il movimento sul primo palo del bosniaco, gol.
Come una seconda punta, Florenzi saliva sull’inizio azione avversario per schermare le opzioni di passaggio dei due difensori insieme a Dzeko; sempre intorno al centravanti bosniaco, era il giocatore con il compito di raccogliere le seconde palle, o il terzo uomo che doveva raccogliere la giocata a muro. Con Florenzi sulla trequarti la Roma bypassa il problema di trovare una linea di passaggio tra le linee, provando direttamente a giocare su Dzeko, e mettendo in crisi i difensori avversari che non sanno se seguire il numero 9 giallorosso.
Insomma, Florenzi può essere davvero la chiave della nuova verticalità giallorossa: sia per la sua intelligenza tattica, che per la capacità di inserirsi e leggere il gioco, al di là di una quota inevitabile di confusione.
Il suo spostamento permette finalmente a Bruno Peres di diventare il terzino destro, evitandogli brutte figure e continui rientri sul piede forte sull’altra fascia; in quella posizione, inoltre, è molto più tutelato dalle scalate rapidissime di Manolas. Un puzzle che comincia a trovare un percorso di razionalità.
Prossime evoluzioni?
Il nuovo assetto della Roma apre anche prospettive diverse sull’evoluzione tattica della squadra: Nainggolan è fuori per problemi fisici, ma quando sarà al meglio si creerà il dubbio sulla sua posizione. Il belga è sicuramente più aggressivo di Florenzi ma non sembra l’uomo giusto per quella posizione di aggiustatore tra le linee, sia per la sua “anarchia” tattica (sottolineata persino da Spalletti) che per la volontà continua di attaccare la profondità: rimane però un giocatore fondamentale, che non può essere escluso.
Densità nella zona del pallone, anticipo della linea di passaggio e riconquista del pallone nella metà campo avversaria, con verticalizzazione immediata che mette l’attaccante davanti al portiere. Un possibile percorso tattico per la Roma.
In questa Roma iperverticale è Perotti ad essere in ombra per il momento: con una media di 35 passaggi effettuati per 90 minuti, è davanti solo a Dzeko tra i giocatori di movimento. Nella metà stagione scorsa, invece, era diventato il fulcro del gioco della Roma con ben 53 passaggi per 90: ma quella era un’altra squadra, appunto, in cui la ricerca delle mezze posizioni era fondamentale. La sua presenza rimane cruciale nella creazione di gioco, con i suoi 2.1 passaggi chiave per 90 minuti, ma una Roma senza Perotti e con Nainggolan potrebbe risolvere un altro problema: quello della scarsa aggressività e della difficoltà nel riconquistare il pallone. Per tornare fulcro offensivo, forse Perotti dovrebbe essere utilizzato come trequartista, con Florenzi ala sinistra, in un sistema che preveda cambi di posizione continui.
Un altro potenziale sacrificato potrebbe essere De Rossi, che ormai con gli anni ha accentuato la sua tendenza a schiacciarsi sulla linea difensiva: se la Roma giocasse con il solo Strootman davanti alla difesa, probabilmente riuscirebbe ad accorciare le linee più facilmente, senza perdere troppo in copertura della zona centrale (sebbene De Rossi sia tra i migliori in Europa in quella specifica situazione tattica).
L’altalena di transizioni continue della squadra giallorossa è dovuta anche al fatto che una squadra così verticale è poco compatta e poco incline al recupero alto del pallone: con Florenzi e Nainggolan sulla trequarti, insieme a Strootman, è possibile immaginare una squadra molto più aggressiva, che porta a compimento la sua natura reattiva e solidifica la sua identità.
Nonostante tutte le sue incertezze, la Roma è a 1 punto dal Napoli secondo in classifica e a 5 dalla Juve capolista: e confrontando solamente gli xG di ogni partita, la Roma avrebbe potuto vincerle tutte. In ogni sfida ha creato più occasioni di quante ne ha concesse: l’equilibrio in Serie A è una virtù preziosissima, ma alla Roma potrebbe mancare poco per cominciare a marciare agli stessi ritmi della seconda metà della scorsa stagione.
Per ora, un po’ come Di Caprio in “Prova a prendermi”, Spalletti cambia identità ogni volta a seconda della situazione e del contesto: e magari la capacità di cambiare a seconda dell’avversario potrebbe rivelarsi addirittura un fattore positivo. Nel lungo periodo di un campionato, però, questa strategia è insostenibile: la domanda non è come sta, bensì che squadra è, la Roma 2016/17. La sfida del San Paolo arriva come le migliori strettoie nei film in cui ci sono inseguimenti d’auto, a seconda da chi uscirà dalla strettoia, e dallo stato della carrozzeria, ne sapremo molto di più.