Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Fabio Severo
Roland Garros, i giorni delle lacrime
06 giu 2017
06 giu 2017
Preparandoci alla fase finale, i pianti di Steve Johnson e Carreno Busta, la grande forma di Nadal e Murray.
(di)
Fabio Severo
(foto)
Dark mode
(ON)

Dopo nove giorni di torneo si è finalmente composto il tabellone dei quarti di finale

e

, dopo una prima metà abbondante di Roland Garros caratterizzata non dalla pioggia, quasi assente tranne per il pomeriggio di sabato scorso, ma dalle lacrime versate da molti giocatori. Avevamo già raccontato

, sconsolato per il suo ginocchio che non guarisce mai, e anche quello di Petra Kvitova, tornata a giocare dopo l'aggressione di un ladro in casa sua che l'ha lasciata con una brutta ferita da taglio alla mano, a seguito della quale ancora

. Sono passate inosservate

, provata dal dimostrare di aver meritato davvero la medaglia d'oro ai Giochi di Rio, che si commuove dopo aver sconfitto Roberta Vinci al primo turno. Ma ci siamo tutti identificati con il pianto di Steve Johnson, l'americano che si è inginocchiato in terra singhiozzando dopo aver battuto il croato Borna Coric in quattro set al secondo turno. Il padre di Johnson è morto poco più di due settimane fa a neanche sessant'anni, e poiché il viaggio in Europa con la madre e la fidanzata era già stato organizzato, Steve ha deciso di salutare il papà continuando a giocare nonostante il lutto recentissimo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=HBAv7skYXNo

 

, ha detto commosso dopo l'incontro, alla fine del quale, mentre lui ancora piangeva a dirotto finalmente libero dalla tensione del gioco, l'avversario Coric distruggeva una racchetta sfogando la frustrazione della sconfitta, e poi dando a Johnson una stretta di mano fredda e strappata, senza neanche uno sguardo. Ma qualcuno dovrà spiegare a Coric che il modo di affrontare meglio le partite passa anche per il comprendere la vita che si svolge attorno al campo di gioco, altrimenti continuerà a provare quella rabbia vuota che non gli permette di diventare grande.

che, dopo aver sconfitto Johnson in tre set nel turno successivo, si è fermato a rete a sussurrare all'orecchio dell'avversario delle parole di conforto, abbracciandolo e neanche alzando le braccia al cielo per la vittoria.







 

A un primo sguardo Thiem ha l'aspetto dimesso del giovane promettente di un circolo locale. Veste con un completo Adidas con maglia di colore verde davanti e con schiena e maniche bianche, che ricorda vagamente un pigiama dal taglio sportivo. Porta i calzettoni, sempre bianchi, con il bordo attentamente ripiegato per mostrare la scritta "Adidas Tennis", in un eccesso di zelo promozionale. Ma sotto il look da rimanenza collezione dell'anno scorso si nasconde uno dei più promettenti giocatori in circolazione, forse l'unico outsider con minime possibilità di stupire nella seconda settimana parigina. Potente rovescio a una mano, in grado di colpire molto forte da ben dietro la linea di fondocampo, Thiem ha fatto enormi progressi negli ultimi due anni.

 

Ricordo una sua partita vista a Roma nel 2015 in cui l'esecuzione dei colpi era già eccellente, ma mancava un legame efficace tra i singoli punti, il discernimento tattico, la variazione di intensità, la pazienza. Era ancora un semplice “colpitore", dove la somma dei gesti non rivelava la capacità di giocare la partita guardandola in prospettiva, navigandola con esperienza. Oggi, decine di partite e migliaia di ore di allenamento dopo, è un altro giocatore. Umile, devoto al proprio lavoro e per nulla umorale come varie altre promesse del tennis intossicate dall'esposizione mediatica, Thiem vuole solo giocare a tennis al meglio che può. Il suo talento non sembra un dono del cielo come l'istrionismo geniale di Nick Kyrgios: non è un cappello magico da cui saltano fuori sorprese, è un ferro che ha preso la giusta forma a forza di batterlo. Ai quarti gioca contro Novak Djokovic, ci ha giocato e perso cinque volte, vincendo un solo set in totale.

 

Il bel saluto tra Thiem e Johnson si è svolto sul campo numero 1, soprannominato il

, l'arena della corrida, che

. Una bellissima pianta circolare, le bandiere che svettano sui pilastri che punteggiano il perimetro esterno, verrà sacrificato per fare spazio a un pratone, così il pubblico che paga i biglietti per i campi secondari avrà uno spazio in più dove ciondolare e spendere soldi mentre guardano le partite del centrale sul maxischermo. Un nuovo campo verrà fatto nei vicini giardini d'Auteil, uno stadio che sarà circondato da una serra per giustificare l'invasione del piccolo paradiso botanico. D'altronde qui non c'è più spazio, a malapena si cammina per i vialetti dello Stade Roland Garros e per ampliarsi bisogna invadere lo spazio esterno. Comitati di residenti sono riusciti per anni a bloccare il progetto, ma alla fine hanno perso la battaglia, e il

si farà, pronto nel 2019. Dal render della veduta aerea il

sembra molto distante dal resto dei campi, non è chiaro quanto e che nuova scocciatura sarà peregrinare da un luogo all'altro quando sarà pronto.

 

 



 

Altre lacrime hanno bagnato l'ultimo incontro importante ospitato dal

prima di limitarsi a ospitare doppi e partite tra vecchie glorie durante la seconda settimana appena iniziata. Questa volta

, tennista spagnolo di 25 anni che battendo Milos Raonic 8-6 al quinto set ha raggiunto per la prima volta i quarti di finale di un torneo del Grande Slam. Eurosport lo intervista in spagnolo sul campo, subito dopo la fine: «Sono contento, emozionato perché è stata una partita molto difficile... tanta tensione…», e poi si scusa e se ne va, incapace di continuare a parlare. Per lui ora c'è Rafael Nadal, con cui invece di non riuscire a parlare forse non riuscirà proprio a giocare, visto il modo in cui Nadal ha impedito ai suoi avversari di fare qualsiasi cosa in campo. Sembra ci sia poco a separare Nadal dalla

, ovvero il decimo titolo al Roland Garros a fare cifra tonda sui suoi attuali nove, che comunque sono già un record che rimarrà imbattuto per secoli. Dieci titoli vinti al torneo più estenuante della stagione, quando molti giocatori arrivano a malapena a dieci semplici partecipazioni in tutta la carriera qui a Parigi.



 

 

 

Nadal corre sempre, scambia anche a lungo con i suoi rivali sul campo, in alcuni momenti quasi fatica per vincere dei punti, ma è un inganno: la sofferenza e il sudore sono semplicemente parte integrante del suo gioco, è così che vince le partite. È come andare in bicicletta su un percorso di montagna con qualcuno di molto più allenato di te, all'inizio sembra che il passo sia uguale, si procede affiancati, ma dopo poco quello che a te, accecato dalla fatica, comincia a risultare impossibile, per l'altro rimane semplice pedalare. Si fanno le stesse poche e semplici cose, ma tu non hai più la forza di farle bene, mentre l'altro più passa il tempo e meglio le fa. Analogo effetto fa a molti avversari Andy Murray, l'attuale numero uno che qui a Parigi, partita dopo partita, ha ritrovato la qualità di gioco che gli è mancata sinora durante il 2017.

, che dopo due set competitivi ha ceduto il terzo 6-0, Murray ha contenuto negli ottavi l'esuberanza del ventunenne Karen Kachanov con la calma del maratoneta, abituato alla fatica e esperto di come si arriva alla fine. Cammina per il campo tra un punto e l'altro poggiando le piante dei piedi pesantemente a terra, una alla volta, sembra sempre affaticato o vagamente infortunato con le eterne cavigliere a imbracargli le articolazioni, respira a bocca aperta, impreca, si precipita su ogni palla; inseguire il gioco dell'avversario per poi disinnescarlo è il suo martirio agonistico, chilometri a caracollare a destra e sinistra per poi tirare vincenti da posizioni impensabili. Lui, come anche Nadal, si consuma senza alcuna economia per poter vincere: ora che hanno entrambi superato i trent'anni, quanto ancora dureranno?



 

 

 



 

Gli ottavi femminili si sono conclusi con otto vincitrici di cui nessuna ha mai conquistato un trofeo dello Slam, tra cui spicca l'avanzata della francese Kristina Mladenovic che ha battuto la campionessa in carica Garbiñe Muguruza, che è stata travolta dalla folla patriottica nonostante il vantaggio di un'avversaria che ha commesso

doppi falli. Mladenovic è diventata una singolarista di peso da poco tempo, anche se l'anno scorso aveva già conquistato fama vincendo il Roland Garros in doppio. Solo quattro anni fa la ricordo sorridente dopo aver perso qui la finale di doppio misto, felice di partecipare e cordiale, un'immagine ben diversa dalla competitività teatrale con cui alza il pugno e incita la folla ai danni della povera spagnola appesantita da un anno per nulla all'altezza del titolo vinto qui nel 2016. Mladenovic esulta agli errori dell'avversaria, si muove per il campo come se tutto il mondo e non soltanto lo stadio la stesse guardando, mentre Muguruza si perde negli applausi ostili del pubblico e finisce per

distratti dal frastuono della competizione.

 

In conferenza

, abbassa la testa all'improvviso tra una domanda e l'altra, mentre l'addetta stampa si china su di lei e poi decide di portarla fuori, intimandoci di rimanere ai nostri posti come un'insegnante che lascia la classe sola per un attimo. Poi Garbiñe ritorna e spiega di essere sollevata che non le chiederanno più del titolo a Parigi, si dice felice di ricominciare a giocare senza dover giustificare una vittoria passata. Le chiedono di Wimbledon, dove nel 2015 è arrivata in finale. Lei dice che Wimbledon è ancora lontano, ma non è vero, mancano poco più di tre settimane all'inizio del torneo.

 

L'ultimo pianto da raccontare della settimana passata è

, giocatore belga numero 12 mondiale all'inizio di questo torneo. Vince i primi due turni, poi durante il primo set del terzo turno contro l'argentino Horacio Zeballos insegue una palla dell'avversario che lo porta alla fine del fondocampo, dove inciampa sui teloni per coprire il campo piegati a terra. Non si rialza per minuti, il replay mostra una distorsione orrenda della caviglia, lui esce dal campo accompagnato e neanche rientra per stringere la mano all'avversario.

, anche Nadal dice di aver sempre pensato che quei teloni sono in una posizione pericolosa (perché non metterli di lato

?). A quanto pare non ha sofferto fratture o danni gravi ai legamenti, ma ancora non si sa che ne sarà di lui nelle prossime settimane.

 

 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura