È difficile trovare un risultato migliore del 2-1 in trasferta nella partita d’andata, eppure la Roma aveva almeno un paio di motivi per non restare tranquilla per la partita di ritorno. Il primo ha a che fare col piano simbolico, ovvero con tutta quell’auto-narrazione un po’ vittimista e un po’ consolatoria del “mai ‘na gioia”. L’idea che la propria squadra sia la diretta applicazione del teorema di Murphy: «Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo»; che poi è il pensiero «Se qualcosa può andare storto, lo farà». Questo tipo di racconti che i romanisti fanno su sé stessi e sulla propria squadra sembra una faticosa cornice interpretativa costruita attorno alla patologica mancanza di successi che affligge la squadra, a cui fanno da contraltare stagioni però sempre piuttosto competitive. Andare spesso vicini a vincere, riuscendo poi molto raramente a farlo ha creato squilibri psicologici e questioni esistenziali.
Il secondo motivo per cui la Roma non poteva stare tranquilla, invece, era molto più concreto: l’Ajax era sembrata la squadra più forte, quella più organizzata, quella più tecnica, quella con più strumenti per vincere una partita. Nella sua analisi Dario Saltari aveva definito “paradossale” l’impresa della Roma all’andata. I tanti errori tecnici non permettevano mai di resistere al pressing dell’Ajax, che invece attraverso la propria fluidità posizionale aveva messo in grossa difficoltà la difesa bassa e stretta della squadra di Fonseca. La squadra di Amsterdam aveva creato più di 3 xG nel corso della partita ed era andata vicina a chiudere il discorso col rigore del 2-0, miracolosamente parato da Pau Lopez. Insomma, la Roma aveva vinto negando la narrazione su sé stessa, piegando i momenti decisivi dalla propria parte e sfruttando la fortuna. C’era però tutto il tempo per dilapidare quel vantaggio, in fondo, anche senza ricorrere alle profezie, non era così difficile immaginare che l’Ajax avrebbe potuto segnare due gol all’Olimpico.
La Roma ha affrontato la partita di ieri in maniera decisamente più remissiva dell’andata, dove comunque aveva giocato con coraggio almeno la prima mezz’ora, cercando di esasperare i difetti dell’Ajax, negando la profondità a una squadra che senza punte di ruolo fa fatica ad attaccarla. Abbiamo scelto i cinque momenti decisivi su cui è girata una partita non spettacolare ma dagli alti contenuti drammatici.
Minuto 4: Pellegrini lanciato a rete
L’Ajax è una squadra che accetta rischi impensabili per noi che siamo abituati a guardare il campionato italiano, tutto basato sull’equilibrio e sul calcolo del rischio. E dopo quattro minuti, su un calcio d’angolo a favore, aveva già tutte le marcature preventive saltate e un baricentro che lasciava l’ultimo uomo diversi metri oltre il centrocampo. Alla Roma sono bastati un paio di rimpalli giusti, e una palla lucida di Dzeko di prima per lanciare Pellegrini. Il problema, in questi casi, è che poi coprire 60 metri di campo palla al piede senza permettere ai difensori di recuperare è piuttosto complicato. Pellegrini, poi, non è esattamente un contropiedista e senza soluzioni di passaggio vicini la situazione alla fine era meno promettente di quanto sembrasse all’inizio.
Eppure Pellegrini ha portato palla bene, dopo un ottimo primo controllo, non riuscendo ad andare via a Klaiber ma tenendolo distante col corpo; poi, entrato in area, ha sterzato col tacco mandandolo letteralmente a terra. Proprio nel momento in cui le cose sembrano essersi aggiustate, Pellegrini fa un tiro moscio e sciancato di piatto sinistro. Nella seconda immagine della gallery sotto, il momento in cui avrebbe forse potuto passarla a Dzeko, se non fosse stato bollito dalla corsa.
[gallery ids="68085,68086"]
Molti romanisti in quel momento avranno pensato che era quello il momento da cogliere, e che poi avrebbero ricordato con nostalgia e rimpianto dopo l’eliminazione. Era arrivato troppo presto, qualcuno pensava. Chissà se invece un gol subito nei primi minuti non avrebbe dato all’Ajax una spinta e una determinazione ulteriori.
Minuto 12: il salvataggio di Diawara
Dopo poco più di dieci minuti Pau Lopez fa il suo primo errore grave nella partita: un portiere che non conosce medietà, e che in questa doppia sfida ha giocato con un protagonismo a volte glorioso e a volte autolesionista. Nonostante fosse arrivato in Italia con l’etichetta di portiere bravo con i piedi, oggi è proprio con i piedi che commette i suoi errori più gravi e in quest’azione cade nella trappola di Antony, che non chiude la linea di passaggio verso Calafiori ma aspetta quel passaggio per recuperare la palla. Poi l’esterno brasiliano corre, mette in mezzo per Klaassen, che può segnare un gol simile a quello dell’andata, ma Diawara riesce a salvare sulla linea.
[gallery ids="68089,68090,68091"]
Minuto 48: il gol di Brobbey
[gallery ids="68087,68088"]
Per tutto il primo tempo il possesso palla dell’Ajax è stato superiore al 70% ma non si è risolto in grosse occasioni da gol. All’andata la situazione era stata simile, finché non è entrato in campo Brian Brobbey dando una verticalità completamente diversa al possesso palla della squadra. È stato strano, quindi, che ten Hag abbia tenuto fuori Brobbey dal primo minuto. Dopo un primo tempo particolarmente sterile, però, si è deciso a inserirlo; era il secondo cambio dopo che nel primo tempo era entrato Per Schuurrs al posto di Klaiber, spostando Timber a destra. I due costruiscono il gol dell’1-0 dopo appena tre minuti dall’inizio del secondo tempo. Schuurs non viene pressato e la Roma lo lascia giocare a palla scoperta, ma al contempo sta alta e larga e dà modo a Brobbey di infilarsi in uno spazio trovato alla perfezione dal lancio di Schurrs. Nel primo tempo nessuno era in grado di fare quel tipo di scatto in profondità. La Roma ha lasciato palleggiare l’Ajax per tutta la partita ma le situazioni in cui è andata più in difficoltà sono stati i lanci lunghi - sempre preparati, mai fatti a caso ovviamente - a cercare la profondità alle spalle della difesa. È una debolezza in parte strutturale della squadra di Fonseca, che vuole difendere in alto ma senza sbilanciarsi troppo in pressing e lasciando spesso situazioni in cui gli avversari possono lanciare a palla scoperta. È difficile capire perché ten Hag abbia tenuto fuori questi due giocatori, in un contesto in cui l’Ajax ha di fatto rinunciato al proprio centravanti dimenticandosi di inserire Sebastien Haller.
Minuto 56’: il gol annullato a Tadic
Dieci minuti dopo una rimessa laterale viene battuta sulla testa di Ibanez, che per qualche ragione rinvia proprio sui piedi di Tagliafico. L’argentino viene fermato da Mkhitaryan, che però perde il controllo del pallone per un attimo; c’è un contrasto, la palla finisce a Brobbey che incrocia il tiro, non tanto, ma abbastanza da mettere in difficoltà Pau Lopez che fa una strana cosa e invece di respingere di lato lo fa sui piedi di Tadic, che segna.
Un gol arrivato in una di quelle lunghe fasi - viste in entrambe le partite - in cui la Roma commetteva semplicemente troppi errori tecnici per uscire dall’asfissiante riaggressione dell’Ajax. Ieri i difensori giallorossi hanno chiuso con percentuali di possesso palla rare nel calcio: 70% di passaggi riusciti per Ibanez, 60% per Cristante, addirittura il 54% per Mancini, che un passaggio ogni due la dava agli avversari. L’incapacità di uscire dal pressing era esasperata dall’assenza di Spinazzola, che con le sue corse riesce spesso a dare respiro alla Roma, ma anche dal coraggio della catena di sinistra dell’Ajax, di Tagliafico in particolare, di restare alta e tenere schiacciato Karsdorp in difesa.
L’arbitro era attaccato all’azione, ma ha avuto bisogno del VAR per accorgersi del fallo su Mkhitaryan e annullare la rete. Come all’andata, un episodio fortunato, uno sguardo al baratro, che cambia l’inerzia mentale dalla partita. Dopo il gol annullato la forza dell’Ajax si è via via dispersa, mentre la Roma ha cominciato a reagire e a guadagnare campo.
Minuto 70: lo splendido gol della Roma
https://twitter.com/ASRomaData/status/1382826115618762760?s=20
La Roma, quindi, ha sofferto per 180 minuti il pressing dell’Ajax e di fronte al rischio perenne di perdere palla in zone sensibili, ha spesso lanciato verso un titanico Dzeko - tra andata e ritorno due partite record per duelli aerei in stagione, 6 all’andata e addirittura 8 al ritorno. Eppure, in una delle rare azioni in cui la Roma ha avuto il coraggio e la lucidità per costruire dal basso, è riuscita a segnare. Un’azione di grande qualità tecnica, peraltro, in una partite piena zeppa di errori tecnici, e che quindi brilla in particolar modo. Mancini e Karsdorp chiudono Tadic sulla bandierina e recuperano palla senza farla uscire. Cristante resiste alla riaggressione dell’Ajax con una coraggiosa conduzione dentro la propria area, a testa alta da centrocampista, conclusa con un passaggio verticale per Mkhitaryan che taglia fuori diversi avversari. L’armeno a quel punto rinuncia a una giocata conservativa, cioè a uno scarico all’indietro, e di prima allarga a sinistra per Calafiori sul lato debole. L’esterno della Roma ha una corsa fluida ed elegante, arriva al limite dell’area, è furbo ad accorgersi che Timber è scivolato e che quindi può proseguire la corsa e mettere in mezzo. La conclusione di Dzeko, in tap-in di controbalzo, è incredibilmente simile a quella dell’1-0 contro il Barcellona nei quarti di Champions di tre anni fa.
La Roma quindi ha vinto dimostrando grande spirito difensivo e carattere. Come ha dichiarato Dzeko dopo la partita, tempo fa dopo aver subito il primo gol la squadra avrebbe mollato mentre stavolta ha reagito. D’altra parte ha anche approfittato dei difetti dell’Ajax e di colpi di fortuna in aperta contraddizione col racconto che i tifosi romanisti fanno su sé stessi e sul tifare Roma.
https://twitter.com/RomaThings/status/1382799789083877376?s=20
Per qualcuno allora questa vittoria è stata la compensazione che il karma ha dato al club dopo tutte le volte che gli aveva negato la felicità: la danza di Grobbelaar, il tiro sghembo di Vavra, la parata di Trent Alexander-Arnold sulla linea. Dimenticando invece le volte in cui la Roma aveva avuto qualche colpo di fortuna in Europa: il salvataggio surreale di Bruno Peres sulla riga contro lo Shakhtar, il tiro di Dembelé da centrocampo uscito di qualche centimetro con la porta vuota, a una manciata di minuti dalla fine di Roma-Barcellona. Di certo in questa, come in quelle volte, la fortuna la Roma se l’è cercata e meritata.