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Daniele Manusia
È successa una bella cosa
22 gen 2024
22 gen 2024
Una riflessione sugli insulti razzisti piovuti su Maignan a Udine.
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Daniele Manusia
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Cominciamo da quello che abbiamo tutti in comune. Il ripudio dell’ipocrisia. Pur rendendoci tutti conto che ci sono cose peggiori - che ne so, l’omicidio - non c’è niente che la nostra cultura oggi disprezza più dell’ipocrisia. Ad esempio. Non mi capita quasi mai di sentire puntate de La Zanzara, ma so che è una delle trasmissioni radiofoniche e podcast più ascoltate in Italia e una settimana fa c’erano ospiti dei fighter di MMA ed ero curioso. A un certo punto il presentatore, Giuseppe Cruciani, forse per sbollentare gli animi dopo che l’altro conduttore, David Parenzo, aveva chiamato “merde” e “criminali” gli ospiti in studio, ha spiegato che lì erano contro la violenza fisica ma era permesso qualsiasi livello di violenza verbale. Credo che la ragione di fondo sia che la violenza verbale può essere spacciata come sincerità. Ovvero, come il contrario dell’ipocrisia. E allora ben venga la sincerità anche allo stadio. Se alcune persone - molte, poche, non importa, purché siano sufficientemente chiassose da attirare l’attenzione dei loro bersagli - ritengono sia lecito, se non addirittura “giusto”, fare il verso della scimmia a una persona che ha la pelle con più melanina, che lo facciano. Non serve fare il solito discorso sul fatto se è razzismo o solo un modo per far perdere la concentrazione a un avversario, né quello più generale se l’Italia sia o meno un Paese razzista. A forza di fare questi discorsi al governo c’è un partito di destra xenofobo e l’unica questione davvero trasversale che accomuna tutti o quasi i partiti più importanti è come tenere fuori gli stranieri o, in alternativa rendergli la vita impossibile sperando che se ne vadano, a loro e ai loro figli, anche se nati qui. A che serve dare un giudizio quando ci sono questioni così pratiche, così materiali?Anche sulla questione del giorno basta fermarsi e dire: in Italia, a gennaio 2024, i calciatori con la pelle più scura di un tot vengono offesi. Indipendentemente dalla nazionalità, possono essere africani ma anche francesi come Mike Maignan, o italiani come Folorunsho, offeso da suoi concittadini romani con il più classico degli epiteti, quasi vintage, durante una banale lite di gioco. Non lo so, sarà l’età ma a me sembra normale che se questo è il Paese in cui viviamo allora perché chiedere che la Federazione o le società facciano qualcosa? È così, è la nostra normalità ed è ormai molti anni che diciamo che sono tutte eccezioni. O meglio: in parte è così, l’Italia, in parte preferisce «sorvolare», come ha detto Cioffi a fine partita, o fare finta di niente come l’Udinese nell’immediatezza di quanto accaduto. Un’altra parte ancora cerca scuse, a Salerno dopo il gol di Retegui sono volate in campo pietre e bottigliette (oltre a qualcosa che Strootman si è mangiato) e su DAZN si è parlato di esultanza «provocatoria».Ma, ripeto, niente di male. Quello che conta è rendersi conto che non ci siamo solo noi. C’è anche la controparte. Ad esempio. Mike Maignan nel modo più semplice e sincero possibile ha detto, parlando del momento in cui è uscito dal campo: «Non volevo più giocare». E, in effetti, possiamo offenderlo, ma non possiamo costringerlo a giocare. Maignan non ha aspettato che l’arbitro facesse qualcosa, che lo speaker dello stadio facesse coprire il suo annuncio dai fischi, né che venissero individuati quei tifosi ed espulsi dallo stadio. Non voleva più giocare, allora è uscito.E capiamoci, non è che Maignan abbia perso la voglia di giocare per sempre, o sia tenuto ad uscire dal campo ogni volta che qualcuno imiterà una scimmia in suo onore. Ma è una possibilità. E non è più, come magari ai tempi in cui Zoro (2006) prese la palla e provò a uscire dal campo nell’incomprensione generale. O come quando Balotelli (2019) ha calciato la palla contro la curva del Verona ma era pur sempre Balotelli. Qualcosa è cambiato. Sarà perché è difficile rimproverare qualcosa a Maignan sul piano degli atteggiamenti, sarà perché comunque il tempo passa per tutti, anche per chi queste cose le subisce. Ma magari la prossima volta Maignan uscirà e non rientrerà in campo. E nessuno potrà obbligarlo.Il calcio è una comunità, ma nessuno è costretto a svolgere un ruolo. Ci si può sfilare. Certo è anche un lavoro, ma non credo che Maignan abbia difficoltà a trovare lavoro altrove, qualora lo volesse. E come lui, tutti i calciatori che preferiranno sottrarsi agli insulti di questo tipo. O agli insulti in generale, ai lanci di pietre e caramelle. In fin dei conti, non è proprio quello che vogliono questi tifosi? A chi insulta con versi di scimmia o peggio giocatori con la pelle meno chiara della loro riconosco grande resistenza, impermeabilità direi, ai discorsi culturali contemporanei, coerenza e, ovviamente, sincerità. Tanta sincerità. Non sono un grande fan della sincerità a tutti i costi ma certo è sempre meglio dell’ipocrisia, no?Per questo gli auguro un calcio come desiderano davvero, dopo gli sforzi fatti in questi anni. Un calcio di soli calciatori bianchi o comunque dove il più scuro è siciliano, calabrese (ma vediamo, non è escluso che anche loro non vadano bene, diamo tempo al tempo). Un calcio dove nelle giovanili ci sono calciatori italiani, figli di italiani, se possibile nipoti di italiani. Un calcio dove allo stadio ci sono solo tifosi come loro, disposti alla goliardia di un insulto fatto al momento giusto, disposti a partecipare al rituale diecimila contro uno che rende onore a una nostra certa tradizione. Quello sì che sarebbe un calcio senza ipocrisia. Un calcio magari più piccolo, autarchico, con ancora meno giocatori forti (non si può avere tutto), sinceramente stronzo e disumano, per gente stronza e disumana. Spero di non aver offeso nessuno, in fin dei conti anche io sono italiano e non amo l’ipocrisia.

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