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Emanuele Mongiardo
La rinascita di Daniele Rugani
17 nov 2023
17 nov 2023
Il centrale della Juventus sta finalmente diventando il giocatore che ci aspettavamo qualche anno fa.
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Emanuele Mongiardo
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IMAGO / SOPA Images
(foto) IMAGO / SOPA Images
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Qualche giorno fa, parlando del lavoro di Max Allegri con la Juventus, Pierluigi Pardo si è lasciato andare ad un elogio iperbolico di Daniele Rugani: «A Firenze sembrava quasi Beckenbauer, niente male per un giocatore che fino a poche settimane fa era fuori da qualsiasi radar bianconero». Pardo è un telecronista capace di prendere con leggerezza il calcio, ma in un Paese avvezzo alla polemica come il nostro quella dichiarazione ha attirato l’ironia di parte del pubblico. Rugani non sarà Beckenbauer, ma non si può negare che, per rendimento, nell’ultimo mese sia stato uno dei migliori difensori italiani della Serie A. Sono passati dieci anni dalla stagione 2013/14, quella in cui Rugani esplose vincendo la Serie B con l’Empoli. I primi mesi di carriera del centrale toscano erano stati entusiasmanti, protagonista assoluto di tutte quelle clip sui movimenti della linea di Sarri che inondavano i social network e i blog degli amanti della tattica tra il 2014 e il 2015. Oggi Rugani ha 29 anni e la sua traiettoria, purtroppo, non è quella che ci saremmo aspettati. Mai capace di contendere un posto da titolare alla BBC nella Juve, accusato di interpretare in maniera troppo poco “sporca” il ruolo di difensore centrale, Rugani sembrava scomparso dalla memoria dei tifosi, almeno fino all’ultimo spezzone di campionato. Con una serie di prestazioni di altissimo livello contro Milan, Verona, Fiorentina e Cagliari, Rugani è però diventato l’uomo copertina di quest'ultimo periodo di forma della Juventus, in un certo senso il giocatore incaricato da Allegri di tramandare i segreti difensivi del suo primo ciclo bianconero. Così, in un periodo in cui anche i centrali italiani più promettenti denunciano gravi lacune difensive, il suo nome è tornato d’attualità anche per la Nazionale e qualcuno avrebbe voluto una sua convocazione già per le partite contro Macedonia e Ucraina. Come si spiega un rendimento del genere dopo stagioni passate a disputare pochi scampoli di partita? Rugani usa il cervello L’ultima annata in cui Rugani ha superato i mille minuti di impiego in Serie A con la Juventus è la 2018/19, la prima stagione di Cristiano Ronaldo in Italia. Da allora, il suo ruolo è diventato sempre più marginale, come dimostrano i prestiti della stagione 2020/21 tra Rennes e Cagliari. Nemmeno l’Allegri bis sembrava aver cambiato il suo status. Tuttavia, da quando il tecnico toscano è tornato a Torino, la Juventus con Rugani da titolare ha perso solo due partite su venti. A inizio campionato nessuno avrebbe immaginato di trovarlo a sorreggere la difesa bianconera. Poi, a causa degli infortuni di Alex Sandro e Danilo, si è ritrovato in campo, centrale sinistro della difesa a cinque, ed oggi sembra difficile poterlo scalzare dal suo posto. Se ad inizio carriera Rugani rifletteva in campo tutti i principi della zona di Sarri, con la linea alta, il fuorigioco e gli scivolamenti precisi al millimetro, oggi il difensore toscano è un ritratto fedele dell’idea di calcio di Allegri: un centrale capace di giocare lunghe fasi di difesa posizionale, al massimo della concentrazione e al massimo dell’efficienza, e di diluirsi quasi fino a scomparire nel sistema difensivo della Juve. Rugani non si lancerà mai in interventi da supereroe, né in giocate difensive spettacolari. Sa che se un difensore risulta poco appariscente, è perché sta svolgendo alla perfezione il suo dovere. Un’interpretazione controculturale rispetto ai centrali europei di nuova generazione, di cui non possiede lo stesso atletismo, ma anche rispetto ai colleghi italiani, che compensano qualsiasi carenza con l’aggressività. Rugani è poco vistoso sia per l’atteggiamento attendista della Juve, sia perché è abituato a difendere utilizzando innanzitutto il cervello. Anche lo splendido salvataggio del secondo tempo contro la Fiorentina, la respinta con cui ha evitato il colpo di testa di Ikoné alle sue spalle, è un intervento frutto della sua razionalità. Rugani era consapevole della presenza di un uomo alle sue spalle ed è stato precisissimo nel coprire la linea di cross e calcolare in che punto dell’area avrebbe potuto colpire la palla di testa.

Mentre Sottil si prepara a scoccare il cross, Rugani dà un'occhiata a Ikoné alle sue spalle per capire dove posizionarsi.

Rugani ha tenuto conto delle intenzioni del crossatore, del movimento dell’attaccante alle sue spalle e dello spazio intorno a sé: ragionamenti sempre più rari tra i difensori del nostro Paese. D’altra parte, il background di Rugani è diverso da quello di quasi tutti gli altri centrali italiani. Ha avuto la “fortuna” di non giocare mai in difese a tre orientate sull’uomo, per cui ha imparato a tenere in considerazione tutte le variabili, non solo l’avversario. È paradossale che, in un calcio sempre più attento all’aspetto cognitivo, l’Italia si stia riempiendo di squadre che chiedono ai difensori di pensare poco, nel ruolo in cui più di tutti c’è bisogno di valutare attentamente ogni mossa. Molti nostri difensori, soprattutto quelli da difesa a tre, ormai non badano a ciò che accade intorno a sé e sanno farsi valere solo se possono tentare l’anticipo. Altrimenti, sia nella gestione dello spazio che dell’uno contro uno frontale, si rivelano deficitari. Le qualità di Rugani Rugani, nell’adottare un atteggiamento più accorto, meno ossessionato dalle scalate in avanti, è avvantaggiato dal modo di difendere di Allegri. Tuttavia, ha già dimostrato, anche nel passato recente, di avere qualità individuali che gli consentano di rendere in una squadra del livello della Juventus. Al di là del discorso sulla poca cattiveria, probabilmente pregiudiziale per la sua carriera, ciò che sembra essergli mancata è la continuità di prestazione, un po’ per demeriti suoi, un po’ per i pochi minuti trovati in una squadra sempre piena di difensori eccellenti. Non c’è mai stato l’anno della definitiva affermazione, nonostante non siano mancate sue grandi prestazioni, anche contro avversari di alto livello. Il miglior Dzeko visto in Italia, quello della stagione 2016/17, fu contenuto in maniera egregia da Rugani, che aveva dato l’impressione di poter difendere su un attaccante del genere senza doversi sporcare troppo. Alla Johan Cruijff Arena contro l’Ajax, nell’andata dei quarti di finale di Champions League 2018/19, fu spesso lui a metterci una pezza contro gli uomini di Ten Hag: una delle partite più difficili del primo ciclo di Allegri, in cui la difesa si ritrovò spesso a correre all’indietro in emergenza. Nonostante le condizioni poco favorevoli, Rugani, chiamato a sostituire Chiellini, riuscì comunque a tenere a galla la squadra. [gallery size="full" ids="97064,97065"] Una delle ultime grandi prestazioni risaliva allo scorso anno, in un Atalanta-Juventus di fine campionato. Fino a quel momento Rugani aveva giocato pochissimo, solo una presenza nelle sette partite precedenti. Il difensore, però, non aveva battuto ciglio ed era stato uno dei migliori in campo. Non solo aveva garantito il solito ordine nelle fasi di difesa posizionale, ma si era distinto anche in marcatura su Zapata. Quella partita aveva mostrato un Rugani più smaliziato, simile a quello che stiamo osservando in questo inizio di stagione. Il modo in cui aveva usato le braccia per infastidire l’avversario e per tenerlo lontano, evitando che potesse volgere il contatto a suo favore, oppure il modo in cui lo aveva temporeggiato nelle situazioni di uno contro uno frontale, sono tutti dettagli sempre meno visibili tra i difensori italiani.

Per il resto, Rugani continua a fare affidamento sulle qualità che gli abbiamo sempre riconosciuto: la postura impeccabile e mai piatta, il senso della posizione, la capacità di leggere i movimenti dei compagni per capire dove muoversi. Qualità del genere hanno contribuito a ridare solidità alla Juve. La partita contro l’Inter, al ritorno dalla pausa per le Nazionali, sarà il banco di prova definitivo per i bianconeri, soprattutto se dovesse mancare un centrocampista come Locatelli che ormai si comporta come un difensore aggiunto. La Juve non potrà trascorrere tutta la partita a difesa della propria porta, a meno di non riuscire ad ottenere subito il vantaggio o di accontentarsi del pari. Una grande prova contro Lautaro e compagni, allora, potrebbe portare Spalletti (e chissà magari anche il pubblico) a riconsiderare il valore di Rugani. Vista la storia recente di giocatori come Acerbi e Darmian, non sarebbe strano se Rugani, a questo punto della carriera, diventasse definitivamente un centrale affidabile. D’altra parte, per un difensore riflessivo come lui, l’esperienza dei trent’anni potrebbe anche migliorare il suo gioco. Per i tifosi juventini più ottimisti, le ultime partite di Rugani potrebbero essere il preludio di un percorso simile a quello di Andrea Barzagli. Anche lui, infatti, si impose come titolare a trent’anni, dopo un inizio di carriera promettente e una serie di anni trascorsi nell’anonimato. Sembra quasi impossibile che Rugani possa raggiungere quei livelli, perché Barzagli per anni è stato uno dei centrali migliori al mondo. Forse però potrebbe diventare allo stesso modo una risorsa utilissima per questa Juventus. Al primo anno di Conte, dopo una serie di prestazioni incoraggianti, Barzagli riuscì a ritrovare la Nazionale. L’Italia si era già qualificata a Euro 2012, aveva un gruppo consolidato, ma Prandelli seppe comunque ritagliargli un posto in difesa. Euro 2024 è alle porte e l’Italia nei prossimi giorni si giocherà la qualificazione. Al momento Rugani non è tra i convocati. Spalletti, per sostituire Bastoni, gli ha preferito un difensore dalle caratteristiche totalmente opposte come Gianluca Mancini. Se però Rugani dovesse continuare a giocare in questo modo e il CT sentisse il bisogno di schierare centrali affidabili, che non pensino solo a tentare l’anticipo, allora per Rugani potrebbero riaprirsi le porte di Coverciano.

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