Il 2014 è stato il miglior anno da professionista per Stefano Okaka: 30 partite e 8 gol in Serie A nell’anno solare, l’esordio in Nazionale, e soprattutto un ruolo da protagonista dopo l’emarginazione al Parma. Finalmente sembrava aver spezzato il ciclo di negatività che ad ogni evento positivo faceva corrispondere una mezza stagione sbagliata: pareva aver trovato il suo posto nel mondo.
Invece, ad inizio 2015, la negatività è ricominciata, a causa di un litigio che non appartiene alla sua storia e al suo modo di vivere il calcio. Tutta la tranquillità sembra improvvisamente perduta, e le montagne russe iniziate nove anni fa sembrano ripartite per l’ennesima volta.
Sono passati poco più di nove anni, infatti, dal primo gol di Stefano Okaka tra i professionisti: 8 dicembre 2005, andata degli ottavi di finale di Coppa Italia, Napoli-Roma. Il Napoli è in Serie C, non ha neppure ancora ripreso la sua vera denominazione (si chiamava Napoli Soccer), e Okaka segna il terzo gol della Roma, 8 minuti dopo essere entrato in campo, in uno stadio storico come il San Paolo. In quel momento Stefano sembrava un predestinato, uno che sarebbe diventato presto il centravanti della Roma e il primo grande calciatore nero nella storia della Nazionale italiana. In quel momento, Balotelli, di un anno più giovane, era ancora nelle giovanili del Lumezzane.
Stefano Okaka all’apice
Nove anni fa, a 16 anni e 4 mesi, Okaka con quel gol diventava il più giovane marcatore nella storia della Coppa Italia; a settembre aveva già debuttato in Coppa Uefa, stabilendo così il record di giocatore italiano più giovane nella storia delle competizioni europee. Nove anni fa, Stefano Okaka accumulava record come un libro dei Guinness: a gennaio era diventato il più giovane marcatore della storia del Torneo di Viareggio, contro il Bayern Monaco. A giugno aveva vinto il campionato Primavera con la Roma, un titolo che mancava da quindici anni dalle parti di Trigoria, e lui aveva segnato sempre: quarti, semifinale, finale. Dopo quel gol al San Paolo, il futuro sembrava splendido. Ci sarebbe stato bisogno di tempo, certo, ma il destino di Okaka sembrava già scritto: uno che avrebbe segnato gol a grappoli e che avrebbe portato il calcio italiano nel futuro. Nove anni fa, Stefano Chuka Okaka aveva solo 16 anni, era un ragazzo timido in una città che non va mai di fretta, ma non aspetta nessuno.
Il primo gol non si dimentica mai, anche perché è molto bello. Tutto ciò che deve fare un centravanti: da un lancio lungo del portiere, Okaka riesce a mantenere il pallone nel primo scontro aereo, si gira e punta la porta. Un difensore del Napoli lo spinge, lui sembra quasi sbilanciarsi e il pallone gli rimane un po’ sotto: ma appena ritrova la coordinazione colpisce un bel rasoterra. Gol, felicità, futuro.
Le origini
Un ragazzo tranquillo, un bonaccione: una delle descrizioni più usate su Okaka. Nato a Castiglione del Lago, provincia di Perugia, sulla riva occidentale del Trasimeno, il 9 agosto 1989. Un ambiente tranquillo, come il lago; una famiglia molto normale, ammesso che ne esistano, con i genitori venuti in Italia dalla Nigeria ad inizio anni ’80, con un permesso di soggiorno per motivi di studio a Perugia, e poi rimasti in Umbria a lavorare. Non hanno mai navigato nell’oro, ma hanno fatto di tutto per garantire un futuro ai loro figli: la signora Doris, perito agrario, faceva la bidella; il signor Austin, ragioniere, asfaltava, e forse il figlio Stefano ha imparato qualcosa al riguardo del mestiere del padre. Ne sanno qualcosa i difensori avversari.
In quel giorno di agosto, nasce Stefano, ma anche Stefania, la sua gemella: nel segno dello sport, visto che le loro carriere si intrecceranno spesso, da una parte il calcio dall’altra la pallavolo, con molti tratti in comune, a partire dalle grandi promesse giovanili. Il fratello più grande, Carlo, giocava a pallavolo e fu inevitabile che anche i gemelli si cimentassero, visto che crescevano in fretta. Ma Stefano amava anche il calcio: giocava con gli amici del paese, e poi anche nella squadra del Trasimeno. A 12 anni però smette, per poco, giusto un paio di mesi: gli dicevano che era fortissimo a pallavolo, che avrebbe avuto un futuro da campione. Il futuro, però, Stefano lo voleva nel calcio, fin da quando il padre gli aveva comprato la videocassetta di Ronaldo, Il Fenomeno, facendolo innamorare.
Da quel breve periodo di rottura, quei due mesi da pallavolista, rinasce un grande amore: Stefano passa al Centro Italia Parma, da lì va al Cittadella e gioca subito negli Allievi, anche se è solo un ragazzino. Lo nota il Milan che si mette d’accordo con il Cittadella: Stefano va a Milanello e fa le visite mediche, ma l’affare salta a causa di un campione del mondo. Boniek aveva telefonato all’amico Bruno Conti, responsabile del settore giovanile della Roma, per segnalargli che c’era un centravanti fortissimo negli allievi del Cittadella. Conti convinse Okaka, coinvolgendo anche la famiglia: un lavoro per i genitori nel pensionato di Trigoria, e la possibilità di allenarsi quasi da subito con la prima squadra. La scelta migliore, la più comoda, per tutti: è così che Okaka passa in 3 anni dall’addio al calcio alla prima panchina in Serie A, nella Roma.
Okaka e Cerci, con la musica di Beverly Hills 90210. Come si spiega?
La caduta
In panchina nella Roma c’è stato anche troppo, da quel primo gol del 2005: in 6 stagioni (solo 2 intere) con i giallorossi, appena 34 partite in serie A. Stefano ha iniziato ad allontanarsi presto da quelle promesse di grandezza iniziali: per farlo giocare di più la Roma lo spedisce in prestito a Modena, in Serie B, e all’età di 18 anni segna 7 gol. Non è male, è ancora molto giovane, e ritorna alla casa madre, dove però non riesce ad affermarsi: e allora altri prestiti, a Brescia, di nuovo in B, e poi persino in Premier League al Fulham, poi al Bari di Ventura e infine al Parma di Donadoni. La sua carriera coincide almeno in parte con quella della gemella Stefania, pallavolista di professione: oltre ad una stagione a Roma, anche mezza a Bari e mezza a Parma.
Stefano Okaka segna poco, quasi niente per un centravanti: 10 gol in 4 stagioni. Tra questi, una perla, un concentrato di bellezza estetica e intensità emotiva che a lungo sembrerà il suo unico segno lasciato nel calcio dei grandi. Fine gennaio 2010, la Roma di Ranieri sta rincorrendo l’Inter di Mourinho. C’è già l’accordo con il Fulham per il prestito di Stefano, che però viene convocato per un’ultima partita nella Roma: Totti, Toni e Vucinic sono infortunati, e uno come lui può tornare decisamente utile. Sull’1-1 viene mandato in campo, e a due minuti dalla fine gli riesce una cosa folle e bellissima, e soprattutto importante: un gol di tacco che vale la vittoria finale. È curioso che in un momento di così grande pressione per gli altri Okaka fosse l’unico sereno: il giorno dopo sarebbe volato a Londra e quella partita non avrebbe potuto influire in nessun modo sul suo futuro. Nella tranquillità della sua condizione di quasi ex, Stefano si è liberato di tutto, e ha lasciato ai tifosi l’ultimo regalo della sua carriera romanista. Mentre corre sotto la Curva Sud sembra quasi non esultare, invece dietro De Rossi, impazzito, gli urla la sua gioia incredula.
Un gol semplicemente incredibile, con assist di Pit, uno sconosciuto giocatore romeno che poi è andato a trovare maggior gloria nel Xäzär Länkäran, squadra dell’Azerbaijan.
Dopo l’ennesimo prestito, al Parma, Okaka ritorna alla Roma che non sa cosa farsene e i gialloblù non vogliono pagare per il riscatto. Ad agosto del 2012, a 23 anni, Stefano Okaka viene letteralmente regalato al Parma: l’unico modo che aveva la Roma per disfarsi di quel ragazzone che aveva promesso tanto e mantenuto poco. Il grande futuro era ormai alle spalle, e il peggio non era ancora passato. A Parma non sono convinti delle sue capacità e lo mandano di nuovo in B, a La Spezia, per il sesto prestito della sua carriera: non gioca due stagioni di fila con la stessa squadra dal 2006. Tornerà a segnare, di nuovo 7 gol come in quella stagione al Modena, e tornerà al Parma. Inspiegabilmente, finisce quasi fuori rosa, si allena da solo e pensa che forse il calcio non fa per lui, pensa di aver fallito. In quel periodo avrà forse pensato alle parole di Ranieri, che gli diceva sempre di essere “troppo buono dentro”: nella vita, a volte, può essere un difetto.
La rinascita
Nel suo periodo difficile solo un amico l’ha aiutato: Antonio Cassano. Probabilmente gli avrà chiesto un consiglio quando la Sampdoria si è fatta viva, con il Ds Osti e Mihajlović. In ogni caso, Okaka non ci pensa troppo: al Parma non lo considerano, è tempo di cambiare.
In mezza stagione a Genova sembra già un altro, diventa titolare e segna 5 gol (più 4 assist) in 13 partite: forse, speriamo, Okaka si è sbloccato.
Oggi finalmente Okaka si merita una compilation come si deve, con la musica tamarra che sta bene con i suoi gol da freak.
Nella Samp, Okaka gioca da centravanti ma fa tutto, anche la fase difensiva: Mihajlović gli chiede sempre uno sforzo in più, sia per pressare i difensori avversari, che per schermare il regista. Secondo le rilevazioni SICS, Okaka sa fare bene anche il lavoro sporco: è il giocatore offensivo che ha recuperato più palloni nella metà campo avversaria (ben 22, alla pari con Callejón e Vázquez, che però non giocano da centravanti come lui). Soprattutto, è il punto di riferimento offensivo per la squadra, che lo cerca in verticale: sanno che lui ci sarà sempre, a coprire il pallone per un inserimento di un compagno, o per cercare una cavalcata folle verso l’area avversaria, come contro il Catania, o in questa stagione contro il Torino.
A questo punto, ormai, Okaka ha un suo posto nella Samp, una sua specifica importanza agli occhi dell’allenatore: è un giocatore utile anche quando non segna, perché libera spazi e crea opportunità. I suoi compagni lo sanno bene: Gabbiadini aveva segnato 7 gol prima di andare a Napoli, Eder è a quota 5, Stefano è ancora a 3 ma non è così importante.
A novembre, proprio a Genova ha esordito con la maglia della Nazionale nell’amichevole contro l’Albania, segnando anche il gol vittoria (è più un autogol, ma decide l’Uefa) quasi nove anni dopo quella rete al Napoli. Ha sempre detto di sentirsi italiano al 100%, se si sente in dovere di dirlo e se gli viene chiesto è perché per le leggi italiane non lo è stato fino al compimento dei 18 anni; intanto lui ha rifiutato anche la convocazione per la Nigeria, che lo lusingava con la prospettiva del Mondiale brasiliano. In quell’amichevole con l'Albania non c’era Balotelli, e la situazione sembrava incredibilmente tornata quasi quella di 9 anni fa.
Invece il nuovo anno è iniziato all’insegna delle polemiche: nelle ultime due partite giocate dai blucerchiati, Okaka è partito dalla panchina per far posto a Bergessio, un altro giocatore di grande movimento, un lottatore. Mihajlović ha detto che Stefano deve rimanere tranquillo e allenarsi come al solito: in una squadra di Serie A non si può pensare di giocare tutte e 38 le partite da titolare. I probabili acquisti di Samuel Eto’o e Muriel non devono trarre in inganno: entrambi i giocatori preferiscono attaccare gli spazi e creare superiorità sulle fasce. Si tratta di profili diversi, che si alterneranno con Eder, rimasto senza cambi: la Sampdoria, una delle squadre più in forma del campionato, dopo la cessione di Gabbiadini ha necessariamente bisogno di aumentare le opzioni in attacco, per puntare a una storica qualificazione in Europa.
Okaka forse si è sentito troppo in discussione: con il contratto in scadenza nel 2016, i dubbi sul rinnovo, si è visto ai margini, o si è lasciato distrarre dalle voci di mercato. Ed è bastato togliergli tranquillità per scatenare un lato di lui che non avevamo mai visto: il litigio con Mihajlović e con il Direttore Sportivo Osti durante la riunione tecnica è un gesto che sembra completamente estraneo ai comportamenti tenuti fin qui.
Qualche tempo prima Okaka aveva fatto uno scherzo telefonico a Mihajlović dicendo che non sarebbe potuto ad andare ad allenarsi con una scusa palesemente inventata, e l'allenatore che non sapeva di essere stato messo in mezzo lo aveva avvertito: "Non scherzare con me". Sinisa sembra stare allo scherzo fino a un certo punto e quando lo scherzo è stato già dichiarato, e per rilassarlo gli dicono che Okaka ha dato a lui il merito del suo miglioramento recente, l'allenatore dice una frase che alla luce di quanto successo dopo sembra una profezia: "No, no, ha fatto tutto lui. Ma come lo ha fatto lo può anche distruggere". E viene quasi da chiedersi se lo scherzo non sia stato davvero l’inizio di tutto. La faccia di Okaka, ad un certo punto, sembra evidenziare persino paura, o spavento.
È anche per questo che il tweet polemico, successivo al litigio, non è da lui, sembra quasi un altro Okaka.
La Sampdoria prima è apparsa infastidita e ha pubblicato un comunicato minaccioso, poi invece lo ha convocato per la partita di Coppa Italia contro l’Inter. Okaka ha giocato tutta la partita, praticamente da solo contro la difesa dell’Inter: ha difeso, ha sgomitato, ha lottato su ogni pallone ed ha provato anche qualche corsa folle e solitaria verso la porta avversaria. Non poteva fare di più, ed è sembrato il solito generosissimo Stefano Okaka. Il caso sembra rientrato, magari il momento magico riprenderà.
Come dice la gemella Stefania: Stefano è un ragazzo che aveva solo bisogno di tranquillità e fiducia. Aveva bisogno di una città come Genova, il posto giusto per ricominciare, anche se magari ancora non se n’è accorto. Nel calcio, come nella vita, certe volte sono i luoghi a scegliere le persone, e non viceversa.