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Chi è davvero Rodrigo De Paul
28 ago 2020
28 ago 2020
L'argentino sembra pronto per salire di livello.
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È almeno un anno e mezzo che Rodrigo De Paul sembra vicinissimo a lasciare l’Udinese, ma se è evidente che ormai si tratta di un giocatore di una dimensione superiore a quella della squadra friulana, non è altrettanto semplice capire a quale altra squadra farebbe comodo. In questi giorni i tifosi di Juventus, Milan e Arsenal, soprattutto, come prima i tifosi interisti, stanno discutendo sui social network come se ci fossero due De Paul differenti: qualcuno ne parla come di un giocatore in grado di far compiere un salto di livello a entrambe le squadre, qualcun altro come di un potenziale panchinaro e niente più.


 

Il pubblico italiano a volte confonde l’abitudine con la vera conoscenza e giocatori come De Paul, anche dopo quattro intere stagioni in Serie A, continuano a fluttuare nel nostro immaginario, senza occupare un posto preciso. Di De Paul non è neanche chiaro quale sia il suo vero ruolo. È un trequartista esterno? Una seconda punta? Una mezzala? 


 

Certo, dipende anche dalla carriera che ha avuto De Paul fin qui e dal tipo di caratteristiche che ha che, in effetti, ha permesso ai suoi allenatori di farlo giocare in tutti i ruoli del centrocampo e dell’attacco (mancherebbe, in realtà, farlo giocare come attaccante unico). Ai tempi del Racing, quando i commentatori argentini (almeno quelli che ho sentito io) lo chiamavano “el elegante De Paul”, in un calcio dove gli spazi sono più grandi e le sue abilità in conduzione e nel dribbling brillavano, giocava stabilmente sull’esterno sinistro. Saltava l’uomo e portava palla finché poteva, in sostanza.


 

A diciannove anni va in Spagna e passa una stagione e mezza al Valencia, allenato da Nuno Espirito Santo (che si qualifica per i quarti di Champions League) e Gary Neville. All’esordio contro il Siviglia, nella sua prima azione in assoluto in Liga, protegge palla col gomito alto e ferisce allo zigomo Aleix Vidal: l’arbitro lo espelle e si becca quattro giornate. Non proprio l’inizio ideale.


 


 

 

In Argentina, aprile 2014. Quattro mesi dopo è a Valencia.


 

Ad ogni modo, Espirito Santo lo fa giocare, nei secondi tempi, quasi sempre da esterno sinistro, ogni tanto da trequartista centrale e all’inizio della seconda stagione persino mezzala. De Paul batte benissimo gli angoli e le punizioni ma non è chiaro in quale ruolo potrebbe togliere il posto a uno dei titolari (Pablo Piatti o Rodrigo, oppure uno tra Dani Parejo e André Gomes). In Argentina sembrava un classico esterno d’attacco dribblomane ma quando in Spagna gli spazi intorno a lui si riducono, fatica. Ha bisogno di campo davanti ma non è autosufficiente, negli ultimi metri di campo si comporta più come un rifinitore che come un attaccante.


 

Neville non sa davvero che farsene e una delle decisioni che prende in quei pochi mesi di delirio (se non li ricordate leggete qui) è rimandare De Paul in Argentina.


 


 

 

 

Così, nel gennaio del 2016 torna in un Racing con Diego Milito, 37 anni e Lisandro Lopez, 33. Lui ne ha quasi 22 anni e la sua carriera si è già ripiegata su se stessa. Gioca sempre da esterno sinistro, contro difensori più statici che gli permettono di condurre palla allungandosela quanto vuole: il rischio è che si abitui a giocare solo con molto spazio a disposizione.


 

Per sua fortuna, sei mesi dopo l’Udinese lo acquista dal Valencia (pagandolo meno di quanto lo avesse pagato il Valencia due anni prima).


 

Educazione italiana


Da quando è arrivato De Paul - cioè nella stagione 2016-17, ereditando la maglia numero 10 di Totò Di Natale appena ritirato (è un peccato che non abbiano mai giocato insieme) - l’Udinese non è mai andata oltre il dodicesimo posto, con un massimo di 45 punti. De Paul è maturato in una delle squadre meno offensive della Serie A, con un massimo di 48 gol due stagioni fa e un minimo di 37 nella stagione appena passata, che ha cambiato 7 allenatori in quattro stagioni (con Tudor che ha allenato in due momenti separati) e gli ha insegnato la durezza della lotta per non retrocedere.


 

Con Iachini ha esordito giocando mezzala (in Coppa Italia contro lo Spezia, segnando un gol e facendo un assist a Zapata con una grande azione e un cross al bacio giocato, ma l’Udinese ha perso 3-2… ancora una volta non il migliore degli esordi) ma poi ha giocato da seconda punta o come trequartista dietro due attaccanti.


 

Con Delneri, alla fine di quella stagione e all’inizio di quella successiva, ha fatto l’esterno a destra, entrando dentro al campo per ricevere nel mezzo spazio. Dopo il suo esonero, nel resto della stagione 2017-18, con Oddo prima e Tudor poi, fa di nuovo la seconda punta/trequartista centrale.

 

In quella 2018-19, Velazquez lo rimette esterno a sinistra, poi ancora al centro della trequarti, dietro o vicino a un altro attaccante. Con Nicola resta in attacco e Tudor ogni tanto lo rimette di nuovo sull’esterno. Tutti e tre gli allenatori gli fanno giocare anche qualche partita da mezzala sinistra: ruolo in cui ha giocato stabilmente in questa stagione 2019-20, sia con Tudor che con Gotti, sia sinistra (prima del rientro di Fofana) che a destra (dopo il rientro di Fofana). Contro la Juventus, poche settimane fa, ha persino giocato un’ottima partita come playmaker, davanti alla difesa.


 


 

 

De Paul intercetta palla, salta la pressione di Bentancur e resiste a quella di Ramsey, rallentando e permettendo alla squadra di stabilirsi nella metà campo juventina.


 

Nel frattempo ha esordito in Nazionale argentina, nell’autunno del 2018, da esterno sinistro. Ma durante la Copa America dell’estate 2019 (in cui l’Argentina è uscita in semifinale contro il Brasile ed è arrivata terza battendo il Cile nella finalina), dopo le prime due partite, Scaloni lo sposta a centrocampo, come mezzala destra. Nelle partite internazionali più recenti (tipo l’amichevole con il Brasile dello scorso novembre) De Paul ha giocato persino in una coppia di centrali di centrocampo.


 

Detto, quindi, della sua polivalenza, De Paul rischia di finire come uno di quei giocatori incompresi che possono giocare dappertutto ma che non sono fondamentali in nessun ruolo. In realtà si possono leggere queste ultime stagioni come un progressivo allontanamento dalla porta avversaria, almeno come posizione di partenza. Sia per poter ricevere la palla frontalmente, o comunque senza un marcatore sulla schiena, e avere campo davanti in cui portare palla (cosa che l’Udinese gli ha quasi sempre garantito), sia per avere compagni da rifornire nell’ultimo terzo.


 

Chi è davvero Rodrigo De Paul


«Oggi mi trovo bene come mezzala perché in questa posizione ho spesso il pallone tra i piedi», ha detto De Paul un anno fa, aggiungendo: «Mi piace anche fare l’esterno offensivo a sinistra che è il “mio” ruolo, mentre il trequartista è un po’ più difficile» (ricevere spalle alla porta è la cosa che ha fatto di meno in carriera).


 

Tudor ha detto che De Paul «è pronto per una grande squadra» e che «può giocare ovunque», ma è vero anche che non in tutti i ruoli gioca nello stesso modo. Magari all’inizio della stagione 2018-19, quando ha segnato 4 gol in 5 partite, c’erano ragioni per pensare che De Paul potesse esprimersi meglio come seconda punta, o comunque vicino all’area avversaria, ma penso che oggi si possa dire che in realtà il “suo” ruolo sia la mezzala. Le sue caratteristiche sembrano più adatte a fare la mezzala che uno degli altri in cui ha giocato e anzi, la speranza è che ovunque vada –  ammesso che vada - non ricomincino a spostarlo in giro per il campo.



La principale qualità di De Paul, che lo rende utile ovunque è stato messo, è la capacità di conservare il possesso e far avanzare la propria squadra portando palla. La scorsa stagione solo il “Papu” Gomez (58.1 metri ogni 90 minuti) ha fatto guadagnare più metri palla al piede alla propria squadra di De Paul (54.7) con un passaggio o una conduzione. Ma Gomez lo ha fatto spostandosi molto in giro per il campo, venendo incontro alla difesa o smarcandosi nella trequarti offensiva per organizzare la propria squadra con molti uomini sopra la linea della palla; mentre De Paul lo ha fatto principalmente prendo palla nella propria metà campo e innescando la transizione offensiva.


 

In questa statistica De Paul è davanti a Berenguer (52.8), Dybala (52.4) e Luis Alberto (52) e tra i centrocampisti quelli più vicini sono Lorenzo Pellegrini (49.4), seguito da Traoré (44.3) e Milinkovic Savic (40.4).


 


 

 

 

De Paul fa avanzare la propria squadra molto di più con le conduzioni che con i passaggi (in quella classifica è 24esimo) ma ha un peso enorme sulla sua squadra: l’Udinese è quintultima se si contano i metri di campo risaliti palla al piede, e se togliessimo i metri che guadagna De Paul sarebbe ultimissima (anche se, va detto, senza di lui probabilmente qualcun altro si prenderebbe maggiori responsabilità in questo senso).


 

De Paul non ha segnato moltissimo, ma i suoi momenti migliori hanno conciso con quelli in cui l’Udinese godeva di migliore forma. Come accennato, con Velazquez all’inizio della stagione 2018-19 ha segnato la metà quasi dei suoi gol stagionali nelle prime partite, fino a a quella con il Chievo in cui segna con uno splendido tiro da venticinque metri e poi in contropiede mette in porta Lasagna con un filtrante rasoterra dopo aver portato palla dalla sinistra. Poi l’Udinese ha perso sei delle sette partite successive e cambiato allenatore.


 

Arriva Nicola e al suo esordio, galvanizzata forse effetto del cambio, l’Udinese vince con la Roma grazie a un’altra perla di De Paul, che salta secco Juan Jesus partendo in diagonale da sinistra e scavalca Mirante con un tocco sotto da grande finalizzatore.



Poi, di nuovo, l’Udinese entra in una spirale in cui vince solo 3 delle successive 14 partite, fino alle sconfitte esterne con Juventus (4-1) e Napoli (4-2) che la fanno tornare al penultimo posto e costano il posto a Nicola.


 

Dopo tre partite con Tudor (alla sua seconda panchina) De Paul segna una doppietta contro l’Empoli (vittoria in rimonta 3-2): il primo gol è un tiro da fuori, a giro sul secondo palo, preparato con un controllo di suola pornografico. In generale, nelle partite migliori dell’Udinese c’è quasi sempre la sua firma, anche nella vittoria alla penultima giornata con la SPAL che salva la stagione: partita finita 3-2, De Paul ha fatto 3 assist, due su calcio d’angolo per Okaka (a quattro minuti di distanza, quasi identici) uno con una punizione tagliata da trequarti che Samir devia di testa.


 

E tanto vale dirlo chiaramente: in pochissimi crossano, in corsa o su calcio da fermo, come Rodrigo De Paul.



La stagione 2019-20 è iniziata in modo strano, con l’espulsione contro l’Inter – lo schiaffo a Candreva che gli costa tre giornate di squalifica – e Tudor esonerato dopo dieci giornate.


 

Alla prima di Gotti, contro il Genoa (vittoria esterna 3-1), De Paul timbra ancora il cartellino con un tiro da fuori che prepara quasi da fermo ma che esce dal suo piede come se fosse sparato da un cannone. Dopo quella gara l’Udinese, di nuovo, va incontro a 6 partite senza vittorie e quando a dicembre invece infila tre successi consecutivi De Paul va a segno in tutte e tre le gare.


 

Il resto della scorsa stagione, anche, è stato complicato, con in mezzo il lockdown e altre 9 partite – sei mesi – senza vincere. Quando la squadra di Gotti si riprende a tre punti dalla retrocessione, ancora contro la Roma, De Paul effettua un grande assist per Nestorovski. Insomma, avete capito in che contesto si è mosso De Paul, ma valeva la pena ricapitolarlo perché l’impressione che mi sono fatto è che in una squadra più continua e regolare il suo contributo al gol e agli assist potrebbe essere, appunto, più continuo e regolare (per ora parliamo di un giocatore che ha segnato 9 gol due anni fa e 7 in questa stagione, con rispettivamente 7 e 6 assist).



Quello per Okaka, con molti altri attaccanti, si sarebbe trasformato in assist.


 

Certo anche De Paul ha vissuto momenti di scarsa forma e l’andamento dell’Udinese dipende in parte anche dai picchi dei suoi giocatori, ma nel complesso delle ultime tre stagioni le sue statistiche offensive (elaborate da Alfredo Giacobbe) sono impressionanti nel contesto di una squadra che produce poco. E lo sono ancora di più se consideriamo che quest’anno De Paul le ha prodotte giocando a tutto campo, partendo da mezzala.


 

Anche se ha realizzato solo 5 assist escludendo i calci piazzati, De Paul è dodicesimo in campionato per Expected Assist (decimo su piazzato) con 0.24 xA in media ogni novanta minuti. Tra quelli che possono essere considerati centrocampisti è dietro solo a Luis Alberto (0.27) e Lorenzo Pellegrini (0.26). E per far capire quanto conta la squadra, non solo per trasformare gli assist “potenziali” in veri e propri assist, ma anche semplicemente per produrre un’occasione, basta notare che nei primi dieci posti in questa statistica ci sono tre giocatori dell’Atalanta (Ilicic, Gomez e Zapata).


 

Rodrigo De Paul, in sostanza, serve a portare la palla in area di rigore. E lo fa con qualità. È decimo per passaggi riusciti in area (su azione, 1.9 in media ogni 90 minuti), tra i centrocampisti è dietro solo a Luis Alberto (3), Pellegrini (2.2) e Lazovic (2), davanti a Soriano (1.6), Zielinski (1.6), Calhanoglu (1.6), Milinkovic-Savic (1.5) e Fabian Ruiz (1.5). L’Udinese è nelle ultime sei per passaggi completati in area a partita.


 

Al contrario di quello che si pensa, e nonostante il suo ruolo originario di trequartista esterno, non è uno di quei dribblatori capaci di spezzare l’equilibrio creando superiorità in situazioni statiche. Il dribbling per lui è un’arma difensiva per sfuggire alla pressione, o per usare il tentativo di un avversario di rubargli il pallone per aprirsi un corridoio. È diciottessimo in campionato per dribbling ogni 90’ (1.9) e nell’Udinese dribbla più di lui Seko Fofana (2.7) per dire.


 

I dribbling di De Paul uniti al suo controllo tecnico – la palla sempre vicina al piede, sotto il proprio baricentro, e la rapidità di gambe – gli permettono di sopravvivere anche negli spazi stretti del centrocampo e conservare il possesso.



Nel gol al Lecce, che in realtà realizza perché Lucioni gli calcia sullo stinco, c’è tutta la sensibilità e la reattività di De Paul negli spazi stretti.


 

Non è abbastanza esplosivo o fantasioso da saltare un difensore che temporeggia e si posiziona bene con il corpo, ma se chi lo affronta è fermo sulle gambe o tenta l’intervento, De Paul gli sposta la palla da davanti e si prende lo spazio per andare in progressione. Anche in questo caso, il suo talento sembra più adatto a una mezzala creativa che a un trequartista solitario. E dato che quando controlla e porta palla tende ad andare verso destra, sarebbe meglio farlo partire da sinistra.


 

La passività dell’Udinese in fase difensiva (penultima dopo il Lecce per PPDA e recuperi offensivi) si riflette sui suoi numeri (non è neanche tra i primi 30 per intercetti o recuperi nella metà campo offensiva) ma ha una buona lettura delle situazioni senza palla, che si è vista bene contro la Juventus quando ha giocato davanti alla difesa, e che si nota benissimo quando gioca con l’Argentina. Ovviamente, è più adatto a una squadra che difenda in avanti e che crei densità intorno al giocatore in possesso.


 

E quando rimane più bloccato in fase di possesso la varietà dei suoi passaggi gli permette di alternare gioco breve e lungo, con cambi di campo precisi e veloci. Un’altra qualità per ora poco sfruttata da una squadra come l’Udinese che attacca in modo diretto abbassando il baricentro: De Paul effettua 46 passaggi in media ogni 90 minuti, ed è il centrocampista più coinvolto della squadra (Fabian Ruiz ne effettua più di 70, Brozovic, Locatelli e Pjanic più di 60: tutti giocatori diversi da De Paul, ma anche parte di contesti tecnici superiori).


 

In sostanza, De Paul a 26 anni è un giocatore pronto per il salto di livello, per una squadra che gli chieda “di più” ma che gli offra anche più opzioni. Più movimenti intorno, più appoggi per giocare la palla anche a pochi tocchi, soprattutto più giocatori in area. Comunque, sempre, dà il meglio quando ha campo davanti, ma non è detto che sia adatto solo a squadre reattive: anche chi costruisce dal basso e attira la pressione avversaria crea spazi sufficienti per giocatori come lui, e anzi ha bisogno dei suoi dribbling e delle sue conduzioni.


 

I più grandi miglioramenti da compiere restano quelli nell’ultimo terzo di campo, dove un sistema più organizzato potrebbe esaltare la sua qualità nei cross e nei passaggi, oltre che procurargli qualche occasione in più per calciare in porta. Soprattutto, va rotta l’abitudine a contesti che preferiscono attaccare in transizione, creando situazioni in cui sta a lui interpretare tutto, dove prendere palla, dove portarla, a chi passarla. In questo senso, diventare un giocatore di sistema, far parte di un contesto organizzato in fase di rifinitura potrebbe fargli molto bene.


 

De Paul ha dimostrato grandi capacità di adattamento e se è sopravvissuto a quattro stagioni difficili piene di alti e bassi, migliorando al punto da conquistarsi un posto da titolare nell’Argentina, quanto in alto potrà spostare l’asticella nelle prossime quattro? La risposta dipenderà anche da chi avrà voglia di scommetterci.


 

 

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