Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Fabio Severo
Roland Garros: i quarti di finale
02 giu 2015
02 giu 2015
La presentazione dei quarti dello slam parigino, a cui sono arrivate 7 delle prime 8 teste di serie.
(di)
Fabio Severo
(foto)
Dark mode
(ON)

 

Sette delle prime otto teste di serie sono arrivate ai quarti di finale del singolare maschile del Roland Garros. L'unica eccezione è stata Tomas Berdych, testa di serie n. 4, sconfitto agli ottavi da Jo-Wilfried Tsonga in quattro set. Ma non si può definire una sorpresa, sia Tsonga che Berdych possono vincere o perdere da chiunque in un dato giorno, giocatori esplosivi ma vulnerabili, imprevedibili di fronte al pericolo della sconfitta, molto più fallibili degli altri contendenti alla Coppa dei Moschettieri di quest'anno.

 

Gli ultimi otto giocatori rimasti, e nessuno che abbia davvero sofferto per arrivare fino a qui, come se la prima settimana fosse servita solo a prepararsi per questi quattro incontri, dove all'improvviso nessuno è chiaro favorito, e tutto può succedere.

 





 





 

I confronti diretti presentano un bilancio chiarissimo, 16-2 per Federer, ma il pronostico non è così facile: Wawrinka sta vivendo il biennio migliore della sua carriera, con l'anomalo picco di rendimento personale tra i 29 e i 30 anni di età, e per quanto Federer abbia vinto gli ultimi tre incontri, compresa la semifinale degli Internazionali d'Italia un paio di settimane fa, a Parigi il numero due del mondo non sta giocando bene come a Roma. Fino adesso al Roland Garros non è ancora stato messo alla prova, l'unico confronto significativo è stato nell'incontro spezzato in due giorni con Gaël Monfils, che nel primo lo ha fatto soffrire e nel secondo praticamente non è sceso in campo. Federer a Parigi presenta la consueta ricerca della rete dell'ultimo anno e mezzo, il servizio ottimo, ma da fondo negli spostamenti laterali non sembra al massimo, il rovescio non è sempre profondo come dovrebbe e gli errori nel gioco di volo sono più frequenti del solito. Federer non soffre particolarmente Wawrinka, che ha un gioco che gli permette di trovare ritmo nello scambio e non oppone una difesa soffocante: entrambi sono giocatori offensivi, ma Federer ha ovviamente più soluzioni tattiche e tecniche.

 

https://www.youtube.com/watch?v=MxtcDLTUy2U

Finale di Montecarlo 2014: come Wawrinka può battere Federer.



 

L'incognita principale sarà il rendimento di Wawrinka, che se gioca come ha fatto nella finale di Montecarlo dell'anno scorso può battere di nuovo Federer, attaccando su ogni palla e bloccando indietro l'avversario. Il problema sta proprio nel fatto che Wawrinka questo tipo di incontri riesce a vincerli solo

, con margini di errore estremamente ridotti, mentre Federer è molto più capace di vincere giocando anche maluccio, contenendo l'avversario in attesa di un minimo cedimento che gli permetta di cambiare il passo dell'incontro.

 

Nella semifinale di Roma Wawrinka ha perso molto velocemente e sbagliando molto, mentre soltanto il giorno prima aveva battuto Nadal in due set, sulla terra. Nei primi game della semifinale con Federer sembrava ancora il Wawrinka dei quarti, subito un break avanti; poi dal 3-0 in suo favore in un'ora il parziale è diventato di 12 game a 3 per Federer, che ha vinto 6-4. 6-2. C'è qualcosa di edipico nelle dinamiche agonistiche tra i due, Wawrinka quando gioca Federer sembra combattere contro una qualche figura paterna da distruggere, e lo esprime sia nell'urgenza con cui attacca e l'estrema concentrazione delle buone partite, sia nei pasticci nervosi con cui butta via spesso set e incontri di questa rivalità.

 

La sintesi perfetta di questo dramma familiare svizzero è stata la semifinale vinta da Federer alle ATP Finals lo scorso novembre, una delle partite più belle dell'anno, in cui è successo di tutto: Federer s'è infortunato alla schiena, Wawrinka

facendo malamente serve & volley su tre di questi punti (non avendolo mai fatto prima durante l'incontro) e a un certo punto si è anche messo

, la moglie di Federer, sostenendo che lo disturbasse quando era in risposta. I media ci hanno ricamato sopra sostenendo che—

—Mirka lo avrebbe chiamato dagli spalti "crybaby", insomma frignone. Una figura paterna da dover abbattere, una donna che mette in discussione la tua virilità, più Edipo di così si muore.

 





 

Ci sono artisti che restano incatenati alla loro opera prima, e tutto quello che producono successivamente non riesce a toccare il pubblico nello stesso modo. Si spera sempre che ritroveranno la bellezza di quel primo lavoro, e questa speranza basta a perdonargli le carenze di ciò che presentano negli anni a seguire. L'opera prima di Jo-Wilfried Tsonga è stata la semifinale dell'Australian Open 2008 in cui ha demolito Rafael Nadal, annunciandosi come il Cassius Clay del tennis.

 

https://www.youtube.com/watch?v=fJSpOvozUhI

Australian Open 2008, semifinale Tsonga vs. Nadal: la fantasia al potere.



 

Tsonga non ha mai più avuto negli occhi la luce da predestinato che brillava quella sera: il modo sbruffone con cui ciondola verso la sua sedia ai cambi campo, annuendo quando il pubblico va in delirio per l'ennesima volée impossibile o dritto vincente messo a segno, la miscela incredibile di tocco, forza, talento e personalità ha fatto innamorare il mondo del tennis istantaneamente. Da lì in poi sono stati episodi, tornei al massimo, mai stagioni, mai più neanche quella gioia lucida di giocare che aveva quella sera, semmai un modo scanzonato di passare da pura potenza all’opera a caos tattico suicida, che meglio descrive la sua carriera.

 

L'anno scorso in Canada ha vinto il Masters 1000 di Toronto battendo in sequenza quattro top-10: Djokovic, Murray, Grigor Dimitrov e Federer in finale. Non succedeva da più di dieci anni; poi più niente (complici infortuni), sino a questi quarti di Parigi. È il terzo francese di sempre per numero di vittorie Slam, dietro solo a Jean Borotra e Henri Cochet, due dei

; è l'unico assieme a Tomas Berdych ad aver battuto tutti e quattro i Big Four a un major, ma sarà sempre considerato un talento in parte sprecato, perché il mondo del tennis voleva lo Tsonga di quella sera a Melbourne 7 anni fa, e lo voleva ogni giorno, lo voleva ai vertici della classifica, lo voleva re, e non è successo.

 

https://youtu.be/erxt2_CAC2M?t=51s

Come si vince un punto contro Nadal sulla terra.



 

Ai quarti gioca contro Kei Nishikori, che rappresenta la parabola opposta a quella del francese: non ha neanche 26 anni e sembra giocare da una vita, la sua è un'ascesa lenta ma costante, spezzata solo dai moltissimi infortuni che ha già dovuto soffrire. Da un anno circa è in salute e ha cominciato a infrangere ogni record per il tennis asiatico: è il numero 5 del mondo, e potrebbe restare in top 10 a lungo. Con Tsonga ha vinto quattro volte su cinque e sempre al set decisivo, e al final set il giapponese

; Nishikori è un tennista che non sembra conoscere il rischio dell'implosione mentale, ma gioca fino a quando il corpo glielo permette. Unisce la resistenza e la tenacia difensiva di David Ferrer con la capacità di creare angoli e velocità di David Nalbandian, e probabilmente se fosse stato alto dieci centimetri in più sarebbe già numero uno del mondo.

 

Per vincere contro Tsonga deve fare quello che fa a ogni partita, con la stessa disciplina e costanza, mentre il francese per vincere contro uno come lui deve smettere di pensare, colpire a tutto braccio e sperare di tornare a una sera australiana di qualche anno fa. Tsonga stesso

, ma ormai arrivato a trent'anni, se hai fatto la cicala per tutta la carriera, che senso ha cominciare ora a voler essere formica?

 





 





 

Se questo Roland Garros deve definire le gerarchie del circuito ATP i quarti di finale possono già essere il momento della verità. All’esigenza di trovare un antagonista credibile a Djokovic, negli ultimi mesi in molti hanno guardato verso Andy Murray, che sembra riemerso dal proprio medioevo tennistico e che potrebbe inserirsi nel possibile vuoto di potere lasciato dalla flessione di Rafa e Roger. Mentre aspettiamo il possibile crollo dei reali, Murray deve giocare la partita che potrebbe misurare il suo grado di competitività. Se la domanda è:

Non c’è miglior persona da interrogare di David Ferrer.

 

Così come Murray, anche lo spagnolo è resuscitato da una stagione sotto le aspettative, ma lo ha fatto a 33 anni, mentre tutto intorno sentiva risuonare il

. Con l’arrivo della stagione sulla terra Ferrer ha ricominciato a macinare risultati, sempre con la sua logica da computer: perde con chiunque gli sia superiore e vince con chi gli è inferiore. Agli ottavi ha distrutto un ex vincitore slam come Marin Cilic—okay, uno strano vincitore dello slam e okay, con un gap di preferenza della superficie—concedendogli complessivamente 6 giochi. Sul gioco di David Ferrer non ci sono misteri: è solido, ama giocare a ritmi alti da fondo campo, sbaglia poco e fa tutto quello che deve fare con spirito marziale. Per tutte queste ragioni rappresenterà la cartina di tornasole perfetta per la competitività di Murray.

 

Lo scozzese per la prima volta in carriera è sembrato convinto dei propri mezzi sulla terra, superficie su cui ha vinto solo due tornei. Con quella fase difensiva e quella consistenza da fondo campo avrebbe forse potuto arrivarci prima, ma meglio tardi che mai. Ha così preparato questo Roland Garros con la sottile intenzione di vincere (dove il concetto di

deve temperarsi con la presenza di Novak Djokovic).

 

Dopo alcuni primi turni vinti bendato, ha trovato Jérémy Chardy agli ottavi di finale, un giocatore che aveva già battuto 6 volte su 7 e che non ama particolarmente la terra. Eppure ha faticato più del previsto, e più di quanto non dica il punteggio in quattro set (6-4; 3-6; 6-3; 6-2). Tra il secondo set e l’inizio del terzo Murray ha rischiato di essere spazzato via da Chardy, che pure si limitava a girare attorno al dritto (uno dei migliori del circuito) e a tirare sassate sull’angolo destro dello scozzese. In quella situazione Murray ha rivelato alcuni dei difetti che lo hanno reso negli anni poco competitivo su questa superficie: la solidità mentale e l’intelligenza tattica. Pur non trovandosi di fronte al generale Rommel dei campi di terra, Murray si è trovato in balia del ritmo di Chardy, facendosi pizzicare sempre sul proprio lato debole (il dritto), non variando i ritmi e rinunciando a comandare il gioco. Le sue discese a rete rimangono estremamente risicate per le proprie potenzialità e senza la prima di servizio a tratti è sembrato persino mediocre (ha chiuso con un 40% di punti vinti con la seconda).

 

L’impressione è che la lentezza della superficie in certi momenti costringa Murray a pensare troppo, e Murray non vorrebbe pensare. Appena Chardy è entrato in partita e ha messo qualche dubbio nella testa di Murray lo scozzese ha cominciato a barcollare. È incredibile che un giocatore con un tennis così solido e consistente, in una superficie che teoricamente dovrebbe privilegiarlo, si senta così insicuro.

 

In quel passaggio a vuoto non ha fatto sostanzialmente nulla, aspettando solo che la mano di Chardy sbollisse, ma nel farlo non è neanche riuscito a rimanere sereno. È tornato un linguaggio del corpo negativo, accompagnato da lunghi soliloqui con la propria interiorità. Quel tipo di cose che un avversario meno mediocre di Chardy, come per esempio Ferrer, potrebbe sfruttare a proprio vantaggio.

 

Questa scarsa fiducia lo ha portato a giocare un tennis poco paziente, che non si è focalizzato sul ritmo ma che ha cercato il vincente con eccessiva continuità. Ferrer costringerà Murray a stare più “sul pezzo”, ad essere più stratega, tanto nelle traiettorie e nella ricerca del momento giusto per cercare la penetrazione vincente, che nel ritmo (come sempre variato troppo poco finora).

 

https://www.youtube.com/watch?v=UwD9KEw-cug&feature=youtu.be&t=195

Finale di Miami del 2013, sul match point Ferrer chiama il “falco” ma la palla di Murray è buona. Perderà il punto e la partita. È strano che in uno dei precedenti più pesanti la mancanza di lucidità mentale abbia condizionato proprio lo spagnolo.



 

I precedenti sono a favore di Murray (9 a 6), che però non ha mai vinto sulla terra. Un motivo in più per ritenere questa partita rivelativa del suo livello attuale. È arrivato il momento, per Andy Murray, di legittimare la propria presenza tra i

.

 





 

I due principali topos di questa stagione tennistica sono il dominio di Novak Djokovic e il declino di Rafael Nadal. È per certi versi crudele che allora i temi si debbano incrociare così presto nel torneo, neanche a metà della seconda settimana, proprio nel torneo su cui Nadal ha costruito il proprio regno.

 

In una logica la cui perversione è degna di

Nadal rischia di essere detronizzato di fronte alla propria corte appena ai quarti di finale, in un duello che sembra preannunciarsi per lui netto e sanguinoso. Almeno questa è l’aria che tira al momento.

 

Dire che Nole gioca da 10 giorni sul velluto non renderebbe l’idea del suo dominio fino a questo momento. Ieri pomeriggio ha giocato contro Richard Gasquet, un ex top 10, giocatore la cui purezza tennistica non può essere messa in discussione, e lo ha letteralmente distrutto. Non ho mai visto un giocatore di quel livello rassegnarsi in modo così clamoroso. Già al quarto o al quinto gioco Gasquet giocava a tirare tutto, come se la partita fosse finita. Scuoteva la testa di fronte ai vincenti di volta in volta più assurdi di Nole e ripeteva a sé stesso frasi di una malinconia letteraria: «Non posso perdere ogni volta in modo così netto».

 

Nole non è sembrato neanche impegnarsi davvero. Per la maggior parte della partita ha giocato a provare i colpi, a soppesare l’affidabilità di quelli più rischiosi (lo

di rovescio, il top difensivo profondo, il rovescio incrociato stretto), a istituire ritmi tennistici non propri (spezzati, accorciando gli scambi con molte palle corte). All’ennesimo tentativo di smorzata gli è piovuto addosso anche qualche fischio, che gli rimproverava la mancata clemenza.

 

Il tennis è diventato questo sport qui? Uno sport in cui tra il numero uno del mondo e un ex top 10 ci sono 4 o 5 categorie di differenza? Djokovic finora sarà rimasto in campo per la stessa durata del terzo set tra Sock e Nadal.

 

Rafa attualmente è un enigma. Nei tornei europei sulla terra era sembrato un giocatore in declino: in precarie condizioni fisiche, depotenziato fisicamente e sfiduciato mentalmente. In questi primi giorni non possiamo dire che sia tornato sui livelli abituali, ma i segnali positivi sono stati più di quelli negativi, e questo sembra già tanto.

 

Nadal sembra in un momento di transizione: è evidente che sta lavorando tecnicamente al proprio tennis per gestire la propria normalizzazione fisica. Il dritto è giocato più anticipato, con qualche giro di topspin in meno; al contrario il rovescio è meno piatto, restituisce una palla più complessa e bilanciata (prima non c’erano mezze misure: o era vincente o era interlocutorio). L’impressione è però che non abbia ancora assorbito del tutto questi cambiamenti e nei momenti chiave ha bisogno di attingere al proprio repertorio tradizionale, che non sempre lo assiste.

 

Contro Sock non ha mai rischiato di farsi sfuggire di mano la partita, ma ha continuato a mostrare alcuni dei difetti del Nadal attuale che, di fatto, chiudono il pronostico nella partita contro Nole.

 

Il primo problema è legato a una scarsa brillantezza fisica—sempre relativamente agli standard di Nadal. Con i ritmi alti è meno elettrico, fatica nelle sue solite transizioni dalla fase difensiva a quella offensiva. Il secondo problema è mentale: la dimensione su cui Nadal ha costruito molti dei suoi successi è quella che ne evidenzia i maggiori limiti attualmente. Contro Sock ha colto solo 7 delle 18 palle break mentre ha lasciato al suo avversario una percentuale perfetta del 100% (4 su 4).

 

Al di là delle questioni tennistiche ci sono altri aspetti che nella partita con Nole non possono essere sottovalutati. Nadal è consapevole dei lati più epici di questa sfida, sa che la sua detronizzazione è avviata e mi aspetto che tiri fuori residui ancestrali dal proprio gioco. Mi aspetto che Rafa ridefinisca il concetto di “giocare alla morte”. Vorrei che portasse la partita su un territorio estremo, disumano, fatto di sudore e disintegrazione fisica.

 

https://www.youtube.com/watch?v=VUFhHIm4I5E

Due giocatori che su YouTube si guadagnano tributi che prevedono l’aggettivo “animalistic”. Vorrei che tutto questo non finisse mai.



 

Nadal attualmente non sembra in grado di salire su quel livello di agonismo, ma spero che annusando l’odore del sangue trascenda i propri limiti, come del resto ha sempre fatto nella sua carriera.

 
 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura