
Del rigore più famoso della storia del calcio italiano sapete già tutto: avete in mente la sequenza filmata e anche due o tre immagini famose, magari quella da dietro la porta con Taffarel che appoggia la schiena sull’erba soffice e segue con lo sguardo la palla che vola altissima sopra la traversa, o quella di Baggio con le mani sui fianchi e la testa bassa, mentre alle sue spalle i brasiliani in riga esplodono in un’esultanza molto anni ‘90, con saltelli infantili e un po’ impacciati, che rispetto a quelle rabbiose di oggi sembra ispirata a Baywatch invece che a 300.
La generazione d’oro del calcio italiano però è uscita ai rigori da tre mondiali di fila dal ‘90 al ‘98, poi abbiamo vinto ai rigori il Mondiale del 2006 e l’Europeo del 2021. E allora è interessante chiedersi: perché è ancora questo rigore, tirato malissimo dopo una brutta partita e a ben vedere nemmeno così decisivo, a ossessionarci? E perché un paese cinico e risultatista come il nostro, quando si parla di calcio ma non solo, è rimasto così affezionato all’immagine di una bruciante sconfitta?
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