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Fabio Severo
Roland Garros, il trionfo annunciato
13 giu 2017
13 giu 2017
La decima coppa dei moschettieri di Nadal, uno dei trionfi più netti e incredibili della storia del tennis.
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Fabio Severo
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Sul 5-3 del secondo set, mentre Rafael Nadal è al servizio sul 30-15 con la possibilità di avere due set point, Stanislas Wawrinka manda fuori di metri un tentativo di passante di dritto, in ritardo sin dall'inizio dello scambio con Nadal che sale a rete dopo avere sbattuto Wawrinka da un lato all'altro del campo. Fallito il colpo Wawrinka lancia a terra la racchetta e poi finisce di romperla piegandola sul ginocchio. La dà a una raccattapalle facendole segno di portarla fuori dal campo, lontano dalla sua vista. Un usciere la prende in consegna e la poggia all'ingresso del terreno di gioco, ma Wawrinka li esorta di nuovo a farla sparire, ordine che viene finalmente eseguito. Siamo adesso 40-15, Wawrinka fa a malapena in tempo a inaugurare la nuova racchetta con una risposta lunghissima su un servizio di Nadal e va al cambio campo sotto di 6-2 6-3, trattenendosi dal rompere anche il telaio appena sostituito mentre cammina verso la sua sedia.

 





 

Vincerà soltanto un altro game, cedendo 6-1 il terzo set e lasciando la scena alle celebrazioni per il decimo titolo di Nadal al Roland Garros, un risultato abnorme che ha lasciato tutti tra l'ammirato e lo sbalordito. Di certo fa impressione il numero di vittorie raggiunto, ma soprattutto ha colpito il modo in cui ha vinto quest'anno, visto che ha alzato il trofeo senza aver ceduto neanche un set nell'arco di sette partite (la terza volta che ci riesce a Parigi), senza neanche essere costretto a un misero tie-break. Era dal Roland Garros del 2014 che Nadal non vinceva un titolo dello Slam: tre anni dopo vince il suo quindicesimo come se questa lunga fase di dubbi, infortuni e tornei saltati non fosse mai accaduta.



 



 

Wawrinka aveva appena giocato

, battendolo in cinque set dopo quattro ore e mezza di puro scontro tra attacco e difesa: Wawrinka che cercava le righe, Murray che correva e rimandava indietro tutto quello che riusciva a raggiungere nel tentativo costante di indurlo all'errore. Wawrinka in quell'incontro era stato molto bravo a non perdere la lucidità e la compostezza necessari alla continua esecuzione dei suoi colpi offensivi per un tempo così lungo, senza far prevalere la frustrazione per le occasioni perdute e dimostrando sulla distanza una resistenza fisica maggiore, dominando così il quinto set con colpi vincenti sempre più enfatici, rompendo il muro difensivo, riuscendo finalmente a colpire

l'avversario.

 

La speranza di tutti era che Wawrinka riuscisse a proporre lo stesso approccio nella finale contro Nadal, ma i tre veloci set di domenica hanno dimostrato da subito l'impotenza di Wawrinka nel controllare gli scambi: il primo pensiero potrebbe essere per l'eventuale mancato recupero sia fisico che mentale dopo la lunga semifinale, ma la verità è che Nadal non ha permesso a Wawrinka neanche di testare i suoi eventuali postumi agonistici. Salvo gli occasionali vincenti a tutto braccio tirati con le spalle al muro (metaforicamente e in alcuni casi letteralmente, schiacciato al fondocampo), Wawrinka non è riuscito a imporre il suo stile e la sua strategia di gioco, costretto da Nadal a colpire sempre una palla scomoda, avvelenata alternativamente di troppa rotazione, troppa profondità o troppa angolazione.

 

 



 

Nadal negli anni ci ha abituati alle sue estreme doti difensive, per cui era lecito immaginare che la partita si giocasse su una dinamica analoga a quella della semifinale contro Murray. Wawrinka avrebbe provato a superare la sua copertura di campo, a colpire oltre Nadal come aveva fatto contro Murray, e

quando aveva sconfitto Nadal negli ottavi nel 2009 a Parigi: colpire sempre più forte, su ogni palla, per "sfondare" il gioco dell'avversario. Batterlo non nella costruzione paziente dei punti, ma con l'esecuzione di un gioco ultraoffensivo ad alto rischio di errore ma a alto rendimento, se eseguito correttamente. Vincere contro il banco, in sostanza.

 

Ma il Nadal di questo torneo non si è mai proposto come un difensore, non nel modo in cui Murray ha giocato contro Wawrinka. Nadal, piuttosto che difendere,

i colpi che riceve, neutralizzandone il potere offensivo e subito dopo portando il suo rivale fuori posizione, facendolo colpire scomodo. Sul 30-30 del primo game del secondo set c'è uno scambio sulla diagonale del rovescio di Wawrinka in cui Nadal risponde a ogni incrocio con un dritto sempre più angolato e sempre più arrotato, aumentando la dose dell'effetto a ogni palla colpita, e al terzo colpo il suo dritto è ormai irraggiungibile, Wawrinka lo guarda rimbalzare via verso i fiori al lato del campo, incredulo di fronte alla metamorfosi della palla ricevuta colpo dopo colpo. Le volte in cui Nadal ha vinto punti in modo spettacolare erano come delle finestre su tutto il potenziale offensivo che non ha neanche avuto bisogno di utilizzare, come dei bruschi colpi di gas che rivelano la potenza di un motore che sta andando a bassa intensità. La maggior parte dell'incontro si è risolta per Nadal nella gestione di un piano di gioco che si è rivelato talmente superiore da rendere i suoi sette rivali a Parigi come dei figuranti indistinguibili, tutti sconfitti nello stesso modo, senza riuscire a lasciare alcun segno particolare nell'andamento dell'incontro.

 




 

Per quanto la prima cosa che viene in mente su Nadal sia il suo temibile dritto dal movimento "a uncino" dalla rotazione esasperata, Nadal non andrebbe considerato un tennista di colpi, uno

autore di tocchi eccezionali: piuttosto è un tennista eccezionale nella costruzione del punto, nella incredibile capacità di eseguire la giusta strategia a ogni scambio. In campo sa fare tutto, ma raramente cerca colpi a bassa percentuale di riuscita, a meno che non sia costretto dalla dinamica del punto. Non serve particolarmente veloce ma raramente perde la battuta, difende la seconda di servizio come pochi altri; gioca le volée con la macchinosità dei gesti imparati a forza, eppure ne sbaglia pochissime, raro esempio di gioco di volo tanto efficace quanto poco appariscente. Che poi è la stessa apparente legnosità che ha nel modo in cui stacca la mano destra dal rovescio per tagliare sotto la palla, eseguito come se fosse un colpo da lui tollerato e non davvero cercato, ma comunque molto più solido di quello di altri giocatori dal gesto in apparenza più plastico. Ci sono giocatori che danno l'illusione di un tennis naturale, diretta espressione di un istinto biomeccanico: Nadal è invece il più grande esempio del gioco del tennis inteso come disciplina, del tennis non giocato ma eseguito, come fosse un compito. Nadal in campo fa quello che serve, non quello che gli piace, o quello che è bello.

 

Durante la premiazione dopo la finale si è capito quanto fosse per tutti un trionfo annunciato, e auspicato: gli spettatori di una delle due tribune srotolano degli striscioni celebrativi preparati dall'organizzazione, il podio su cui Nadal posa per i fotografi con il trofeo ha un grande "10" stampato ai piedi del giocatore, mandano sugli schermi

. Ne ha vinti così tanti che chiamano lo zio Toni Nadal sul podio per dargli una replica della Coppa dei Moschettieri dedicata a lui, allenatore di una vita che proprio alla fine di quest'anno smetterà di viaggiare con Rafa durante la stagione. All'inizio Toni molla anche la sua coppa nelle mani del nipote e prova a congedarsi, ma qualcuno dell'organizzazione lo blocca e così fanno una serie di foto insieme, cosa molto insolita in uno sport dove si premiano sempre e solo i giocatori sul campo. Subito dopo lo sponsor Babolat è pronto a far posare Nadal con il nuovo borsone con tanti "10" stampati sopra, ma l'anno prossimo potrebbe già essere tempo dell'undicesima. Anche se sostiene di non aver mai creduto di giocare così a lungo, che dieci anni fa si immaginava che oggi sarebbe stato in barca a pescare e non sul campo a maltrattare chiunque si è trovato davanti, Nadal ha solo trentuno anni. Nel tennis contemporaneo è ormai poco più che essere un ragazzino.

 

 

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